Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
14
LA
NECESSITA DELL'AD-UNA-MENTE
PER
ELIMINARE LA MORTE ED IL PECCATO
Il nostro testo, in linea
generale, è in pieno accordo con il contenuto
delle Scritture, cioè che verrà il tempo in cui l'opera dell'Ad-una-mente sarà interamente compiuta ed in cui, come risultato, la maledizione
dell'uomo e della terra, suo dominio, sarà
completamente eliminata. Ciò implica, dunque, che la maledizione non è ancora tolta e opprime sempre la terra
e l'umanità. In più, implica pure che, in
un dato momento, questa maledizione discese
su tutti, allorché, per la prima volta, essa fu inflitta all'umanità ed alla terra. Chiunque si prenderà
cura di esaminare la questione, riuscirà a
scoprire, su questi tre punti, una così armoniosa
rispondenza nelle Scritture, da restarne meravigliato e
convinto che esse non sono d'origine umana. In effetti, benché scritte
lungo il corso di duemila anni, esse sono unanimi nella loro
testimonianza, né v'è alcun soggetto su cui questa testimonianza sia più positiva, più logica e più concludente, quanto quella sul
soggetto della maledizione, dei suoi effetti su l'uomo, della redenzione
dell'uomo, per sottrarlo da essa, e della sua eliminazione
finale.
Si comprende e si predica,
generalmente, che questa maledizione
da cui è colta l'umanità non è presente, ma futura ed è costituita dal tormento eterno. Secondo le Scritture,
invece, è, purtroppo, una maledizione
presente, attuale,—la morte—la cui eliminazione
è futura. Noi neanche dobbiamo pensare a questa maledizione e morte, secondo la concezione ordinaria
e limitata che si ferma a designare
con questo termine il momento stesso [363] della morte, i pochi istanti
di agonia, o pochi giorni, che precedono il momento in cui, rendiamo
l'ultimo respiro, o perdiamo l'alito della
vita. Invece, per concepire nettamente ciò che è questa maledizione della morte, noi abbiamo bisogno di
raffiguararci lo stato del primo uomo
perfetto, con tutte le sue facoltà intelletuali e fisiche—l'immagine del suo Creatore nelle doti mentali e
fisicamente, così soddisfacenti, da essere dichiarato "molto buono"
dalla più alta Autorità in materia—Genesi
1:31.—
Veramente, la Genesi ci
fornisce una narrazione assai concisa, tal
che il diluvio fa sparire completamente ogni traccia del genio e
dell'opera del padre della nostra razza e della sua prima progenitura.
Per tali ragioni, noi non abbiamo alcuna base solida per apprezzare
le sue capacità fisiche e mentali. Per ogni chiarimento, noi siamo
indotti a costatare che, secondo le proprie dichiarazioni di Dio, tutta la Sua Opera è "perfetta"
(Deut. 32:4). Iddio dichiara, inoltre, che "gli
uomini hanno cercato molti sotterfugi" (Eccl. 7:29), perciò si sono insozzati. Noi
costatiamo, inoltre, che, anche sotto la maledizione e malgrado le
condizioni sfavorevoli nelle quali l'uomo visse, dopo essere stato
scacciato dall'Eden, l'organismo umano era di una
tale perfezione che il padre dell'umanità
prolungò la sua esistenza, durante novecento trent'anni—Genesi
5:5.—
Nel paragonare questa
vitalità fisica (nei tempi in cui non esisteva una grande
esperienza nello sviluppo dei medicinali e delle
pratiche igieniche) con le condizioni attuali e la constatazione che
la metà della popolazione dell'universo muore all'insotto dei dieci
anni e nell'insieme la media della vita è di trent'anni circa—malgrado il progresso della scienza—possiamo giudicare, dall'enorme
perdita di vitalità subita, dopo la caduta adamica, quanto e come la
"maledizione" ci abbia colpito fisicamente. Ora, noi sappiamo
che le facoltà fisiche e mentali sono magistralmente coordinate
nell'uomo, in modo che quanto più l'organismo fisico è sano, tanto,
corrispondentemente, l'energia e le facoltà mentali risultano
possenti ed efficienti. Da ciò noi ci possiamo rendere un'idea
convenevole della potenza mentale del nostro progenitore Adamo, tanto più quando rileviamo che Il sommo Creatore [364] dichiarò che era "molto
buono" e riconobbe che era degno d'essere suo figliuolo e possedere la sua somiglianza
mentale e morale —Luca
3:38.—
La perfezione mentale e fisica, nelle
condizioni in cui è
presentata dal racconto divino
della Creazione, implica chiaramente e positivamente, la perfezione
morale, poiché noi dobbiamo rammemorarci,
che secondo le Scritture, la mancanza di dirittura morale e la conseguente
degradazione non erano ancora sorte. Non si può supporre che,
l'uomo, privato d'elementi morali, atti ad
assicurare il suo sviluppo mentale, potrebbe essere presentato, nelle
Scritture, come un uomo "molto buono" o come un'immagine del
suo Creatore. L'aver creato Adamo fisicamente e mentalmente perfetto,
eccettuando le qualità morali, avrebbe corrisposto a far
di lui un uomo assai malvagio,
secondo il principio che più le capacità
sono grandi, più l'uomo è malvagio: allorchè dette capacità
non vertono una retta direzione morale.
