Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
13
BEATITUDINI
DELL'AD-UNA-MENTE
VITA
ED IMMORTALITA
"Se l'uomo, dopo morto, potesse ritornare in
vita, aspetterei tutti i giorni della mia fazione, finché giungesse
l'ora del mio cammino" —Giobbe 14:14.
"Il Salvatore nostro Cristo Gesù.... Ha
distrutto la morte e ha prodotto in luce la vita (eterna) e l'immortalità
mediante l'Evangelo" —2 Tim. 1:10.
Nell'uomo esiste una tenace speranza che gli fa sperare
nella continuità di ogni esistenza. È una speranza vaga
ed indefinibile con la quale prevede che, in una maniera ed in un
luogo qualsiasi, la vita qui cominciata avrà una continuazione. In
certuni, questa speranza ha generato il timore. Rendendosi conto, in
effetti, d'essere indegni d'un felice avvenire, molta gente
teme un avvenire di malesseri e più lo temono, per se stessi e per
gli altri, più vi credono.
Questa indefinibile speranza d'una vita futura e la sua
controparte, la paura, nacquero, indubbiamente, nel tempo
della condanna che l'Eterno pronunziò contro il serpente, dopo la
caduta di Adamo, nel peccato e nella morte, decretando che,
alla fine, il seme della donna (la sua posterità) avrebbe
schiacciata la testa del serpente. I nostri progenitori compresero,
indubbiamente, che ciò significasse che, almeno una parte della famiglia
adamica, trionferebbe su Satana,
sul peccato e sulla morte, in cui quegli li aveva
fatti cadere. È anche chiaro che Iddio incoraggiò tale speranza.
Egli, tuttavia, parlò solo in una maniera vaga a Noè, e per
mezzo di Noè, e anche tramite Enoch, il quale profetizzò:
[339] "Ecco il Signore è venuto con le sue sante
miriadi per far giudicio contro tutti" —Giuda 14.
Ma l'Evangelo (la buona nuova) d'una salvezza, che libera dalla
morte e deve essere offerta a tutta l'umanità, al tempo opportuno
stabilito da Dio, sembra essere stata enunciata chiaramente,
dapprima, ad Abrahamo. L'Apostolo, infatti, dichiara: "La
buona nuova (l'Evangelo) è stato annunziato per prima
ad Abrahamo: "In te saranno benedette tutte le famiglie della
terra." Tale, almeno, era la base della speranza degli Ebrei, in una
risurrezione, poiché, stante il fatto che numerose famiglie della
terra erano morte, morienti e morivano, la benedizione promessa per
tutti implicava una vita futura. Quando, nei secoli
più tardi, Israele fu disperso fra tutte le nazioni, al tempo della
captività a Babilonia, gli Ebrei
serbarono, indubbiamente, nel loro intimo
una parte delle promesse di Dio e le loro speranze, dapertutto, ove andarono.
È certo che, sia per la diffusione delle concezioni
giudaiche fra le genti, che per la speranza istintiva nel cuore
dell'uomo, o per tutte e due le ragioni, il mondo è stato portato
tutto a credere in una vita futura e, contemporaneamente, quasi tutti
credono che essa sia eterna. L'Apostolo definisce questa
aspirazione "l'ardente desiderio della creatura"—della gemente
creazione. —Ma tali speranze non sono
convalidate da prove della
dottrina e le promesse dell'Antico Testamento, fatte agli Ebrei, sono
troppo vaghe per costituire una base solida in una ferma fede e, ancora meno d'una
"teologia dommatica" sul
soggetto.
Solo, dopo aver trovato nel Nuovo Testamento le chiare
e positive dichiarazioni di nostro Signore, nonché—dopo
queste—quelle egualmente chiare, enunciateci dagli Apostoli
sull'importante soggetto della Vita
eterna, noi cominciamo a rimpiazzare le
vaghe speranze con delle convinzioni positive. Nelle loro
parole non solo abbiamo delle dichiarazioni positive, che ci assicurano le
possibilità di una vita futura, ottenuta per tutti, ma
anche—esposta, come in niuna altra parte—la dottrina filosofica sul
soggetto, e la conoscenza della maniera in cui sarà ottenuta e
mantenuta questa vita eterna.
[340] Molti, non avendo rilevati questi punti
essenziali, sono restati "deboli nella fede." Esaminiamo in che
consiste questa dottrina filosofica e ci accerteremo
dippiù che la vita futura, la vita eterna, non è una
possibilità per ogni membro della famiglia umana, grazie alle
disposizioni prese dal nostro grande e saggio Creatore.
Nell'esaminare, nel Nuovo Testamento, il fondamento
di questa assicurazione nella vita eterna, noi troviamo—a
nostra meravigliache, principalmente, esso ci fa rilevare che, in noi
e per noi stessi, non abbiamo nulla che possa darci la minima speranza di
vita eterna; che la vita della nostra razza fu perduta a
causa della disubbidienza del nostro padre Adamo, il quale, pur èssendo stato creato
perfetto e atto a vivere per sempre, non solo col suo peccato attirò
il salario d'esso—la morte—, su lui, ma i suoi figli nacquero
(e nascono) in una condizione morente, di morte graduale e
continua, eredi delle tare degeneri e mortali. La legge di Dio, al pari
d'Egli stesso, è perfetta, e cosi anche la Sua creatura (Adamo) lo
era, avanti che peccasse; poiché di Dio è scritto: "La
sua Opera è perfetta." Iddio, con la Sua legge, approva solo quanto è
perfetto, e condanna alla distruzione tutto ciò che è imperfetto.
Di conseguenza, la razza Adamica, "nata nell'iniquità e
concepita nel peccato," non ha alcuna speranza di vita eterna, salvo alle
condizioni esposte nel Nuovo Testamento e denominate l'Evangelo, la buona
nuova, vale a dire, che una via per ritornare alla perfezione, e
riottenere il favore divino e la vita eterna, è stata aperta da Cristo a tutti coloro
che della famiglia di Adamo vorranno beneficiarne.
L'idea principale di questa speranza di
riconciliazione con Dio, speranza di vita eterna, la
troviamo in queste dichiarazioni: (1) che "Cristo è morto per i
nostri peccati" e (2) che Egli "risuscitò per la
nostra giustificazione"; poiché "l'uomo, Cristo Gesù, diede se stesso
in riscatto (prezzo
eqivalente) per tutti. Adamo e la sua razza, che era ancora in lui,
allorché peccò, e naturalmente prese parte della sua condanna, sono
stati "riscattati" (comprati) dal sangue
prezioso (morte) di Cristo" —I Pietro 1:19.
[341] Pertanto, benché le disposizioni prese
dall'Eterno siano abbondanti per tutti,
esse non sono applicabili a
niuno,
salvo su date condizioni
e, cioè: (1) che si accetti Cristo come proprio Redentore
e (2) che si cerchi di evitare il peccato e vivere, in armonia con Dio e nella dirittura. Perciò ci è detto:
"Il dono di Dio
è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rom. 6:23).
