Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
15
LA BASE
PER L'AD-UNA-MENTE:
UN
RISCATTO PER TUTTI
"Poiché v'è un solo
Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso
qual prezzo di riscatto per tutti, fatto che
doveva essere attestato a suo tempo" —I
Tim. 2:5, 6.—
[378]
L'AD-UNA-MENTE fra Dio e
gli uomini dipendeva interamente
dalla presentazione d'un sacrificio accettevole, per tutti i peccati dell'uomo. Salvo che la sentenza divina non
fosse stata annullata, essa avrebbe
costituito un perpetuo ostacolo, impedendo la restaurazione dell'uomo, o
il ripristino del favore divino, nella comunione
con Lui ed alla vita eterna. Nei termini della legge divina, Iddio non poteva dir altro all'uomo che:
"Tu sei un peccatore e, per la tua
volontaria trasgressione, ti sei procurata questa afflizione. Io ho pronunziato in tutta giustizia la
sentenza di morte contro di te e non posso
abrogarla, senza violare la mia giustizia, che costituisce il fondamento stesso del mio trono e
del mio Regno (Salmo 89:14). In conseguenza, la tua condanna deve durare
per sempre, e deve essere subita da te, salvo che un
sostituto accettevole possa prendere il
tuo posto, per subirla.
Noi abbiamo acclarato
dettagliatamente che la pena, o la sentenza
di morte, pronunziata contro l'umanità, non era la tortura eterna, ma, come espose chiaramente e nettamente il
Creatore ad Adamo, era la morte.
Supporre che fosse un'altra qualsiasi punizione—e non la morte—implicherebbe supporre che
Iddio abbia agito scorrettamente verso
Adamo ed Eva: cioè che li avesse male
avvisati e, quindi, ingannati. Noi abbiamo anche rilevato che una condanna a morte era una giusta sentenza
contro il peccato, e che la vita, dono
condizionato, il Creatore era perfettamente
in diritto di riprenderla. Non occorre del resto possedere una speciale intelligenza per discernere che
l'infliggere un'eternità di
torture a padre Adamo, non sarebbe stato un giusto castigo per aver mangiato un frutto proibitogli, anche se
tale infrazione [379] fosse stata commessa con tutta la colpevolezza, ostinazione
e proposito. Inoltre, non
sarebbe stato giusto di aver permesso che simile sentenza di torture
eterne si ripercuotesse sugli innumerevoli milioni
d'esseri della posterità adamica. Ciascuno può comprendere, in compenso, che la sentenza di morte,
corredata dal terribile corteggio di
malattie, sofferenze e maledizioni che si abbatterono su Adamo, il padre, e da lui tramandate
alla sua progenie (poiché, da una
fonte impura, non può certo sgorgare un'acqua pura) possa costituire una
giusta e ragionevole punizione—una
sentenza divina o condanna di fronte alla quale ogni bocca deve
restare chiusa; tutti devono convenire che è stata emanata con giustizia,
permeata dalla severità e bontà di Dio.—
Edotti in maniera precisa
dell'essenza della condanna pronunziata
contro il peccato, noi possiamo agevolmente comprendere ciò che occorre alla giustizia di esigere quale pagamento
di tale condanna, prima che la
"maledizione" possa esser tolta ed il colpevole liberato dalla grande prigione della morte
(Isaia 61:1). La sentenza non fu
pronunziata perché tutta la razza umana peccò,
ma solo perché un uomo peccò, Adamo, e, indirettamente, si riversò, per
eredità, da lui, su tutta la razza, quindi, in pieno accordo con tali
fatti, la Giustizia non può esigere che un prezzo corrispondente
e, perciò, essa chiede la vita d'un altro uomo, al posto di quella d'Adamo, prima di liberare lui e la
sua razza. Pagato il prezzo di questa
condanna, tutto sarà pagato; un solo sacrificio per tutti, come
un sol peccato conglobava tutti. Noi abbiamo già visto che il
perfetto Adamo, il trasgressore che fu condannato,
non era né un angelo, né un arcangelo, né un dio, ma un uomo, di natura un pò inferiore a quella degli
angeli. La più stretta giustizia non
poteva, dunque, esigere, da colui che avrebbe
voluto sostituirsi ad Adamo, che la stessa natura, le stesse qualità, la stessa perfezione, cioè che
fosse un uomo perfetto e libero dalla condanna
divina. Noi abbiamo visto che niun essere simile poteva trovarsi fra gli uomini, essendo tutti
della razza di Adamo e partecipanti, per
ereditarietà, alla sua condanna ed alla sua
degradazione. Perciò fu necessario che un essere dei luoghi celesti, di natura spirituale, prendesse la natura
umana e si offrisse, [380] quindi, in sostituzione, a riscatto per Adamo e tutti coloro i quali hanno perduta la vita a causa sua.
Fra gli angeli che avevano
conservato il loro stato primiero e la fedeltà verso Iddio, senza dubbio se ne sarebbero
potuto trovare parecchi che, con gioia,
si sarebbero adoperati a compiere la volontà
del Padre e divenire il prezzo del riscatto, ma tal opera costituiva la più grande messa in prova, il più
severo esame al quale la fedeltà a Dio
poteva sottometterli, per cui, colui che avrebbe
manifestato così la sua devozione, fedeltà e fede, sarebbe stato degno di occupare la più alta posizione, fra
tutti i figliuoli angelici di Dio, ed al sopra
degli angeli, principati e potenze e di tutto
quello che si nomina. Inoltre sarebbe entrato, nei disegni di Dio, in questa occasione, per dimostrare che chiunque
cerca le proprie egoistiche ambizioni
(come fece Satana), sarà abbassato ed
avvilito, mentre chiunque si umilierà al massimo punto, per obbedire alla volontà ed al Piano del Padre celeste,
sarà innalzato in conseguenza. Iddio
dispose il Suo Piano in maniera che questa condizione costituisse una necessità, per la quale
questa manifestazione di simpatia e d'amor
divino per il mondo, divenisse anche una occasione per il Suo diletto Unigenito—che
Egli si compiaceva di onorareatta a dimostrargli
il suo amore, l'umiltà e l'ubbidienza.
Come abbiamo visto, nostro
Signore Gesù (che, nella sua condizione
preumana, riconosciamo come l'arcangelo più elevato, o principale messaggiero, il Logos, l'Unigenito del
Padre, ripieno di grazia e verità) era
stato, fino ad allora, l'agente di Jehovah in tutta l'opera della creazione. Essendo stato il
primo generato, egli era stato col Padre fin
da prima della creazione di tutti gli altri,
l'aveva conosciuto intimamente, aveva contemplata la sua gloria ed era
stato il canale della Sua potenza. Stante che nostro Signore era diggià il primo, il più elevato nel
Regno celeste, dopo il Padre, l'Apostolo ci
rende edotti che questa opera di redenzione—questo
privilegio di eseguire la volontà divina nei riguardi dell'uomo—gli fu data quale attestato della speciale fiducia e
come favore a causa degli onori
che, secondo la legge divina, avrebbero dovuto essere accordati a colui il
quale avrebbe dato prova di una così
grande obbedienza, d'una così grande umiltà, d'un tanto [381]eccelso sacrificio (Matt.
23:12; Giacomo 4:10; 1 Pietro 5:6).
