Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
12
L'UOMO:
SOGGETTO DELL'AD-UNA-MENTE
"Che cosa è l'uomo
che tu ne abbia memoria? e il figliuolo dell'uomo
che tu ne prenda cura? Eppure tu l'hai fatto poco minor di Dio e l'hai coronato di gloria e d'onore. Tu l'hai
fatto signoreggiare sulle opere delle
tue mani, hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi: pecore e buoi tutti
quanti ed anche le fiere della campagna; gli
uccelli del cielo ed i pesci del mare, tutto quello che percorre i sentieri dei mari — Salmo
8:4-8.
Qual grande essere è,
dunque, l'uomo perché Iddio, Creatore dell'universo,
si sia interessato del suo benessere ed abbia preso disposizioni così generose per indurlo e condurlo ad
una mente con Lui, sino al prezzo
del sacrificio del Suo Figliuolo? Noi dovremmo
conoscere a fondo, nella misura che ci è possibile, questa creatura
terrestre, considerata da Dio, fra le più grandi. Le nostre facoltà
di giudizio, intanto, sono così
limitate e la nostra conoscenza
così circoscritta che su questo soggetto noi dipendiamo interamente
su ciò che il nostro amorevole Creatore ci ha fatto conoscere
nella Sua Parola. Per quanto sia divenuto proverbiale che
"il più gran soggetto di studio per l'umanità, sia l'uomo," tuttavia,
inverosimile che possa sembrare, esistono pochi soggetti meno
chiari, per l'intelletto umano, di quello racchiuso nella domanda
"cosa è l'uomo." Vi sono due concezioni
generali sul soggette, ma
noi, sosteniamo che né l'una, né l'altra sia la
veritiera, ai di fuori di quella
che ci da la Bibbia. Per quanto le due, concezioni
umane racchiudono certi elementi di verità, esse sono ambidue
false e inducono nei più gravi errori. Anche coloro i quali non
si lasciano fuorviare da esse, vengono così influenzati e smar- [280] riti, che numerose verità
perdono la loro forza e la loro importanza e, per dippiù, accettano molti sofismi che hanno
un'apparenza di verità. Il nostro soggetto è, dunque, molto
interessante per coloro i quali
volessero conoscere la verità e trarne ogni possibile beneficio per
l'influenza che essa possa esercitare sulla loro vita e nei loro
cuori. Il soggetto riveste una speciale importanza, concernente
il tema generale su cui si fonderà la nostra discussione, cioè, l'Ad-una-mente.
Colui che non ha una chiara concezione di ciò che è l'uomo, troverà difficile, se non impossibile, di comprendere
chiaramente gl'insegnamenti scritturali relativi all'espiazione per il
peccato dell'uomo, le sue operazioni e i risultati che ne conseguono.
Noi andremo esaminando qui
la concezione generale, ritenuta ortodossa,
sul quesito "Cos'è l'anima?" indi, la concezione puramente scientifica e, infine, la maniera di vedere
della Bibbia, la quale, differente delle
altre due, è assai più ragionevole di ciascuna d'esse e costituisce l'unica base d'una plausibile
armonia fra le due.
LA
CONCEZIONE ORTODOSSA SU L'UOMO
Al quesito "cos'è
l'uomo," la pretesa concezione "teologica ortodossa" (che noi contestiamo), risponderebbe
presso a poco in questi termini: l'uomo è
un essere composto di tre parti: il corpo,
lo spirito e l'anima. Il corpo nasce secondo il modo abituale comune agli animali, salvo che, alla nascita, Iddio
interviene e, in un qualche modo
incomprensibile, insedia nel corpo uno spirito ed un'anima, che essendo parti di Lui stesso sono
indistruttibili, né possono mai morire.
Queste due parti, spirito ed anima, "l'ortodossia" è incapace di separarle e distinguerle,
per cui, di conseguenza, impiega i termini
(spirito ed anima) in una maniera
intercambiabile, secondo le sue convenienze. I due termini rappresenterebbero l'uomo reale, mentre
che la carne è considerata come
l'involucro esteriore d'esso, nel quale egli dimora, durante [281] gli
anni della sua vita terrestre, come se rappresentasse una casa. Alla morte — dicono — l'uomo reale è liberato dalla sua prigione di carne e si trova in una condizione più adeguata.
In altri termini, "l'ortodossia"
pretende che l'uomo reale non è un essere terreno, ma un esserespirito,
totalmente inadatto alla terra, salvo in ciò che concerne le sue
esperienze nel corpo carnale. Secondo questa concezione,
allorché l'uomo è liberato dal corpo, per
la morte, egli prova una grande benedizione; pertanto, allorquando viveva, quest'uomo si adoperava in ogni modo
di conservare il più lungo possibile la sua dimora carnale — servendosi di medicinali,
seguendo dei regimi ed impiegando tutti i rimedii e tutte le invenzioni
circa l'igiene per prolungare la sua vita nella carne, la qual teoricamente — come dicono —
è disadatta all'uso ed
al godimento. La liberazione, denominata "la morte," come pretendono,
è un altra tappa nel processo evoluzionista; molti spiriti
considerano l'evoluzione dalle condizioni terrestre a quella celeste,
da quella animale alla spirituale, una proposizione ragionevole.
Poi, per la conclusione scientifica tratta dalla convinzione che
l'uomo non fu creato perfetto, lo fa evolvere nel corso di lunghi periodi, partendo dal protoplasma dei tempi preistorici, al microbo
e, da questo, poi, alla scimmia, giungendo così all'uomo. Si
pretende ancora che l'umanità, alle sue prime origini, era di gran lunga inferiore all'attuale, che l'evoluzione ha potentemente
sviluppata, e predicono che la
prossima tappa dell'evoluzione, sarà,
per ogni essere umano, una trasformazione in condizioni di spirito,
sotto forma d'angelo d'iddio o di demone.
Tutto ciò lusinga assai
l'orgoglio del ventesimo secolo, poiché, se,
da una parte, egli ammette un antenato d'intelligenza scarsissima, s'attribuisce, d'altra parte, oggi, le più
grandiose conoscenze, oltre a pretendere una
elevazione sempre maggiore, nel futuro. Questa
prospettiva non è condivisa solo dai popoli civilizzati, ma anche da
quasi la totalità dei popoli pagani; gli stessi selvaggi hanno,
insomma la stessa concezione su l'uomo, salvo che
essi [282] non
fan rimontare tanto lontano, nel tempo, le origini. Questa concezione trova un appoggio in tutte le filosofie
pagane e, ai nostri giorni, è sostenuta
largamente dai teorici scientifici, i quali per quanto definiscono
il soggetto in maniera del tutto differente, prediliggono
carezzare delle speranze d'una vita future, realizzata nel quadro
dell'evoluzione. Queste genti amano soddisfare le proprie
vanità nelle teorie che pertanto non s'accordano in nulla con le
loro deduzioni scientifiche, relative alla scintilla di vita che alberga
nell'uomo.
L'UOMO
COME È VISTO
DALLA SCIENZA
Alla domanda: "cos'è
l'uomo? la scienza risponderebbe semplicemente:
è un animale del tipo più elevato, che sia sviluppato e che si conosca. Egli ha un corpo che differisce da
quello degli altri animali per il suo sviluppo
più elevato e nobile. La struttura del suo cervello corrisponde a quella
degli animali inferiori, ma è più sviluppata
e raffinata, con delle capacità supplementari d'intelligenza e raziocinio che di lui fanno il signore ed il
re della creazione inferiore. Il soffio, o
respiro vitale dell'uomo è uguale a quello degli altri animali; l'organismo e la scintilla di
vita ch'è l'anima gli vengono dai suoi
procreatori, nella stessa maniera in cui anche alle bestie viene dai proprii della loro specie.
La scienza identifica in
ogni uomo un'anima o essere sensitivo; ma
rispetto, all'avvenire, all'eternità dell'esistenza dell'uomo, non ha alcuna suggestione da presentare, non avendo delle
basi sulle quali fondare una conclusione o una ipotesi ragionevole.
Intanto, se la scienza non si
dedica a delle speculazioni, essa spera, tuttavia, che l'evoluzione risolverà il problema dell'avvenire
degli uomini e crede di poter seguire nel
passato le traccie d'un sviluppo, che non si ripeterà nel futuro. La scienza è fiera delle
pretese tappe evolutive, realizzamente dal suo
dio — la legge naturale — e
spera che le funzioni di essa legge
(senza un Dio personale) condurranno [283] finalmente
l'umanità a delle condizioni, sempre più divine e più grandiosi delle
attuali.
L'UOMO
SECONDO LA BIBBIA
La maniera di vedere della
Bibbia, pur restando in accordo, sotto
certi aspetti, con le due precedenti, le contesta ambidue, in modo assoluto, su alcuni punti più importanti. La
Bibbia non si fonda su delle ipotesi, ma, essendo la voce o
rivelazione di Dio, essa parla con pien
diritto, autorità e forza, dichiarando ciò che fu l'inizio, quel che è al presente e quel che sarà l'avvenire dell'uomo.
La maniera di vedere della Bibbia è la sola logica e, di conseguenza,
la sola che sia veritieramente scientifica
ed ortodossa su questo soggetto.
Ma ciò che dice la Bibbia non soddisfa l'orgoglio umano; essa non fa dell'uomo il suo proprio agente d'evoluzione;
né confida questo compito ad un dio della natura, che non sia
il vero Iddio. Circa l'uomo, la Bibbia dà a Dio la gloria della sua
creazione originale (Adamo) alla somiglianza divina. Essa mostra che, se l'uomo non ha saputo conservare questa rassomiglianza
e, se è caduto nel peccato e ne ha subito tutte le conseguenze,
—degradazione
mentale, fisica e morale, che lo conducono
alla morte—tutta la colpa è da attribuirsi a lui stesso. L'esposizione
della Bibbia onora ancora Iddio, rivelandoci la sua misericordia e la sua
magnanimità verso l'uomo, nella sua condizione
di decadimento, nell'aver provveduto alla redenzione dell'uomo
ed alla sua restaurazione, nelle condizioni originali, mediante
il ministerio del suo Redentore, durante il Millennio.
Nello spirito di alcuni
cristiani, che studiano la natura dell'uomo, esiste una fertile confusione, particolarmente quando
cercano trovare ciò che dice la
Bibbia sul soggetto. Ciò, perché non sanno distinguere l'umanità, dalla Chiesa, cioè il
piccolo Gregge che Iddio scelse di mezzo agli uomini, durante l'età
attuale e che egli prepara e perfeziona in vista delle nuove e sovrumane
condizioni, [284] quali sono quelle spirituali. Non
riuscendo a "dispensare rettamente la parola della verità,"
essi applicano a tutti gli uomini le dichiarazioni e le promesse delle
Scritture, specialmente quelle del Nuovo Testamento, le quali concernono
solo la classe della Chiesa e che non hanno alcun rapporto con le speranze
connesse alla restaurazione offerta a tutta l'umanità. Queste
"grandiose e preziose promesse" sono proporzionalmente ritenute
così assurde per il mondo quanto, invece, la Chiesa le crede vere. Così,
per esempio, le parole dell'Apostolo" il corpo è ben morto a causa
del peccato, ma lo spirito è vita a cagion della giustizia" (Rom.
8:10), si riferiscono solo alla Chiesa, poiché indicano le condizioni
speciali e particolari della chiamta durante questa era: invece, sono
interpetrate come se si riferissero a tutta l'umanità. Quì i termini
"morto" e "vita" sono adoperati in un senso relativo,
nel parlare di coloro i quali, dopo essere stati giustificati per fede,
per la grazia di Dio, sono subito considerati come liberati dalla condanna
di morte, onde possino presentare i loro corpi in sacrificio vivente.
Costoro reputano il loro corpo come morto per tutto ciò che concerne il
diritto e l'interesse alle cose terrene: poiché essi non si considerano
più come esseri carnali, ma come "nuove creature" generate ad
una nuova natura, per mezzo delle promesse di Dio. Come tali, i credenti
giustificati e santificati (la Chiesa) si reputano, dal punto di vista di
Dio, come se avessero ricevuto un nuovo spirito di vita, per opera della
fede in Cristo e dell'obbedienza a Lui. Ora, l'uso dei termini "morti"
e "vita" in riferimento al mondo, sarebbe improprio, poiché il
mondo non ha altra natura, oltre quella umana, e, in nessun senso della
parola egli è stato generato di nuovo.
C'è ancora un altro testo frequentemente
applicato a tutti, in generale, del mondo, mentre concerne solo il popolo
consacrato del Signore. Esso dice: "Ma noi abbiamo questo tesoro in
vasi di terra, affinché l'eccellenza di questa potenza sia di Dio e non
da noi" (2 Cor. 4:7). Quì, l'Apostolo parla della Chiesa solo— i
cui [285] membri
hanno ricevuto il tesoro del nuovo spirito, cioè, la nuova natura.—Essi hanno questo tesoro, o nuova natura,
nel corpo naturale, che è considerato
come morto ed indicato quì quale "un
vaso di terra." L'immagine è bene appropriata alla classe cui si
riferisce, la Chiesa; ma è assolutamente errato applicarla all'umanità in generale, supponendo che ogni essere
umano possegga un tesoro celeste o
una nuova natura, per cui ogni corpo umano
sia un vaso o un ricettacolo di terra per contenere una tal nuova natura. Il mondo non ha che una sola natura,
la natura umana: né ha una nuova
natura, sia qual tesoro, che in qualsiasi altro senso; inoltre non esistono delle promesse che
assicurino una nuova natura al mondo. Al
contrario, la più alta aspirazione possibile
ch'essa possa raggiungere, secondo la divina Parola, della promessa, è la "restaurazione" per
la quale riavrà la piena perfezione
della natura umana, perduta nell'Eden e riscattata da Cristo, sul Calvario—Atti 3:19-23.—
Noi potremmo porre in
evidenza numerosi passaggi del Nuovo Testamento
i quali non sono applicabili all'umanità in generale, ma solo alla Chiesa, rigenerata dallò Spirito ad una
nuova natura, spirituale. Sarà
profittevole per tutti rilevare con attenzione la formula adoperata dagli Apostoli nell'indirizzare i
saluti nelle loro Epistole. Detti saluti non sono
indirizzati, come molti suppongono,
all'umanità in generale, ma alla Chiesa, ai "santi," alla "famiglia
della fede."
Si tenga presente, dunque,
che, in questo capitolo, rispondendo al quesito "cos'è l'uomo," noi non
esaminiamo ciò che è la Chiesa, le
"nuove creature" in Cristo Gesù, nonché la natura spirituale alla quale la Chiesa è stata diggià generata dallo
Spirito e i di cui
membri, se saranno fedeli, parteciperanno ai più alti gradi alla prima
risurrezione. Al contrario, parleremo del primo Adamo e dei suoi
discendenti. Noi desideriamo sapere ciò che siamo per natura in quanto
alla razza. In definitiva "cos'è l'uomo." Così, potremo [286] comprender
meglio in che l'uomo cadde e come; in qual maniera sarà riscattato ed in quale ristabilito; nonché
altri soggetti analoghi.
L'UOMO:
CORPO, SPIRITO, ANIMA.
Accettando la definizione
classica del termine "animale"organismo
o essere vivente, dotato di facoltà sensorie—noi non esitiamo a classificare l'uomo nel numero degli
animali terrestri di cui ne è il principale
ed il re. Ora, sin quì, le Scritture sono pienamente d'accordo con le deduzioni della scienza.
Notiamo il testo che fa da titolo a
questo capitolo: il profeta Davide, in proposito,
mostra, particolarmente, che l'uomo nella sua natura è inferiore agli angeli; il re e capo di tutte le
creature terrestri, il rappresentate di Dio, per
tutti gli ordini inferiori degli esseri sensitivi.
In niuna parte, le Scritture
dichiarano, direttamente o indirettamente, che una particella o
scintilla dell'essere divino è trasfusa ad
ogni creatura umana. Questa asserzione è avanzata da coloro che vogliono sostenere una teoria e sono sprovvisti
d'idee per sostenerla. Questa ipotesi,
senza fondamento, per cui si pretende che
una porzione di Dio è trasfusa in ogni essere umano, alla sua nascita, è servita di base a molte false dottrine,
le quali hanno deformato rozzamente il
carattere divino, senza riguardo, né rispetto della saggezza, della
giustizia, dell'amore e dell'onnipotenza
di Dio.
È questa pretenzione,
circa la particella dell'essere divino, trasfusa
in ogni creatura umana alla sua nascita, che ha dato adito alla teoria di un inferno dagli eterni tormenti.