Le affermazioni, che ora
riportiamo, della Bibbia su tal soggetto, sono chiarissime:
"Chi ha il Figliuolo ha la vita (un diritto o
privilegio di vita, come dono di Dio); chi
non ha il Figliuolo non ha la vita (perfetta)"
—Giov. 3:36; I Giov. 5:12.
Niuno può ottenere la vita eterna, se non per mezzo di
Cristo, il Redentore ed il Dispensatore
di vita, designato da Dio. E la verità
che ci apporta il privilegio di manifestare la fede e l'obbedienza,
e anche di "ottenere la
vita eterna," è
denominata "l'acqua della vita," il "pane della vita" —Giov.
4:14; 6:40, 54.
Questa vita eterna non sarà accordata che a coloro i
quali, allorquando avranno conoscenza delle condizioni per
le quali essa sarà accordata qual dono, la cercheranno, nel
vivere conformemente allo spirito di santità. Essi la raccoglieranno in
ricompensa, come un dono —Rom. 6:23; Galati 6:8.
Per guadagnare questa vita eterna è necessario
divenire le "pecorelle" del Signore che ascoltino la
voce e le istruzioni del Pastore —Giov. 10:26-28;
17:2-3.
Il dono della vita eterna non sarà imposto ad
alcuno. Al contrario, occorrerà desiderarlo, ricercarlo ed
essere guadagnato da tutti coloro che vorranno ottenerlo —I Tim. 6:12,
19.
È, dunque, una speranza, piùttosto
che realmente una vita, che ora otteniamo da Dio: la speranza
che potremo alfine pervenire alla vita eterna, perché Iddio ha provveduto un mezzo
per il quale Egli può essere giusto
nel giustificare tutti coloro i quali veramente credono in Cristo e lo accettano.
Per la grazia di Dio, non solo nostro Signore Gesù
ci riscattò col sacrificio della sua vita per la nostra, ma
divenne, inoltre, il nostro grande e sommo Sacerdote e, come tale, ora
Egli è "l'autore [342] (la fonte) della eterna salvezza per tutti coloro
che lo obbediscono" (Ebrei 5:9). "E in
ciò è la promessa che Egli ci ha fatta—la vita eterna—"
I Giov. 2:25.
"E la testimonianza
è questa: Iddio ci ha dato la vita eterna, ora
per la fede e la speranza, ben presto in maniera reale, ("quando
Colui che è la nostra vita apparirà"), la qual vita è nel suo
Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo di
Dio non ha la vita" —I Giov. 5:11-12.
Questa vita eterna, che Adamo e tutta la sua razza
possono ottenere, grazie al nostro Creatore e per mezzo del
nostro Redentore, è destinata e promessa solamente agli
obbedienti ed ai fedeli. Al tempo presente, è data come speranza, ma sarà effettivamente data ai fedeli alla "risurrezione"!
Si rileverà che le promesse formali della Parola di
Dio differiscono considerevolmente dalle teorie filosofiche
del mondo su tal soggetto, le quali
pretendono che l'uomo deve avere una vita eterna
futura poiché lo spera e, più
sovente, lo teme. Ma le speranze ed i timori non
costituiscono delle basi ragionevoli per stabilire e fondare una
credenza su d'un qualsiasi soggetto. Né
esistono delle basi solide che permettino di pretendere che nell'uomo vi
sia alcunché, per cui
possa vivere per sempre. Non si conosce,
nell'organismo umano, alcun dato, parte o elemento che sia, in
grado di dare tal potere.
La concezione delle Scritture su tal soggetto,
invece, non dà luogo ad obiezioni di sorta: essendo del tutto
ragionevole considerare la nostra esistenza, l'esistenza dell'anima,
quale è, secondo la Parola, cioè, un "dono di Dio" e non
un bene acquisito che ci appartiene e che è
inalienabile. Inoltre, questa concezione biblica ci
permette di evitare una grande e seria obiezione alla quale si urtano le
concezioni filosofiche pagane. In effetti, allorché il filosofo pagano
asserisce che l'uomo non può perire, che deve vivere sempre,
che la vita eterna non è un dono di Dio, come dice la Bibbia, ma
una qualità naturale posseduta dell'essere umano, egli va troppo
lontano con le sue pretenzioni. Secondo una tale filosofia l'esistenza
umana apparterrebbe non solo a coloro i quali la [343] impiegassero al bene, e per i quali sarebbe una
benedizione, ma, anche a quegli altri che ne facessero cattivo uso e
per cui costituirebbe una maledizione. Le Scritture, al contrario,
come abbiamo già mostrato, insegnano che l'nestimabile e prezioso dono
(la vita eterna)
non sarà accordato che a coloro i quali crederanno ed obbediranno al
Redentore e Dispensatore di
vita. Coloro per i quali questo
dono sarebbe un pregiudizio grave, non solo non la posseggono
ora, ma non potranno giammai ottenerla." Il salario del
peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna per Gesù Cristo,
nostro Signore" (Rom. 6:23). I malvagi, tutti coloro i quali,
dopo aver ricevuto una chiara conoscenza della verità, rifiuteranno
ancora di ubbidire ai suoi insegnamenti, saranno eliminati dal popolo di Dio per mezzo della seconda morte. Essi "saranno
come se non fossero giammai esistiti," "essi saranno completamente
distrutti. "La distruzione eterna" sarà la loro sorte finale,
una distruzione che durerà per sempre, dalla quale non ci sarà né
restaurazione né risurrezione. Essi subiranno la perdita della
vita eterna e di tutti i loro privilegi, gioie e benedizioni: la perdita di tutto ciò che i fedeli guadagneranno —Atti
3:23; Salmo 37:9, 20; Giobbe 10:19; II
Tess. 1:9.
Il dono concesso da Dio—la vita eterna—è
prezioso per tutto il Suo popolo ed occorre una stretta presa della mano
della fede, la quale, solo coloro che hanno una vita ben
equilibrata e logica, possono giungere a raccogliere. E solo coloro i
quali hanno così "acquistata la vita eterna," accettando e
consacrandosi al servizio di Gesù, possono affrontare
propriamente e profittabilmente le tempeste che s'infuriano nella
presente vita.
UNA DISTINZIONE ED UNA DIFFERENZA
Ora, che abbiamo esaminato la speranza e
l'immortalità secondo la comprensione del termine vita
eterna [ed abbiamo appreso che la
vita eterna risiede nella disposizione presa da Dio per tutti quelli che
della razza adamica "al tempo convenevole" l'accetteranno
sotto i termini del Nuovo Patto] siamo preparati a fare un passo
più oltre e noteremo che vita eterna ed immortalità non
[344] sono termini
sinonimi, come la gente, in generale, suppone. La parola
immortale significa, più del detenere il potere di vivere eternamente,
e secondo le Scritture, milioni d'individui potranno, ultimamente gioire
della vita eterna, mentre solo un "piccolo gregge,"
sarà fatto immortale.