Confidando nel Figliuolo,
e desiderando che pervenisse alla più alta
elevazione che sarebbe risultata da questa fedeltà, il Padre diede la prima occasione a colui che, lungo tutto il passato, godeva la
preminenza nel Piano divino, al fine che avesse potuto continuare
ad essere il preminente "onde in ogni cosa abbia il primato, poiché
in lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza e
di riconciliare con se tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatta la
pace mediante il sangue della croce d'esso; per mezzo di lui, dico, tanto
le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli (gli
uomini decaduti e gli angeli decaduti, ricoprendo e riconciliando tutti coloro entro questi, allorché sarà loro offerta un'occasione
completa per rientrare nella grazia divina) "
—Col. 1:18-20.—
La scelta d'un essere—spirito
a divenire il Redentore dell'uomo non
implica che fosse necessario il sacrificio dell'esistenza d'un essere—spirito qual prezzo della redenzione d'un essere
terreno. Al contrario, la Giustizia
divina non poteva accettare più il sacrificio
d'un essere spirituale, per l'uomo, come non poteva accettare quello
dei tori e dei becchi, quale prezzo di riscatto. Del resto il sangue
dei tori e dei becchi non poteva giammai togliere il peccato,
poiché questi animali erano d'una natura inferiore e così la morte di un angelo o di un arcangelo non avrebbe giammai potuto riscattare
il peccato di Adamo, né divenire per lui un sacrificio di riconciliazione
convenevole, poiché essi non erano della stessa natura. Era la vita dell'uomo
che era stata perduta a causa del
peccato, e solo la vita d'un uomo
poteva essere accettata quale prezzo
della redenzione, o prezzo di riscatto. Per tal ragione, fu necessario
che nostro Signore lasciasse la gloria della sua condizione preumana, sumiliasse e divenisse un uomo, poiché, solo divenendo
un uomo, Egli poteva dare il prezzo del suo riscatto.
Nel mostrarci che nostro
Signore si umiliò, nell'abbandonare la sua
natura spirituale superiore, per prendere la natura umana, inferiore, le Scritture non indicano in niun
passaggio che ciò costituisse
un'offerta per il peccato. Al contrario Egli si umiliò a tal punto, per
divenire l'offerta per il peccato e pagare il prezzo del nostro riscatto.
L'Apostolo indica chiaramente ciò, nel
dire: [382]
"Certo egli non viene
in aiuto ad angeli, ma viene in aiuto alla progenie d'Abrahamo." Poiché i figliuoli di cui
Iddio aveva preveduta e decisa la redenzione,
o liberazione dalla schiavitù del peccato e della corruzione, erano fatti
di carne e di sangue, "anch'Egli
vi ha similmente partecipato (al sangue ed alla carne, la natura umana),
affinché, mediante la morte, distruggesse colui che aveva l'impero della morte, cioè il diavolo"
e li liberasse (Ebrei
2:14, 16). Più esplicitamente, ancora, dice: "Infatti, poiché per
mezzo d'un uomo
è venuta la morte, così anche per mezzo di un
uomo è venuta la
risurrezione dei morti" (I Cor. 15:21). L'apostolo
Giovanni testimonia analogamente, in questi termini: "La Parola fu fatta carne" (Giov. 1:14).
Nostro Signore Gesù lo confermò,
allorché, venuto nel mondo e, pervenuto all'età virile, disse: "Iddio non ha mandato il suo Figliuolo nel mondo, per giudicare
il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Giov. 3:17). Egli non dà ad intendere che il mondo sia già stato
salvato, né che qualche cosa fosse già stata fatta per la salvezza
del mondo, puntualizza solo l'invio
di colui che, per mezzo
del sacrificio personale, avrebbe riscattato il mondo. La prima tappa del compimento, della sua missione fu indicata da nostro
Signore, con queste sue parole: "Il Figliuolo dell'uomo non è venuto
per essere servito, ma per servire (gli altri) e per dare la
vita sua come prezzo di riscatto per molti" (Marco: 10:45). Quì, abbiamo la prova positiva che Egli, nell'abbandonare la gloria,
che aveva presso il Padre, prima che il mondo fosse e, cambiando
la natura superiore per la natura umana, non aveva, in quel momento, data ancora la sua vita in riscatto, ma aveva semplicemente
fatti i preparativi necessarii per quest'opera che era sul
punto di compiere. Ciò, in effetti, è confermato, nel rilevare che, dopo essere pervenuto all'età virile, stabilita dalla Legge, appena
ebbe trent'anni, Egli si presentò subito in sacrificio vivente, consacrando
la sua vita, deponendola—come
lo rappresentò—con la
sua immersione simbolica, effettuatagli da Giovanni, nel Giordano.
Ivi, fu adempiuta, come
l'Apostolo dimostra, la profezia del tempo: "Ecco, io vengo (sta
scritto di me nel rotolo del libro) [383] a far, Dio mio, la tua
volontà." Egli era venuto per fare la volontà di
Dio; per offrire il sacrificio per i peccati e, quindi, non l'aveva fatto
innanzi. In questo atto di consacrazione, Egli presentava se stesso in sacrificio vivente, al servizio di Dio,
anche sino alla morte. Ravvisate che—da
allora—secondo l'Apostolo, furono aboliti i sacrificii—tipo,
di cui al Patto della Legge, onde poter stabilire
il secondo, l'antitipo, il sacrificio reale per i peccati, la Sua morte (e quella dei suoi membri) al fine di
sigillare il Nuovo Patto fra Dio e gli uomini,
per mezzo suo, quale Mediatore del Nuovo
Patto. Il nostro testo ci dice la stessa cosa: che fu "l'uomo Cristo Gesù che diede se stesso in riscatto per tutti," e non il Logos pre—umano.
LA
PRIMA TAPPA DEL PROGRAMMA
L'Apostolo (Eb. 2:5-9), passando
in rassegna il Piano di Dio, pone
in risalto le promesse divine della restaurazione umana e cita il profeta Davide (Sal. 8:4-8), nel dichiarare che il Piano divina si prefigge la perfezione del genere umano, quale
padrone della terra, per governarla con
le sue creature, in armonia con le leggi del
divin Creatore, e aggiunge: "Noi non vediamo ancora che tutte le cose gli siano sottoposte (all'uomo come
indica la profezia)." Noi non
vediamo ancora l'uomo all'immagine di Dio e padrone della terra, ma vediamo bene la prima tappa
di questo programma, cioè: "Vediamo
Gesù, che è stato fatto un pò meno degli angeli, a causa della passione della morte,
coronato di gloria e d'onore (perfezione
della natura umana), in modo che per la grazia di Dio,
gustasse la morte per ciascuno (rendendo
così possibile la restaurazione umana)." Noi vediamo l'opera della salvezza
dell'uomo così cominciata da Jehovah, che provvide al prezzo
d'un riscatto appropriato per la nostra redenzione e trovò un essere la cui gloria, l'onore, e la perfezione umana assoluta, erano
in tutto simili a quelle del primo Adamo. A tal fine e scopo, quest'essere
aveva abbandonate le glorie d'una natura superiore ed era stato fatto inferiore agli Angeli, benché, anteriormente, possedeva
una natura superiore alla loro. Noi lo individuiamo, scelto,
nel disegno di "gustare la morte per tutti." Rileviamo che [384]
prese la natura
umana "per la passione
della morte," la stessa punizione
che era applicata alla nostra razza. Nel costatare tutto ciò, noi possiamo gioire pienamente che il
misericordioso disegno del nostro Padre celeste, vertente ad assicurarci
il nostro riscatto la nostra restaurazione,
nonché la nostra piena riconciliazione con
Lui, siano state sufficientemente stabilite e su un piano di giustizia
assoluta, tale da permettere a Dio d'essere giusto, nel giustificare coloro i quali credono in Gesù. Il
sacrificio che nostro Signore Gesù compì così
per il peccato dell'uomo non fu un sacrificio
spirituale, che non sarebbe stato appropriato, né accettevole, perché non sarebbe stato "un prezzo corrispondente,"
cioè sotto ogni aspetto il prezzo
esatto del riscatto di Adamo.
IL
SIGNIFICATO DI "RISCATTO" E DI "REDENZIONE"
Quanto abbiamo esposto
c'induce ad esaminare il termine riscatto, il quale,
nel Nuovo Testamento, ha un senso ben limitato e definito.