La sentenza di morte o "maledizione,"
pronunziata contro Adamo "nel giorno che tu ne mangerai, per certo
morrai" (Genesi 2:17) , non
colpiva solamente i suoi muscoli e lo scheletro, ma includeva l'uomo, nella sua interezza,—dal
lato mentale e fisico, compreso, s'intende, anche
quello morale, parte integrante delle qualità
mentali, —questo decadimento—nel
significato esteso del termine—dell'uomo,
oggi, è pienamente confermato dalla nostra constatazione, in quanto, fisicamente egli è
degenerato al punto che la durata media della
sua vita è discesa—nelle condizioni più favorevoli—a trentatrè anni (nota del traduttore: scritto nel
1899). Mentalmente e moralmente,
noi rileviamo anche che è assai deficiente, benché possegga
degli organi suscettibili di uno sviluppo molto
più grande che la sua vita gli permette. Parlando delle capacità
dell'uomo l'Apostolo dichiara: "Non v'è alcun giusto, neppure
uno . . . difatti tutti
hanno peccato e sono privi della gloria
di Dio"—tutti
partecipano al peccato originale ed alle sue conseguenze—Romani
3:10, 23.—
Inoltre, l'Apostolo indica che il nostro
progenitore Adamo, comparendo innanzi
al tribunale di Dio, fu riconosciuto come un trasgressore
volontario e non come un uomo ingannato (I Tim. 1:14). [365] Così, dal punto
di vista morale, Adamo era capace di obbedire
alle esigenze divine, poiché, altrimenti sarebbe stato ingiusto dalla parte di Dio, d'aver provato e d'aver
condannato un essere che fosse caduto in
questa prova per un'incapacità dipendente
da una difettuosità acquisita dalla sua creazione e, quindi, impossibilitato ad obbedire ai suoi
comandamenti. Il fatto che Adamo subì una prova per
cui andava in gioco la sua vita, o
morte eterna; il fatto che il suo scacco in questa prova fu volontario ed attirò, così, in tutta giustizia, la
sentenza del Sommo Giudice che gl'inflisse il
massimo della pena della Sua legge, dovrebbe
provare ad ogni spirito, equanime e retto, che Adamo era perfetto, nel senso stretto della parola, e
interamente in grado di sottostare alla prova
con successo.
Anche dopo che il prezzo
del riscatto fu deposto, Iddio non ha accordato
che l'uminatà fosse di nuovo messa alla prova davanti allo stesso Tribunale supremo ed infallibile e ne da
la ragione nel dichiarare che, nella nostra condizione di decadimento,
siamo incapaci di subire questa prova di giustizia assoluta e che niuno può essere
giustificato davanti a Lui, per delle migliori azioni. Ciò prova in maniera decisiva, non solo che la razza è
gravemente decaduta, ma anche che Dio
non avrebbe del tutto provato Adamo se questi non fosse stato di
gran lunga migliore di noi ed interamente
atto a subire la prova: vale a dire se non fosse stato perfetto. È
in pieno accordo, con questo pensiero, che Iddio propose il giudizio
della Chiesa nel corso di questa èra dell'Evangelo, per accordarle il
premio dell'esistenza spirituale eterna ed il giudizio del mondo
durante l'Èra millenaria perché esso ottenga il premio della
perfezione umana eterna. Ciò perché "Il Padre non giudica alcuno,
ma ha dato tutto il giudicio al Figliuolo"—Giov.
5:22. —
Se, al pari delle
Scritture, noi consideriamo l'uomo nell'intero, nei suoi elementi costitutivi d'ordine mentale morale
e fisico, possiamo comprendere, allora,
che la maledizione, la sentenza di morte,
agì su tutti gli elementi e parti del suo essere. Se consideriamo
il nostro assunto, nell'evolversi attraverso il mondo intero, costateremo
dapertutto la conferma della constatazione. Anche nel deperimento
delle forze fisiche, il punto più debole, in alcuni, è [366] lo stomaco, in altri i
muscoli, in altri ancora le ossa, o qualche altro organo. Così, nel
considerar, l'uomo, nella sua interezza, troviamo,
presso certuni, la più grande perdita, o superiore decadenza, individuabile nella più grande depravazione
d'ordine mentale; presso altri
d'ordine morale; e in altri, ancora, d'ordine fisico. Tuttavia, in massa, sono tarati sotto ogni
aspetto, tutti disperatamente "perduti" sotto la maledizione.