L'immortalità è un elemento, o peculiarità della
natura divina ma non dell'umana, angelica o di qualsiasi altra
natura. Ed è perché Cristo ed il "suo piccolo gregge" (la
sua "sposa") che saranno "partecipi della natura
divina," costituiranno un'eccezione rispetto a tutte le
altre creature nel cielo e sulla terra — II Pietro
1:4.
È IMMORTALE L'ANIMA UMANA?
HA ESSA UNA SPERANZA DI DIVENIRLO?
Noi abbiamo riscontrato che un'anima umana (essere
senziente) costituisce il risultato dell'unione dell'alito di
vita (ruach, pneuma), con un organismo o corpo umano, esattamente
come per delle altre anime [esseri senzient i d'animali
inferiori] solo che l'uomo è dotato d'un organismo superiore, o corpo,
possedente delle qualità e facoltà superiori. Noi, ora, ci
poniamo il quesito: Sono anche gli animali, immortali? Rispondendoci
negativamente, siamo obbligati a chiederci: Che possiede in più degli
animali inferiori, l'uomo, per poter aspirare all'immortalità?
Le dichiarazioni di Salomone, al pari delle nostre
osservazioni, attestano che l'uomo è sottomesso alla morte, come lo
sono anche gli animali inferiori: "Come muore l'uno, così
muore l'altro; ed essi hanno tutti uno stesso (genere di) soffio, (spirito di vita, ruach) "—
Ecclesiaste 3:19. In ogni luogo,
il tutto, il feretro, il carro funebre, il cimitero, stanno ad attestare, generalmente, che l'uomo
muore e, in conseguenza, non è immortale, poiché il termine
"immortale" significa inattaccabile, che non
può morire. Qual'essa sia la
speranza dell'immortalità per
l'uomo, egli non la possiede
attualmente e, tutt'al più, può essere una
speranza in
qualche disposizione futura di
Dio.
[345] Prima di approfondire tale quesito ci sarà
utile esaminare il significato dei termini "mortale" ed
"immortale," poichè generalmente essi sono mal compresi e
creano spesso confusioni d'idee.
Immortale significa
non mortale — refrattario
alla morte, incorruttibile, indistruttibile, imperituro. Ogni essere
la cui esistenza dipende, in qualche maniera, da un altro o dal bisogno
di nutrimento, aria, luce eccetera, non è immortale. Tale
qualità, all'origine, concerneva solo Iddio, Jéhovah, per cui
troviamo scritto: "Il Padre ha la vita in se
stesso (Giov. 5:26); in altri termini,
la sua esistenza non proviene da altri né ha bisogno d'essere alimentata.
Egli è il Re eterno, immortale ed invisibile (I Tim. 1:17). Questi
passaggi della Scrittura essendo d'una indiscutibile autorità al
riguardo, ci permettono di conoscere, senza ombra di dubbio, che gli
uomini, gli angeli, gli arcangeli e lo stesso Figliuolo di Dio, prima e
durante il tempo che "fu fatto carne ed abitò con noi," non erano immortali —
tutti erano mortali. —
Ma il termine "mortale" non significa morente, ma nelle
possibilità di morire ed in possesso di una vita, la
cui continuazione dipende da Dio. Gli Angeli, ad esempio, non essendo immortali, potrebbero
morire, potrebbero essere distrutti da Dio se divenissero
ribelli al suo saggio, giusto e buon governo. In Lui (per la Sua
provvidenza) essi vivono, si muovono ed hanno la propria esistenza.
Effettivamente, di Satana che prima era un tale Angelo di luce e poi
divenne ribelle, è nettamente dichiarato che, al tempo stabilito, sarà distrutto (Ebrei 2:14). Ciò prova non solo che Satana
è mortale, ma
anche che la natura angelica è una natura mortale, una natura che può essere
distrutta dal Suo Creatore. Quanto
all'uomo egli è "di poco inferiore agli Angeli" (Salmo 8:5),
e, di conseguenza ugualmente
mortale, come abbondantemente
è provato dal fatto che la nostra razza non ha cessato di morire
da seimila anni e che gli stessi Santi in Cristo sono esortati a ricercare l'immortalità —
Rom. 2:7. —
La definizione comune di mortale è morente, e quella
d'immortale è eterno.
Esse son false ambidue. Per
dimostrare la falsità di queste definizioni generali poniamoci un semplice quesito: [346]
FU ADAMO CREATO MORTALE O IMMORTALE?
Se ci rispondessero: "Adamo
fu creato immortale" noi replicheremmo:
come allora fu minacciato di morte e, in seguito condannato
a morire? E come poteva morire
se era refrattario alla morte?
Perchè Iddio, nel punirlo, lo cacciò dal giardino dell'Eden, lontano
dal boschetto o dagli alberi della vita, per tema che mangiandone non vivesse per sempre? —
Genesi 3:22. —
Se ci rispondessero che l'uomo fu creato mortale (secondo l'erronea definizione
comune, che è morente, o deve morire), noi chiederemmo: come Iddio poteva condannare l'uomo a morte, dopo
la sua disobbedienza, se già questi era una creatura morente e
l'era sempre stata? E, se Adamo fosse stato creato morente, come
Iddio poteva Egli dichiarare che la sua morte era derivata dal suo peccato?
La confusione è inevitabile se non si discernono
chiaramente le vere definizioni di mortale ed immortale come appresso:
Immortale: stato o
condizione in cui la morte è impossibile; condizione
di colui che è invulnerabile alla morte.
Mortale: stato o condizione in cui la morte è
possibile, condizione che
permette alla morte di agire, ma non implica necessariamente una condizione morente, o che conduce alla morte, a meno che
non si sia incorso in una condanna in essa.
Sotto questa visuale, noi possiamo rilevare
immediatamente che Adamo fu creato
mortale, cioè in una condizione tale
che morisse o vivesse eternamente, secondo che fosse
piaciuto o no al Suo saggio e buon Creatore. Se Adamo fosse restato
obbediente, egli avrebbe continuato a vivere fino ad ora e per
sempre e, pertanto, sarebbe restato mortale durante
tutto il tempo, ma soggetto alla morte, se avesse
disobbedito. Una tale condizione non avrebbe, tuttavia,
comportato incertezze, poiché Iddio col quale sarebbe restato in
contatto, non cambia giammai. Perciò Adamo avrebbe avuto una piena sicurezza di
conservare la vita eterna per tutto il tempo che sarebbe stato
leale ed obbediente al Suo Creatore. Ragionevolmente, non si poteva
richiedere dippiù.