Esso è citato due volte: la prima, nella descrizione fatta da nostro Signore, circa l'opera ch'Egli compiva; la
seconda, in quella fatta dall'Apostolo,
circa l'opera compiuta il nostro testo.—L'espressione greca, adoperata da nostro Signore, è lutron-anti, che significa "un prezzo
in compenso, o prezzo corrispondente." Perciò, nostro Signore dichiarò: "Il Figliuolo dell'uomo è
venuto per
. . . dare
la vita sua come prezzo di riscatto (lutron—anti—un
prezzo che corrisponde a) per molti" (Marco 10:45). L'Apostolo
Paolo impiega gli stessi termini, ma li dispone differentemente,
cioè, così, anti-lutron "un prezzo corrispondente"
e dice: "Cristo Gesù Uomo il quale diede se stesso qual
prezzo di riscatto (anti—lutron—prezzo
corrispondente) per tutti; fatto che doveva
essere testimoniato a suo tempo"—I Tim. 2:6.—
Non si può cavillare, o
sofisticare, sul senso di questi testi. Solo alterando o falsando la
Parola di Dio, si potrà giungere ad essere offuscati
al punto di non percepire la forza del senso reale della testimonianza del Signore, rispetto all'Opera che è
stata compiuta dal nostro grande
Mediatore. Più noi concentriamo la nostra attenzione,
sul significato del riscatto o "prezzo
corrispondente," più
questa nozione ci appare possente ed irradia di luce l'intera [385] opera dell' Ad-una-mente. I1
pensiero, il solo pensiero che essa racchiude, indica che, come Adamo nel
disubbidire, perdette la sua esistenza, la sua
anima e tutti i suoi diritti alla vita e alla terra, così Cristo Gesù, nostro Signore, mediante la sua
morte, qual "prezzo corrispondente," pagò il valore esatto dell'esistenza, o anima, d'Adamo, il padre e, con ciò, l'esistenza di
tutta la sua posterità, d'ogni anima
umana, tutte partecipanti alla caduta ed alla
perdita di Adamo (Rom. 5:12).
Questo stesso pensiero è
espresso esaurientemente in molti altri passaggi
delle Scritture, che parlano dell'opera di nostro Signore in riferimento al riscatto, compera eccetera. Noi
abbiamo diretta l'attenzione specialmente
sul termine "riscatto" —anti—lutron—
perché
esso esprime il concetto, nella forma più pura e più chiara. I termini "riscattare," "riscattato,"
"redentore," e "redenzione" racchiudono bene il concetto di pagamento d'un prezzo,
ma contemporaneamente della
concessione di libertà, o liberazione di
coloro per i quali fu pagato detto prezzo. Perciò, questi termini, sia nell'originale, che nelle altre lingue, sono
spesso adoperati per indicare il sacrificio, o
il dono del prezzo della redenzione e, altre volte, alla concessione della libertà dei riscattati,
ossia la loro liberazione. I numerosi
nemici della dottrina concernente il riscatto,
capitanati da Satana,
s'adoperano con gran furberia, spesso, a distogliere
l'attenzione del prezzo dato per liberare l'uomo dalla maledizione
della morte: essi indicano taluni testi delle Scritture, nei
quali i termini "riscattare" e "redenzione" sono
applicati semplicemente
rispetto alla liberazione completa dell'umanità dai legami
della morte. Nell'attirare l'attenzione sulla liberazione e "falsificando la Parola di Dio," essi si sforzano d'oscurare lo
stato di fatto per cui
liberazione futura e tutte le benedizioni attuali ed a venire, accordate all'umanità per la grazia divina, provengono dal
Figliuolo e mediante il sacrificio di se stesso per il riscatto,
che Egli
compì in nostro favore e che fu "compiuto" sul Calvario—Giov.
19:30.—
I traduttori della
versione comune inglese, a lor insaputa, hanno aiutato questi avversarii del riscatto, servendosi
del termine "riscattare"
traducendolo con termini greci i cui significati sono [386] considerevolmente
differenti. Affinché il lettore possa aver lo spirito chiaramente illuminato su tal soggetto,
citeremo quì tutti i diversi termini greci,
resi per "riscattare," "riscattato," e "redenzione"
e, dopo ciascuno, daremo la definizione fornita dall'erudito lessicografo, il Prof. Young, nella sua "Analytical Concordance":
ll termine "riscattare"
talvolta è impiegato per tradurre quello greco agorazo. Il Prof. Young lo definisce così "acquistare
al foro," che, ancora più
letteralmente significherebbe comprare al mercato pubblico, poiché la radice del termine, agora significa piazza del mercato ed è adoperata così numerose volte nelle Scritture: Matteo 20:3; Marco 12:38; Luca 7:32; Atti
16:19. Gli esempii, che seguono, sono
tutti quelli, nei quali il termine agorazo è tradotto
per "riscattato," nel Nuovo Testamento:
"Tu sei stato immolato
ed hai comprato (riscattato) a Dio col tuo
sangue" Apoc. 5:9.
"Nessuno poteva imparare
il cantico se non quei centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra"—Apoc.
14:3.
"Essi sono stati riscattati di
fra gli uomini per essere primizie a Dio
ed all'Agnello"
—Apoc.
14:4.—
ln ciascuno di questi casi,
il concetto intrinseco è quello di una compera pubblica e tutti gli altri
impieghi del termine agorazo, in tutto il Nuovo Testamento, sostengono tenacemente
questo senso di netto carettere commerciale e, per ben trentuno volte. Nei
tre esempii sopracitati, è tradotto per riscattato, in
tredici per comprato,
e, in altri quindici casi, per comprare.
Noi richiamiamo, specialmente,
l'attenzione sulla sua significazione, rispetto alla tendenza
di voler negare che vi fu una compera della nostra razza, effettuata
con un prezzo,
dato per ottenere la liberazione
dell'uomo dalla "maledizione"; e ciò perché detta tendenza
predomina, s'ingrandisce e
sovverte la "vera fede una volta per sempre tramandata
ai santi."
Un altro termine tradotto
per "riscattare," "riscattato," e "redenzione, è imparentato ad agorazo, con l'aggiunta del prefisso, ex, che significa al
di fuori, cioè exagorazo. I1 Prof. Young ne
dà la seguente definizione: comprare
pubblicamente e prendere
[387] possesso di. Le solo volte che
questo termine è impiegato nel Nuovo Testamento, sono le seguenti:
"Cristo ci ha riscattati dalla maledizione
della legge, essendo divenuta maledizione per noi (Galati 3:13).
L'Apostolo, quì, indica che i Cristiani, i quali per il passato erano
ebrei, e di conseguenza erano stati sotto il Patto giudaico, o Patto della
Legge, erano stati, non solo comprati dalla loro sentenza, ma anche
liberati dal dominio d'essa. Il termine agorazo significa compera
ed il prefisso ex significa la liberazione procurata mediante tale
compera, per cui essi non erano più sotto il dominio della Legge.
"Iddio mandò il suo Figliuolo, nato di
donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge,
affinché noi ricevessimo l'adozione di figliuoli" (Galati 4:4, 5).
Questa esposizione è simile alla precedente e significa la compera del
popolo ebreo, riscattato, così dalla dominazione della Legge e la
liberazione dei credenti da detto dominio, onde potessero divenire dei
figliuoli di Dio. — Compulsare Giov. 1: 12.—
"Guardate dunque con diligenza come vi
conducete; non da stolti, ma da savii; riscattando il tempo, perché i
giorni sono malvagi" (Efes. 5:15, 16; Col. 4:5). Quest'impiego del
termine exagorazo è identico al precedente; il popolo del Signore
si rende conto di vivere in mezzo al male, che tende ad assorbire la loro
energia, l'influenza ed il tempo in attività colpevoli od insensate, o,
per lo meno senza profitto, rispetto agl'interessi che, quali figliuoli di
Dio, hanno veramente a cuore di curare. Noi dobbiamo, dunque, comprare
del tempo e prenderlo su quello male impiegato, onde sottrarlo alle
influenze sfavorevoli, la massima parte di tempo possibile da consacrare a
degli interessi superiori, quali il cibo spirituale nostro, la crescenza
spirituale e l'assistenza ad altri nelle cose spirituali. Una tale compera
costerà un pò di rinunzia a noi stessi, e soddisfazione dei nostri
appetiti e tendenze naturali, nonché della disistima e dell'amicizia di
certuni che "troveranno strano" che non corriamo con loro negli
stessi eccessi di dissolutezza.