Non può esservi speranza alcuna, per niuno, di potersi giammai liberare,
da solo, dai legami della corruzione, nei quali siamo nati,
così, com'è scritto: Ecco, io sono
stato formato nella iniquità, e la madre mia m'ha concepito nel peccato"—Salmo
51:5. —Questa maledizione della nostra nascita, ci prova che non è un
risultato proveniente dai nostri peccati,
individuli, ma da quelli ereditati e, quindi, una maledizione del
nostro progenitore Adamo, che egli ci ha trasmessa in eredità.
É detto che siamo "nati
morenti" e tutti possono testimoniare quanto
sia vero. Malesseri e deperimenti; mali e dolori; debolezze e
malattie sono gli elementi del processo della morte che agisce in noi. Se l'accecamento non fosse stato aggravato dalle ingannatrici
deformazioni del Piano divino, propagate da Satana, gli uomini
avrebbero visto (e vedrebbero) prontamente, d'ogni parte, le
manifestazioni così probanti della esistenza della maledizione, per
la quale l'Apostolo dichiara: "L'ira di Dio si
rivela dal
cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini, che
soffocano la verità con l'ingiustizia,"
poiché la minima ingiustizia è un peccato (Rom.
1:18). L'Apostolo
non dice che la collera divina sarà rivelata
in una vita futura o nelle fiamme di un tormento eterno, ma
dichiara esattamente che ciò avrà luogo nella vita presente, al tempo
presente, al fine che tutti coloro, i quali hanno gli occhi aperti, possano costatare le vere
conseguenze di questi peccati. L'ira di Dio è rivelata da tutte le targhe
indicanti i gabinetti dei medici i
quali ci parlano delle malattie e della morte, distruttrici della razza.
L'ira di Dio si rivela da ciascuna insegna delle imprese di pompe funebri,
le quali ci ricordano che l'umanità è morente
e che la collera, o maledizione di Dio incombe su la razza.
L'ira di Dio è rivelata da ogni corteo funebre, da ogni bara, [367] da ogni cimitero, da ogni
pietra tombale, da ogni pezzetto di crespo
e bracciali indicatori di lutto. L'ira di Dio non è rivelata solamente contro i peccatori più mostruosi, ma anche
contro ogni ingiustizia, anhe la più
leggiera. Così, nessuno sfugge, poiché non v'è un giusto, neanco uno, e, perciò: sia fanciulli,
che vegliardi, sono assoggetati a questa
"ira," a questa "maledizione."
Il profeta Giobbe, sotto
il peso della maledizione, dell'ira, esclamò: "Oh, volessi tu
nascondermi nel soggiorno dei morti (shéol:
oblio) tenermi occulto fino a che l'ira tua sia passata, (allora) tu mi chiameresti ed io risponderei; tu
brameresti vedere l'opera delle tue mani"—Giobbe 14:13, 15.—Questo
tempo d'ira che, finora, è durato
seimila anni, deve terminare con il gran Giorno
della vendetta in cui la giustizia ordinerà che vi sia un'angoscia supplementare, per l'umanità, perché essa ha
rigettate delle più grandi occasioni e
dei più grandi privilegi ed ha disubbidito alle
leggi di giustizia, della misura in cui la cristianità le aveva distinte.
Perciò questo giorno di Vendetta e di ira speciale aggiunto allo stato di
cose precedenti, è annunziato come dovrà essere: "Un
tempo d'angoscia quale non sene ebbe mai, da quando esistono
nazioni." I santi di Dio sono assicurati che saranno stimati degni d'essere esclusi da questi cataclismi che verranno sul
mondo e di
sussistere davanti al Figliuolo dell'uomo. Essi sfuggiranno a queta
ira generale che si rivelerà dal cielo contro ogni ingiustizia. Essi
partecipano le condizioni del mondo sotto molti a aspetti e, pertanto,
le Scritture stabiliscono la seguente distinzione, chiara e netta;
cioè:
Coloro che accettano Cristo
nel corso di questa età dell'Evangelo e si
consacrano interamente a Lui, sono considerati come essendo passati dalla morte alla vita, come sfuggiti all'ira
ed alla maledizione, "sfuggiti alla
corruzione che è nel mondo" (2 Pietro 1:4; 2:18, 20). Infatti, è
vero che essi sono ancora nel mondo, ancora assogettati
alla morte ed esposti, col mondo, alla malattia, al dolore, alle
sofferenze ed alle tribolazioni, provenienti dalla maledizione e dal punto di vista del mondo non rileva
alcuna differenza; ma dal punto di vista
divino il che deve essere anche quello dei credenti, vi è una grande differenza. In effetti,
coloro non sono [368] più considerati come
sottostanti alla morte, a causa della maledizione o "ira divina,"
ma, dato che essi sono stati giustificati ed in seguito si sono offerti in sacrificio vivente, la
loro morte è considerata come facente parte del sacrificio di Cristo.