[347] La condizione di vita di Adamo, prima della
sua disubbidienza, era simile a quella di cui gioiscono i santi e gli
Angeli. Egli aveva la vita in tutta la sua pienezza — la vita
durevole — che avrebbe potuto
conservare per sempre, restando obbediente a Dio, ma non essendo inattaccabile
dalla morte, poiché
non aveva la vita in se
stesso, egli dipendeva, quindi,
per continuare a vivere, dalle condizioni
dettategli dal Suo Creatore. La minaccia fattagli da Dio che se avesse
disobbedito sarebbe morto, era, perciò, positiva. Essa
significava la perdita della scintilla di vita, dell' "alito vitale,"
senza il quale il corpo si
sarebbe disfatto in polvere e l'anima
vivente (l'essere sensitivo)
avrebbe cessato di esistere. Se Adamo fosse
stato immortale, se fosse stato impossibile che morisse, se fosse
stato invulnerabile alla morte, la sentenza di Dio non sarebbe stata
altro che una vana minaccia. Ma Adamo, essendo mortale, soggetto
alla morte (salvo che avesse dal suo Creatore i mezzi di sussistenza) agli morì, come gli era stato prevenuto, "al giorno"
della sua disubbidienza. —
Compulsare II Pietro 3:8.
A coloro i quali pensano che la Bibbia è piena di
espressioni quali: anima immortale, anima
imperitura, anima non morente giammai eccetera,
noi non possiamo dar altro consiglio migliore che quello di prendere una
concordanza biblica e cercarvi queste espressioni
e delle altre della stessa importanza. Essi non ne troveranno
alcuna. Così i ricercatori sinceri della verità saranno ben presto
convinti da se stessi, che, in generale, i cristiani, durante secoli,
hanno involontariamente aggiunto alla Parola di Dio, gran parte
di quegli elementi che hanno, poi, formata la loro confusione.
Secondo le Scritture, gli Angeli gioiscono della vita
eterna, ma sono mortali: in altri
termini, l'eternità della loro esistenza, non dipende
dal proprio stato d'immortalità, né che sono immuni dagli
attacchi della morte, per cui non potrebbero essere distrutti dal loro
Creatore; ma proviene dal fatto che Dio desidera farli vivere così
lungamente se si adoperano a vivere in armonia con le sue
disposizioni giuste e misericordiose. Ciò è facile ad essere dimostrato,
poiché Satana non era egli uno dei santi angeli, prima che il suo
orgoglio e la sua ambizione lo facessero cadere nel [348] peccato? E non divenne egli così uno dei malvagi (che
si oppongono volontariamente ed intenzionalmente a Dio)
di cui è scritto: L'Eterno ... sterminerà tutti i
malvagi"—"i quali saranno puniti di eterna distruzione”
(Salmo 145:20; II Tess. 1:9)? Rimarcate
la esplicita dichiarazione concernente la distruzione di Satana,
che sarà applicabile, per principio, a tutti coloro i quali seguono la
via sua malvagia e rigettano scientemente e intenzionalmente le
disposizioni divine —Ebrei 2:14.
Se, da una parte le Scritture parlano bene della
mortalità dell'uomo e che nella quasi totalità, si limitano ad
esaminare le relazioni dell'uomo con Dio, esse insegnano, non meno positivamente,
in altra maniera, la mortalità degli Angeli, nel dichiarare che
"Cristo solo possiede l'immortalità" (I Tim. 6:16) — eccetto, come
sempre, il Padre (I Cor. 15:27). Come abbiamo già visto, nostro
Signore Gesù ricevé l'immortalità (elemento o qualità della "natura divina") solamente alla sua risurrezione e, in
ricompensa, per la fedele
obbedienza alla volontà del Padre: obbedienza che pervenne
fino al sacrificio di se stesso, "sino alla morte, ed alla morte
sulla croce. Perciò Iddio "ha sovranamente innalzato" anche il
Figliuolo. Benchè sempre superiore a tutte
le altre creature, Egli, "l'Unico
Generato," fu elevato,
come dichiara l'Apostolo, "al
disopra di ogni principato e autorità e potestà e signoria e d'ogni
altro nome che si nomina, non solo in questo mondo, ma anche
quello a venire." —Efes. 1:21.
Così, rileviamo l'evidenza, secondo la rivelazione di
Dio sul soggetto, che solo Egli stesso ed il Suo Figliuolo,
l'Unico Generato, possedevano questa condizione d'immortalità, al
momento in cui gli Apostoli scrissero le loro Epistole. In effetti,
se l'Unigenito fosse stato immortale anteriormente
alla sua elevazione, egli non avrebbe potuto essere il Salvatore del mondo, poiché
non avrebbe potuto morire
e, secondo
le disposizioni divine, per essere nostro
Redentore, egli doveva morire.
Perciò è scritto di Lui: "Cristo morì
per i nostri peccati" ed in seguito fu innalzato all'immortalità.
L'Antico Testamento parla in una maniera vaga delle
speranze d'una vita eterna; ma l'immortalità è per nulla
menzionata. In [349] effetti, l'Apostolo ispirato dice di nostro Signore che
Egli "ha distrutto
la morte (stroncato il suo potere sull'uomo) e ha prodotto in luce la vita
e l'immortalità, mediante l'Evangelo" (II Tim. 1:10). Ciò
dimostra: (1) che la vita perfetta, la vita durevole, è
separata e distinta dall'immortalità, l'indistruttibilità;
(2) che né l'una, né l'altra di queste grandi benedizioni
erano state rivelate o rese accessibili prima dell'Evangelo — "la
grande salvezza, che fu per prima annunziata dal Signore" — Ebrei 2:3.
Cosa pone, dunque, "in evidenza" l'Evangelo
di nostro Signore sul soggetto che riflette queste due grandi benedizioni
(la vita e l'immortalità)?
(a) Mostra che, per la grazia divina, nostro Signore
riscattò tutta la posterità adamica e procurò, in tal modo a
tutta la razza umana un'opportunità di rivenire dalla
morte alla vita: in altri termini,
annunzia la venuta "dei tempi di restaurazione di tutte le cose di
cui Iddio ha parlato per la bocca di tutti i santi profeti fin
dall'inizio del mondo." La restaurazione, nel senso più elevato e completo,
si prefigge lo scopo di far uscire
tutti coloro che saranno restaurati, non solo dalla
tomba, ma anche dai diversi gradi della morte (rappresentati dalle
malattie e dalle imperfezioni) per restituirli
alla vita, la vita durevole, come quella di cui godeva Adamo prima
della sua disobbedienza. L'Evangelo di Cristo ci assicura una piena opportunità d'ottenere questa benedizione di vita
a tutti, nelle condizioni
ragionevoli del Nuovo Patto — "al tempo convenevole"
— I Tim. 2:6.
(b) La "luce" dell'Evangelo di Cristo mostra
la disposizione speciale nel piano di Dio, per chiamare, provare e
preparare un piccolo numero delle Sue creature a qualche cosa
dippiù che una rassomiglianza morale e ragionevole con lui stesso;
si tratta di un invito a conformarsi alla volontà del Padre onde
provargli la loro obbedienza al punto che Egli possa far di loro delle
"nuove creature,"
"l'immagine espressa della Sua persona," "dei partecipanti
alla natura divina," di cui un elemento essenziale è l'immortalità.