— I Pietro 4:4.—
Un altro termine greco, "lutroo" è
reso anche per riscattare. I1 Prof. Young lo definisce così: "rilasciare
mediante un prezzo," [388] cioè, liberare dietro
pagamento di un prezzo. La
base o radice dì questo termine è lutron,
che, come abbiamo detto più
innanzi, preceduto da anti, qual prefisso o suffisso, significa un
prezzo corrispondente.
Questo termine "lutron" si trova tre volte nel Nuovo Testamento, nei seguenti testi:
"Or noi speravamo che
fosse lui che avrebbe riscattato Israele" (Luca 24:21). Gli Apostoli erano delusi per la morte
di nostro Signore e dimostrarono
questa delusine, nel dire che essi avevano sperato che il Signore avrebbe liberato Israele dal
gioco dei Romani, mediante il pagamento di un prezzo.
Essi non avevano ancora ricevuto lo
Spirito Santo e non comprendevano la lunghezza la larghezza, l'altezza e
la profondità del Piano divino, per il quale,
non solo Israele, ma il mondo intero sarebbero stati riscattati
e, non solo dal gioco romano, ma da quello si Satana e della grande
prigione della morte, col prezzo del riscatto, dato da nostro Signore
e consumato con la sua morte.
"Cristo Gesù, nostro
Salvatore, il quale ha dato se stesso per noi affin di riscattarci da
ogni iniquità" (Tito 2:14). Il prezzo che nostro Signore
diede a profitto di tutta l'umanità, non si propone solamente
di procurare agli uomini un risveglio dalla tomba, al tempo
stabilito da Dio, durante il Millennio, ed una occasione in quel momento di venire in armonia con Lui, secondo i termini del
Nuovo Patto ma, inoltre, di permettere a coloro che ascoltano la
Buona Nuova, attualmente, d'essere, già ora, liberati dalla schiavitù
dell'iniquità: onde, ormai, non esser più servitori del peccato,
ma divenire servitori di colui che morì per noi e ci comprò col
Suo sangue prezioso.
"Sapendo che voi
siete stati riscattati dal
vano modo di vivere tramandatovi dai padri,
non con cose corruttibili, con argento o con
oro, ma col prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né
macchia" (I Pietro 1:18, 19). Questo testo racchiude lo stesso
concetto del precedente. Esso si riferisce meno alla nostra liberazione
finale della morte, mediante la risurrezione, e più all'attuale
liberazione nostra da una cattiva condotta, da conversazioni
futili, propositi insensati e dall'iniquità, in generale. Questa [389] libertà fu comprata per noi
col sangue di Cristo, al pari della libertà
più grandiosa della risurrezione che è ancora futura. Senza il pagamento del prezzo del riscatto, senza aver
soddisfatto le esigenze richieste dalla
Giustizia, Iddio non avrebbe potuto accettarci come suoi figliuoli, né trattarci come tali e
sigillarci con lo Spirito di adottazione per
il quale c'introduce nella Sua famiglia. E non avremmo nemmeno potuto beneficiare dei
differenti instrumenti ed agenti della Sua
grazia, che ora sono accessibili ai
credenti e costituiscono per noi la potenza di Dio, per la salvezza. Questa potenza divina stronca nei nostri cuori la possanza
del peccato ed insedia al suo posto la
disposizione o lo Spirito del Signore,
qual potere dominatore.
Un altro termine greco, lutrosis, è reso per "redenzione." Il Prof. Young lo definisce come "una liberazione"
e, letteralmente, rendere libero. Questo
termine non racchiude il concetto che è pagato
un prezzo e, perciò, esso non avrebbe dovuto essere tradotto per
redenzione nella Bibbia inglese, ma piùttosto con "liberazione."
Detto termine lo troviamo due
volte nel Nuovo Testamento:
"Sopraggiunta nella
stessa ora (Anna) lodava anch'ella Iddio e
parlava del bambino (Gesù) a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Luca 2:38). Anna
parlava a coloro che, a Gerusalemme,
attendevano la liberazione dal gioco romano, ma non comprendevano che la più grande liberazione
doveva venire mediante il pagamento
del prezzo di riscatto.
"Ma venuto Cristo, Sommo
Sacerdote ... e non mediante il sangue dei becchi e dei vitelli, ma mediante il
proprio sangue, è entrato una volta per sempre
nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna"
(Ebrei 9:11, 12) L'Apostolo non indica quì come il Signore ottenne la redenzione eterna (liberazione),
per cui non fa alcuna
allusione al prezzo pagato; egli parla semplicemente della liberazione attuale e futura del popolo
di Dio e non del metodo per il quale
questa liberazione fu assicurata, avanti dell'entrata
di nostro Signore nel luogo santo—il sacrificio di se stesso qual prezzo di riscatto dell'uomo.
Un altro termine greco
tradotto per "riscattato," nel Nuovo Testamento, è: polieolutrosin. Il Prof. Young lo definisce così: [390] rilasciare, cioè porre in libertà, liberare. Lo troviamo una volta sola:
"Benedetto sia il
Signore, l'Iddio d'Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo (letteralmente: ha operato
la redenzione per il suo popolo") Luca
1:68.—Dal versetto precedente, si rileva che questa espressione era una profezia, poiché fa
menzione di cose restate incompiute, cioè il primo passo verso
la liberazione d'Israele, di cui parla con
gioia, quasi che il proposito intero fosse stato compiuto. Questo termine non racchiude il
concetto della maniera in cui sarà
assicurata la liberazione. Altri passaggi delle Scritture
ci mostrano, invece, che avverrà mediante il pagamento di un prezzo corrispondente, un riscatto, e dovrà
avvenire alla instaurazione del Regno di
Dio. Questo termine non avrebbe dovuto
essere tradotto per "riscattato," ma per liberato, ed avrebbe evitato
di confondere l'interpretrazione del lettore.
Un altro termine greco, apolutrosis è stato impropriamente tradotto
"redenzione." Esso non contiene, in verun modo, il concetto
di un prezzo di compera, ma significa semplicemente liberazione,
messa in libertà. Il Prof. Young la definisce quale un allargamento,
un proscioglimento. Il
termine si trova dieci volte e
non tradotto convenientemente che una
sola volta, per "liberazione." Prendiamone
nota:
(1) "Rialzatevi,
levate il capo che la vostra redenzione (liberazione) è vivina" (Luca 21:28). Quì non v'è
alcuna allusione al riscatto o alle condizioni
che precedono la liberazione della Chiesa, ma semplicemente la liberazione in se stessa.
(2) Essendo giustificati
gratuitamente per la sua grazia, mediante
la redenzione (liberazione) che è in
Cristo Gesù (Rom. 3:24). In questo testo
l'Apostolo non fa allusione al riscatto, ma semplicemente alla liberazione, considerata qual
quella di cui i figliuoli di Dio beneficiano
attualmente e ben presto effettivamente,
mediante la risurrezione. Egli tratta la questione dal punto di vista divino, cioè: i credenti sono giustificati
gratuitamente, senza condizioni, al di fuori
di ogni opera meritoria da parte loro. Ciò è compiuto per la liberazione che
Dio ha concessa in Cristo Gesù,
nostro Signore. Nel versetto seguente, l'Apostolo prosegue [391] mostrando come questa
liberazione fu effettuata, dicendo: "ha stabilito come propiziazione (letteralmente:
propiziatoria, canale di misericordia), mediante
la fede nel sangue d'esso (il sacrificio, il prezzo di riscatto, dato per i peccati del mondo
intero)."