Secondo l'espressione dell'Apostolo alla loro morte, essi
sono considerati come morti con Cristo,
partecipanti del Suo sacrificio e non come sottostanti alla morte di Adamo, comune a tutti gli
altri esseri umani. "Se noi siamo
morti con Cristo, crediamo che altresì vivremo
con Lui"—Rom. 6:8.—
Parimenti, la nostra parte
nei torbidi e dolori fisici, provengono dalle debolezze fisiche ecc. Il, Signore ci assicura
che quanto poi, sopraggiunge ai consacrati,
in tali contingenze, Egli lo permette, poiché
vuole che consideriamo ciò, non come delle manifestazioni della Sua ira, ma come dei mali che, nella Sua
saggezza, Suo amore e potenza, Egli li lascia
concorrere al loro bene, disciplinandoli a che sviluppino più abbondantemente in essi il Suo
Spirito e che, finalmente, come Suoi
figliuoli, renderli compiuti e preparati per la gloria, e
l'incorruttibilità, operando in essi i frutti pacifici della giustizia
e pronti a ricevere il sovrabbondante ed eterno peso di gloria (Fil. 2:13; Rom. 2:7; Ebrei 12:11; II Cor.
4:17; II Pietro 1:4-11). In conclusione : questi consacrati camminano per la fede e non per la vista. Apparentemente, i credenti
non hanno niente di più di ciò che ha
il mondo. Infatti, i figliuoli di Dio sembra
che abbiano, a volte, delle difficoltà, delle prove, dei mali, delle pene in più dell'uomo "naturale,"
col quale Iddio non agisce ancora
perché non è (costui) entrato nelle condizioni dell'ad-unamente, o riconciliazione con Lui. Questa superiore
esigenza di fede è, per se stessa, una
benedizione, una disciplina, uno sviluppo di carattere, un buon frutto
dello Spirito.
Purtuttavia, noi
consideriamo il nostro soggetto—la necessità dell'ad-una-mente-dal
punto di vista del mondo in generale, tutta l'umanità. La maledizione, sentenza o verdetto della
legge divina contro ogni imperfezione, è la distruzione. Iddio creò ogni
cosa molto buona e la perfezione è la sola condizione che
possa soddisfarlo in ogni cosa. Il
fatto che, al tempo presente, Egli permette [369] l'esistenza di cose
imperfettedi esseri imperfetti e di condizione imperfetta—non
costituisce una prova che Egli abbia cambiato il Suo
Piano. Tale periodo d'imperfezione è permessa perché la saggezza
divina ha previsto la possibilità di un esito finale glorioso e,
a questo fine, Iddio "opera tutte le cose secondo il consiglio della
propria volontà" (Efes. 1:11). Egli avrebbe potuto, ad esempio,
distruggere Satana al momento in cui divenne un trasgressore
e, così, gli angeli che decaddero e l'uomo stesso, evitando in tal
modo il generamento di una razza imperfetta. Ma, al contrario, nel
Suo Piano, era stabilito di permettere, per un tempo, agl'imperfetti ed ai peccatori di seguire la loro propria via nelle cose che non
potranno disturbare la grandiosa riuscita delle disposizioni divine.
In questo modo, Iddio vuol presentare una illustrazione delle
tendenze degradanti ed avvilenti del peccato, su Satana, sugli angeli
decaduti e sugli uomini.