L'idea è che se l'uomo fosse stato creato come gli altri animali, avrebbe
potuto morire come loro, senza la paura di un'eternità di torture; ma, avendo Iddio trasfusa una particella della
sua propria vita, l'uomo
è, dunque, eterno, poiché
Iddio è eterno e, quindi Gli è impossibile di distruggere la sua creatura, se una tale
distruzione potesse divenire desiderabile. Se l'uomo non può
essere distrutto, si sostiene [287] che
necessariamente debba esistere un luogo per ospitarlo durante tutta l'eternità. Siccome gli uomini, nella più
grande maggioranza, sono considerati cattivi, e solo un piccolo
gregge è santo ed accettevole a Dio, si
pretende che color i quali non sono dei santi debbano subire
un'eternità di tormenti, proporzionata all'avvenire di felicità ai
pochi santi. Altrimenti—come ammettono—non ci sarebbe più interesse
per l'uomo, né gloria di Dio e
pace e prosperità se i malvagi
potessero essere tutti distrutti. Si pretende, dunque, che Dio,
avendo il potere di creare, non ha il potere di distruggere l'uomo, la sua
creazione, perché una scintilla di vita divina le
fu concessa, in qualche modo
inspiegabile. Noi speriamo provare che
questa teoria, non solo senza il minimo appoggio biblico, ma
una mèra invenzione degli èvi
tenebrosi ed in assoluta contraddizione
con le Scritture.
Le Scritture riconoscono
che l'uomo è composto di due elementi: il
corpo e lo spirito. Questi due elementi producono l'essere senziente,
l'intelligente, l'uomo, lui stesso, l'anima. Il termine "corpo" s'applica semplicemente all'organismo fisico. Ésso
non ha tratti né la vita
che l'anima, ne possiede l'essere sensitivo che è il risultato di questa
animazione. Un corpo non è un uomo, per quanto non possa esservi un uomo senza corpo. Lo spirito di vita non
è un uomo, per quanto non possa esservi uomo senza lo spirito della
vita. Il termine "spirito, nell'Antico Testamento, è tradotto da
quello ebreo "ruach." Il suo primiero significato è
soffio; e, perciò abbiamo l'espressione "soffio di vita," o
"spirito di vita," poiché
la scintilla di vita, una volta ricevuta, è trasmessa e ritenuta dalla
respirazione.
L'espressione "spirito
di vita" significa, intanto, più che un semplice soffio; essa si riferisce alla scintilla di
vita stessa, senza la quale, la respirazione
sarebbe impossibile. Noi riceviamo questa scintilla dal nostro padre ed essa è alimentata e
sviluppata da nostra madre. È
assolutamente falso asserire che la scintilla della vita umana sia trasfusa d'una maniera più miracolosa
di quella [288] per
gli animali.... Gli animali inferiori, quali il cavallo, il cane ed ogni specie di bestie, sono generati dai maschi e
nascono dalle femmine delle loro specie rispettive, precisamente nella
stessa maniera in cui si riproduce la specie umana e nulla
nelle Scritture suggerisce il contrario. È puramente invenzione umana,
destinata a puntellare una falsa teoria,
la pretesa per cui si asserisce l'intervento divino alla nascita della progenitura umana.
Supporre che Iddio sia il creatore di ogni essere umano che
nasce nel mondo, equivale a contraddire
le Scritture, poiché, in tal caso, Egli sarebbe l'autore del peccato, della confusione e dell'imperfezione, mentre la
Bibbia dichiara: "La sua opera è perfetta" (Deut. 32:4). Niente
affatto! Gli uomini; mentalmente,
fisicamente e moralmente degenerati e degradati non sono certo
l'opera di Dio. Essi si
sono ben allontanati e decaduti
dalle condizione dei loro perfetti procreatori
Adamo ed Eva. È della creazione di costoro che Iddio prende la
responsabilità. Coloro che pretendono che Iddio creò direttamente ogni essere umano, rendono Iddio
responsabile dell'esistenza degli
idioti, dei pazzi e degli squilibrati del mondo ìntero,
ma la scienza e le Scritture dichiarano, ambidue che i figli ereditano dai loro procreatori, i vizii, le virtù,
le debolezze o i talenti che essi
posseggono. L'Apostolo dichiara nettamente: "Siccome per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato
nel mondo e per mezzo (come
risultato) del peccato v'è entrata la morte ed in questo modo la morte è passata su tutti gli
uomini, perché tutti hanno peccato" (per
eredità). Il profeta fa allusione allo stesso soggetto, allorquando dichiara: "I
padri han mangiato l'agresto (peccato)
e i denti dei figliuoli si sono allegati" (sono tutti depravati)—Rom.
5:12; Ger. 31:29-30; Ezech. 18:2.
Ma qualcuno potrebe domandare:
Non sarebbe possibile che Iddio
abbia trasfusa una scintilla della sua divinità nei nostri primi
progenitori, e che questa sia stata trasmessa — volente o nolente — alla
loro posterità? Esaminiamo ciò che la Bibbia dice intorno a questo soggetto; e, ciò facendo, ricordiamoci che
non v'è niun'altra [289] rivelazione
al di fuori di quella delle Scritture, dalle quali possiamo conoscere tutto ciò che si riferisce a tal soggetto.
Che troviamo, noi nella narrazione della
Genesi? In verità, troviamo che la creazione
dell'uomo vi è particolarmente menzionata, mentre quella delle bestie è appena accennata. Noi troviamo,
intanto, che le esposizioni sono fatte in un
linguaggio molto semplice e non contengono
alcun lontano accenno che Iddio avesse potuto trasmettere una scintilla d'esistenza sovrumana. La superiorità
dell'uomo sulla bestia, secondo la narrazione
della Genesi, non consiste in una specie differente di soffio o spirito, ma dall'aver
una forma più nobile, un corpo superiore, un organismo più fino, che,
poi, è dotato d'un organismo cerebrale per cui è in grado
d'elevarsi, col raziocinio o, ad un'altezza
di pensieri infinitamente superiori dell'intelligenza degli animali inferiori, della creazione
animale. Noi costatiamo che è sotto
tal rapporto che l'uomo fu creato, nella carne,
alla rassomiglianza del Suo Creatore, essere — spirito
— Giov. 4:24.—
LO
SPIRITO DELL'UOMO
Come abbiamo già visto, il
termine "spirito," nella versione comune della Bibbia, è la traduzione del termine
ebreo "ruach" e di
quello greco "pneuma," perciò, onde apprezzare al giusto il significato di spirito nella Parola di Dio occorre
rammentarci il significato intrinseco dei termini originali di cui la
traduzione. Primitivamente, spirito
significava "vento" e, in un secondo luogo, è stato adoperato per designare ogni potenza
invisibile. Noi abbiamo visto che questo termine, applicato a Dio,
significa che Egli è potente, ma
invisibile; e, in rapporto con l'influenza e l'azione divina, implica che esse sono esplicate da
un potere invisibile. Esso è applicato
al termine "mentalità" poiché, anche questo, esprime una forza invisibile ed intangibile;
alle parole che sono ugualmente invisibili e, tuttavia, potenti; alla
vita, la quale [290] per quanto di grande importanza e penetrante da
pertutto, è una forza o qualità, invisibile come l'elettricità.
Perciò il termine spirito s'applica in diverse
contingenze. In definitiva, le Scritture parlano dello
spirito delle nostre disposizioni; del potere invisibile dello spirito;
dello spirito d'un uomo (facoltà intellettuali d'un uomo); lo spirito
della vita (forza o potenza che anima ogni corpo e tutta la creazione); lo Spirito
di Dio (potenza o influeenza che Iddio esercita,
sia sulle cose animate, che su quelle inanimate); lo spirito
di saggezza; lo spirito d'amore (disposizione
alimentata dall'amore); lo spirito
del male, o malizia (disposizione alimentata dal male); spirito
della verità (il potere o l'influenza che esercita la verità).
Lo stesso, le entità celesti sono descritte come esserispirito, cioè degli esseri
invisibili possedenti una potenza, una intelligenza,
eccetera. Ciò è applicabile non solo a Dio, il Padre, di cui nostro
Signore Gesù disse "Iddio è uno Spirito," ma anche a
Gesù, dopo la sua risurrezione. Infatti, di lui è detto: "Ora, il Signore
è quello Spirito." Lo stesso dicasi degli angeli e della Chiesa,
alla quale è assicurato che, nella prima risurrezione, ogni vincitore avrà
un corpo di spirito (spirituale). Nelle Scritture, anche Satana ed i suoi
associati sono indicati quali esseri—spirito, invisibili
e, tuttavia potenti.
LO SPIRITO, CONCERNENTE LA NUOVA NATURA,
NEL NUOVO TESTAMENTO
Nel considerare l'impiego del termine
"spirito" e "spirituale," in relazione con l'uomo, noi
rileviamo quanto segue:
(1) I termini "spirito" e "spirituale,"
nel Nuovo Testamento, sono spesso impiegati nel far allusione (a) alla
volontà specialmente alla nuova
disposizione (mentalità) dei "santi," generati dalla
Parola e dallo Spirito di Dio. Le "nuove creature in Cristo"
sono chiamate ad un cambiamento di natura, da quella
umana a quella spirituale, con la promessa che, se si
conserveranno fedeli, [291] avranno alla risurrezione: (b) dei corpi di spirito, uguali al
corpo di Cristo, risuscitato e uguali, anche, alla Entità
gloriosa del Padre celeste. Perciò, a causa di questa prospettiva futura,
la speranza della Chiesa è indicata qual (c) spirituale
e celeste, in contrasto con le
speranze e le promesse che costituiscono l'eredità degli uomini
durante il Millennio. Il termine "spirito" è anche adoperato (d) per
alludere agli angeli, i quali, per natura, sono degli esseri—spirito e
non degli esseri—carnali. Ma l'idea d'invisibilità è sempre implicita
nei due termini "spirito" e "spirituale," quando e
dove essi sono
adoperati.
Ecco qualche esempio dell'impiego di questi termini
(a) "Paolo si propose nel suo spirito (pneuma—pensiero,
volontà) ... d'andare a
Gerusalemme—Atti 19:21.—
(a) "I1 suo spirito (di Paolo)—pneuma, pensiero,
sentimentos'inacerbiva dentro a vedere la città piena d'idoli"—Atti
17:16.—
(a) "Paolo era assorbito dallo spirito (pressato)—pneuma,
mentalmente eccitato rendendo testimonianza agli Ebrei
che Gesù era il Cristo"—Atti 18:5.—
(a) "(Apollo) era stato ammaestrato nella via del
Signore; ed essendo fervente di spirito (pneuma—di spirito
ardente) parlava ed insegnava accuratamente"—Atti 18:25.
(a) "Poiché Iddio al quale servo nello spirito
mio (pneumala mia nuova mentalità, il mio cuore, la mia volontà
rinnovata) annunziando l'Evangelo del suo Figliuolo"—Rom. 1:9.—
(a) "Glorificate Dio nel vostro corpo a nel vostro
spirito (pneuma, disposizione), che gli appartengono"—1
Cor. 6:20.—
(a) "Quanto a me assente di persona, ma presente
in spirito (pneuma, mentalmente) ho già giudicato come se
fossi presente" —1 Cor. 53.—
(a) "Uno spirito (pneuma—disposizione) dolce
e pacifico"—1 Pietro
3:4.—
(b) "È seminato
corpo naturale, e risuscita corpo spirituale pneumatikos)
"—1 Cor. 15:44.—
[292] (b) "Però, ciò che è
spirituale (pneumatikos) non viene prima" —1 Cor.
15:46.—
(b) "Se c'è un corpo naturale, c'anche un corpo
spirituale (pneumatikos)"—1 Cor. 15:44.—
(b) "Poi viene ciò che è spirituale
(pneumatikos)"—1 Cor. 15:46.—
(c) "La mentalità dello spirito (pneuma—l'aver
uno spirito governato dallo Spirito Santo o volontà di Dio) è
vita e pace"—Rom. 8:6.—
(c) "Voi che siete spirituali (pneumatikos,
generati dallo Spirito e possessori della nuova mente) rialzatelo con
spirito (pneuma—disposizione) di mansuetudine"—Galati 6:1.—
(e) "L'Iddio e Padre del nostro Signore Gesù
Cristo che ci ha benedetto di ogni benedizione spirituale
(pneumatikos, benedizione di specie spirituale ), nei luoghi
celesti in Cristo"—Efes. 1:3.—
(e) "Siate ripieni dello spirito (pneuma lo
Spirito Santo di Dio) parlandovi con salmi ed inni e canzoni spiritual
(pneumatikos, cantici conformi al vostro nuovo
spirito)"—Efes. 5:19.—
(c) "Che siate ripieni della profonda
conoscenza della volontà di Dio in ogni sapienza ed
intelligenza spirituale (pneumatikos—comprensione
di tutto ciò che concerne la nuova parentela spirituale
con Dio, e di comprensione del suo Piano)"—Col. 1:9.—
(e) "(Voi) siete edificati qual casa spirituale
(pneumatikos—famiglia o
edificati in un ordine o specie spirituale)"—1 Pietro 2:5.—
(d) "Una serva che aveva uno spirito (pneuma, un
potere invisibile) indovino" per la sua comunione con
esseri spirituali decaduti—Atti 16:16. —
(d) "Paolo ... si voltò
e disse allo spirito (pneuma—lo spirito maligno che possedeva la donna—)
:io ti comando che tu esca da costei"—Atti 16:18.—
[293] (d) "E gli spiriti (pneuma) maligni se ne
uscivano"—Atti 19:12-13.—
(d) "Ma lo spirito (pneuma) maligno, rispondendo,
disse loro"—Atti 19:15.—
(d) "I Sadducei dicono che non v'è ... né angelo,
né spirito (pneuma essere—spirito)"—Atti 23:8.—
(d) "Se gli avesse parlato uno spirito (pneuma)
o un angelo, non combattiamo contro Dio"—Atti 29:9.—
IL
TERMINE SPIRITO NELL'ANTICO TESTAMENTO
(2) Il termine "spirito" è adoperato per
l'umanità, in generale, specialmente nell'Antico
Testamento, ma sempre facendo allusione sia (e) allo spirito della
vita, la scintilla che anima e che Iddio trasfuse
dapprima in Adamo e, da allora, passò (alterata) a tutta la sua
posterità (qual potere, o qualità invisibile); sia allo (f) spirito
della mentalità—volontà, potere invisibile che dirige la vita.
RUACH,
PNEUMA: POTERE ANIMATORE
Allorché parliamo della creazione dell'uomo, si
tratta dello spirito di vita: soffio, o
respirazione. Le Scritture dimostrano chiaramente che questo spirito
di vita è comune a tutte le creature di Dio e, quindi, non è
posseduto esclusivamente dall'uomo, come le seguenti citazioni bibliche
dimostrano chiaramente:
(e) "ogni carne
in cui è alito di vita (ruach—spirito o soffio di vita di
ogni carne)"—Genesi 6:17; 7:15.—
(e) "Tutto quello che aveva alito di vita (in
margine: ruach, spirito o potenza di vita"—Gen. 7:22.—
(e) "E lo spirito di Giacobbe loro padre si
ravvivò (ruachle forze vitali o potere di vita si rianimarono)"—Gen.
45:27.—
(e) "Egli (Sansone) bevve ed il suo spirito (ruach)
si rianimò ed egli riprese vita (la forza, il vigore, l'energia
gli rivennero)"—Giudici
15:19.—
[294] (e) "Egli che tiene in mano lo
spirito (ruach) di ogni assere umano" (lo spirito di vita
di tutta l'umanità appartiene alla potenza
divina)"—Giobbe 12:10.—
(e) "O Dio, Dio degli spiriti (ruach—potenza di
vita; spirito di vita) d'ogni carne! Un sol uomo peccherà, e ti
adireresti tu contro tutta la raunanza?"—Numeri 16:22.—
L'opinione che la distinzione fra l'uomo e la bestia
consista in uno spirito de vita differente l'uno dall'altro; una
specie differente di vita e che, alla morte l'uno monti; l'altro
discenda, sembra che sia stata molto antica, poiché troviamo il saggio
Salomone che si chiede.
(e) "Chi sa (chi può provare) che lo spirito (ruach,
spirito di vita) dell'uomo monta in alto, e lo spirito (ruach,
spirito di vita) della bestia scenda in basso nella terra?"
(Ecclesiaste 3:19-21).