(3) "Ma anche noi che
abbiamo le primizie dello Spirito (la Chiesa fedele) . . . anche
noi stessi gemiano in noi medesimi, aspettando
l'adozione, la redenzione del
nostro corpo (la Chiesa, il Corpo di Cristo, che deve essere glorificato
con il capo, al tempo dovuto)" —Romani
8:23.—Nulla, in questa dichiarazione fa la minima allusione alla redenzione compiuta sul
Calvario, al prezzo di compera: essa si riferisce, puramente e
semplicemente, alla liberazione della
Chiesa, la quale deve costituire una parte del risultato o della redenzione, compiuta al Calvario,
il riscatto.
(4) Cristo Gesù, il quale
ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia
e santificazione e redenzione
(liberazione) "(I Cor. 1:30).
Nulla, quì, si riferisce al prezzo pagato al Calvario. L'Apostolo parla
non di ciò che il Signore fece per noi, ma di quanto
Egli farà per noi. Egli, nostra salvezza, c'induce a lasciar in
disparte la nostra volontà ed accettare la sua, grazie al nostro spirito
di sobrio buon senso per cui "marciamo nella saggezza." Egli, la
nostra giustizia, essendo nostro rappresentante, diede se stesso
in riscatto per tutti
e, ora, nella Sua giustizia, Egli
rappresenta tutti coloro che vengono al Padre per Lui. Egli è la nostra
santificazione, in quanto che, grazie ai Suoi meriti, siamo accettati dal
Padre, come dei sacrifici viventi, valutati perfetti, benché in realtà,
sia la potenza di Cristo in noi a renderci capaci di offrir noi stessi in
sacrificio vivente, nel seguire le Sue orme e nel compiere le condizione del nostropatto. Egli è la nostra liberazione (mal reso
con "redenzione"),
in quanto colui che, per la
grazia di Dio, ci riscattò col suo prezioso sangue, vive e la sua vita costituisce la
garanzia che anche noi vivremo; poiché, al tempo dovuto, Egli libererà
dalla schiavitù della corruzione, della morte, la Sua Chiesa, che egli ha riscattata col suo prezioso sangue. L'Apostolo fa allusione
quì alla liberazione e non alla compera. Purtuttavia, è perché ha
fatta la compera, che Egli ha il diritto di essere per tutti la saggezza,
la giustizia, la santificazione e la liberazione. [392]
(5) "La grazia che egli ci ha largita nell'amato suo.
Poiché in lui noi abbiamo la
redenzione (liberazione), mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo le
ricchezze della sua grazia" (Efes. 1:7).
Quivi, l'Apostolo non fa allusione alla redenzione compiuta sul Calvario. Al contrario parla
della nostra accettazione da parte del
Padre e dichiara che questa accettazione di Jéhovah è fondata su qualche
cosa che Egli fece per noi nel Suo Diletto,
nostro Signore Gesù, per il cui sangue (il sacrificio, riscatto) noi abbiamo la liberazione. La
costruzione della frase dimostra che
l'Apostolo parlava della nostra liberazione dalla
condanna del peccato, la morte, poiché—egli
spiega—questa liberazione consiste
nella "remissione dei
peccati." Il senso di questo passaggio è, dunque, il seguente: Il Padre celeste, che aveva già
concettata e predestinata l'adozione di "un piccolo gregge"
perché divenissero dei figliuoli sul piano
della natura divina, e coeredi con il Suo Figliuolo, il diletto Primogenito, nostro Signore,
fece tutto il necessario, in materia di grazia,
di questo Suo disegno, rispetto a noi. Egli
ci rese accettevoli nel Suo Diletto, poiché in Lui, per il suo sangue,
per il suo sacrificio, noi abbiamo la liberazione dalla maledizione e dall'ira divina, cioè il perdono dei
nostri peccati, dei quali siamo resi liberi,
o giustificati.
(6) "Il quale (Gesù)
è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione (liberazione) "
(Efes. 1:14). Il possesso che Cristo
comprò con il suo sacrificio per i peccati, sostituendosi all'uomo,
comprende l'umanità in generale, o tutti coloro che accetteranno
il favore alle condizioni dell'Evangelo ed ad essi è inclusa la Chiesa, la Sposa. II tempo della liberazione verrà all'instaurazione
del Regno Millenario e la Chiesa sarà la prima ad
essere liberata, "all'alba del mattino." Ma la terra faceva
parte del dominio originale
dell'uomo e fu comprata dallo stesso sacrificio una volta per sempre, per
cui essa dovrà essere liberata della sua
parte di maledizione e diverrà come il giardino dell'Eterno, il Paradiso. La compera è compiuta, ma la liberazione attende il "tempo
stabilito" da Dio.
(7) "Nel quale
abbiamo la redenzione (liberazione),
per il suo sangue, la remsisione
dei peccati" (Col. 1:14). Questa espo- [393] sizione è simile alla
precedente. Noi, credenti, abbiamo già la liberazione, cioè
la remissione dei nostri peccati e per il seguito l'armonia
col Padre. Il termine "redenzione" quì non è applicato al
sacrificio per i peccati, ma al suo effetto su noi nel liberarcene.
Tuttavia l'Apostolo non ignora il
sacrificio, ma dichiara che la nostra
liberazione dalla schiavitù del dominio del peccato, proviene
dall'efficacità del sangue di nostro Signore, dalla Sua morte, dal Suo sacrificio per i peccati, dal riscatto pagato.
(8) "Non contristate
lo Spirito Santo di Dio col quale siete stati
suggellati per il giorno della redenzione (liberazione)" (Efes. 4:30) Anche quì non v'è alcuna allusione al
sacrificio del riscatto compiuto
sul Calvario. Tuttavia, fu dopo aver compiuto il sacrificio e presentati i suoi meriti nel Santissimo, ed
accettati, dal Padre, che lo Spirito
Santo discese su ciascun d'essi per sigillarli quali Figliuoli di Dio. Ma, ora, coloro i quali sono
stati sigillati, devono mantener saldo questo
sigillo di filiazione, questo generamento
alla natura divina e non perderlo. Essere sigillato dallo Spirito, consiste nell'aver ricevute le primizie
d'esso Spirito ed è tutto ciò che
è accordato nella presente vita, poiché, per ottenere la
piena misura della benedizione della natura divina, dobbiamo attendere fino al tempo stabilito dal Padre, "il giorno della liberazione" il giorno Millenario,
giorno in cui, come
la Bibbia dichiara, della
Chiesa, della Sposa di Cristo, "Iddio la soccorrerà allo schiarir
del mattino" (Salmo 46:5). Chiunque perde lo Spirito Santo
non avrà parte alcuna alla prima risurrezione, al mattino "del
giorno della (completa) liberazione" dal potere del peccato e
della morte.
(9) "Ed è per questa
ragione che egli è Mediatore d'un Nuovo Patto,
affinché, avvenuta la sua morte per la redenzione della trasgressioni,
commesse sotto il primo patto, i chiamati ricevano l'eterna eredità promessa" (Ebrei 9: 15). Così un'altra volta, una traduzione
difettosa nasconde in parte il senso del testo; ma se, invece, quì si
discerne il concetto della liberazione, tutto
diviene chiaro. Per Israele, la morte di nostro Signore aveva una portata più
grande per gli Ebrei che per i Gentili. Essa
non significava solamente
la redenzione della trasgressione adamica e la morte che [394]
ne conseguiva, ma significava,
inoltre, per gli Ebrei, la liberazione della "maledizione," o condanna del Patto
della Legge, che incombeva su questa
nazione, poiché era stata incapace si sottostare alle sue esigenze. Gl'Israeliti subivano la
"maledizione" che venne su Adamo, in pari modo del resto
dell'umanità, ma in più, erano sotto la "maledizione" del loro
Patto della Legge, istituita da Mosè, suo
Mediatore sul monte Sinai. È alla duplice maledizione
su questo popolo che si riferiscono i versetti del cantico che dice:
"Maledetti dalla
legge, dalla caduta contusi,
La grazia ci redense e in
libertà ci rese."