Tutto ciò fu messo in evidenza e in luce da nostro Signore Gesù nel Suo Evangelo
della grazia di Dio.
[350] Cosi noi ci chiediamo, stupiti: A quali sante
creature di Dio è indirizzato un appello così alto — agli
angeli, ai cherubini, o ai serafini? L'Evangelo di Cristo
risponde che quest'appello non è per nulla presentato agli angeli,
ma al Figliuolo dell'Uomo ed alla sua "sposa" i cui membri
sono scelti fra coloro che Egli riscattò col suo
prezioso sangue.
Considerate colui che, in vista della gioia che gli era
stata riservata, ha sofferto la croce, sprezzato l'ignominia
e che per tanto, ora, è seduto alla destra (posto di favore) del
trono di Dio. Egli era ricco e, per noi, si fece povero. Essendo
l'uomo e la sua razza, che dovevano essere riscattati, esseri umani,
era necessario che Gesù divenisse un uomo, onde poter dare il
riscatto o prezzo corrispondente. Perciò Egli si umiliò e prese
l'aspetto di un servitore e, dopo esser divenuto un uomo, si umiliò sino
alla morte, persino alla morte la più ignominiosa, la morte sulla
croce. "Perciò Iddio lo ha innalzato (alla natura divina, promessa
alla sua risurrezione) e gli ha dato un nome al di sopra d'ogni altro
nome (eccetto il nome di Jéhovah — I Cor.
15:27)." Ebrei 12:3, 2; II Cor. 8:9;
Fil. 2:8, 9.
"Degno è l'Agnello che è stato immolato di
ricevere la potenza e le ricchezze e la sapienza e la forza e l'onore e
la gloria e la benedizione" — Apoc. 5:9-12.
Le grandi ricchezze del favore divino avrebbero potuto limitarsi all'elevazione
di quest'Essere eminente e degno: ma non fu così, poiché Iddio,
il Padre, aveva deciso che Cristo Gesù, in qualità di
Capo, avrebbe condotto un'assemblea di Figliuoli di Dio alla "gloria,
onore e incorruttibilità" (Ebrei 2:10; Rom. 2:7). Pertanto
ciascuno di questi figliuoli deve necessariamente essere un'immagine
o rassomiglianza spirituale del
"Primogenito." Per dare
una grande lezione della sovranità divina ed una sublime smentita
a tutte le teorie dell'evoluzione, Iddio scelse di chiamare a questo posto d'onore (per essere la "sposa," "la moglie
dell'Agnello e sua coerede"—
Apoc. 21:2, 9; Rom. 8:17) non degli angeli
e dei cherubini, ma qualcuno dei peccatori riscattati dal prezioso
sangue dell'Agnello. Iddio scelse il numero di coloro che [351] dovevano essere elevati così (Apoc. 7:4) e
predestinò quali dovevano essere i loro
tratti caratteristici, se
volevano assicurare la loro chiamata e la loro elezione per
ottenere un posto in questa assemblea la quale deve essere
così altamente onorata; quanto al resto tutto è stato rimesso a
Cristo che agisce, ora, come ha agito il Padre fin quì —
Giov. 5:17.
L'Èra dell'Evangelo, che dura dalla Pentecoste fino
all'instaurazione del Regno, alla seconda venuta di Cristo è
il tempo della selezione di questa classe di persone che formano la
Sposa di Cristo, denominata anche "Chiesa," il "corpo di
Cristo," il "sacerdozio reale," la "posterità di
Abrahamo" (Galati 3:29) ecc. Se in questa èra il permesso
del male esiste ancora è allo scopo di sviluppare questi "membri
del corpo di Cristo" e fornir loro l'occasione di sacrificare tutto il poco che
essi hanno e che è stato riscattato, onde consacrarlo al
servizio di Colui che li ha riscattati col suo
sangue prezioso e sviluppare, così, nel loro cuore, la rassomiglianza
spirituale, alfine che, al termine di questa Età, essi siano
presentati dal loro Signore e Redentore davanti al Padre e Iddio possa
vedere in essi "l'immagine del suo Figliuolo." —Col. 1:22; Rom.
8:29.
Come la ricompensa di "gloria, onore ed immortalità,"
e tutti gli elementi ed attributi della
natura divina, non furono accordati al "Primogenito"
che al termine della sua corsa, allorché avesse terminato il suo
sacrificio e l'obbedienza fino alla morte; così è per la
Chiesa, Sua "Sposa," considerata come uno — il Suo
Corpo — e trattata collettivamente. Nostro Signore, il
Primogenito ed il Capo "entrò nella sua gloria" alla sua
risurrezione; allora divenne partecipante della natura
divina nella sua interezza, per la sua nascita "dai morti,"
la sua nascita "dal Spirito": allora fu sovranamente
elevato al trono ed al più alto favore ("alla destra) di Dio; e lo
stesso Egli ha promesso alla Sua Chiesa — la Sua
Sposa —; ella, per la potenza divina, alla risurrezione,
sarà cambiata, passando dalla natura umana alla gloria, all'onore ed
all'immortalità della natura divina — Ebrei
13:20; II Pietro 1:4.
[352] Parlando della "risurrezione" è anche
scritto, circa la Chiesa: "Il corpo è seminato
corruttibile, e risuscita incorruttibile (immortalità); è
seminato ignobile e resuscita glorioso; è seminato debole e
risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo
spirituale" — I Cor. 15:42-44, 49.
Le condizioni stabilite per tutti coloro che vogliono
assicurare la loro chiamata e la loro elezione per ottenere
tale posizione, sono esigenti, e, tuttavia, costituiscono "un servizio
ragionevole"; in compenso i fedeli hanno la promessa della "gloria,
onore ed immortalità nella
natura divina," alfine che abbiano parte all'elevazione
sovrana del Redentore, "ben al di sopra degl'Angeli" se, marciando
sulle Sue orme, condividono la Sua ignominia, nel tempo
presente in cui è permesso ancora al male di trionfare.
Notinsi bene che tutte le promesse o suggestioni di
speranza d'immortalità, contenute nella Parola dell'Eterno,
sono fatte a questa specialmente eletta Chiesa. Esse si riferiscono alla vita inerente di cui nostro Signore fa
allusione allorché dice: "Come il Padre ha
la vita in se stesso (una vita
che non esige cure esterne, l'immortalità), così ha dato
anche al Figliuolo d'aver vita in se stesso (l'immortalità)"
che egli darà a chi vorrà — alla sua
Sposa, o sua Chiesa — "membri
del suo Corpo" — Giov. 5:26; Efes. 3:6.