Ecco come Salomone risponde, secondo il suo
raziocinio, al quesito:
(e) "Poiché la sorte dei figli degli uomini (la
morte) è la sorte delle bestie; agli uni ed alle altre tocca la stessa
sorte: come muore l'uno, così muore l'altra; hanno tutti un medesimo
soffio (ruach, spirito di vita) e l'uomo non ha superiorità di sorta
sulla bestia."
A tal riguardo, sulla questione d'aver una specie di
vita differente, la sua superiorità deve essere ricercata e
trovata altrove, come vedremo.
(e) "Io rimetto nelle tue mani il mio spirito (ruach,
spirito di vita, energia vitale"—Salmo 31:5.—
Fu questa la dichiarazione profetica delle ultime
parole di nostro Signore Gesù, morente. Egli aveva ricevuto dal Padre lo
spirito di vita qual dono: poiché era, per obbedienza al Suo
Piano, divenuto un uomo alfin d'essere il Redentore dell'uomo e, quando
rese il suo spirito di vita, o energia
vitale, affermò la sua fiducia, nella promessa fattagli da Dio, che
gli avrebbe reso lo spirito di vita con la
risurrezione.
Da Dio, sorgente di vita, l'umanità ricevé lo spirito di
vita, per [295] mezzo di nostro padre Adamo. Nel disobbedire,
Adamo perdette il suo diritto a detener la potenza (o spirito) di
vita, gradualmente, lasciò allontanare questo spirito di vita in una morte
lenta nel corso di novecentotrent'anni della sua esistenza. Allora il
corpo ritornò alla polvere, dove era prima della creazione, e lo
spirito di vita, il privilegio, la potenza o la concessione, di vivere
tornò a Dio che lo aveva dato, esattamente come ogni privilegio o
favore condizionale ritorna al donatore, se le condizioni
della donazione non sono osservate (Ecclesiaste 12:7). Nulla in questo
testo implica che lo spirito di vita "prenda il volo
per ritornare a Dio" come alcuni vorrebbero far intendere; poiché lo
spirito di vita non è un'intelligenza, né una persona, ma semplicemente una
potenza, un privilegio che è
stato ritirato e, di conseguenza, ridonato al donatore
originale. L'idea è che l'uomo, avendo peccato, non ha più
diritto alla vita e il ritorno della sua carne alla polvere, riportano
la sua condizione a quella che era esattamente prima che fosse
creato.
Ma, come nostro Signore Gesù Cristo sperava nella
promessa divina di un ritorno del suo "spirito di
vita," o poteri e diritti alla vita nella disposizione divina,
così, in ragione del sacrificio di redenzione
di nostro Signore, alcune speranze e promesse sono aperte a tutta l'umanità, per
merito di "Gesù, Il Mediatore del Nuovo
Patto" (Ebrei 12:24). E per questa ragione che i credenti "non
piangono come coloro i quali non hanno speranze." Il nostro Redentore
riscattò lo spirito dei diritti alla vita, che il nostro padre Adamo
aveva perduti, per se stesso e per tutta la famiglia. Ora, i
credenti possono, dunque, per se stessi (e per la conoscenza del Piano di Dio, per altri ugualmente) rimettere il loro spirito (potere
di vivere), come fece nostro Signore e anche Stefano—pieni
di fede che la promessa divina d'una risurrezione sarebbe realizzata. Una risurrezione significherà, per il mondo, una riorganizzazzione
del corpo umano, la sua vivificazione o risveglio dell'energia
vitale, lo spirito di vita (ebreo ruach, greco pneuma).
[296] Per la Chiesa dell'Evangelo, i partecipanti
alla "prima risurrezione," ciò significherà
il dono dello spirito di vita (ruach, e pneuma) ad un corpo di spirito,
o celeste—1 Corinzi 15:42-45.—
Nella figura vivificante della risurrezione
terrestre futura, che ci presenta la profezia d'Ezechiele (37:5-10, 13, 14),
i rapporti fra il corpo e lo spirito di vita, (il soffio) sono
chiaramente presentati. Non importa che il profeta si serva di ciò
come un simbolo, poiché prova, tuttavia, che un
organismo umano non ha vita fino a
che non riceva il "ruach" (soffio, o respirazione) di vita: che noi
abbiamo illustrato altrove ed è comune a tutti gli animali, poiché
nessuno può vivere senza esso. Esaminiamo accuratamente le dichiarazioni d'Ezechiele, come segue:
(e) "Ecco io faccio venire in voi il soffio (ruach—spirito
di vita, energia di vita) e voi vivrete."
(e) "E io porrò ... su voi
della carne, e vi ricoprirò di pelle, e porrò in voi il soffio (ruach—spirito
di vita, energia di vita) e voi vivrete."
(e) "Io guardai ed ecco ... venir su d'esse dei muscoli,
crescervi della carne, e la pelle
ricoprirle," ma non c'era in esse spirito (ruach energia di vita) alcuno."
(e) "Allora egli mi disse: Profetizza allo spirito (ruach,
spirito di vita, soffio). Così parla il Signore, l'Eterno:
Spirito (ruach, soffio o spirito di vita) su questi uccisi e fa che
rivivano."
(e) "Ed io profetizzai come egli mi aveva
comandato e il soffio (ruach, spirito di vita, soffio de vita, energia
vivente) e lo spirito tornò in essi, e tornarono in vita."
Adamo aveva il privilegio, se fosse stato obbediente,
di conservare per sempre questo spirito di vita (o
potenza di vita), che il Suo Creatore gli aveva concesso. Egli ne fu
spodestato a causa della sua disobbedienza, ed il diritto alla vita
ritornò al Grande Dispensatore; questo spirito di vita non era ne
una persona, né un oggetto, ma un diritto o privilegio, per cui
ritornò a Dio che [297] l'aveva concesso a delle condizioni le quali egli
violò.—Ecclesiaste 12:7.—
(e) "Non v'è uomo che abbia potere sullo
spirito per poterlo trattenere (ruach, spirito di vita, soffio di
vita)"—Ecclesiaste 8:8.—
Per la grazia di Dio, questi diritti o privilegi
perduti, che ogni uomo, morendo lascia a Dio, sono stati riscattati dal
prezioso sangue e l'acquirente è annunziato quale il nuovo
Dispensatore di vita, il rigeneratore, o padre della razza, che darà la
vita, e una vita più abbondante, a tutti coloro i quali lo accetteranno.
Noi non daremo che un solo esempio riportato dal
Nuovo Testamento:
(e) "Il corpo, senza lo spirito (pneuma—scintilla
di vita, soffio di vita) è morto"—Giacomo 2:26.—
RUACH, PNEUMA—LA DISPOSIZIONE DI SPIRITO,
LA VOLONTÀ
Poiché lo spirito, o volontà, è una potenza o
influenza invisibile, esso è. designato con gli stessi termini
equivalenti in ebreo ed in greco, come rileveremo dagli
esempi che seguono:
(f) "Ma Anna, rispondendo disse: "No, signor
mio, io sono una donna tribolata nello spirito (ruach, mentalità,
disposizione) "—1 Samuele
1:15.—
(f) "Lo stolto da sfogo a tutto il suo spirito
(ruach—piani, pensieri, disegni)" —Prov. 29:11. —
(f) "Il mio spirito rifiutava d'essere
consolato (ruach—mentalità coraggio)"—Salmo 77:3.—
(f) "Il mio spirito (ruach—mentalità) va
investigando"—Salmo 77:6.—
(f) "Chi ha lo spirito (ruach—disposizione,
temperamento) leale"—Prov. 11:13.—
(f) "Tutte le vie dell'uomo a lui sembrano pure,
ma l'Eterno [298] pesa gli spiriti (ruach—la mentalità, i
pensieri i motivi) "—Prov. 16.2. —
(f) "La superbia precede la rovina e
l'alterezza dello spirito (ruach—disposizione, volontà,
mentalità) precede la caduta"—Prov. 16:18. —
(f) "Meglio essere umile di spirito (ruach—comportamento,
disposizione) con i miseri"—Prov. 16:19—.
(f) "Anche questo è vanità ed un correre dietro
al vento (ruach—disposizione mentalità)"—Eccl. 6:9.—
(f) "Vale più uno spirito (ruach—temperamento,
disposizione) paziente, che uno spirito (ruach—temperamento,
disposizione) altero ... non t'affrettare ad irritarti nello spirito (ruach—temperamento, disposizione)"—Eccl. 7:8, 9.—
Ecco, ora, qualche esempio riportato dal Nuovo
Testamento:
(f) "Ora il bambino cresceva e si fortificava in
ispirito (pneuma —disposizione, carattere)"—Luca. 1:80. —
(f) "Siate ferventi nello spirito (pneuma,
disposizione, carattere), nel servire il Signore"—Rom. 12:11.—
(f) "Noi abbiamo ricevuto non lo spirito (pneuma,
disposizione, mentalità) del mondo"—I Cor. 2:12.—
(f) "Non ebbi requie nel mio spirito (pneuma,
pensieri )"—II Cor.
2:13.—
(f) "Ad essere rinnovati nello spirito (pneuma,
carettere, disposizione) della vostra mente"—Efes.
4:23.—
(f) "L'ornamento benigno e pacifico dello
spirito (pneuma, mentalità, disposizione) "—I
Pietro 3:4.—
L'impiego di questi termini originali nelle Scritture
dimostrano che il nostro termine corrispondente spirito è
esattamente equivalente all'originale, poiché noi non parliamo solamente
dello spirito concernente la vita, ma anche d'uno spirito
amorevole, d'uno spirito buono, d'uno spirito collerico, d'uno spirito
amaro, d'uno spirito fiero e ci serviamo ugualmente di queste
espressioni, riferendoci anche agli animali inferiori. Quanto volevamo
dimos- [299] trare è ampiamente provato e, cioè, che lo spirito non è
l'uomo reale né un altro uomo, ma che questo termine
allorché è adoperato in riferimento della creazione dell'uomo,
significa semplicemente la scintilla di vita, o il potere di
vita, che è comune a tutti gli animali.
NESHAMAH—RESPIRO
VITALE
Per quanto il termine ruach sia spesso
tradotto per "soffio" o respiro, gli Ebrei avevano un
altro termine che usavano per esprimere soffio, meshamah. Lo troviamo
ventisei volte e, diciannove d'esse, è tradotto per
"soffio"; una volta inspirazione"; due "spirito";
una volta "anima"; tre volte "colpo di vento."
Come esempio del significato di questo termine e
prova che significa semplicemente il potere di vivere, e non
comporta in alcun senso il pensiero di vita eterna o
d'immortalità, poniamo in rilievo i seguenti modi in cui
è adoperato:
"E l'Eterno Iddio formò l'uomo dalla polvere
della terra, gli soffiò (naphac—infuse, enfiò) nelle narici un
alito (neshamah ) vitale (caiyat) " —Genesi
2:7.—
"E perì ogni carne che si moveva sulla terra:
uccelli bestiame animali selvatici, rettili d'ogni sorta striscianti sulla
terra e tutti gli uomini. Tutto quello che aveva alito (neshamah)
di vita (caiyah) nelle sue narici, morì" —Genesi
7:21, 22.
Queste due prime traccie del termine neshamah nella Bibbia sono sufficienti a
provare abbondantemente la nostra affermazione che questo termine non ha
alcun riferimento alla immortalità, né un
principio immortale, ma si riferisce semplicemente alla vitalità, o
potere di vita. Questo potere di
vita, come ci vien detto, fu dato ad
Adamo e lo stesso potere di vita—come è dichiarato nel nostro secondo
testo—era posseduto da tutti gli animali, uccelli, bestie, bestiame,
rettili striscianti sulla terra. Allorché tutte queste anime o
esseri furono privati di questo soffio (o alito) della vita—dice la narrazione—morirono
tutti: sia gli uomini che le creature inferiori. [300] E tutti nella stessa maniera. Esistono solo, a
favore, dell'umanità, al proprio tempo, delle disposizioni di Dio. In
effetti, Iddio provvide per l'uomo un riscatto e, più
tardi, al tempo stabilito, Egli libererà gli uomini dal potere della morte, secondo la sua
promessa, con una risurrezione
dell'essere, l'anima.
UN'ANIMA
UMANA
Molti, nel leggere il racconto della creazione nella
Genesi, hanno rilevato che, allorquando Iddio ebbe formato l'uomo
dalla polvere della terra e gl'infuse l'alito della vita, (spirito)
"l'uomo divenne un'anima vivente." Una tale
affermazione, fatta al lettore ordinario che condivide l'erronea
opinione generale nei riguardi del termine "anima,"
è sufficiente a turbarlo. Coloro i quali avrebbero dovuto istruirli
razionalmente—di scernendo prima essi stessi il soggettohanno distorto il senso del
termine. Pertanto, dicono, che, d'una maniera
o d'un'altra, c'è un certo fondamento alla base dell'errore che,
se essi non comprendono, suppongono, però, che i loro professori
di teologia hanno approfondita e provata al di là d'ogni dubbio.
Non avendo afferrato il significato del termine
"anima" molti si prendono la libertà di
adoperarlo a loro piacimento, trasponendo la
dichiarazione biblica, per cui, in luogo di parlar dell'uomo come essendo
un'anima; ne parlano come avente un'anima: concetti ben differenti fra di loro. Così
divien necessario che ogni indagatore della
verità scaccia dal suo spirito, per quanto possibile, ogni pregiudizio
sul soggetto e particolarmente circa i punti importanti che egli ammette di non comprendere: poiché è tendenza naturale accordare
qualità e poteri inesistenti a ciò che si presenta misterioso ed
incomprensibile. Così, secondo la concezione generale, un'anima è
meravigliosamente intelligente, possiede dei poteri meravigliosi, è
indistruttibile, intangibile ed incomprensibile.
Si attribuisce ad un vescovo metodista la definizione seguente dell'anima,
definizione che collima certamente bene con le pretese [301] teorie "ortodosse," anche se esse sono
assurde, allorché si analizzano seriamente: "L'anima
è senza interiore né esteriore, senza corpo, senza forma, né membra,
e voi ne potreste porre un milione in un guscio di noce."
Tali sono le diverse assurdità che si predicano su
l'anima per aiutare a sostenere una concezione interamente erronea.
Secondo questa teoria, l'anima è l'essere reale; una scintilla
della divinità che possiede delle qualità divine, una vita intelligente,
eccetera, separata dal corpo ed indipendente da esso, tuttavia
vi dimora per un certo tempo e, allorché il corpo è esaurito —fuori
uso—
essa
lo abbandona. Poiché non v'è;
alcuno che
ha visto mai
entrare un'anima in un corpo, né l'ha vista uscire, né individuarla
in esso, con tutte le applicazioni perfezionate del microscopio
o della fotografia e dei raggi "X," si suppone
che è "senza corpo, senza forme e senza membra."
Se, dunque, se la immaginano così piccola, da volerla individuare con
un microscopio, si può ben dire che un guscio di noce può
contenerne cinquanta milioni. In realtà, il vescovo ha data
un'eccellente definizione di ciò ch'è un "bel nulla"; per cui
tutti saranno d'accordo che si potrebbero anche
piazzare cento milioni di "nulla" nel più piccolo
guscio di noce e vi sarebbe sempre dello spazio disponibile.
Ma su qual fondamento si appoggia
una teoria così stravagante? Noi rispondiamo: Nessuna, poiché
trae origine dal fatto che l'uomo ha adottato la propria
concezione di una vita futura ed ha rigettato la
concezione del Piano di Dio. L'ipotesi umana dichiara: Deve esservi
qualcosa che non muore mai, altrimenti non potrebbe esservi una vita
futura. La concezione divina, invece, afferma: lo stesso Dio che creò, fin dal
principio, è capace di risuscitare i morti. Questa è la
contraddizione che si pone fra la Parola di Dio e tutte le
ipotesi umane della terra, sia fra le genti civilizzate che quelle
barbare. Tutte le ipotesi umane insegnano che l'uomo non muore e
non ha quindi bisogno né di un Dispensatore di vita, né di
risurrezione. La concezione della Bibbia, è, al contrario, che l'uomo
muore e che, senza un Dispensatore di vita e senza una [302] risurrezione, la morte sarebbe veramente la fine di
tutto: senza una vita futura.