(10) "E altri furono
martirizzati, non avendo accettata la loro liberazione" (Ebrei 11:35). Quest'esempio è il
solo in cui i traduttori hanno
convenientemente tradotto questo termine. Probabilmente, essi cercarono renderlo per "redenzione,"
ma riscontrarono
che sarebbe stato piùttosto strano dire: "non avendo accettata la redenzione" e tradussero correttamente
per "liberazione."
Nell'Antico Testamento, i
termini "riscattare," "riscattato," "redentore," e "redenzione," in
generale, sono delle buone traduzioni
dei termini originali ebraici. Ad esempio: Ga'al significa liberare—per
vendetta o per rimborso —Young.
"Io so che il mio Redentore è vivente"
—Giobbe 19:25.—
"Essi si ricordavano . . . l'Iddio
Altissimo il loro Redentore" —Salmo 78:35.—
"Che redime la tua vita dalla fossa" —Salmo
103:4.—
"Lo potrà riscattare
uno dei suoi fratelli; o lo
zio, o il figlio dello zio lo riscatterà .
. . o, se ha i mezzi di farlo,
potrà riscattarsi da se" —Levitico
25:48-49.—
"Voi siete stati
venduti per nulla e sarete riscattati senza
danaro" —Isaia 52:3; paragonate con 1 Pietro 1:18.
"E un Redentore verrà
per Sion" —Isaia 59:20.—
Il nostro scopo, nel citare i
casi in cui il termine redenzione appare nel Nuovo Testamento, è di prevenire contro
i metodi ingannatori di certuni scrittori e
professori che adoperano dei sofismi. Negando
il riscatto, negando
che il mondo è stato riscattato con la
morte di Gesù, essi sono portati a citare dei passaggi ove il [395] termine riscattare figura
impropriamente al posto di liberare
e, in seguito, essi deducono
che liberare
è la sola accezione del termine
riscattare, in ogni caso. A causa della
negligenza dei nostri traduttori,
il solo metodo sicuro e convenevole da seguire, ogni volta
che il significato di un termine ha una grande portata, sta nel riportarsi
al termine originale e verificarne il senso.
Noi abbiamo dimostrato in
numerevoli occasioni, lo Spirito Santo
nell'agire per mezzo degli scrittori del Nuovo Testamento, ha parlato del riscatto della nostra razza e del
prezzo corrispondente pagato, nei
termini più solidi, interpretrabili solo nel senso di transazione
commerciale, o di sostituzione di prezzo dell'oggetto
acquistato. Abbiamo anche mostrato che, in altri casi in cui il termine adoperato significa semplicemente
liberazione, nulla contraddice il pensiero che
questa liberazione sarà assicurata come il
risultato d'un riscatto (anti-lutron, prezzo corrispondente), ma che, generalmente, il contesto mostra esplicitamente
che è questo il modo in cui la liberazione è ottenuta.
Se, tuttavia, le Scritture
assicurano d'una maniera così positiva che
il nostro Redentore comprò il mondo a prezzo della propria vita, col "suo prezioso sangue," è
semplicemente al fine di dare al popolo
di Dio una "piena sicurezza di fede" e fargli conoscere che la remissione della pena di morte non viola la
giustizia di Dio, invece gli dà ogni
soddisfazione per i suo amore. Ciò ci assicura ugualmente che la Legge divina è immutevole, né può
essere violata, ma provvede, invece, alla redenzione, donando un gran
prezzo. Questa sicurezza che l'amore e la giustizia divina agiscono in completo accordo, ci dà la fiducia che gli stessi
principii continueranno a governare
l'universo per sempre e ci convince che "l'ira"
e la "maledizione saranno tolte per tutti coloro i quali entreranno in accordo con Dio mediante Gesù, il
Mediatore e tutti coloro che non profitteranno di questa grazia, saranno
inghiottiti nella seconda morte, poiché
"l'ira di Dio dimora su essi."
—Atti 3:23; Giov. 3:36; Apoc.
22:3—.
Pertanto, in ciò che
concerne i riscattati, importa poco sapere come l'amore e la giustizia di Dio disporranno le
cose in vista del nostro perdono, poiché
per essi, costituisce un dono gratuito, che [395] si può ottenere solo
accettandolo come tale. Noi non possiamo comprarlo,
né possiamo dare a Dio compenso per questo "dono" che c'i è fatto. La domanda sorge spontanea: Se ci
è dato un "dono" perché
dovremmo noi porci in pena d'investigarne le cause e la ragione? Perché il Signore avrebbe Egli preso
cura di rivalarci che questo dono ci fu
procurato ad un prezzo che costò la morte di
Cristo? Perché le Scritture ci mostrano in una maniera così precisa che la Sua morte fu il prezzo esatto, il
prezzo corrispondente che
era dovuto per i nostri peccati? Noi rispondiamo che Iddio ci risponde
dettagliatamente spiegandoci i suoi atti in nostro favore, al solo fine che noi possiamo meglio
comprendere la Sua personalità, nonché le sue leggi, la loro
coordinazione ed il loro funzionamento. Egli ci dà tali spiegazioni al
fine che noi possiamo
comprendere che Egli non abroga o pone in disparte la propria sentenza contro il peccato, né dichiara il
peccato tollerabile, permesso, scusabile.
Egli desidera che noi ci rendiamo conto che
la Sua Giustizia è assoluta e che non potranno esservi conflitti nei
quali il Suo amore dominerebbe, vincerebbe o abolirebbe la sentenza della Giustizia. Quindi, la sola maniera in
cui la Sua giusta condanna del peccato, e dei peccatori, poteva
essere messa in disparte consisteva nel soddisfare alle esigenze della
Giustizia, mediante un prezzo corrispondente, un riscatto. L'uomo aveva peccato, era stato condannato alla morte,
era andato nella morte. Non
vi poteva essere alcuna speranza per lui, fuorché l'amore e la misericordia avesser potuto provvedere ad un
sostituto per Adamo. Ed un sostituto, come quello
che abbiamo visto, doveva necessariamente
essere della stessa natura di quella d'Adamo, la natura umana. Occorreva anche che il sostituto fosse libero
dal peccato, libero dalla maledizione,
libero dall'ira, nonché essere santo, senza sozzure
e separato dai peccatori, approvato da Dio, come lo era stato Adamo prima della sua trasgressione.
Noi abbiamo visto nostro
Signore Gesù che fu fatto carne (ma non
carne del peccato), ma santo, senza sozzure e separato dai peccatori, oltre che l'uomo—Cristo
Gesù era un uomo perfetto, l'immagine
esatta del primo uomo, Adamo. Da ciò, noi comprendiamo che Egli era pronto per essere il nostro
Redentore, il [396] nostro riscatto, per dare la sua vita e tutti i
suoi diritti umani per il riscatto, la
redenzione d'Adamo e della razza sua, la quale perdette, in lui, la vita e tutti i diritti umani. Noi abbiamo visto che
nostro Signore, "l'uomo Cristo Gesù" consacrò, sacrificò, abbandonò
a favore dell'uomo, tutto ciò
che Egli aveva. Ciò risalta
chiaramente dal suo insegnamento su tal soggetto. Egli si rappresentò in
un uomo che, avendo trovato un tesoro nascosto in un
campo, se ne era andato ed aveva venduto tutto ciò che
aveva
ed aveva comprato il campo (Matteo
13:44). Il campo rappresenta l'umanità e la stessa terra (Efesi 1:14) .