La caduta dell'umanità per
cui fu sottoposta sotto la giusta condanna di morte, della
distruzione, costituì il risultato indiretto della
mancanza di conoscenza di Eva e dell'inganno consecutivo di
cui essa fu vittima. Questa caduta colpisce, per eredità, molta gente
che non ha ne volontariamente, né intelligentemente, violata la
legge divina. Questo evento permise a Dio di esercitare il suo amore
e la sua clemenza e, incidentalmente, dimostrarci anche come gli attributi divini si manifestano e coordinano la loro azione; poiché
noi non avremmo potuto vedere questa grandiosa manifestazione
del carttere divino, in nessuna altra maniera che possiamo concepire. Entrava, dunque, nei disegni originali del Creatore
di rivelare se stesso e gli attributi del Suo carattere alle Sue
creature—non
solo all'umanità, ma anche agli angeli.—Indubbiamente,
allorché il grandioso Piano di salvezza sarà interamente compiuto,
gli angeli celesti, al pari dei riconciliati col mondo, conosceranno
il carattere di Dio (la Sua saggezza, la Sua giustizia, il
Suo amore e la Sua potenza) ad un grado molto più elevato che fu mai apprezzato dapprima—o avesse potuto esserlo—senza le grandi
lezioni apprese, ora, per il peccato permesso, e la sua redenzione
promessa nel Piano di Dio, per mezzo di Cristo. Quanto,
ora, esposto è fatto comprendere dall'Apostolo Pietro, il [370] quale ci assicura che "gli
Angeli desiderarono guardarvi addentro" —I
Pietro 1:12.—
Come abbiamo visto, la
condanna dell'umanità è assolutamente giusta
e non vi sarebbe potuto essere un ricorso possibile contro la sentenza divina (noi ammettiamo, in effetti, che
Adamo aveva una conoscenza sufficiente
del Suo Creatore per essere edotto che doveva obbedirlo senza alcuna restrizione e, inoltre,
che Iddio aveva giustamente disposto di
riprendere, o togliere, ogni vita che non
sarebbe stata vissuta in armonia nelle Sue giuste e benevoli disposizioni.) Tuttavia, noi possiamo subito
discernere che Iddio avrebbe potuto infliggere
all'uomo una pena differente, anche senza
violare alcuna legge di giustizia. Noi ne abbiamo una prova nella Sua maniera di agire nei riguardi degli angeli
decaduti. Essi non furono colpiti da una
sentenza di morte, ma, al contrario, furono
"serbati in catene eterne, nelle tenebre, in attesa del giudicio del gran giorno"—Giuda
6.—
D'una maniera simile,
Iddio avrebbe potuto permettere all'uomo di vivere seimila anni, dopo il
suo peccato nell'Eden, senza che il suo organismo fisico si
deteriorasse e senza sottoporlo alla sentenza ed
al potere della morte. Così, gli uomini, lo stesso che gli angeli, che non
serbarono la loro origine, avrebbero potuto essere conservati
in vita fino al giudizio del gran giorno, in cui si sarebbe stabilita
definitivamente la loro sorte. Ma Iddio non è limitato nelle
sue azioni. Noi osserviamo, nelia natura, una grande diversità, in
quanto concerne la differenza che esiste fra un fiore da un altro, in
splendore e bellezza, e come una creatura differisce da un'altra. Perciò,
secondo la "infinitamente varia sapienza di Dio" (Efes. 3:10),
Iddio scelse un metodo d'azione verso gli angeli che peccarono ed
un altro verso gli uomini, che erano divenuti dei peccatori.
L'ira divina è dimostrata contro gli uni e contro gli altri—un'ira
d'amore e di giustizia—che
odia e distrugerà ogni peccato e ogni
male e che farà tutto ciò che è possibile in favore dei malvagi, per
far si che divengano leali servitori della giustizia, dopo aver acquisita
una grande esperienza col peccato e colla dirittura ed i loro
rispettivi risultati.
Nei Suoi rapporti con l'uomo,
Iddio scelse di adottare, per la [371] fine definitiva del
peccato e dei peccatori, la distruzione. Cio è attestato dalle differenti dichiarazioni fatte
all'uomo: "l'anima che pecca
sarà quella che morrà"; "il salario del peccato è la morte."
Ciò vuol dire che, nelle sue dichiarazioni, fatte
all'uomo, Iddio si limita a stabilire la legge generale seguente, che ben
presto sarà la regola assoluta in
tutto il Suo imperotutta
la creazione. Tutto ciò
che non è perfetto sarà distrutto e, solo quanto è perfetto, assolutamente
perfetto, e interamente in armonia con la Sua volontà
ed i Suoi disegni, continuerà ad esistere per sempre: poiché la
perfezione sarà la benedizione per l'essere perfetto, un onore per
il Creatore ed un vantaggio benedetto per tutte le creature.
L'uomo, dunque, è stato un
esempio dell'applicazione di tal principio,
in modo che ogni membro della famiglia umana è stato falciato dalla morte ("la morte è passata su
tutti gli uomini"). Frattanto, il disegno di Dio, nel servirsi così
dell'umanità, onde illustrare la severità della
giustizia, nell'estirpare il male, non persegue lo scopo di far soffrire
l'umanità, poiché è stata adoperata, per
servire d'esempio. Al contrario, secondo le disposizioni divine, l'umanità avrà u, a parte della misericordia, del
favore e dell'amore divino, così gran, da
non essere paragonabili a quelle concesse ad
altre creature, di Dio. Per tal ragione, al tempo convenevole, Iddio
provvide ai. Redenzione per tutti e completamente adattata alla
necessità della situzione, al fine che, se per la disubbidienza di
un solo uomo (Adamo), molti sono stati costituiti peccatori, anche, per
l'obbedienza, di un solo (Gesù) quei molti saranno costituiti
giusti —
Rom. 5:19.
Questo testo non dice che
quei molti devono divenire giusti durante
questa Età dell'Evangelo, ma, al contrario, le Scritture dichiarano che vi sarà solo "un piccolo gregge"
che diverrà giusto durante
il presente mondo malvagio. Solo costoro, che sono specialmente attirati dal Padre, e chiamati all'alto
appello di coeredità; col Figliuolo. I1 resto
dell'umanità non sarà nemmeno chiamato o
attirato, prima che il Cristo (Capo e corpo) sia stato innalzato, contemporaneamente, nelle sofferenze e nella gloria,
secondo la dichiarazione di nostro
Signore Gesù stesso: "Io, quando sarò innalzato dalla terra, trarrò tutti a me (Giov.