È per sostenere la propria ipotesi che il mondo, e
tutti i suoi libri religiosi (compresi—ci dispiace dirlo—la
maggior parte delle opere di escatologia scritte da gente che si
professa cristiana), insegnano la dottrina dell'immortalità dell'anima,
cioè: che nell'uomo dimora un'anima, la quale ha una vita
distinta da quella del suo corpo ed è immortale, indistruttibile e, di
conseguenza, destinata ad una eternità di sofferenze o di
felicità. Noi, quindi poniamo il quesito:
CHE
COSA È UN'ANIMA
Nell'esaminare questo quesito dal punto di vista
della Bibbia, troveremo che l'uomo ha un corpo
ed ha uno
spirito, ma è un'anima. Su questo punto la scienza
è d'accordo con le Scritture. Infatti, una branca scientifica,
la frenologia, esaminando i cranii umani e
quelli degli animali inferiori, desume una sorte d'indici, atti a
decifrare, per essi, i tratti naturali e le caratteristiche dei loro possessori.
Difatti, tutti gli uomini non si sentono capaci, in una certa
misura, di giudicare un carattere per mezzo di un esame fisiologico?
Tutti possono distinguere un intellettuale da un idiota; un uomo
amabile da un depravato. Coloro i quali non hanno appreso
che l'organismo (la forma del corpo) è indissolubilmente legato con
la natura, il carattere, e le disposizioni mentali, hanno compreso
ben poco delle lezioni della vita, né, quindi, sono in grado di
apprezzare la nostra dimostrazione od altra analoga.
Il termine "anima," qual lo troviamo nelle
Scritture, significa essere sensitivo; cioè che
possiede delle facoltà di percezioni sensorie diverse. Con spirito,
libero da ogni pregiudizio, riprendiamo con questa definizione il racconto
della Genesi, relativo alla creazione dell'uomo per costatare: (1) che
l'organismo, o corpo, fu formato; (2) gli fu dato lo spirito di
vita "soffio o [303] respirazione vitale"; (3) la risultanza, da ciò,
dell`"anima vivente" o l'essere sensitivo."
Ecco come è semplice ed intelligibile. Risulta che il
corpo non è l'anima e, nemmeno, lo spirito, o soffio di vita è l'anima;
ma che l'unione di questi due elementi, eseguita dall'Eterno,
produsse un uomo vivente, un essere vivente—un'anima
vivente,' dotata di facolta di percezioni.—Non v'è quì nulla di
misterioso, né alcuna idea che sia stata infusa una scintilla di divinità,
nell'uomo, né in alcun altro animale inferiore. Infatti, se la
creazione degli animali inferiori è passata sotto silenzio, senza essere
stata descritta specialmente, c'è permesso di sapere che per essi,
ugualmente, il modo di procedere deve essere stato sensibilmente uguale.
Noi sappiamo che un cane non potrebbe esistere senza un organismo o
corpo a lui adatto, né senza uno spirito o alito vitale in esso.
ll corpo del cane, che non fosse animato, non sarebbe un cane.
Occorre che sia trasfuso l'alito di vita, o respirazione, perché
inizii l'esistenza o vita del cane e così dicasi di ogni altra specie di
animali.
In pieno accordo con quando esposto precedentemente,
richiamiamo l'attenzione su di un fatto che, forse,
sorprenderà parecchi: cioè che seguendo il racconto delle
Scritture ogni cane e un'anima, ogni cavallo è un'anima,
ogni vacca è un'anima, ogni uccello
ed ogni pesce sono delle anime. In altri termini sono tutte delle
creature sensitive, in possesso
di facoltà percettive sensorie. È vero che alcune specie sono in un
piano intellettivo più alto ed
altre più basso, ma il termine anima
s'applica a proposito e scritturalmente
alle creature di piano inferiore, come all'uomoch'è il più nobile—così ai pesci,
ai rettili, agli uccelli, alle bestie. Tutti
sono delle anime. Rilevate che non diciamo che essi hanno
delle anime—nel senso
ordinario ed erroneo del termine—ma che hanno
ben tutti delle anime, nel senso
d'aver la vita, l'essere, l'esistenza, sono,
cioè, delle anime viventi. Diamone la prova:
Nel primo, secondo e nono capitolo della Genesi, i
termini "anima vivente" sono applicati nove volte,
nella lingua ebraica, [304] agli animali inferiori, ma i traduttori (preoccupati, a
quanto sembra, di difendere la falsa ma comune divagazione
concernente un'anima, improntata alla filosofia di Platone) fecero
attenzione perseverante nella loro opera, in modo che, per quanto
possibile, i lettori fossero tenuti nell'ignoranza al riguardo e non sapessero che
il termine anima è appropriato
alle creature inferiori e si applica
anche a loro, come all'uomo, nella stesura delle Scritture ispirate.
Altrimenti, come avrebbe potuto avvenire che in tutti questi casi, ed in molti altri, che troviamo nelle Scritture, essi abbiano
accuratamente dissimulato l'esatto pensiero, adoperando nella
traduzione un termine che non corrispondeva all'originale e, cioè,
"anima," quando esso designa l'uomo. Questo punto è stato oggetto
di tanta attenzione che questo termine ebreo non è stato tradotto
per "anima," in rapporto a delle "creature inferiori,"
che solo in un passaggio della
Bibbia e, precisamente, in Numeri, 31:28
e lì—come è ben evidente—essi furono costretti a scoprirsi, a
causa della costruzione particolare della frase: non potendo ragionevolmente
stilare una differente traduzione. Leggiamone il passaggio:
"E tu preleverai un tributo per l'Eterno: cioè
un'anima su cinquecento, tanto delle persone, quanto dei buoi,
degli asini e delle pecore." Si rileverà che quì il termine
"anima" è adoperato per le creature inferiori, lo
stesso che per l'uomo, e così avverrebbe in altre parti delle Scritture
se i traduttori non si fossero lasciati indurre a delle deviazioni e storture per le false
concezioni sul soggetto.
Esaminiamo, ora, i nove testi della Genesi, nei
quali si trova l'originale
ebreo del termine anima (nehphesh),
in rapporto con gli animali inferiori:
"Poi Dio disse: Producano le acque in abbondanza
animali viventi (Ebreo, nehphesh, anima)"—Gen. 1:20.—La
nota, in basso della pagina, alla versione Darby, porta: "ebreo:
anima, quì ed ai versetti 21, 24 e Gen. 2:19," e ciò avveniva al
quinto giorno, o [305] quinto periodo, della creazione, lungo tempo avanti
dalla creazione dell'uomo.
"E Dio creò i grandi animali acquatici e tutti
gli esseri viventi (ebreo: nehphesh, anima vivente), che si
muovono, i quali le acque produssero in abbondanza"—Gen. 1:21.—
Ciò avveniva al quinto "giorno,"—avanti la creazione
dell'uomo. Queste erano delle anime—pesci.
"Poi Dio disse: "Produca la terra animali
viventi (ebreo: nehphesh-anima
vivente) secondo la loro specie, il bestiame, rettili e animali
selvatici della terra, secondo la loro specie"—Genesi 1:24.—
Queste creature erano delle anime della terra secca, superiori ai
pesci, ma l'uomo, l'anima umana, o essere umano, non ancora era
stato creato.
"E Dio disse: ... E ad ogni
animale della terra e ad ogni uccello dei cieli e a tutto ciò che si
muove sulla terra ed ha in se un soffio di vita (un'anima
vivente, nehphesh) io dò
ogni erba verde per nutrimento" (Gen. 1:30). Quì, gli animali
inferiori sono specificati, ed è chiaramente indicato, con gli stessi
termini, adoperati parlando dell'uomo, che essi sono delle anime
viventi.
"E l'Eterno Iddio, avendo formato dalla terra
tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli dei cieli, li menò
all'uomo per vedere come li chiamerebbe, e perché ogni essere vivente (ebreo,
anima vivente: nehphesh)
portasse il nome che l'uomo gli darebbe" —Gen.
2:19.— Ogni commento, quì, è superfluo, poiché ora non si
potrebbe più pretendere che l'anima possa essere
esclusivamente una parte o una
qualità umana,
in quanto il termine in oggetto designa
tutte le creature senzienti,
dalla più infima specie alla più
alta: possedendo ogni creatura dei poteri sensitivi.
"Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà
de cibo . . . ma non
mangerete carne con la vita sua (ebreo,
carne, anima, nehphesh), cioè col
suo sangue" (Gen. 9:3, 4). Quì la Parola afferma, non solo
che gli animali di cui l'uomo può nutrirsi posseggono un'anima, o esistenza (essere o
anima), ma aggiunge che il loro [306] sangue rappresenta la loro esistenza (essere o anima)
e, perciò, è vietato all'uomo di cibarsene—essendogli proibito
di coltivare la sete del sangue.
"Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con
voi e con la vostra progenie dopo di voi e con tutti gli esseri
viventi (ebreo anima vivente-nehphesh) che sono
con voi: uccelli, bestiame, e tutti gli animali della terra
con voi"—Gen. 9:9, 10.— Questa esposizione è
molto chiara: essa dimostra che tutte le creature viventi sono delle
anime come l'uomo, per quanto siano a lui inferiori per natura,
l'organismo, eccetera.
"Ecco il segno del patto che io fo fra me e voi
tutti gli esseri viventi (ebreo, anima vivente —nehphesh)— Gen. 9:12.—
C'è nulla più esplicito di ciò?
"Io mi ricorderò del mio patto fra me e voi e
ogni essere vivente (ebreo: oghi anima vivente —nehphesh)" —Gen.
9:15.
La stessa espressione è ripetuta esattamente, negli
stessi termini, al versetto 16, e non dà alcuna possibilità di
cavillare sul significato del termine allorché è tolto il velo appostovi dagli
errori di traduzione, permettendoci di
capire il pensiero che Iddio desiderava trasmetterci con la Sua Parola.
Noi potremmo continuare questo esame negli altri libri
della Bibbia, ma abbiamo citati sufficienti testi, per 'stabilire
la nostra dimostrazione ad ogni spirito ragionevole, onde aggiornarlo che,
nell'uso scritturale, il termine anima si applica tanto agli animali inferiori che all'uomo e, quindi, è falso
pretendere che la superiorità dell'uomo sugli animali e le sue speranze
d'una vita futura provengano dal fatto che egli è un'anima e quelli non
sono delle anime. Queste false
concezioni debbono essere radicalmene abolite, se vogliamo considerare ogni cosa secondo gl'insegnamenti della rivelazione
divina.
Ma che niuno s'inganni: noi non insegniamo per nulla
che tutte le creature viventi che si muovono, dalle tarme
all'elefante e dal girino alla balena, essendo delle anime
viventi, debbano
avere una [307] vita futura, sia in riferimento alle condizioni dello
spirito, sia per una futura risurrezione. Un'idea di tal specie
sarebbe un 'assoluta insensatezza, una pura pazzia, senza la minima
giustificazione. Dei miliardi d'anime viventi, su dei
piani infimi della natura animale, nascono ogni minuto,
mentre che altri miliardi muoiono nello stesso tempo.
Il nostro argomento riflette l'uomo quale un'anima
o essere dell'ordine
più elevato, il re e signore sugli ordini inferiori d'anime o esseri
sensitivi, pur essendo egli stesso un'anima animale, umana, terrestre.
Tuttavia, era stato così magnificamente costituito all'origine
(Adamo), che poteva, a giusto titolo, esser descritto come essendo
alla rassomiglianza di Dio,
all'immagine di Colui che lo creò.
L'uomo, come anima, differisce dagli animali o anime
inferiori per il fatto del suo organismo superiore.
La sua superiorità non consiste solo nella conformazione verticale del suo
corpo, ma si manifesta anche per le sue capacità intellettive e morali
superiori che rassomigliano a quelle di Dio e si riflettono nel
suo aspetto fisico. È per le sue capacità mentali e morali, piùttosto
che per la sua prestanza fisica, che
l'uomo fu creato all'immagine di Dio. Benché numerosi ordini
inferiori d'animali (anime), o d'esseri animali posseggono facoltà di
ragionamento (che provano in mille maniere), tuttavia, ciascun d'essi ha
un limite che non è in grado di
sorpassare, mentre che le facoltà di ragionamento dell'uomo sono quasi
illimitate, poiché egli fu creato all' "immagine di Dio," alla
"rassomiglianza di colui che l'ha creato." Malgrado la caduta dell'uomo
nel peccato e le migliaia d'anni di fitte tenebre e degradazione,
noi possiamo ancora discernere la rassomiglianza con Dio,
specialmente in coloro che hanno accettato il ministerio di Cristo,
che riconcilia con Dio: per cui sono ridivenuti dei "figliuoli
di Dio" e cercano divenire simile all'immagine del diletto Figliuolo
di Dio.
Ad esempio: può insegnare a dei cavalli, a dei cani, a
degli [308] uccelli il significato di numerose parole per lor far
comprendere delle particolarità interessanti della vita. Essi
manifestano spesso le loro facoltà di ragionamento e alcuni sono persino
capaci di contare fino a venti; ma chi vorrà tentare d'insegnare
l'algebra o la
geometria o l'astronomia ad un cavallo, ad un cane o. ad un uccello?
Si può insegnare agli animali una certa nozione di onestà morale e
dovere verso il loro padrone: come di
non ammazzare le pecore, non mordere, non tirar calci, eccetera, ma
chi vorrebbe cercare d'insegnare il Decalogo a delle bestie mute? Si può insegnar loro
una specie d'amore per il padrone ed i suoi amici, ma chi penserebbe
a far loro apprendere d'amare oppure di adorare Iddio,
o di sopportare semplicemente dei nemici che lo trattassero con
cattiveria?
Il punto da rilevare sta nel considerare che tutte
queste differenze non sono dovute al fatto che gli animali
inferiori abbiano una specie differente di alito
o spirito di vita, poiché, come
abbiamo visto, "essi hanno
tutti lo stesso soffio"
(Eccl. 3:19), né perché l'uomo
è un'anima e la bestia no, poiché noi abbiamo visto che sono
tutti delle anime. Ma, come noi abbiamo trovato e come tutti gli uomini ne sono testimoni, ogni essere vivente possiede un organismo
corporale differente, le cui differenti
caratteristiche lo classificano
(secondo il grado d'esse) in alto o in basso della scala
d'intelligenza. Notate, anche, che non è la prestanza fisica a
stabilire l'eccellenza o la superiorità dell'essere vivente, poiché in
tal caso l'elefante e la balena sarebbero i signori della terra: l'eccellenza
risiede nella "qualità
organica," rappresentata
principalmente nella struttura e
le funzioni del cervello.
L'uomo è, dunque il tipo più elevato fra le
creature terrene "della terra e terrestre" e la sua
eccellenza consiste nella superiorità delle sue capacità e facoltà
mentali: le quali non sono il risultato d'uno sviluppo, ma un dono del
suo Creatore. [309]
IL CORPO, LO SPIRITO, E L'ANIMA DELLA CHIESA
1 TESS. 5:23
I termini corpo, anima e spirito sono adoperati come
una figura per designare la Chiese nel suo complesso.
L'Apostolo ci dà un esempio in questa sua dichiarazione : "L'Iddio
della pace Egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo
spirito, l'anima ed il corpor sia conservato irreprensibile, per la
venuta del nostro Signore Gesù Cristo." Questa preghiera deve
essere intesa necessariamente da applicarsi all'intera Chiesala
Chiesa degli eletti, i cui nomi sono scritti nei cieli. Il vero spirito è stato
conservato nel piccolo gregge. Il suo corpo
è discernibile oggi,
ugualmente, a dispetto della
zizzania che vorrebbe nasconderlo e affogarlo. E la sua
anima, la sua attività, la sua intelligenza, il suo essere sensitivo è
in evidenza dapertutto perché innalza lo stendardo, all' umanità, rappresentato
dalla croceil riscatto.
Noi non potremmo applicare le parole dell'Apostolo
in alcuna altra maniera, poiché, malgrado le divergenze
d'opinioni concernente la preservazione degli spiriti individuali e
delle anime individuali della gente alla quale l'Epistola era
indirizzata, tutti saranno d'accordo che i loro
corpi non sono stati
preservati, ma
sono tonnati alla polvere, al
pari di quello degli altri uomini. Inoltre, i
termini corpo, anima, e spirito sono al singolare e non al plurale.
CHE S'INTENDE CON "HADÈS" O
"SHEOL" OVE
VANNO LE ANIME?
Poiché è detto che le anime vanno allo shéol o all'hadès,
certuni sostengono che l'anima déll'uomo
deve essere qualche cosa di tangibile
e di cosciente, dopo la mortealla separazione dello [310] spirito di vita dall'organismo, o corpo. —A noi,
dunque, conviene di esaminare la Parola dell'Eterno su tal soggetto e
verificare cos'è lo shéol, o adès.
Il termine ebreo shéol si trova
sessantacinque volte nelle Scritture del Vecchi Testamento.
Esso è tradotto tre volte fossa; trentuno
per sepolcro o tomba e trentuno
per inferno. Tutte
queste traduzioni sono erronee, se si tien conto dell'uso
comune attuale dei termini inferno, sepolcro e fossa.