Due termini greci sono tradotti per immortalità:
(1) Athanasia che Strong
definisce con il termine "deathlessness" vale a dire la
condizione di chi non è soggetto a morire, nè per distruzione, ne
estinzione. Questo termine si
trova nei passaggi seguenti:
"bisogna che questo incorruttibile rivesta incorruttibilità e
che “il mortale rivesta
immortalità (athanasia) riferendosi alla
prima risurrezione alla quale partecipa solo la Chiesa" —
I Cor. 15:53.
"... e questo mortale avrà
rivestito l'immortalità (athanasia: impossibilità di morire) — allusione
alla stessa prima risurrezione della Chiesa — I Cor. 15:54.
"Il quale solo possiede l'immortalità
(athanasia: impossibilità di morire)” —allusione a nostro Signore Gesù,
eccettuando il Padre da ogni paragone —I Tim.
6:16. —
(2) Aphtharsia e aphthartos (stessa radicale) sono
resi 2 volte per immortalità ed una
volta per immortale, ma più
esattamente risponderebbero ad incorruttibilità ed incorruttibile. In
generale i lessici migliori li traducono così. Ecco tutti i
passaggi della Bibbia che contengono questi termini:
"A coloro che . . . la gloria,
. . . e l'incorruttibilità
(aphtharsia)" — Rom. 2:7. —
"È seminato corruttibile e risuscita
incorruttibile (aphtharsia)" I Cor.
15:42. —
"Carne e sangue non possono eredare il Regno di
Dio; né la corruzione può eredare l'incorruttibilità
(aphtharsia)" I Cor.
15:50. —
"Quando questo corruttibile avrà rivestito
l'incorruttibile (aphtharsia)" — 15:54. —
"Bisogna che questo corruttibile riveste
l'incorruttibilità (aphtharsia)" — I Cor.
15:53. —
"La grazia sia con tutti quelli che amano il
Signor nostro Gesù Cristo con purità incorrotta
(aphtharsia: incorruttibilità)" Efes. 6:24. —
"Gesù Cristo ... ha
prodotto in luce la vita e l'immortalità (aphtharsia: incorruttibilità),
mediante l'Evangelo" — 2 Tim.
1:10. —
"Nell'insegnamento, purità incorrotta, gravità
parlar sano (aphtharsia: incorruttibilità)" — Tito. 2:7.
—
"La gloria di Dio incorruttibile (aphthartos:
incorruttibile)" —Romani 1:23. —
"Alfine di ricevere una corona corruttibile; ma
noi una incorruttibile (aphthartos )" — I Cor.
9:25. —
"I morti (la Chiesa) saranno risuscitati
incorruttibili (aphthartos) " —
I Cor.
15:52. —
"Al re dei secoli, l'incorruttibile (aphthartos ), invisible,
solo Dio" — I Tim.
1:17. —
"Un'eredità, incorruttibile (aphthartos),
immacolata immarcescibile, conservata nei cieli per voi" — I Pietro
1:4. —
[354] "Poiché siete stati generati non da seme
corruttibile, ma incorruttibile (aphthartos)" — I Pietro
1:23. —
"Dell'ornamento incorruttibile (aphthartos)
dello spirito benigno e pacifico"
— I Pietro 3:4. —
Questo termine racchiude l'idea di ciò che non può corrompersi, non
può deperire, né perdere il suo valore. Aphtharsia è, dunque, sotto
varii aspetti, l'equivalendi athanasia (impossibilità
di morire) allorché s'applica
ad esseri sensitivi, poiché colui il quale —
avente la
vita — è invulnerabile alla morte, può veramente definirsi incorruttibile.
L'UMANA SPERANZA DELLA VITA ETERNA
I sapienti e gli evoluzionisti più arditi e capaci
hanno cercato di dimostrare che la vita dell'uomo non è un dono del Creatore. Per
le loro teorie, fanno discendere l'uomo e tutti gli animali inferiori,
da una prassi evolutiva, da un microscopico germe: già! da
un protoplasma che il Prof. Huxley denominò "la base fisica della
vita" e, con godimento, in una maniera o l'altra, ignorano totalmente
il Creatore e Dispensatore di vita: ma, stando ai fatti, essi
non sono stati capaci di suggerire in che modo il protoplasma esso
stesso può estrarre la sua vita da una materia inerte. Fino ad
un certo punto essi sono obbligati ad ammettere una causa originaria
ed importante della vita. Intanto colui che studia la Bibbia con rispetto non dovrebbe provare la minima difficoltà ad
accettare la dichiarazione delle Scritture, attestante che solo Iddio
e non altri è la Prima Grande Causa, la Fonte di vita dalla quale proviene ogni forma di vita su tutti i piani, come l'Apostolo enuncia:
"C'è un Dio solo, il Padre dal quale sono tutte le cose e
un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose" (I Cor. 8:6). Il
credente, non solo trova le prove nel libro della
natura, la Bibbia, la
esistenza di un Creatore, ma trova anche
la rivelazione formale ed intima di questo Creatore e di questa
Creazione. Egli accetta quale fatto l'affermazione biblica per
la quale risulta e risalta che Iddio creò i nostri progenitori ed
accordò loro la vita: il potere di propagarsi, nel procreare [355] una razza d'esseri sensitivi, d'anime della loro
stessa specie, esattamente come Egli aveva proceduto, in maniera analoga,
per la creazione animale.
Riportiamoci nell'Eden: noi vediamo Adamo ed Eva,
nella loro perfezione, in possesso delle facoltà fisiche
morali ed intellettuali, alla rassomiglianza dei loro
Creatore e, perciò, ben superiori ai loro soggetti della creazione
animale. Essi erano delle anime di un ordine superiore, poiché
possedevano un organismo di qualità assai più alta. Noi ci
chiediamo, allora, qual'era il disegno di Dio nel creare
l'uomo? Noi vediamo che, per quanto riguarda la creazione
animale, l'evidente disegno dell'Eterno era che gli animali vivessero
pochi mesi o anni, indi morissero per far posto agli altri della loro
specie, limitando il loro ruolo ad essere dei servitori secondo il
beneplacito e la convenienza dell'uomo, loro padrone, che nella
sua perfezione, era benevolo verso essi. Ma, circa l'uomo, doveva egli nascere per morire
come le bestie? Noi abbiamo rilevato,
pocanzi, che non gli era stato accordato alcun attributo o elemento
imperituro, invece troviamo numerose testimonianze dalle
quali rileviamo che Iddio ha adottato disposizioni per assicurare la
vita eterna
a tutti coloro i quali pervengono a delle condizioni divinamente
approvate: consistenti, non in
doni di facoltà e qualità immortali, ma nella buona volontà
nell'adempimento dei benevoli disegni del suo Creatore, sol per i quali l'uomo "vive, si muove, ed
esiste."
Occasionalmente, un pensatore superficiale potrebbe
pretendere che l'uomo è immortale ed indistruttibile perché la
scienza ha determinato che la "materia è indistruttibile."