6:44, 12:32).
[372]
Questa attrazione generale avrà luogo nell'Età
millenaria, non nelle Età presente e passata. Non sarà l'attrazione
di qualcuno o di una classe, né d'una nazione, come nel passato,
ma l'attrazione di tutta l'umanità riscattata
dal Suo prezioso sangue.
Purtuttavia, questa attrazione non sarà una
costrizione, poiché, se nell'Età attuale, è possibile resistere
all'attrazione del Padre — di sorta
che molti sono i chiamati e pochi saranno gli eletti — così sarà
possibile di resistere all'attrazione di Cristo, nell'Età a venire. In ogni
caso, le Scritture ci assicurano che la via sarà evidente e le condizioni così ragionevoli
che solo coloro che prediliggono il peccato
e lo scelgono deliberatamente, dopo essere venuti alla conoscenza
della giustizia e della verità, saranno fra gli avversarii di
questo grande Profeta ed Egli li distruggerà nella Seconda Morte — Atti 3:23.
Se noi consideriamo le operazioni di Dio, verso gli
esseri umani, alla data dell'Età millenaria, comprenderemo che non
v'è alcun atto malevole da parte di Dio verso l'umanità. Lungi
da ciò! L'esecuzione della pena suprema della legge di Dio
verso l'umanità,, accompagnata—come lo fu—dall'opera di
misericordia divina espletata da Cristo, nel riscatto e nella restaurazione,
è stata realmente una grande benedizione. Ma noi non possiamo
vedere queste cose che, solo, nel
considerarle in questa maniera. Allora, noi comprendiamo, non solo le sofferenze, il tormento, il dolore ed i
pianti del tempo presente — giusto
castigo della trasgressione e sua conseguenza naturale —
ma vediamo, anche, la redenzione
dell'uomo, che lo libera dal
peccato e dalla sua maledizione: redenzione acquisita al Calvario, dal
Redentore, il quale la porrà in applicazione più tardi, essendo la
Chiesa, scelta durante questa Età
dell'Evangelo, secondo il programma divino, per essere la Sua
Sposa e coerede nel Regno.
Severa, come è stata la morte, la condanna che ha
colpito il peccato di Adamo (compreso tutti i dolori, le
afflizioni e le sofferenze di questa condizione morente, durante il corso
di seimila anni), noi crediamo, tuttavia che la condizione
dell'uomo è stata più favorevole di quella degli angeli che
s'allontanarono dalla loro primiera condizione. In effetti, essi non furono
condannati a morte [373] e, di conseguenza, non perdettero la loro energia
vitale nella morte, né subirono l'esperienza delle malattie e dei
dolori, ma furono semplicemente incatenati, cioè ristretti, nella
loro libertà e privati della comunione dei Santi. Se l'uomo fosse stato
trattato nella stessa maniera di questi angeli decaduti, e lasciato in
possesso delle sue libertà sulla terra, eccetera, noi ci
possiamo immaginare qual terribile stato di cose regnerebbe attualmente.
Il male sarebbe andato aumentando, senza alcun freno le capacità e le
furberie che l’uomo avrebbe impiegate a mal fare avrebbero
accresciute le afflizioni terrene. Persino nelle condizioni attuali,
possiamo costatare che, pur essendo tanto breve la vita
dell'uomo, gli è lo stesso sufficiente a sviluppare un sorprendente
genio d'egoismo ed una meravigliosa saggezza, per raggiungere
situazioni più elevate e per opprimere i suoi simili. Quando noi
consideriamo che molti, fra i milionarii dei nostri giorni, furono, da
ragazzi, di misere condizioni finanziarie e, in meno di cinquant'anni,
sono riusciti ad accumulare cento o duecento milioni di dollari, che
avremmo dovuto
attenderci da tali genii, se avessero potuto trafficare lungo il corso
dei secoli? Un tal stato di fatti, spinto fino al suo sviluppo logico,
senza dubbio, avrebbe condotto alla schiavitù ed alla completa
degradazione ed abrutimente una grande parte della famiglia umana, al
solo beneficio di pochi esseri, pervenuti a divenire padroni
con la furberia e la cupidigia.