Il significato, presso a poco esatto del termine
ebreo shéol (equivalente
in greco a hadès) sarebbe tomba o sepolcro. Nulla nel
termine "shéol" può riferirsi a gioia o dolore o altri
sentimenti, per cui
sono i testi ed i contesti, in connessione, i quali devono guidarci.
Esaminiamo, dunque, accuratamente il modo in cui vengono
adoperati i termini shéol e hadès e precisiamo, con i testi cui
si riferiscono, quanto meglio possibile, ciò che concerne "l'inferno."
Noi troveremo che è chiaramente stabilito nella Bibbia che lo shéol—hadès,
oblìo—riceve
tutta l'umanità, i buoni, come i
cattivi, ed ivi, non c'è né luce, né conoscenza, né saggezza, né proggetti,
niuna lingua loda l'Eterno, o bestemmia il suo nome: è una condizione di silenzio assoluto, una condizione indesiderabile, salvo
per coloro che la ricollegano con la speranza della risurrezione.
Si noterà, anche, che sono le "anime" —sia
buone, che malvagie— che vanno in tal condizione —shéol,
oblio— per attendervi 1' "assegnazione" del Dispensatore di vita
al mattino dell'Èra millenaria. Non può negarsi
che i traduttori della Versione comune inglesse (e d'altre lingue)
siano stati, talvolta inconseguenti con se stessi, ma noi insistiamo
sul fatto che ciò non sia attribuibile a disonestà, anche se, in
molti casi ve n'è l'apparenza. Noi crediamo che ciò provenga da una
confusione di spirito, sul soggetto, fortemente radicata nel corso
dei secoli, dai falsi insegnamenti che sono stati trasmessi dagli "evi tenebrosi." Un'altra
attenuante alla responsabilità dei traduttori, risiede nel
rilevare che nell'inglese "arcaico" il termine hell (inferno)
non aveva il significato che ha nell'inglese moderno. In alcun
senso del termine, non significava, né implicava, un luogo di
fiamme, torture, angoscie o dolori, ma [311] dava il pensiero di sepolcro o tomba, di condizione
appartata o luogo di oblio. I traduttori, nell'adoperare il termine inferno, in parte,
probabilmente, si giustificavano, appoggiandosi sull'antico significato,
qual è riportato dagli antichi dizionarii.
Nell'esaminare i passaggi seguenti, contenenti il
termine shéol, preghiamo
il lettore di notare quale sarebbe il senso del passaggio se, in ogni caso, lo si
traducesse per "fuoco d'inferno," o "luogo di tormenti";
indi notare, ugualmente, come, in ogni esempio, la traduzione risulterebbe
del tutto armoniosa e logica, con il contesto,
se il termine in oggetto fosse tradotto con "oblio."
Questi passaggi
provano, in maniera irrefutabile, che le "anime"
vanno allo
shéol,
nell'oblio e che non vi
giacciono in alcun tormento, né che posseggono alcuna conoscenza, o
attività, o gioia o pena o sentimento
d'alcuna specie, ma, semplicemente, attendono, nell'oblio,
"la voce dell'Arcangelo e la trombetta di Dio."
"Io scenderò, facendo cordoglio, dal mio
figliuolo, nel soggiorno dei morti, shéol (oblio)"
—Gen. 37:35.—
Così, Giacobbe piangeva suo figlio Giuseppe ch'egli
supponeva fosse perito di morte violenta.
"Se gli succedesse qualche disgrazia (a Beniamino),
durante il vostro viaggio, fareste scendere con cordoglio la
mia canizie al shéol (sepolcro, oblio)" Gen. 42:38.—
Tali furono le parole di Giacobbe, alla partenza di
Beniamino, nel timore che non lo uccidessero, come credeva che
avessero ucciso Giuseppe.
Le stesse parole sono ripetute, d'una maniera
identica, in circostanze analoghe, al capitolo 44:29, allorché i
fratelli di Giuseppe gli riferiscono le doglianze del padre loro,
concernente Beniamino, partente. Al versetto 31 i fratelli espongono di
nuovo il cruccio che li concerne, dicendo: "I tuoi sevitori avranno fatto scendere con
cordoglio la canizie del tuo servitore, nostro padre, nel shéol (oblio).
Ecco, quattro esempii nei quali il termine shéol è stato
tradotto per sepolcro. Noi invitiamo
ciascuno a considerare quanto sarebbe stato improprio adoperare il termine
inferno, che racchiude il [312] concetto abituale ed ordinario del fuoco, dei
tormenti e dell'angoscia. È evidente che i traduttori erano tutti sicuri che il termine inferno, qual'è ordinariamente
compreso, avrebbe reso delle idee del
tutto false, nei riguardi di ciò che Gicobbe intendeva esprimere e
si attendeva, e, perciò, hanno tradotto quì "sepolcro."
Tuttavia essi non credevano,
come del resto, la maggioranza delle genti, non
credono che Giacobbe andò nel sepolcro, o aveva idea d'andarvi.
Il patriarca non pensava, nemmeno, alla sepoltura del suo corpo in una tomba, poiché allora, avrebbe senza dubbio adoperato
lo stesso termine ebreo, per sepolcro, di cui si
servì parlando della tomba di Rachele, cioè qeburah, (Gen.
35:20) oppure, avrebbe adoperato
lo stesso termine (qeber)
di cui il
figlio Giuseppe si servì,
parlando della tomba di Giacobbe, che Giacobbe stesso aveva fatta preparare, prima di morire (Genesi 50:5). Al contrario,
noi rileviamo
che Giacobbe parlava di se stesso, come di un'anima
o di un essere in cui la delusione che avrebbe potuto causargli la perdita
di Beniamino, lo avrebbe
condotto nell'oblio, nella
condizione, o stato di morte, dato che era di età avanzata e
di salute debole.
"Se l'Eterno fa una cosa nuova, se la terra
apre la sua bocca e l'ingoia ... e se essi scendono vivi
nel shéol (shéol:
oblio) —Num. 16:30.—
"Essi scesero vivi nel shéol (shéol:
oblio), la terra si richiuse su di loro, ed essi scomparvero
di mezzo all'assemblea "—Num. 16:33.—
Questi due testi che si riferiscono a Coré, Dathan e
Abiram ci mostrano come essi furono distrutti. Logicamente,
non si poteva tradurli con l'espressione
"nell'inferno" nel timore di provare che il preteso luogo di
tormento fosse nella superficie della terra. Ma quanto è semplice
l'esposizione se vien compresa al giusto e, cioè:
"la terra aprì la sua bocca e li
inghiottì ed essi discesero, dalla vita attiva e laboriosa nell'oblio e
nell'incoscienza.
"Poiché un fuoco si è acceso nella mia ira e
divamperà fino in fondo al shéol (inglese
hell: inferno; shéol: oblio) divorerà la terra e infiammerà le
fondamenta della montagna"—Deut. 32:22.— [313]
Quì, certamente è quistione d'un fuoco, ma non nel
senso proprio di fuoco, poiché l'intero contesto indica che
si tratta del fuoco della gelosia di Dio, come leggiamo quì, in
seguito: `Essi saranno consumati dalla fame e divorati dalla febbre ... di fuori la spada e di dentro il terrore li distruggeranno." Noi non siamo
ridotti a supporre la maniera in cui questa
profezia si è compiuta, poiché
l'apostolo Paolo, parlando sotto l'ispirazione dello
Spirito Santo, allude a questo passaggio e
l'applica agli Israeliti, secondo la carne, e alle angoscie dalle quali furono oppressi,
come nazione, allorquando rigettarono il Signore Gesù e a
loro volta furono rigettati dal Signore. L'Apostolo dichiara che la collera e discesa su d'essi all'ultimo limite (I Tess. 2:16): la
collera divina s'infiammò contro
essi e continuò a consumarli, qual
popolo, sino a che avrebbero scontato i loro peccati nazionali. Dopo
che la collera divina 'si sarà placata, allora Iddio andrà a cercarli, anche nell'oblio (shéol), più profondo e a loro parlerà amichevolmente,
nel dire alla Chiesa: "Consolate, consolate il mio
popolo, parlate al cuore di
Gerusalemme proclamatele che il
tempo della sua servitù è compiuto; che il debito della sua inquità è
pagato, che ella ha ricevuto dalla mano dell'Eterno il doppio per tutti i suoi peccati" (Isaia 40:1, 2). Allora verrà anche la
liberazione di Giacobbe, predetta dall'Apostolo Paolo, il quale si fonda egli
stesso sulla dichiarazione di Dio: "Questo sarà il mio Patto con
loro quando io torrò via i loro peccati" (Romani 11:26, 27). Lo
stesso pensiero che questo bruciore d'ira divina contro Israele fino
all'oblio più profondo, sarà seguito dalla benedizione divina, è mostrato nel contesto. (Vedasi Deut. 32:26-43).
"L'Eterno fa morire e fa vivere, fa scendere al shéol (nell'oblio) e
ne fa risalire (per una risurrezione fuori dell'oblio: dello shéol)"
I Samuele 2:6.—
"I legami del shéol (inglese hell: inferno,
oblio) mi avevano attorniato" (2 Samuele 22:6).
Il profeta Davide, quì, esprimeva che la sua vita
era in pericolo, ma che Iddio lo liberò dalle mani di Saul. Il
contesto, intanto, mostra molto chiaramente che il Salmista parla in
maniera profetica del Cristo e del tempo della liberazione
completa del corpo [314] di Cristo, la Chiesa, la quale sarà liberata dal
presente mondo malvagio, per entrare nella gloria del mondo a venire.
Si rileva nei versetti, da 8 a 18, che la liberazione del corpo
di Cristo avrà luogo nel mezzo stesso di una grande distretta e di una
manifestazione della potenza e dell'indignazione divina,
contro la malvagità.
"Non lasciare scendere in pace la sua canizie al
shéol (oblio) ... e farai scendere tinta di sangue la sua canizie
nel shéol (oblio)" —1 Re 2:6,
9.—
Così parlava Davide a Salomone, suo figlio,
mostrandogli che Joab era un uomo pericoloso, un uomo di sangue,
meritevole, in tutta giustizia, qualche retribuzione avanti la sua
morte. I traduttori, evidentemente, pensarono che, per quanto Joab
fosse un uomo perverso, non bisognava tradurre quì "shéol"
con inferno, poiché il
contesto parla di canizie, mentre la loro teoria pretende che
i capelli e tutto il resto del corpo fisico va sotterrato e solo l'anima
nuda, lo spirito spogliato, va all'inferno. Questa la ragione per
cui preferirono render quì shéol, con l'espressione soggiorno dei
morti, tomba o sepolcro. Ma, con una concezione esatta d'uno spirito
chiaroveggente, non c'è difficoltà, nell'opinare che i capelli bianchi
(canizie) di Joab, come quelli di Giacobbe, discendano insieme
nel shéol, l'oblio, il soggiorno dei morti. L'espressione "canizie"
è semplicemente una figura retorica indicante una persona di età
avanzata.
"La nuvola svanisce e si dilegua; così chi
scende allo shéol (oblio) , non ne risalirà" (Giobbe
7:9)
Giobbe mostra, quì, la distruzione dell'essere
umano, o anima, nella morte. Tuttavia al versetto 21, conclude la sua
argomentazione, dichiarando:
"Presto giacerò nella polvere e tu mi cercherai ed io non ci sarò più." Quì, l'interim della morte è considerato,
come un sonno (giacerò o
dormirò) ed è anche fatta allusione all'Età
millenaria, come essendo il "mattino" e l'Età attuale come la
notte di pianti e di angoscie, di
morte e di grida. L'Eterno cercherà
Giobbe al mattino della potenza e della risurrezione benché
Giobbe allora non vi sarà più, benché la morte avrà prodotto
la sua distruzione completa, tuttavia il caso di Giobbe non è
al dilà della potenza divina ed è perciò che, quando sarà venuto [315]
il tempo dell'Eterno, '"il suo desiderio tornerà
verso l'opera delle Sue mani"; allorché il giorno della vendetta sarà
passato, e che i tempi di refrigerio saranno venuti, allora, Egli
chiamerà e Giobbe e tutti gli altri gli risponderanno.—Vedasi Giobbe
14:14, 15.—
"Si tratta di cose più alte del cielo ... e tu che
faresti? di cose più profonde dello shéol (oblio) ... come le
conosceresti?"
Queste parole sono di Zofar, uno dei fastidiosi
consolatori di Giobbe che l'Eterno riprovò. Con questa dichiarazione egli
tenta di dimostrare a Giobbe che i principii divini di
governo sono inscrutabili per l'umanità. E, per rappresentare la
totale mancanza di conoscenza dell'uomo a Dio, egli fa allusione
allo shéol —di cui ha la
stessa ignoranza.
"Oh, volessi tu nascondermi nello shéol (oblio),
tenermi occulto fino
a che l'ira tua sia passata, fissarmi un termine e poi
ricordarti di me "
Giobbe 14:13.
Ecco l'esposizione la più semplice e la più esplicita
della speranza di Giobbe. Egli non desiderava certo che si
perpetuassero le condizioni di peccato, tristezza, angoscia e dolore e
era disposto ad essere nascosto nell'oblio, fino al tempo in cui la
maledizione, "l'ira" sarebbe stata tolta dalla terra e
rimpiazzata dai tempi di refrigerio. Ma egli non
desiderava di sparire dalla terra per sempre. Oh, no!
avendo fede nelle disposizioni divine, stabilite in una vita futura,
accordata con la risurrezione, egli pregava affinché Iddio, al tempo
fissato, dopo la sparizione della maledizione del peccato, si
ricordasse di lui e lo facesse uscire dall'oblio, richiamandolo all'esistenza,
per la potenza della restaurazione che sarà messa in opera da
Cristo. —Vedasi Atti 3:19-21.
"Se aspetto come casa mia lo shéol (oblio) , se già mi
son fatto il letto nella tenebre; se ormai grido al sepolcro (corruzione)
"tu sei mio padre" e ai vermi: "siete mia
madre e mia sorella" —17:13-14.—
Quant'è espressivo questo linguaggio! L'oblio della
casa, del letto e la dimora piena di tenebre: l'anima di
Giobbe dorme, è inanimata, in attesa del mattino della risurrezione,
mentre il suo corpo s'avvia alla corruzione.
[316]
"Dove —é dunque la mia speranza? Questa
speranza mia chi la può scorgere? Essa scenderà alle porte dello shéol
(l'oblio, separazione), quando nella polvere troveremo riposo assieme"—Giobbe 17:15-16.—
Il servitore di Dio esprime la propria speranza, il suo
affidamento, ma si chiede quanti altri suoi simili possono
avere tale fiducia. Egli ha già espressa la speranza che la sua
morte sarà semplicemente un sonno e da esso si sveglierà al mattino. Ma,
benché
ciascuno, separatamente, discende allo shéol, a l'oblio, con o senza questa
speranza, tutti trovano riposo nella polvere.
"Passano felici i loro giorni, poi scendono in un attimo nel soggiorno
dei morti (shéol: oblio) "—Giobbe 21:13.—
Giobbe descrive quì la vita, nella prosperità
materiale, di certuni che non sono i
figliuoli dell'Eterno e pone in contrasto questa
prosperità con le tribolazioni subite da altri i quali costituiscono
il popolo di Dio e che vengono sottoposti alla verga della correzione divina, per
modellarli e prepararli a migliori cose dell'avvenire.
"Come la siccità ed il calore assorbiscono le
acque della neve, così il soggiorno dei morti (shéol: oblio) inghiottisce
chi ha peccato"—Giobbe 24:19.—
Tutta l'umanità ha peccato e, di conseguenza, è
soggetta alla morte e discende nell'oblio. La sola speranza è in
colui che ci riscattò dalla morte e che, al "mattino,"
ci farà uscire dall'oblio, secondo la misericordiosa
promessa personale. Intanto, in questo esempio, Giobbe fa specialmente
allusione ai peccatori che affrettano la
loro morte a causa della loro cattiva condotta.
"Il soggiorno dei morti (shéol: oblio) dinanzi
a lui è nudo, l'abisso è senza velo"
—Giobbe 26:6.—
Qui, Giobbe fa risaltare tutta la saggezza del Creatore che, non solo
conosce la fine, dapprima della data, ma che tutte le cose secrete
dell'oblio sono aperte al suo occhio inscrutabile.