Ma, come già abbiamo visto, la materia non è l'uomo, come l'anima o
l'essere non è materia. Il corpo è
della materia, ma per costituire il corpo dell'uomo, essa deve essere
peculiarmente organizata e, poi, deve aggiungere
lo spirito della vita affinché possa esser formato il corpo,
che diviene l'uomo, o essere: l'anima. Niuno pretenderà che
un organismo possa essere indistruttibile
e, di conseguenza, ogni persona ragionevole può comprendere che l'essere
(o anima) accomunata
ad un organismo, o da esso dipendente, può esser [356] distrutto. Inoltre, tale ragionamento assurdo (o, più
precisamente, "irragionevole"), indurrebbe, per analogia, a pretendere che tutti gl'insetti e gli animali
d'ogni specie possedessero l'immortalità o indistruttibilità. C'è una
considerevole differenza fra distruggere la materia inerte e la distruzione dell'essere vivente.
Secondo la Parola, Iddio dichiarò ad Adamo, nostro
padre, che la sua vita era assicurata e si sarebbe prolungata
lungo tutto il tempo in cui fosse restato un figliuolo obbediente
di Dio; che solo la disubbidienza avrebbe esposto (l'essere, l'anima)
alla morte. Gli stessi passaggi scritturali raccontano lo
svolgimento della disubbidienza dei nostri progenitori ed il giudizio
divino per il quale furono colpiti dalla sentenza di morte, quale
punizione per il peccato. Noi dovremmo rilevare con attenzione come
nostro Signore parlò, allorché pronunziò questa sentenza.
Iddio non s'indirizzò al corpo privo dei sensi, non ancora vitalizzato,
né all'alito o spirito di vita, che è semplicemente un potere vivificatore, privo d'intelligenza.
Egli si rivolse ad Adamo, all'essere,
all'anima intelligente,
o senziente dopo che era stata completamente creata. Noi
siamo tutti d'accordo che tal procedimento era il solo ragionevole
e convenevole — cioè parlare
all'anima o essere. — Rileviamo,
ora, le parole dell'Eterno:
"Nel giorno che tu ne
mangerai, per certo morrai."
Allorché Adamo trasgredì la legge divina e che, in
conseguenza, la sua anima fu condannata a morte, l'Eterno avrebbe
potuto eseguire la sua sentenza con una morte istantanea, ma, in luogo di ciò,
Egli abrogò semplicemente le disposizioni speciali che assicuravano la continuità della vita di Adamo e, così la lasciò
spegnere gradualmente. La Parola c'insegna che l'uomo avrebbe potuto
vivere continuamente, nutrendosi dei frutti di un orto i cui alberi
speciali davano la vita, permettendo la sostituzione del dispendio
d'energia vitale, in modo che non si sarebbe mai consumata. Non
appena l'uomo divenne trasgressore, gli fu vietato l'accesso
all'orto in cui erano questi alberi della vita e, così, come gli
animali inferiori del suo dominio, fu parimenti soggetto alla morte.
Nel caso dell'uomo, tuttavia, la morte è considerata e [357] denominata
una "maledizione," poiché fu il risultato
della violazione
della leggi divine e, contemporaneamente, la maledizione che piombò sul re della terra,
si estese al suo dominio ed a tutti i suoi soggetti, gli animali inferiori,
poiché, avendo il re perduto la sua perfezione, l'intero dominio suo piombò nel disordine.
Inoltre,
i figliuoli di Adamo non poterono ottenere dal loro procreatore i diritti,
privilegi, o le perfezioni fisiche che egli aveva perduto e continuava a
perdere. Perciò, come apprendiamo dalle Scritture, tutta la razza di Adamo cadde con lui
sotto la maledizione, cioè: la morte: e perciò, noi, che siamo delle creature all'immagine di Dio possedenti
di facoltà intellettive atte a discernere ed apprezzare il sommo
privilegio della vita eterna, dirigiamo i nostri sguardi a Dio per
sapere se, sì o no, la sua saggezza, il suo amore, la sua giustizia e la
sua potenza infinita potessero, insieme, adottare un piano dì
salvezza per l'uomo, per cui Iddio possa essere giusto e giustificante colui che crede in Gesù
— Rom. 3:26.
Questa
speranza nemmeno è vana. Le disposizioni di Dio, realizzate da Cristo,
consistono, come ci è rivelato dalle Scritture, in una risurrezione dai
morti, ed una restaurazione dell'uomo alla sua primiera condizione.
Certo sussistono delle riserve e delle condizioni per la realizzazione
di tali aspirazioni. Non tutti riacquisteranno il favore divino, ma
un'occasione per tal riacquisto sarà concessa a tutti, con una solida probabilità,
come noi crediamo, che una maggioranza della posterità di Adamo, quando
conoscerà la verità, accetterà con gratitudine la grazia di Dio
mediante Cristo, e
conformerà la sua vita alla legge del Nuovo Patto, per la fede nel Redentore.
Intanto
non appartiene a noi né ad alcuno di rispondere alla questione cui nostro Signore
rifiutò di rispondere, cioè: "Sono pochi i salvati?" (Luca
13:23). Ciò
che abbiamo il privilegio di fare, al più, è di mostrare che "un
riscatto per tutti" è stato dato da nostro Signore insieme alla promessa che "al
proprio tempo" tutti verranno alla conoscenza di questa grande verità
ed avranno l'opportunità
d'ottenere la vita eterna da Lui, la grande Luce che "illumina ogni uomo che
viene nel mondo" (I Tim. 2:4-6; Giov. [358]
1:9). Noi dovremmo ripetere, e
ripetiamo, in questa Era, a tutti coloro che "hanno orecchi
per intendere," le parole del Maestro: "sforzatevi
d'entrare per la porta stretta, poiché molti . . . cercheranno d'entrare e non
potranno. Da che il padron di casa si sarà
alzato ed avrà serrata la porta" (Luca 13:24-25).
In altri termini
l'appello, il solo appello di questa èra
dell'Evangelo, risiede
nell'offrire il vero sacrificio di sé stesso e niun interesse materiale dovrebbe distrarci, né rallentare la nostra corsa in vista del
grande premio dell'immortalità, che ora è offerto. Allorché il
numero degli "eletti" sarà completo e che la grande
tribolazione della fine di
questa Età ci avviserà che la Chiesa è completa e glorificata,
vi saranno molti che apprezzeranno d'una maniera tutto affatto
differente, le futilità del mondo che ora impediscono di
riempire i voti di consacrazione.