Nel considerare le cose sotto questi punti di vista,
i nostri cuori rivolgono a Dio pensieri i di riconoscenza per la forma di
"maledizione" o
sentenza, adoperata per noi dall'Eterno, cioè la morte graduale:
"morente, morrai." E, se, attendendo, le nostre esperienze, come
razza, hanno costituito una lezione di particolarità, non solo
utili a noi stessi, ma anche per i santi e gli angeli decaduti, noi
possiamo gioirne ancora dippiù. Per quanto possiamo saperne, è assai
probabile che Iddio voglia far servire questa unica grande lezione in altri
mondi a degli esseri sensitivi, non ancora creati, per mostrar
loro quanto sia esecrabile il peccato e quali sono gl'inevitabili
risultati. Chi sa, se in un lontanissimo futuro, Iddio non si servirà
d'istruttori di giustizia, scelti fra gli esseri umani riscattati e
restaurati, che avranno avuto una esperienze reale del peccato [374] e saranno capaci di parlare per esperienza a dei
miliardi di esseri, ancora non creati presentemente, onde preservarli dalla
più leggiera disubbidienza alla volontà divina?
Il principio che consiste a dirigere lo sviluppo di uno
stato di cose detestabili, per convertirlo in benedizioni, è
ammirevolmente illustrato da Israele, nazione scelta fra le altre nazioni,
che servì come popolo tipico di Dio. Il Patto della Legge da tale
che pareva essere per loro di vantaggio, fu invece una seconda
prova il cui fallimento apportò loro una seconda condanna,
lasciandoli, in apparenza, più completamente condannati del
restante degli esseri umani, che, in effetti, secondo le disposizioni
divine contenute nel suo Patto con Abrahamo, dovevano essere giustifiati
per la fede, poiché niuno poteva essere
giustificato per le opere della Legge. Il Patto d'Israele esigeva
delle opere perfette. Gl'Israeliti, essendo incapaci, per le debolezze
ereditarie della carne, di compiere delle opere
perfette, caddero sotto il colpo della"maledizione" o sentenza
di morte del loro Patto. Così, questo Patto, che fu stabilito per
condurre alla vita (il cui scopo era di dare la vita eterna), risultò
condurre alla morte (Rom.
7:9-14). Iddio si servi, così, d'Israele, come un popolo — tipo, come d'un esempio per
mostrare che niun uomo
imperfetto può osservare la Legge perfetta
di Dio. Egli
non permise, tuttavia, quest'impiego, questa destinazione speciale
del popolo ebreo che lo conduceva alla sua condanna, costituire la sua eterna rovina. Per tal ragione, i piani divini furono disposti,
in tal maniera, che lo stesso sacrificio di Cristo, che riscattava
tutta la razza d'Adamo, riscattasse anche la sola nazione, specialmente
condannata (Rom. 2:11-13; 3:19-23). Fu a tal scopo
che nostro Signore nacque sotto il Patto della Legge, onde potesse
riscattare, con lo stesso sacrificio, coloro che erano stati condannati
sotto questa Legge e l'intera umanità, condannata, originalmente,
nella persona di Adamo — Gal.
4:4, 5.
Noi rileviamo, dunque, che la necessità della
riconciliazione, fra Dio e l'uomo, la necessità
della loro unione (ad-una-mente), risiede nel fatto che Iddio
stesso è la fonte di vita e che se qualsiasi delle sue
creature deve gioire della vita eterna, deve essere considerato
quale dono di Dio.
"Il dono di Dio, è
la vita eterna in [375] Cristo Gesù, nostro Signore" (Rom. 6:23).
Conformemente ai principii del governo e della legge di Dio, Egli non
può ammettere il peccato, in alcuna maniera (Hab. 1:13) . Egli non
può perdonare il peccato, né ammeterne la necessità, in
niuna maniera. Perfetto Egli stesso, ha decretato che niun essere imperfetto sarà riconosciuto
qual Suo figliuolo: poiché è solo ai figliuoli che sarà data la vita
eterna. Così, l'uomo, in ragione della sua caduta, non solo
è sotto la sentenza di morte, ma s'è anche insozzato, degradato e depravato, cancellando largamente la rassomiglianza divina del
suo spirito e della sua coscienza. Perciò la solo speranza di vita
eterna risiede in qualche potere, o via, o agente, per cui due mezzi
possono rendersi atti: (1) Liberare l'umanità dalla sentenza di morte, inflitta dalla
Giustizia; (2) staccare l'umanità dalla degradazione del peccato e dalla depravazione, riportandola alle condizioni
di santità e perfezione assoluta dalle quali l'uomo cadde. Se
questi rimedii possono essere realizzati allora si può nutrire la speranza. Se niuno d'essi non possono essere realizzati, l'uomo
non può avere la minima speranza della vita eterna. È inutile che noi
cerchiamo aiuto nell'ambito della famiglia umana decaduta, poiché,
per quanto certuni siano meno decaduti degli altri, meno depravati, tutti
hanno peccato, tutti sono privi della gloria di Dio. Se
vi fosse un solo giusto egli potrebbe in effetti dare un riscatto per
il suo fratello (per Adamo e per tutti i trasgressori, condannati per
lui) e così, per le disposizioni divine, potrebbe salvare la sua razza
dalla sentenza; ma una tale persona non potrebbe essere trovata.