"Poiché nella morte non c'è memoria di te;
chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti? (shéol: oblio)" —Salmo 6:5.—
Che dichiarazione chiara e positiva riscontriamo quì,
che ci prova l'incoscienza dell'uomo nella morte. Si noti anche che questo
[317] testo non si riferisce ai malvagi, ma ai servitori di
Dio, i quali desiderano ringraziarlo e lodarlo per la sua bontà.
Teniamo ugualmente presente che non si
tratta della carne morta che è sotterrata nel qeber, ma dell'anima che
va nello shéol, l'oblio.
"Gli empi ritorneranno nel soggiorno , dei morti (shéol: oblio), si,
tutte le nazioni che dimenticano Iddio"—Salmo 9:17.—
Il termine ebreo shub, in questo
testo, è convenientemente tradotto "ritorneranno."
Ciò fa pensare a qualcuno ritirato dallo shéol,
oblio, che, poi, vi è di nuovo inviato a causa della sua malvagità
e perché dimentica Iddio. La liberazione, fuori dallo shéol
(oblio), dell'umanità, in generale, avrà luogo durante l'Età millenaria,
come risultato del prezzo di riscatto, compiuto sul Calvario.
Intanto, coloro i quali, una volta risvegliati, e portati alla conoscenza della verità, saranno ancora perversi, volontariamente,
ritorneranno nell'oblio—"la Seconda Morte"—, per la quale non
vi sarà né riscatto, né restaurazione. È del tutto evidente che questo
passaggio non è applicabile alla massa intera degli uomini (i
pagani), che non hanno giammai conosciuto Iddio; secondo i giusti termini, si riferisce a coloro che dimenticano Iddio, dopo essere
pervenuti ad una chiara conoscenza di lui e delle responsabilità
assunte nei Suoi riguardi.
"Tu non abbandonerai l'anima mia in potere
della morte (shéol: oblio); né
permetterai che il tuo santo vegga la fossa" —Salmo
16:10.—
L'apostolo Pietro, parlando il giorno della Pentecoste,
sotto l'influenza plenaria dello Spirito Santo, ci espose
il vero significato di questa dichiarazione, indicandoci che non era
possibile che ciò potesse esser vero per lo stesso Davide, poiché
l'anima di Davide fu lasciata nello shéol e la sua carne subì la corruzione.
Infatti, parlando di Davide, Pietro
dichiara: "egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora ai dì d'oggi fra noi." "Poiché Davide non
è salito in cielo"—Atti
2:27-34.—
Le parole dell'Apostolo sono espressive e
completamente convincenti su due punti: (1) l'anima di Davide andò allo shéol, nell'oblio,
vi era ancora e, sino al momento del discorso di Pietro, [318] non era ascesa al cielo; (2) l'anima di Cristo Gesù
andò sino allo shéol, nell'oblio,
ma non vi restò, poiché essa risuscitò il terzo giorno ed
in seguito salì al cielo.
Queste chiare esposizioni, provenienti da una fonte
ispirata, dovrebbero illuminare sulla quistione tutti i veri
ricercatori della Verità, poiché esse ci prospettano gli eventi che ora
poniamo in risalto: (1) Alla morte di nostro Signore Gesù, la sua
anima (essere) andò nell'oblio, allo shéol; (2) Egli restò
morto durante un periodo di poco meno di tre giorni; (3) Egli
risuscitò, fu vivificato, estratto dall'oblio, ed elevato alla natura
divina, il terzo giorno per mezzo della
potenza dello Spirito Santo di Dio e divenne "le primizie di
coloro che sono addormentati." L'essere o anima di
nostro Signore cessò di esistere durante il periodo della sua morte:
"egli offrì la sua anima alla morte; offrì la sua anima in
sacrificio per il peccato." Ma la sua anima (essere) fu rivivificata per
una risurrezione, avendo ricevuto un nuovo corpo spirituale.
"I legami dello shéol
(oblio) mi avevano attorniato, i
lacci della morte mi avevano
colto." —Salmo 18:5.—
Questo testo esprime sotto forma immaginosa
l'angoscia profonda ed il panico della morte.
"O Eterno, tu hai fatto risalire l'anima mia
dallo shéol (oblio);
tu m'hai ridato la vita"
—Salmo 30:3. —
Questo passaggio è una dichiarazione di gratitudine
per la guarigione di una grave malattia che potevaa
condurre alla morte.
"Siano confusi gli empi, siano ridotti al
silenzio nel soggiorno dei morti (shéol: oblio): ammutoliscono le labbra bugiarde "
—Salmo 31:17, 18.—
Anche quì, il Salmista desidera fortemente che la
terra sia purificata dalle genti che sono proclivi al male e
praticano con malvagità. Ciò non è in alcun rapporto
con la vita futura, né implica una speranza di risurrezione per tale gente.
Allorché il Regno apparterrà al—Signore, Signore,
che sarà allora il Sovrano di tutte le
Nazioni e che le leggi di giustizia e di, verità saranno instaurate, e
la misericordia e l'amore apporteranno a ciascuna creatura la più
completa opportunità di pervenire alla conoscenza e di essere
[319] liberate dal peccato, probabilmente, certuni, di
questi malvagi d’oggi, ricercheranno la dirittura, la giustizia:
onde essere coperti dalla misericordia della giustizia di cristo e,
infine, perveranno alla vita eterna per mezzo Suo.
Certamente, nè il profeta Davide nè alcun altro potranno
ostacolare una tale riforma, nè opporsi all’effettuazione del dono
della vita eterna, accordata a coloro che cambieranno completamente tenore
di vita e saranno ricondotti in armonia con Dio.
“Sono cacciati come pecore nel soggiorno dei morti
(shéol: oblio); la morte è il loro pastore ed al mattino gli uomini
retti li calpestano. La loro
gloria ha da consumarsi nel soggiorno dei morti (shéol: oblio), nè avrà
altra dimora. Ma Dio
riscatterà la mia anima dal potere del soggiorno dei morti (shéol:
oblio), perchè mi prenderà con se”—Salmo 49:14, 15.—
Il termine shéol non significa sepolcro nel
senso ordinario, ma oblio, come noi lo traduciamo, come risulta
chiaramente da questo testo; poichè le pecore non sono sotterrate nei
sepolcri, per quanto tutte le pecore vadano nell’oblio, siano
dimenticate, come se non fossero esistite,
Il profeta mostra quì la sua fiducia nella risurrezione, che
Iddio, cioè, riscatterá la sua anima dallo shéol, dall’oblio.
Ciò é in perfetta armonia con la dichiarazione dell’Apostolo
Pietro, allorchè dice: “Davide
non è salito al cielo.” L’anima
di Davide andò nello shéol, nell’oblio, e la sola speranza di
Davide è nella redenzione della sua anima, fuori dello shéol, dell’oblio,
in un ritorno alla vita che il Redentore gli accorderà, alla risurrezione.
In più, anche coloro che, come pecore vanno nell’oblio, devono
uscirne, poichè questo passaggio dichiara nettamente che al “mattino”
della risurrezione, al mattino millenario, i giusti “avranno la
dominazione” su costoro, li governeranno, li dirigeranno, li
giudicheranno. Anche
l’Apostolo lo afferma: “I santi giudicheranno il mondo”— 1 Cor.
6:2.—
“Li sorprenda la morte !Scendano vivi nel soggiorno
dei morti (shèol: oblio); poichè nelle loro dimore non v’è che
malvagità”— Salmo 55:15.
Questo passaggio, ordinariamente mal compreso è stato
una pietra d’inciampo per numerosi figliuoli di Dio. Essi si son detto: [320]
“Come è possibile che un uomo buono, come Davide
abbia potuto pregare perchè i suoi nemici discendessero nell’inferno,
nella tortura eternal? Un
uomo buono non pregherebbe certo in tali termini, nè, in effete, lo erano. Come abbiamo rilevato e rileviamo, il termine shèol
non racchiude alcuna idea di fuoco o di flamme o di tormenti, nè di
chicchessia della specie, ma significa semplicemente l’oblio,
l’estinzione della vita. Da
ciò consegue, quindi, che la preghiera di Davide, o il desiderio riguardo
ai suoi nemici, gli avversarii della giustizia, costituiva un desiderio
convenevole ed in pieno accordo con le leggi dei popoli i più civilizzati
della nostra epoca, di gran luce. Oggi, le leggi delle nazioni civili decretano che tutti gli
assassini siano passibili di pena capitale e, generalmente, scelgono i
metodi di esecuzione, ritenuti meno dolorosa.
La legge decreta, dunque, come agì Davide, che i colpevoli vadanno
allo shéol, nell’oblio, cioè muoiono!
Nondimeno, nella sua misericordia, Iddio ha riscattato, con il
prezioso sangue di Cristo il più vile dei peccatori, come il meno vile
fra essi, poichè “Gesù Cristo, per la grazia di Dio, ha gustato la
morte per tutti.” “Egli sè dato in riscatto per tutti,” testimonianza (che
deve essere resa) al proprio tempo.”
Se certuni fra i nostri simili sono più perversi di noi, ciò può
dipendere, per quanto ci è dato di sapere, da influenza particolarmente
accecanti, esercitate dall’Avversario su d’essi
(2 Cor. 4:4), oppure
da più nefaste tare hereditarie. In
ogni modo Iddio ha provveduto affinchè ciascun membro della razza abbia
una occasione completa, chiara ed imparziale di fare la sua scelta per la
giustizia e la vita o per l’ingiustizia e la seconda morte — per
essere rinviato allo shéol (oblio). — Ciò ci è interamente garantito
dal Nuovo Patto, assicurato e sigillato per i meriti del prezioso sangue
di Cristo.
“Grande è la tua benignità verso di me, e tu hai
riscossa l’anima mia dal fondo del soggiorno dei morti (shéol:
oblio)” — Salmo 86:13. —
Quì la locuzione “dal profondo del sogiorno dei
morti” potrebbe significare la profondità dell’oblio.
Ci è permesso di considerare, per cognizione di causa, che il
Profeta, quì, personifica nostra Signore Gesù, come lo ha personificato
in altri numerosi [321] passi dei suoi Salmi.
Se è così, l’espressione “profondita dell’oblio,” avrebbe
un’applicazione particolare. Per
l’umanità, in generale la morte non è che un sonno, e l’oblio in cui
essa è discesa, non è che temporaneo poichè vi sarà un risveglio alla
risurrezione, quale risultato del riscatto.
Ma, nel caso di nostro Signore Gesù, era differente: per il fatto
che Egli prese il posto del peccatore (Adamo), la morte significava
obbligatoriamente per Lui la punizione suprema del peccato, cioè
l’oblio perpetuo, salvo che per la grazia e la potenza del Padre, egli
dovè risuscitare dai morti per divenire il Liberatore di coloro che aveva
riscattato.
“Poichè l’anima mia è sazia di mali e la mia vita
è giunta presso il soggiorno dei morti (shéol: oblio)” — Salmo 88:3. —
Anche quì, il dolore profondo fino alla morte è
descritto sotto una forma breve e poetica.
“Qual è l’uomo che viva senza veder la morte?
Che scampi l’anima sua dal potere del soggiorno dei morti (shéol:
oblio)?” — Salmo 89:48. —
Quanto senso logico racchiudono questi quesiti e le
risposte che li concernono! Tutto
ciò è in accordo con quando abbiamo esaminato fin quì. Invece, quanto sono discordanti queste parole con la credenza
gerralmente ammessa, sul soggetto in esame!
Ordinariamente, si crede che alcun uomo, o anima, passi per una
vera morte, ma, che, al momento della morte, c’è—al contrario—un
accrescimento di vita e, quindi, l’anima sfugge al potere dell’oblio,
inoltre, non è ammesso che l’aima possa morire e, lungi dal porre in
dubbio che possa da se stessa liberarsi dall’oblio, si stabilisce senza
discussione che lo shéol (oblio) non ha alcun potere di toccare l’anima.
Come logiche le Scritture e la Verità!
Invece, quanto si riscontrano illogiche le teorie, così
comunemente accettate, della filosofia di Platone!
“I legami della morte mi avevano circondato, le
angoscie del soggiorno dei morti (shèol: oblio) m’avevano colto; io
avevo incontrato distretta e cordoglio” — Salmo 116:3. —
Anche quì, il panico della morte è descritto im viva
maniera.
“Dove me ne andrò lungi dal tuo spirito?
(potenza—per sfuggire alla potenza divina, o per nascondersene) e
dove fuggirò dal [322] tuo cospetto!
Se salgo in cielo tu vi sei, se mi metto a giacere nel soggiorno
dei morti (shéol: oblio), eccoti quivi”—Salmo 139:7, 8.—
Secondo la concezione, ammessa generalmente, ciò
vorrebbe dire che Iddio abiti in permanenza il terribile luogo di tortura
che si suppone debba essere lo shéol (oblio).
Al contrario, il profeta espone la sua ampia visione della potenza
divina e ci rende partecipi del risultato delle sue investigazioni: vale a
dire che non esistono luoghi dell’universo inaccessibili al sommo potere
divino. Lo stesso oblio della
morte è sottoposto a nostro Signore, il quale dichiara “Tengo le chiavi
della morte e dell’Ades (oblio).”
È la nostra fede in Dio—nella Sua onnipotenza—che costituisce
la base della speranza nella risurrezione dei morti.
“Come quando si ara e si rompe la terra, le nostre
ossa sono sparse all’ingresso del soggiorno dei morti (shéol: oblio).
Il significato di questo passaggio è molto oscuro; ma,
in ogni modo non contiene alcun dato che accredita l’idea generalmente
ammessa di un inferno di tormenti. La
traduzione di Young rende così questo versetto: “come si ara e si miete la terra, le nostre ossa state
disperse al comando di Saul.”
“Inghiottiamoli vivi, come il soggiorno dei morti (shéol:
oblio)” Prov. 1:12. —
Questo sembra mostrare il linguaggio degli omicida che
vorrebbero distruggere rapidamente le loro vittime, onde perderle di vista
e di memoria—nell’oblio.—
“I suoi piedi scendono alla morte, i suoi passi fan
capo al soggiorno dei defunti (shéol: oblio)”—Prov. 5:5.—
Quì sono descritte le tentazione di una donna malvagia,
in forma poetica, e leconseguenze funeste che derivano nel praticarla,
poichè conducono alla distruzione, alla morte, all’oblio.
“La sua casa è la via del soggiorno dei defunti (shéol:
oblio), la strada che scende ai penetrali della morte”—Prov. 7:27.—
Questa espressione è simile alla precedente, ma dà la
prova che l’inferno in questione non si compone di fiamme, nè è un
luogo di tormenti; ma le fosche camere della morte, del nulla dell’oblio.
“I suoi convitati sono nel fondo del soggiorno dei
morti (shéol: oblio)”—Prov. 9:18.—
[323] Quì, in un linguaggio parabolic, il testo i
indica gl’invitati della prostituta, rappresentati come dei morti,
che hanno perduto ogni rispetto di se stessi e di dignità virile,
indubbiamente, essi sono sul cammino della morte, poichè una condotta
depravata favoreggia ed accelera la malattia e la morte,
Essi si avian verso l’oblio, non solo nel senso fisico, ma anche
perchè perdono la loro reputazione e la loro influenza fra gli uomini.
“Il soggiorno dei morti (shéol: oblio) e l’abisso
stanno dinanzi all’Eterno; quanto più i cuori dei figliuoli degli
uomini!” —Prov. 15:11.—
Si deve rilevare che quì non v’è alcuna idea di
tortura, al contrario, lo shéol, l’oblio, è associato alla distruzione.
“Per l’uomo sagace la via della vita mena in alto,
e gli fa evitare il soggiorno dei morti, in basso (shéol:
oblio)”—Prov 15:24.—
I nostri traduttori sono quasi pervenuti, nella maniera
in cui hanno reso questo testo, a sostenere la loro teoria che i giusti
montano al cielo ed i malvagi discendono all’inferno. Rilevate il testo della Versione riveduta inglese:
“Per il saggio il cammino della vita monta, al fine che egli
possa allontanarsi dal shéol (oblio) ch’è di sotto.”
Il pensiero esatto potrebbe essere reso così:
Il sentiero della vita, per i saggi, è un sentiero che si eleva
verso la giustizia, alfine che essi possono essere liberati dall’oblio,
per mezzo della potenza della risurrezione.
“Lo batterai con la verga, ma libererai l’anima sua
dal soggiorno dei morti (shèol: oblio)” —Prov. 23:14.—
Inutile, indubbiamente,spiegare che questo passaggio
non insegna che, dopo la morte, il cadavere deve essere battuto affinchè
l’anima possa essere tirata da un inferno di tormenti.