Il piano di salvezza di Dio, per l'assieme della
razza di Adamo, consiste nel presentare a ciascun membro di questa razza, durante il
Millennio, l'offerta della
vita eterna,
sotto le condizioni del Nuovo
Patto che è stato sigillato col prezioso sangue dell'Agnello, per
tutti. D'altra parte, non c'è alcuna suggestione che l'immortalità,
la natura divina, sarà giammai offerta o accordata ad altri al di fuori
della Chiesa "eletta" dell'Età dell'Evangelo, al "piccolo gregge,"
alla "sposa," alla "moglie dell'Agnello." Agli altri
membri della razza di Adamo sarà
offerta la "restaurazione" (Atti 3:19-21)
alla vita, alla salute ed alla perfezione della natura umana, quella
che possedeva Adamo, ad immagine terrestre di Dio, prima di perdere la grazia, nel cadere nel peccato e la morte. Allorquando,
alla fine dell'Età millenaria, tutti gli uomini ubbidiente avranno
recuperato ciò che fu perduto in
Adamo e riscattato da Cristo, allora
tutti, muniti d'una conoscenza ed esperienza perfetta, e, quindi idonei
pienamente di sopportare la prova, saranno severamente
provati (come lo fu Adamo), ma individualmente (Apocalisse
20:7-10). Solo coloro i quali saranno trovati in perfetta
armonia, nel loro cuore e nella loro condotta esteriore, con Dio e le Sue giuste disposizioni, saranno autorizzati a passare al di
là del Millennio nelle età future ed eterne, "mondo (età) senza
[359] fine." Tutti gli altri uomini saranno distrutti
dalla Secona Morte — sterminati d'infra il popolo — Atti 3:22.
Non vi saranno più né morte né sospiri, né grida,
ma ciò non sarà perché i vincitori dell'Età millenaria
saranno coronati dall'immortalità, ma perché avendo appreso a giudicare
fra il bene ed il male, e gli effetti d'ambidue, avranno formato i
loro caratteri in pieno accordo con Dio e con la giustizia. Sarà
anche perché avranno subito vittoriosamente le prove, dimostranti
d'aver acquisito l'idoneità ed il desiderio di astenersi dal
peccato: se anche potesse presentarsi l'occasione per cui non
incorressero in punizioni. Questi esseri non avranno la vita in se stessi,
ma la loro esistenza dipenderà ancora dagli alimenti, ecc.,
necessarii, dati da Dio per il mantenimento della vita. — Compulsare
Apoc. 21:4, 6, 8; 7:16; Matteo 5:6.
Come la maledizione portò la morte dell'umanità,
così l'annullamento di essa significa l'annullamento di tutte le
opposizioni legali, che impedivano all'uomo di entrare in possesso di
tutte le benedizioni originali, accordate nell'Eden. Intanto,
l'uomo, oggi, degradato ed imperfetto mentalmente, moralmente e
fisicamente, non è in grado di gioire delle perfezioni d'un
Eden, o d'un paradiso, di cui Adamo poteva gioire. Perciò il disegno divino stabilisce che
"nel tempo della restaurazione," durante l'Era millenaria, l'uomo
i cui peccati sono stati cancellati dalla morte di nostro Signore Gesù,
possa essere ricondotto da Lui, Dispensatore di vita e Liberatore dalla
schiavitù del peccato e della morte, alla pienezza ed alla
perfezione della rassomiglianza originale con Dio. Inoltre,
secondo il piano divino, noi costatiamo che l'esperienza dell'uomo
col peccato costituerà una lezione, che avrà un'influenza estrema
su certuni. Essi conosceranno anche per esperienza personale,
qualche cosa dell'eccessiva gravità del peccato e del salario, o
punizione, la morte. In tal maniera, allorché, durante l'Età millenaria,
gli uomini saranno condotti alla conoscenza della giustizia,
della verità, della bontà, dell'amore e di tutte le grazie e qualità
del carattere divino, coloro che saranno ben disposti ed obbedienti,
conosceranno ed apprezzeranno il privilegio della vita [360] eterna d'una maniera che Adamo, nostro padre, non
avrebbe giammai conosciuta e giammai potuta apprezzare.
Per ottenere un tal risultato, l'azione espletata
dalla morte sulla razza, nel suo insieme, fu graduale. Anche il
processo della risurrezione dovrà essere graduale, poiché, poco a poco,
l'umanità sarà estratta dal fango del peccato, dal terribile
abisso della degradazione e della morte fino all'apogeo della perfezione
e della vita dal quale era caduta nella persona d'Adamo, il
progenitore. V'è una sola eccezione a questo programma generale per il
mondo: le Scritture, in effetti, ci mostrano che degli
individui sono ricondotti in armonia con Dio, prima del
resto dell'umanità, costoro formano la posterità d'Abrahamo,
secondo la carne e secondo lo spirito — Gal. 3:29;
Ebrei 11:39, 40. —
Esaminato così, alla luce delle Scritture, il soggetto
dell'immortalità brilla in maniera splendente. Esso ci permette di
comprendere che
"il dono (generale) di Dio, la vita eterna" potrà essere offerto a tutti coloro che il
Redentore troverà nelle buone disposizioni
per accettarlo (sotto le sole condizioni atte a far di tal dono una
benedizione), mentre i soggetti indegni saranno sottoposti ad una giusta
punizione, sempre proclamata dal grande giudice di tutti
e cioè:
"Il salario del peccato è la morte" — Rom. 6:23.
"L'anima che pecca sarà quella che morrà" —Ezec. 18:4, 20.
"Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi
rifiuta di credere al Figliuolo, l'ira di Dio (la maledizione, la morte)
resta sopra di lui" — Giov.
3:36. —
Così noi troviamo che su questo soggetto, come su
altri, la filosofia della Parola di Dio è più profonda ed è
anche più chiara, e di gran lunga dotata di raziocinio, che i sistemi e
le dottrine pagane. Sia lodato il Signore che ci ha donato la
Sua Parola di Verità e dei cuori disposti ad accettarla, come la rivelazione
della saggezza e della potenza divina.
Ma, colui che dubita potrebbe contrapporre: Come potrà
Iddio, alla risurrezione, riprodurre l'identità completa
dei milioni d'individui, che son vissuti sulla terra, onde ciascuno
possa riconoscere [361] la sua propria personalità e beneficiare, grazie
alla sua memoria, delle esperienze della vita presente? Noi
rispondiamo che se l'uomo è capace di conservare le
proprie parole, incidendole su dischi per fonografi,
il nostro Creatore è ben assai più potente da riprodurre l'organismo
cerebrale di ciascun uomo in maniera di riprodurre perfettamente
qualsiasi sentimento, pensiero ed esperienza! Il profeta
Davide sembra far allusione alla potenza di Dio, in una maniera
che potrebbe essere applicata, profeticamente, alla risurrezione, o
per riflesso, alla prima nascita. Egli dice:"Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in
modo meraviglioso, stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene, le mie ossa
(organismo) non t'erano nascoste, quando io fui formato in occulto, e tessuto nelle parti più basse della terra. I
tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano
tutti scritti i giorni che mi erano destinati, quando nessun d'essi era sorto ancora" —
Salmo 139:14-16. –
"In Verità, in Verità io
vi dico, che tutte le cose che
domanderete al Padre, nel
nome mio, Egli ve le darà"
Giovanni 16:23