"Non v'è alcun giusto, neppure uno"— Salmo 49:7; Romani 3:10, 23.
Iddio, nella Sua saggezza aveva preveduto tutto ciò e,
quindi, aveva provveduto a tutto, avanti dell'inizio della creazione dell'umanità e, al tempo
convenevole, manifestò il suo Piano per la restaurazione
dell'uomo, per liberarlo delle macchie e dalla condanna,
nonché dalla depravazione. Al momento che non v'era alcun
sguardo di compassione, né alcun braccio per salvare, allora, il
braccio di Dio si tese per apportare la salvezza. Il braccio (il potere),
che fu rivelato e teso dall'alto, dei cieli, per aiutare l'uomo ad
uscire dall'orribile fossa della morte, e dal fango del peccato [376] e della depravazione, fu nostro Signore Gesù (Salmo
40:2, Isaia 53:1). Per mezzo
suo Iddio vuol compiere ciò che ha dichiarato, così:
(1) Il riscatto dell'umanità, che la libera dal potere
del sepolcro, dalla sentenza di morte, dalla "maledizione,"
dall' "ira," che ancora
pesa sul mondo. Questo riscatto è stato realizzato dalla morte di
nostro Signore Gesù Cristo: la
giustizia è stata pienamente soddisfatta e l'intera
umanità è considerata come divenuta proprietà di nostro Signore
Gesù Cristo, che l'ha riscattata e pagata col suo
sangue prezioso.
(2) L'elezione d'un "piccolo gregge" fra gli
esseri umani riscattati. I membri di questo piccolo gregge divengono
eredi con Cristo, poiché si sono interamente sacrificati per
Lui e per la Sua causa. Essi sono considerati da Dio,
quali partecipanti alle sofferenze ed al sacrificio di Gesù
e sarà loro accordato una parte alla gloria
celeste ed all'opera futura, la quale deve benedire il mondo: opera che
è il frutto, o risultato, del sacrificio di Cristo.
(3) L'Opera di restaurazione, che deve essere compiuta
dal Grande Redentore e dalla sua coerede, la Sua Chiesa, la
Sua Sposa, durante "il tempo della restaurazione di
tutte le cose di cui Iddio ha parlato per bocca dei Suoi santi
profeti che sono stati fin dal principio" (Atti 3:19-21). Allorché
i malvagi coscienti e testardi, che rigettano la grazia e misericordia
divina, sotto le condizioni del Nuovo Patto, saranno stati distrutti dal
Grande Mediatore, Cristo, e che gli altri esseri umani,
riscattati, saranno stati rimessi nelle mani del Padre celeste, perfetti
e completi, interamente restaurati, alla Sua
simiglianza, per la più completa conoscenza di Lui, della
giustizia e del peccato, grazie alle esperienze del
presente regno del peccato, così bene che sotto il regno della
giustizia, durante il tempo della restaurazione, allora la grande opera
dell'ad-una-mente sarà terminata, vale a dire che non vi potranno
essere delle benedizioni degli esseri umani senza ricondurli in
armonia assoluta con il loro Creatore, e che per ottenere una tale
riconciliazione necessita, innazitutto, una redenzione del peccatore — il
pagamento della sua pena. Poiché bisogna che Iddio [377] sia giusto e giustificante i peccatori, altrimenti
Egli non li giustificherà giammai — Rom. 3:26.
In considerazione di quanto precedentemetne esposto, noi rileviamo
chiaramente che il numero degli uomini riconciliati dal
sacrificio di nostro Signore,
per i peccati (l'abrogazione legale e generale
della "maledizione") non ancora è terminato. Nulla ci permette
di precisare il numero di coloro i quali, nell'obbedire per
fede, saranno effettivamente liberati dal peccato e dalla sua maledizione ed addiverranno ad-una-mente col padre, ponendo a profitto
le cocasioni offerte dal nostro beneamato Redentore. Nulla nelle
disposizioni divine, né altrove, varrebbe a giustificare l'uomo
della credenza, secondo la quale, il favore divino e la vita eterna
per Cristo potrebbero essere ottenute per mezzo d'altri, che non
per coloro i quali saranno rientrati in perfetta armonia di cuore
con Dio e tutte le sue leggi di giustizia. Noi ci rallegriamo, tuttavia,
di sapere che la conoscenza della grazia di Dio e di altre occasioni
ben migliori di quelle attualmente godute dal mondo, saranno offerte, al "proprio tempo" da Dio, ad ogni creatura —
1 Tim. 2:6.
A Dio, Spirito e Verità
tempio sacro è l'universo
Vi splende, perenne, il gran luminare.
I monti, colonne; arcate le sfere.
I canti più belli, le umane preghiere.
Ed il sol Sacerdote
è Cristo Gesù. |