In questa umanità il
Signore vide un tesoro—profeticamente—Egli previde il risultato dell'opera redentrice, la liberazione di un gran numero d'uomini dalla
schiavitù della corruzione, alla piena libertà di figliuoli di Dio
(la Chiesa nell'età attuale e, nelle età a venire, formata da coloro
che saranno trovati degni). Fu in ragione di questo tesoro che il campo fu
comprato. Parlando del riscatto e dell'opera di redenzione,
tale quale sarà compiuta alla fine dell'Età millenaria, il
Profeta dice, parlando di nostro Signore: "Egli vedrà il lavoro della
sua anima e resterà soddisfatto" (Isaia 53:11).
Nostro Signore fu pienamente
soddisfatto di dare la Sua vita e tutto ciò che Egli aveva allora, per
riscattare il mondo.
QUALE
RISCATTO FU PAGATO PER L'UOMO?
Ciò che nostro Signore
fece per noi, il prezzo che Egli diede in nostro favore, quanto Egli diede, o depose, la Sua
vita doveva corrispondere esattamente a
quanto l'uomo doveva per la sua condanna,
poiché era un prezzo corrispondente, "un
riscatto per tutti." Or, nostro
Signore non andò al tormento eterno e, così, noi abbiamo questa testimonianza indiscutibile che il
tormento eterno non è il salario del peccato, ordinato dal
Gran Giudice, ma una falsa credenza che
il grande Avversario e coloro che egli ha mistificati, hanno inculcato all'umanità. Come certamente quello che nostro
Signore soffrì per l'uomo al suo posto, quale suo sostituto, costituì
la intera condanna che gli uomini sarebbero stati obbligati di
soffrire, così, certamente, questa è la prova positiva che Iddio [397] non pensò giammai al
tormento eterno, né lo inflisse come punizione agli uomini o, tantomeno, li minacciò che lo
avrebbe inflitto. Coloro che conoscono la
testimonianza della Parola di Dio, sanno che
Essa dichiara che "Cristo morì per i
nostri peccati," che "Egli morì, il giusto per
gli ingiusti, per condurci a Dio"; che "Egli è la propiziazione (hilasmos: soddisfazione)
per i nostri peccati (i peccati
della Chiesa) e non solo per i nostri, ma per quelli del mondo intero,"
che "l'Eterno ha fatto ricadere su lui l'iniquità di noi tutti e che per le sue lividure (quanto ha sofferto al
nostro posto, la rinunzia di se stesso sino
alla morte), noi siamo guariti." Quanta armonia e logicità si rileva da questa esposizione
Scritturale in tutti i suoi dettagli e
come totalmente illogiche le fraudolenti mensogne
di Satana, contrarie alle Scritture, tramandateci dalle tradizioni e divenute popolari!—1
Cor. 15:3; 1 Pietro 3:18; 1 Giov. 2:2;
Isaia 53:5, 6.
"Il salario del peccato
è la morte"; "l'anima che pecca sarà quella che morrà," dicono le Scritture (Rom.
6:23; Ezec. 18:4). Esse, poi, mostrano come
questo salario fu pagato completamente, nel
dichiarare: "Cristo è morto per i
nostri peccati, secondo le Scritture"
"e risuscitò per la nostra giustificazione" (I Cor. 15:3; Rom. 4:25). La sua morte fu il prezzo
del riscatto, ma il prezzo del
riscatto non diede la giustificazione. Nostro Signore doveva prima
presentare questo prezzo di riscatto al Padre, in nostro favore,
ciò che fece allorché "Egli ascese al cielo," onde presentarsi
a Dio, per noi. Fu in quel
momento che Egli rese utilizzabili i meriti
del sacrificio suo, compiuto col riscatto. La giustificazione
venne in seguito, proveniente: (1) dal sacrificio del riscatto, e (2)
dalla sua applicazione a tutti coloro che crederanno in Lui e gli
ubbidiranno. Così, la risurrezione e l'ascensione di nostro Signore e
diletto Redentore costituirono degli atti accessorii per rendere efficace
il Suo sacrificio, compiuto con la sua morte.
"Senza spargimento di
sangue non c'è remissione" (Ebrei 9:22). Durante tutta la
dispensazione della Legge, Iddio pose in evidenza
questo dettaglio delle Sue disposizioni, nell'esigere il sangue dei tori e dei becchi; non perché quel sangue
avesse potuto togliere i peccati, ma al fine che, al tempo
convenevole, si fosse [398] potuto riconoscere in quei
sacrificii delle illustrazioni di sacrificii migliori mediante i quali, sono cancellati ed
annullati i peccati. L'espressione "spargimento di sangue"
significa la morte semplice, la vita sparsa e, tuttavia,
indica una morte in sacrificio e non ciò che, a volte, è indicato come
una morte naturale (benché, invero, niuna
morte sia naturale). Per natura, l'uomo doveva vivere: la morte è la violazione della legge dell'esistenza
umana, che è scaturita dalla trasgressione e dalla "maledizione,"
che l'accompagnò.
In ciò che concerne la
giustizia sola, gli Ebrei avrebbero potuto infliggere la morte a nostro
Signore in tutt'altra maniera e le esigenze
della Giustizia sarebbero state ugualmente soddisfatte. La cosa necessaria era l'abbandono della sua anima (essere)
innocente in sostituzione
d'un'anima (essere) colpevole la cui esistenza fu
perduta a causa della trasgressione. Non era nemmeno necessario, in ciò
che concerne il riscatto solo, che la persona di nostro Signore fosse martirizzata ed il suo sangue letteralmente versato, o
sparso, sul suolo. Il salario del peccato era la morte,
la cessazione dell'esistenza e,
perciò, allorché tale fatto fu compiuto, la condanna fu soddisfatta.
Furono ben altre considerazioni ad esigere
la crocifissione ed a trafiggere le costole.
Il sangue che colava a terra,
ai piedi dell'altare del sacrificio, rappresentava il fatto che, non solo l'umanità era
stata riscattata, ma che la terra stessa era
compresa nel riscatto e perciò il sangue fu sparso su d'essa. L'onta e l'ignominia della
crocifissione pubblica, supplizio erogato ai malfattori, erano necessarii
perché il nostro Padre celeste aveva
deciso che la prova dell'obbedienza di nostro Signore Gesù Cristo fosse salita al più alto
grado. Non solo Egli fu provato per costatare se avesse
consentito di divenire un uomo,
ma anche se avesse voluto morire
come prezzo di riscatto dell'uomo, o sostituto, e, ancora, se, si o no, fosse stato disposto a soffrire
l'ignominia estrema, provando, in tal modo, al massimo grado, che era degno della somma elevazione che gli accordò il Padre.
L'Apostolo presenta gli eventi sotto questo
aspetto, poiché, dopo aver raccontato come il Signore lasciò la gloria
celeste per noi e divenne un uomo,
aggiunse: "Ed essendo stato trovato [400]
nell'esteriore come un
uomo, abbassò se stesso facendosi ubbidiente
fino alla morte, e alla morte alla croce. Ed è perciò che Iddio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un
nome (titolo, onore, dignità) ché è al
di sopra di ogni nome"—eccetto il nome o titolo del Padre
—Fil.
2:8, 9; paragonate I Cor. 15:27.
Ciascun riferimento della
Bibbia, circa la giustificazione per la fede, indicante
che siamo giustificati per il sangue di Cristo, eccetera,
è una testimonianza probante di quanto precedentemente esposto,
cioè che "Dio era in Cristo, riconciliando il mondo con lui
stesso, non imputando agli uomini i loro falli," ma imputandoli a
colui che morì per noi e risuscitò" (11 Cor. 5:19, 21; 1 Tess. 4:14;
5:10).