Il senso e chiaramente indicato dal contesto. L’ingiunzione indica che la verga non deve essere
risparmiata al ragazzo, se è necessario, poichè così dei lunghi anni
utili potranno essere aggiunti alla sua vita; la sua anima (il suo essere)
sarà preservato d’un oblio prematuro e sarà forse salvato dalla
seconda morte—dal ritorno all’oblio.—
“Il soggiorno dei morti (shéol: oblio) e l’abisso
son insaziabili, e insaziabili sono gli occhi degli uomini”—Prov.
27:20.—
[324] Lungi dal rendere il senso di un inferno
divorante, di proporzioni tanto formidabili, da non poterlo mai riempire,
questo passagio significa semplicemente che non esistono limiti alla
voracità della morte: l’oblio
e la distruzione non possono essere riempiti a sazietà.
“Ci son tre cose che non si saziano mai, anzi quattro,
che non dicono mai: “Basta!
Il soggiorno dei morti, il seno sterile, la terra che non si sazia
d’acqua e il fuoco, che non dice mai:
“Basta!”—Prov. 30:15,16.—
In questo testo, come nel precedente, è detto che la
morte, l’oblio, non ha alcun limite di capacità, per cui non può
essere colmato oltre misura, mai.
“Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo
con tutte le tue forze; poichè nel soggiorno dei morti (shéol: oblio)
dove vai, non v’è più nè lavoro, nè pensiero, nè scienza, nè
sapienza”—Eccl. 9:10.—
Ecco una dichiarazione molto categorica, relativa a
l’inferno (lo shéol, l’oblio). Essa
è applicabile non solo ai malvagi, ma anche ai giusti, cioè a tutti
coloro che entrano nella morte. Ivi
non esistono nè buone, nè malvagie opere; non vi si loda, nè benedice
Iddio, non si pensa nè il bene nè il male, non e’è conoscenza santa nè
empia, nè saggezza celeste, o d’altra specie, nello shèol,
nell’oblio della morte. Come si potrebbe esporre più chiaramente e più
energicamente questa concezione?
“La gelosia è dura come il soggiorno dei morti (shéol:
oblio)”—Cantico 8:6.—
Quì la condizione di morte, oblio, è rappresentata
quale la stessa personificazione dell’implacabilità. Essa divora tutta la famiglia umana, senza alcuna eccezione,
senza riguardo a personalità, nè rango.
“Perciò il soggiorno dei morti (shéol: oblio) s’è
aperto bramoso ed ha spalancato fuor di modo la gola”—Isaia 5:14.—
Il profeta impiega quì il termine shéol, oblio, per
descrivere la perdita del prestigio d”Israele, la sua ignominia, il suo
disonore.
[325] Questo popolo era divenuto come morto e numerosi
furono quelli che discesero nell’oblio.
Questo passaggio non concerne nè un sepolcro nel senso letterale,
nè uno stagno di fuoco.
“Il soggiorno dei morti (shéol: oblio), laggiù s’è
commosso per te, per venire ad incontrarti alla tua venuta“”Il tuo
fasto ed il suono dei tuoi salteri sono stati fatti scendere nel soggier
dei morti (shéol: oblio)”—Isaia 14:11—Isaia 14:9.—
Questo modo d’esprimersi è eminentemente simbolico e
si riferisce a Babilonia. Noi
crediamo che il suo compimento sia ancora futuro, ma prossimo. La grande Babilonia deve essere inghiottita, come una pietra
gettata nel mare, essa sarà
completamente perduta di vista e dimenticata; essa andrà nell’oblio, lo
shéol. (Apoc. 18:21),
Ciò è mostrato dal contesto che dichiara:
Come l’esattore ha finito?—vedansi i vers. 4-8 Isaia 14.—
“Il tuo fasto ed il suono dei tuoi salteri sono stati
fatti scendere nel soggiorno dei morti (shéol: oblio)”—14:11.—
Quì seguita la stessa descrizione simbolica della distruzione
di Babilonia mistica, la cui magnificenza diverrà ben presto una cosa del
passato, seppellita nell’oblio, ma non in un inferno incandascente.
“Voi dite: noi
abbiamo fatto alleanza con la morte, abbiamo fermato un patto col
soggiorno dei morte (shéol: oblio)”—Isaia 28:15.—Quì, l’Eterno
predice una terribile distretta, l’inciampo e la caduta fra coloro i
quali, per le false dottrine, sono incorsi a dar poca importanza agli
insegnamenti delle Scritture affermanti che la morte è il salario del
peccato. Questo tempo di
retribuzione è prossimo. Verrà
su coloro che si sono serviti della Parola di Dio per ingannare e che in
luogo di essere santificati per la Verità, hanno preferito l’errore.
Il nostro grande Avversario, Satana, profitta della erronea
credenza, generalmente ammessa sul soggetto, per prendere il mondo in
trappola, con le diverse false dottrine, fondate su false premesse.
Egli ha già sviati i Papisti ed il mondo pagano intero,
inducendoli ad offrire delle preghiere e delle messe per i morti, che
ritengono non essere morti, ma, al contrario ben viventi, nei tormenti del
purgatorio. Ai nostri giorni,
poi, lo stesso Avversario, per mezzo dello Spiritismo, la Teosofia [326] e
la Scienza Cristiana, lancia i suoi attacchi specialmente contro i
Protestanti, i quali, credendo anch’essi che i morti non sono morti,
sono malleabili per subire queste ingannevoli influenze.
Dei Cristiani di diverse confessioni hano “fatto
un’alleanza con la morte.” Essi
dichiarano che è un’amica, mentre che le Scritture affermano che essa
è la più grande nemica dell’uomo, che essa è il salario del peccato.
I Cristiani nominali sono d’accordo con il sepolcro; essi
considerano che esso non è che un luogo di deposito per il corpo
terrestre, di cui si proclamano ben lieti di essersi sbarazzati.
Per mancanza di vedere che la morte (l’oblio) è il salario del
peccato, essi sono pronti ad accettare la menzogna di Satana secondo la
quale il tormento eterno è il salario del peccato.
In luogo di credere che la morte è il salario del peccato essi
sono pronto a negare che la morte di Cristo ful il rimedio, il prezzo
equivalente per la libera one dell’uomo.
Quindi, tutti i tratti misericordiosi del Piano divino, del
riscatto, e della restaurazione sono più o meno confusi, a lor
parere, e divenuti difficili a comprendere.
“La vostra alleanza con la morte sarà annullata ed
il vostro patto col soggiorno dei morti (shéol: oblio), non regera”—Isaia
28:18.—
L’Eterno dichiara, così, che Egli finirà per
convincere il mondo sulla veracità delle dichiarazioni bibliche
concernenti la morte e la condizione dell’oblio; ma ciò avverrà per
mezzo d’un gran tempo d’angoscia e di confusione per coloro che sono
vittime di questi inganni e che refiutano d’ascoltare la voce della
Parola dell’Eterno su questo soggetto.
“Io dicevo: nel
meriggio dei miei giorni debbo andarmene alle porte del soggiorno dei
morti (shéol: oblio); io son privato del resto dei miei anni”—Isaia
28:10.—
Tali sono le parole d’Ezechia, il buon re di Giuda,
in favore del quale fu compiuto un miracolo, per prolungare i suoi giorni.
Egli racconta quali erano i suoi pensieri lungo il corso della sua
malattia. Egli, certamente,
non voleva dire che aveva sperato di scendere in un inferno di tormenti
eterni ed i traduttori furono assai sagaci, per costatare che, se in
questo esempio, essi avessero [327] tradotto con inferno il termine
shèol, avrebbero provocato questioni e ricerche dalla parte dei
lettori: ciò che avrebbe
portato più presto, all’attenzione generale, la verità sul sogetto. Il re dichiara semplicemente che egli si è sentito preso,
dall’oblio, e che era sul punto d’essere privato del resto dei suoi
giorni, di cui, ragionevolmente, s’attendeva ancora di godere.
“Non è il soggiorno dei morti (shéol: oblio) che
possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare”—Isaia 38:18.—
Tali sono le parole d’Ezechia, contenute nella stessa
descrizione in cui parla della sua malattia, del suo timore della morte,
dell’invocazione all’Eterno onde gli concedesse, per bontà e
misericordia, di prolungargli la vita, nonchè delle sue profferte di
grazie, Egli dichiara al versetto 17:
“Tu nel tuo amore hai liberata l’anima mia (l’essere) dalla
fossa della corruzione.” I
traduttori non resero questo testo con “non è l’inferno che
possa lodarti,” altrimenti degli spiriti indagatori si sarebbero chiesto
di che specie d’inferno potesse trattarsi.
Ezechia associa l’idea della morte con l’oblio, lo shéol
e impiega i due termini come sinonimi, poi dichiara (al versetto 19):
“Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come fo io questo
oggi.” In altri termini, un
uomo vivente può lodare l’Eterno, ma, se è morto, se la sua anima è
andata allo shèol, nell’oblio, non può certo lodare l’Eterno,
nè in niun senso esprimere misericordia, sino al mattino della
risurrezione, o, come Giobbe dichiara, alorchè l’Eterno chiamerà e
tutti Gli risponderanno.
“Tu vai dal re con dell’olio . . . e t’abbassi
fino al soggiorno dei morti (shéol: oblio)”—Isaia 57:9.—
Quest’ultima espressione è figurata.
Essa non ha nulla di comune con un inferno di tormento, nè con un
vero sepolcro o tomba. Essa
rappresenta Israele nella figura d’una donna che neglige il marito,
l’Eterno, e cerca l’alleanza dei re della terra al punto di
dimenticare il suo sposo, nonchè d’essere figurativamente morta,
dimentica dell’Eterno, dei principii della Sua Verità e della
giustizia, che viene dall fede.
“Il giorno ch’ei discese nel soggiorno dei morti
(shéol: oblio) io feci fare cordoglio. . . . Al rumore della sua caduta
feci tremare [328] le nazioni; quando lo feci discendere nel soggiorno
morti (shéol: oblio). . . .Anch’essì discesero con lui nel soggier dei
morti, verso quelli che la spada ha uccisi”—Ezec. 31:15-17.—
L’Eterno descrive quì, nel linguaggio figurato del
profeta, la caduta di Babilonia. Come
noi abbiamo visto, fin quì , detta caduta, e le straordinarie descizioni
che ne son fatte, furono parzialmente destinate alla Babilonia letterale,
ma esse si riferiscono ancor più alla caduta completa ed al crollo della
Babilonia mistica. L’antica
nazione di Babilonia fu debellata dai Medii e dai Persiani, e discese
nell’oblio, nello stato di morte, in quanto a nazione; la Babilonia
mistica moderna deve ugualmente cadere nell’oblio per non uscirne più.
“I più forti fra i prodi e quelli che gli davano
soccorso gli rivolgeranno la parola di mezzo al soggiorno dei morti (shéol:
oblio)”—Ezec. 32:21.—
Quì si tratta della nazione dell’Egitto che scende
nell’oblio ed anche d’altre nazioni potenti che vi discesero
anteriormente, alla caduta d’Egitto.
Queste ultime sono rappresentate nel parlare all’Egitto nei
riguardi della sua caduta. Perciò,
noi affermiamo che la stiria ci parla di certi eventi, per i quali
ripete i suoi insegnamenti.
“Non giacciono con i prodi che sono caduti, con
gl’incirconcisi, che sono scesi nel soggiorno dei morti, (shéol: oblio)
con le loro armi di guerra”—Ezec. 32:27.—
Il profeta descrive quì la distruzione di Meshech e di
Tubal; egli dice come essi scesero nell’oblio, con i loro strumenti di
guerra, i quali possono, in verità, cadere nell’oblio e noi rendiamo
grazie all’Eterno perchè non esiste alcuna sua disposizione che preveda
un loro ripristino, nella gloriosa Età a venire allorchè Emmanuele avrà
stability il suo regno, poichè la promessa positiva è che “Egli fa
cessare le guerre fino alle estremità della terra”—(Salmo 46:9).—
“Io li riscatterei dal potere del soggiorno dei morti
(shéol: oblio), li redimerei dalla morte; sarei la tua peste, o morte!
sarei la tua distruzione, o soggiorno dei morti (shéol: oblio); ma il
loro pentimento è nascosto agli occhi miei”—Osea 13:14.—
[329] Chiunque non s’è ancora convinto che shéol
non significa un luogo di tormenti, può almeno consolarsi di questo testo
nel quale l’Eterno dichiara senza riserve che lo shéol sarà
distrutto. Se qualcuno
crede sempre che è un luogo di tormenti, e lo sostiene, dovrà almeno
ammettere che non durerà tutta l’eternità, poichè l’Eterno, egli
stesso, ha decretato la sua distruzione.
Ma quanto questo testo tutto intero è ammirevolmente
chiaro ed armonioso, allorchè viene esaminato nella sua vera luce!
Il prezzo del riscatto è già stato dato dal nostro Redentore e
l’opera che libererà l’umanità dallo shéol, oblio della morte,
aspetta solamente che la Chiesa (il corpo di Cristo) sia stata scelta fra
gli uomini e glorificata col suo Signore e Capo, Cristo Gesù.
Tostochè la risurrezione della Chiesa sarà completa, (la prima, o
principale risurrezione), allora—dichiara l’Apostolo “sarà
adempiuta la Parola che è scritta: la morte è stata sommersa dalla vittoria.
O morte dov’è la tua vitorria?
O morte dov’è il tuo dardo?”—1 Cor. 15:54, 55.—
La sparizione della morte, inghiottita dalla vittoria,
sarà l’opera dell’Età millenaria; essa sarà graduale come è stato
graduale l’inghiottimento dell’umanità nelle fauci della morte.
In definitiva, la sentenza della morte che pesa attualmente
sull’umanità, e lo shéol, l’oblio che essa impone col suo
potere. Sotto le nuove
condizioni del nuovo Patto, con le benedizioni e le abbondanti grazie,
niuno scenderà più nel soggiorno della morte (l’oblio), ad eccezione
di coloro che peccheranno volontariamente, ma sarà solo per loro conto.
Questa sarà la Seconda morte, dalla quale non vi sarà più alcuna
speranza di liberazione.
“Quand’anche penetrassero nel soggiorno dei morti
(shéol: oblio) la mia mano li strapperà di là”—Amos 9:2.—
Nel linguaggio così vigorosamente imaginoso,
l’Eterno dichiara che il suo potere è assoluto e che Egli dirige in
tutto l’umanità, facendo particolare allusione ad Israele.
Sia come nazione, che come individui, non potevano sottrarsi al
giudizio divino e, per quanto essi dovettero discendere nel soggiorno dei
morti, come individui e come nazione, tuttavia tutte le promesse di Dio,
come anche le minaccie, saranno sicuramente compiute.
Nondimeno
[330] dopo aver annunziato il loro completo rovesciamento e
la loro dispersione fra tutte le nazioni della terra, come si è
constatato finora, la promessa dell’Eterno è:
“In quel giorno (all’aurora del giorno millenario) io rialzerò
la capanna di Davide che è caduta .
. . io li pianterò sul loro suolo e non saranno più divelti dal suolo
che io ho loro dato, dice l’Eterno.”
Nessuno penserebbe a scavare il proprio cammino verso un luogo di
tormenti eterni, ma Israele, come nazione scavò la sua via verso
l’oblio nazionale. Tuttavia,
Iddio rimedierà tale situazione.
“Dalle viscere del soggiorno dei morti (shéol:
oblio) io o gridato e tu hai udito la mie voce”—Giona 2:3. —
Il ventre dell’inferno” (shéol:oblio) ove si
trovava Giona, d’onde egli gridò all’Eterno e dal quale fu liberato,
era il ventre del gran pesce che lo aveva inghiottito.
Per lui era il ventre dell’oblio, della distruzione, della morte,
se non ve ne fosse stato tratto fuori.
“Il ventre dell’ “inferno” (shéol: oblio) ove
si trovava Giona, d’onde egli gridò all’Eterno e dal quale fu
liberato, era il ventre del gran pesce che lo aveva inghiottito. Per lui era il ventre dell’oblio, della distruzione, della
morte, se non ve ne fosse stato tratto fuori.
“Il vino è perfido, l’uomo arrogante non può
starsene tranquillo; egli allarga le sue brame come il soggiorno dei morti
(shéol: oblio) è come la morte che non si può saziare; ma raduna presso
di se tutte le nazione, raccoglie intorno a se tutti i popoli”—Hab. 2:5.—
Apparentemente, si tratta d’una nazione ambiziosa ed
agressiva. Questa immagine
potrebbe essere molto a proposito applicata alle nazioni attuali che
infestano il mondo per imporre alle nazioni più deboli e meno civili la
loro autorità ed il loro patrocinio.
Si potrebbe anche applicare all’Uomo del Peccato ed alla sua
influenza mondiale, grazie alla quale egli tira i suoi profitti da tutte
le nazioni sotto il sole. In
ogni maniera, l’idea è che la cupidigia è pari alla morte, all’oblio,
in quanto non si soddisfa giammai.
“L’ADES”
NEL NUOVO TESTAMENTO
Nel Nuovo Testamento, il termine greco hades è
l’equivalente esatto del termine ebreo shéol.
Noi ne abbiamo la prova assuluta dal fatto che gli Apostoli nelle
loro citazioni del Vecchio Testamento, rendono shéol con hadès.
Ecco gli esempii del Nuovo testamento in cui si trova il termine
hadès:
[331] “E, tu o Capernaum, sarai forse tu innalzata
fino al cielo? No, tu
scenderai fino all’Adès (oblio)”—Matteo 11:23.—
La città di Capernaum non discese certo nel tormento
eterno, come non andò nè in un sepolcro, nè in una tomba, nel vero
senso della parola, ma, assolutamente, è vero però che cadde
nell’oblio, nella distruzione.
“Tu
sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell Adès (oblio) non la
potranno vincere”—Matteo 16:18.—
Pietro aveva attestato che Gesù era l’Unto il Figlio
dell’Iddio vivente, il Messia. Questa
verità è la formidabile roccia sulla quale tutta la Chiesa di Cristo,
formata di pietre viventi, deve essere edificata, poichè
non v’è niun altro nome per il quale noi possiamo essere salvati. Nostro Signore dichiara che Pietro è uno di queste pietre
viventi e Pietro afferma (1 Pi. 2:5), che tutti i credenti consacrati
sono anch’essi delle pietre viventi, edificati su questa gran
roccia di fondamento, che è Cristo, l’Unto.
Queste pietra viventi sono squadrate per formare un’abitazione di
Dio, per mezzo dello spirito, al fine d’essere un tempio glorioso per la
sua dimora e per mezzo di cui benedirà tutte le famiglie della terra.
Iddio ha pure accettato i credenti in Cristo e li considera come
dei membri di questo tempio futuro; tuttavia Egli permette alla morte di
prevalere presentemente contro il suo popolo:
tutti, apparentemente, discendono nella morte (oblio), come lo
fanno gli altri; essi hanno bisogno dell’assicurazione incoraggiante del
Signore che la morte non avrà più potenza su loro e che le porte
dell’oblio non resteranno chiuse per sempre.
Come Egli ruppe le porte della morte, simbolicamente, e ne uscì
risorto, grazie alla potenza del Padre, così la Sua Chiesa sarà
ugualmente liberata dal potere della morte, dall’oblio, e avrà parte
alla sua risurrezione, “la prima risurrezione.”
È certo che tutto ciò è in perfetta armonia con tutte le
testimonianze delle Scritture e non meno certo è che tutte le altre
interpetrazioni delle parole di nostro Signore saranno sprovviste del vero
senso.
“E tu, o Capernaum, sarai tu forse innalzata fino al
cielo? No, tu sarai abbassata fino all’Adès (oblio)”— Luca 16:23.—
[332] Capernaum fu grandemente ornorata e privilegiata,
in quanto nostro Signore, avendovi soggiornato lungo tempo, essa ebbe il
privilegio del suo insegnamento, nonchè di essere testimone di numerose,
potenti opere Sue. Perciò
d’essa è detto—iperbolicamente—che è stata elevata fino al cielo.
Ma poichè non aveva fatto convenevole uso di tali grandi privilegi
ed occasioni, nostro Signore dichiarò che essa, come città, avrebbe
subito una depressione, un rovesciamento, una morte.—E ciò stato
compiuto.
E nell’Ades, essendo nei tormenti alzò gli occhi e
vide Abrahamo.” (Luca
16:23)
Questo è il sol passaggio delle Scritture che
sembrerebbe,ben debolmente, lasciare intendere l’esistenza di un
pensiero, sensazione fisica, di tortura o di felicità nell’Ades, shéol
o oblio. A prima vista sembra
essere contrario all’affermazione che non v’è nè opera, nè
conoscenza, nè intrigo nello shéol, e non si può, in effetti,
comprendere che in una sola maniera, vale a dire che si tratta di una
parabola. Noi abbiamo
discusso altrove in ogni dettaglio come l‘uomo ricco, il quale andò
nell’oblio, ed ivi tuttavia torturato fu la nazione ebrea. Israele
certamente è stato nell’oblio, poichè e morto come nazione*, ma pur
disperso fra tutte le nazioni vive ancora ed ha sofferto dei tormenti dopo
il rigetto del Messia e continuerà a soffrirne fino a che avendo colmato
la misura delle tribolazioni, sarà ristabilito nel favore divino secondo
le condizioni del Patto di Dio con loro—Romani 11:26-29.
—————
*(Nota del traduttore: Israele ha ritrovata la sua esistenza nazionale nel 1948.)
“Poichè tu non lascerai l’anima mia nell’Adès
(shéol: oblio)”—Atti 2:27.—
Questa citazione estratta dai Salmi, è quella di cui
ci siamo serviti per iniziare questo nostro esame, atto a verificare se è
l’anima o semplicemente il corpo, che va all’hades, allo shéol od
oblio. Questo testo dichiara
d’una maniera ben netta che l’anima di nostro Signore andò all’hadès
nell’oblio, e ne fu liberata con la risurrezione.
Il contesto prova che l’anima di Davide andò [333] ugualmente
allo shéol, ma che non ancora ne è stata liberata e non può esserlo,
poichè, per le disposizioni divine, finquando tutta la Chiesa, che è il
corpo di Cristo, non sarà prima liberata e la prima risurrezione avvenuta.—Consultare
vs. 29, 4; Ebrai 11:32, 39, 40.—
“Davide—antivedendola, parlò della risurrezione di
Cristo, dicendo, che non sarebbe stato lasciato nell’hadès (oblio)—Atti
2:31.—
Questa categorica dichiarazione conferma pienamente
quanto abbiamo esaminato.
“O morte, dov’è il tuo dardo?
Dov’è, o sepolcro, (hadès: oblio) la tua vittoria?”—1 Cor.
15:55.—
L’Apostolo presenta questo testo come una citazione
dell’Antico Testamento per confermare la sua demostrazione che la sola
speranza per i morti risiede in una risurrezione non nella risurrezione
del corpo, poichè egli dichiara nettamente che il corpo sotterrato non
sarà quello che risusciterà (vedere vs. 37, 38);
la sperenza della risurrezione concerne l‘anima, l’essere,
indifferentemente alla specie di corpo che a Dio piace dargli.
Infatti, non è detto: “Se
il vostro corpo non risuscita …la vostra fede è vana,” ma: Se
i morti non risuscitano …la vostra fede è vana … anche quelli
che dormono in Cristo sono dunque periti” (vs. 16-18). È colui che è
addormentato che deve essere svegliato e risuscitato, non colui che va
lalla corruzione.
“Io sono … il vivente; e fui morto; ma ecco son
vivente per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Adès
(oblio)”—Apoc. 1:18.—
Questo passaggio si propone d’incoraggiare il popolo
di Dio, per qui è certo che l’inferno (traduzione abbandonata
dalla maggior parte delle Versioni moderne,
le quali preferiscono riportare hadès, senza dar
spiegazioni), l’adès, non significa quì un luogo di tormenti,
altrimenti quale valore avrebbe questa espressione?
Queste parole implicano che il popolo del Signore discende
nell’adès (oblio)—come ogni altro uomo—e la speranza del popolo di
Dio, allorchè vi discende, è, che al proprio tempo, il nostro divin
Redentore aprirà questa prigione figurata della morte e farà [334]
uscire i prigionieri dalla
tomba dello shéol, o adès, o oblio.
Tale è il significato dell’espressione indicante che Egli
detiene le chiavi, cioè il potere, l ‘autorità di aprire e
chiudere—essendogli stato dato ogni potere.—
Nel predicare, al tempo del suo primo avvento, nostro
Signore citò la profezia d’Isaia, che lo designava, nella quale è
detto che aprirà la prigione ponendo i captivi in libertà e dichiarò
che in ciò consisteva l’Evangelo (Isaia
61:1; Luca 4:18):
l’Evangelo della risurrezione; il messaggio o buona nuova della
liberazione di tutti i prigionieri dall’oblio della morte e dal potere
dell’Avversario, di “colui che ha il potere della morte, cioè il
diavolo.” Quanto sono
significativi questi passaggi, allorchè sono considerati sotto il loro
vero aspetto; altrettanto sconcertanti ed assurdi risultano, allorquando
sono visti in altri aspetti: a
meno che l’ignoranza non sia così grande de coprir e nascondere le
contraddizioni!
“E colui che lo cavalcava aveva nome la morte; e gli
teneva dietro l’Ades (oblio). E
fu data loro podestà sopra la quarta parte della terra per uccidere con
la spada, con la fame, con la mortalità e con le fiere della
terra”—Ap. 6:8.—
Occorrerebbe avere una ben fervida immaginazione per
far desumere da questa esposizione l’opinione generalmente ammessa per
la quale l’adès (oblio) sarebbe un luogo di tormento dalla capacità di
poter ricevere e torturare i cinquanta miliardi d’esseri che sono
vissuti sulla terra. Niuno
potrebbe vedere la minima consistenza nel presentare un tal luogo di
tormenti sotto la figura simbolica, viaggiante in groppa ad un cavallo.
Invece, è più che ragionevole e consistente il
mostrare la morte o lo stato di morte, la distruzione, l’oblio,
l’incoscienza, che attraversano la terra, spazzandovene di su grandi
masse d’individui, essere l’appropriato simbolismo.
Noi ci limitiamo quì a mostrare semplicemente i lati logici e
ragionevoli, senza entrare in spiegazioni dei simboli.
“E la morte e l’Ades (oblio) resero i loro morti ed
essi furono giudicati secondo le opere loro”—Apoc. 20:13.—
[335] Il risultato della prima prova nell’Eden fu che
la sentenza di morte colpì
tutti gli uomini. Cinquanta
miliardi d’individui, probabilmente, sono già andati nello shéol,
nell’adès oblio; e centinaia di milioni, che noi definiamo dei
viventi non o sono, nel verò senso della parola, a causa della sentenza
di morte. Ma grazie al prezzo
del riscatto, deposto sul Calvario, l’occasione di una nuova prova deve
essere accordata a ciascun membro della famiglia umana; ma intanto non
v’è che una minoranza solo favorita a questa prova, durante l’Era
attuale, destinata alla selezione della Chiesa. In altri termini, la sentenza di morte originale sarà tolta
e tutta l’umanità sarà sottoposta ad una condizione di guidizio, o di
prova, per ottenere la vita eterna, con l’ubbidienza.
Questo passaggio ci mostra che, al tempo convenevole, non solo i
morti (coloro che sono sotto la sentenza di morte e non sono ancora andati
nella tomba) avranno una prova completa, o giudizio, perdeterminare se
essi sono degni o indegni della vita eterna, ma anche che tutti coloro i
quali sono andati allo shéol (Ades, oblio) usciranno dalla incoscienza,
del sonno della morte, per essere giudicati: questa fase del giudizio è
situata nel corso dellEra millenaria, che è “il giorno del giudizio”
per il mondo, come l’Era dell’Evangelo è stato ed è il giorno del
giudizio per la Chiesa.
“E la morte e l’Ades (oblio) furono gettati nelo
stagno di fuoco. Questa è la
morte seconda”—Apoc. 20:14.—
Una grande confusione mentale deve necessariamente
impossessarsi di coloro che vogliono interpetrare Adès quale luogo
di tormenti eterni, allorchè esaminano questi passaggi delle Scritture;
ma come è ragionevole ed armonioso quando è reso nel suo esatto
significato. Lo stagno di
fuoco (geenna) rappresenta la distruzione totale, la seconda morte che
distruggerà completamente tutto ciò che è malvagio.
“La morte e l’Ades” che, in questo passaggio, sono indicati
come distrutti nella seconda morte, sono le stesse di cui si è parlato
nel vs. 13. Il presente stato
di condanna, risultato della trasgressione di Adamo, risiede nella
condizione di morituri, per coloro cheoggi — sono considerati viventi,
e quel la d’oblio assoluto, per coloro che incorreranno nella morte
seconda.
Come il versetto 13 dichiara che tutti gli uomini
saranno liberati dalle condizioni indicate al tempo stabilito per
sottoporli alla prova, aggiunge pure che la morte adamica ed il sonno
nell‘oblio che ne consegue, non esisteranno più dopo l‘Era millenaria, e—spiega— poichè saranno assorbiti ed inghiottiti, dalle
condizioni della Seconda Morte. Nell’avvenire
niuno morrà a causa del peccato di Adamo, il quale non entrerà in linea
di addebito nella prova futura. La sola morte che sussisterà, allora, sarà la seconda morte
la quale colpirà solamente i peccatori che commetteranno i peccati e non
i loro congiunti nè i loro figli. In
quei giorni, colui che morrà, morrà per i suoi propri peccati.
“L’anima che pecca sarà quella che morrà”: cioè coloro i
quali avranno canservate le debolezze della natura adamica, dimostrandolo
col rifiutare di adoperare i mezzi e le occasioni offerte loro, durante il
Millennio, dal Mediatore del Nuovo Patto, tanto più che, sotto il Nuovo
Patto le debolezze ereditate non saranno loro imputate, essendo state
interamente compensate dal sacrificio del loro Redentore.
Di conseguenza, a partire dal momento in cui questa piena oppotunità
delÈra Millenaria sarà offerta a ciascun individuo, anche se avrà
conservato le tare delle imperfezioni adamiche, la sua morte non sarà
considerata quale parte della morte adamica, ma della Seconda Morte, poichè,
se non ha realizzato alcun progresso, è stato perchè non l’avrà
voluto e non per cause dipendenti dalla trasgressione adamica, o da tàre
ereditarie. [336]
Noi abbiamo esaminato, ora, ogni testo della Scrittura
contenente i termini shéol e hadès ed abbiamo acquisita la
certezza che sono le anime degli uomini, le quali, alla morte, passano
nelle condizioni espresse da detti termini, e che la morte è uno stato o
una condizioni espresse da detti termini, e che la morte è uno stato o
una condizione e non un luogo, per quanto, spesso, ne sia parlato,
figurativamente, qual luogo, definito una prigione, dalla quale tutti i
prigionieri usciranno, al mattino della risurrezione.
Noi abbiamo rilevato che questo stato (o condizione) è dipinto
quale uno stato di oscurità, di silenzio ed incoscienza e che le
Scritture discrivono chiaramente in questi termini: non v’è nè
cononscenza, nè disegni, nè saggezza, nè opere, nè maledizioni, nè
[337] lode di Dio, da parte di chiunque entri in questo stato o condizione
d’oblio. La sola speranza
loro risiede nel Signore che, avendo riscattato le loro anime (esseri)
dalla distruzione col sacrificio della Sua propria anima, li libererà al
tempo stabilito e li richiamerà, facendoli uscire dall’oblio, con i
corpi che a Lui piacerà dar loro, piazzandoli nelle condizioni più
favorevoli di quelle attuali: allorchè
la sua ira, la maledizione, sarà passata e l’Èra Millenaria di
benedizioni sarà stata inaugurata.
I traduttori della Versione comune della Bibbia ingles
e la maggior parte dei commentatori sono stati influenzati da concezioni
erronee, relative alla natura dell’uomo,
al tempo ed al luogo della sua ricompensa, o della sua punizione.
Essi hanno mal compreso la condizione dell’uomo nell’intervallo
provvisorio della morte, per cui non è da sorprendersi che abbiano
tradotto e commentato certi passaggi delle Scritture, secondo le loro
erronee concezioni, le quali, in un certo grado, costituiscono delle
pietre d’inciampo per coloro i quali, cercano la verità.
Conviene, dunque, esaminare certune di queste pietre d’inciampo e
rimuoverle dal nostro cammino, ma, siccome non dobbiamo allontanarci dal
soggetto che ci siamo proposti di trattare, lasceremo da parte tali
quistioni, per esaminarle assieme ad altre cattive interpetrazioni poplari
della Scrittura, nel nostro prossimo volume di Sudii Biblici.
“Egli ci ammaestrera nelle
sue vie, e noi cammineremo
nei suoi sentieri; perciocchè
la legge uscira da Sion
e la parola di Dio da
Gerusalemme!
Michea 4:2
[337] |