La colpabilità del peccatore fu portata dal Redentore che diede il
prezzo totale, corrispondente per i nostri peccati, al fine che tutti coloro i quali cercano la giustizia, possano essere accettati
come giusti, per i meriti del suo sacrificio (Romani 5:17-19).
Il fatto che noi abbiamo bisogno d'essere giustificati, o
fatti giusti, prova che noi eravamo malvagi, ingiusti agli occhi di
Dio. Il fatto che gli uomini non
potevano giustificarsi essi stessi, con delle
opere, fu dimostrato dagl'Israeliti, sotto il Patto della Legge, e
prova che questa malvagità o peccato era nella natura stessa degli
uomini. Ciò rese, dunque, necessario che fossimo riscattati e giustificati
per i meriti ed il sacrificio di un altro, d'un Redentore senza
macchia.
Giustificato vuol dire fatto giusto, ma
noi non siamo fatti giusti o
perfetti realmente; siamo semplicemente considerati tali, o perfetti, a causa della nostra fede nella giustizia di Cristo e nel
Suo sacrificio in nostro favore e perché li accettiamo.
Dapertutto, nelle Scritture, ci è
mostrato che questo potere della giustificazione da parte del nostro Redentore
proviene dal Suo sacrificio in nostro favore. Le nostre proprie
opere non potevano giustificarci, o renderci
accettevoli a Dio, così come lo rileviamo ai Galati 2:16; Rom.
3:27, 28. La Legge non poteva giustificare coloro i quali erano
sotto di essa, così come ce lo indica l'Apostolo ai Galati 5:4; Rom. 3:20. Solo la fede nell'opera compiuta da Cristo (provata dalla
consacrazione completa a Dio) giustifica; vedere Galati 2:17; 3:13,
14; Rom. 4:24, 25, ecc. [401]
Diversi passaggi delle
Scritture parlano più o meno chiaramente di
come noi siamo stati lavati, imbiancati o purificati dal peccato. Tutti questi termini vengono a consolidare la
dottrina del riscatto, poiché è stabilito
nettamente nel contesto che il potere purificatore è "il sangue di
Cristo," il merito del sacrificio di nostro Signore. —Vedere
I Giov. 1:7; Apoc. 1:5; I Cor. 6:11; II Pietro 2:22; Tito 3:5; Ebrei 9:14; I Pietro 1:19.
La giustificazione è
simbolicamente rappresentata da un abito di
giustizia, di lino fino, puro e bianco, con cui il Signore copre i difetti e le imperfezioni di tutti coloro che Egli
accetta per la fede nel suo prezioso sangue.
Tutti i nostri sforzi per realizzare la giustizia
da noi stessi, senza i meriti di Cristo, sono egualmente rappresentati
come "abito lordato" della nostra propria giustizia (Isaia
64:6). È vero che certuni passaggi delle Scritture fanno allusione
ai nostri sforzi verso la giustizia, per l'obbedienza ai precetti di Dio, e tendenti ad un lavoro di purificazione che progredisce
durante tutto il nostro corso di cristiani, che l'Apostolo esprime
in questi termini: "avendo i nostri corpi lavati da un'acqua pura"
e, per indicare la purificazione della Chiesa, "il lavaggio dell'acqua
della Parola." Queste definizioni sono molto appropriate
ad esprimere la purificazione dei nostri cuori, "purificazione delle
sozzure della
carne" e si comprende molto giustamente che questi passaggi si
applicano ad un lavoro quotidiano e durante tutta la vita. Tuttavia
tutte queste purificazione di pensieri, parole ed
azioni, tutti questi sforzi per condurre il nostro corpo mortale a
conformarsi sempre meglio alla volontà di Dio in Cristo, hanno come base
la nostra accettazione preliminare di Cristo e la nostra accettazione
per fede nel Suo sangue. Dalle Scritture risalta, dal momento
in cui noi accettiamo Cristo, tutte le nostre colpe, tutte le nostre
imperfezioni, sono nascoste alla vista dell'Eterno, per i meriti del
sacrificio del riscatto, accordato dalla grazia di Jéhovah, compresi ed appropriati dalla fede. Poiché solo ciò che è perfetto può
essere accettevole a Dio, e, poiché noi, malgrado tutti i nostri sforzi e
lavaggi, saremo sempre imperfetti, è manifesto che siamo accettati
dal Padre, perché siamo coperti dall'abito della giustizia di Cristo, per
la Sua perfezione, che è portata, o imputata, a nostro [402]
conto. Così, siamo
dapprima "accettati nel Diletto" (Efes. 1:6), e,
in seguito, manifestiamo
giornalmente la nostra devozione alla giustizia ed il nostro desiderio di
piacere al Signore, per i nostri sforzi nel pervenire alla santità.
Quante volte le Scritture
fanno menzione di nostro Signore quale
nostra offerta per il peccato, "l'Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo"! (Giov. 1:29). Tutti i
sacrificii della Legge, tutto
il sangue sparso sugli altari ebrei, annunziavano questo grande sacrificio futuro per il peccato, immolato in
nostro favore poiché, così come
l'Apostolo ci assicura, il sangue dei tori e dei
becchi non avrebbe giammai potuto togliere il peccato—solo
il sacrificio antitipico, "il
prezioso sangue" poteva far ciò. Sul soggetto
dei sacrificii per i peccati, come presenta il Nuovo Testamento,
compulsare Ebrei 9:12; 10:10; Efes. 5:2; I Cor. 5:21.—
Le Scritture espongono
anche chiaramente che questo sacrificio fu,
per noi, la Chiesa, e per tutta l'umanità: "Per la grazia di Dio Egli gustò la morte per tutti," il giusto per
gl'ingiusti, al fine di condurci
a Dio, al fine di aprire per noi e per tutta l'umanità, una via di ritorno, o di riconciliazione, per rientrare
in armonia col Padre celeste. Così
Egli aprì indirettamente la via per
noi che conduce alla vita eterna (favore, benedizione o dono del
Padre), per tutti coloro che sono
veramente suoi figliuoli. Su
questo punto, vedere i passaggi
seguenti: I Tess. 5:10; Rom. 5:8; I Cor. 15:3; II
Cor. 5:14, 15; Giov. 10:15; 11:50-52; I Pietro 2:24; 3:18.
Molti passaggi biblici
mostrano senza alcun equivoco, che fu la morte di Cristo Gesù, il "suo
sangue" che procurò la nostra liberazione dal peccato e dalla morte. Non può essere
rigettata questa dottrina, che solo negando
l'ispirazione delle Scritture o nel "torcerle,"
oppure "nell'adulterare la Parola di Dio." Vedere: I Pietro 1:2; Atti 4:12; 20:28; Apoc. 5:9;
1:5; Rom. 5:9; Ebrei 13:12.
"VOI
SIETE STATI RISCATTATI A PREZZO"
A CHI? DA
CHI? PERCHÉ? E A QUALE FINE?
Voi, siete stati
riscattati a prezzo;
non diventate schiavi degli uomini"—I
Cor. [403]
"Tu ci hai comprato a Dio col tuo sangue" Apoc. 5:9.
"Ci saranno anche fra
voi falsi dottori, che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione,
rinnegando il Signore che li ha riscattati"
I Pietro 2:1.
Le testimonianze delle
Scritture mostranti che l'uomo fu "comprato,"
son senza equivoco alcuno, e, come l'abbiamo già indicato, sta ad assicurarcelo il termine greco agorazo, che significa compera pubblica. Ora, i seguenti quesiti si presentano, naturalmente: (1) Da chi l'uomo fu comprato? (2) A chi fu comprato?
(3) Perché fu comprato?
Noi andiamo ad esaminare questi quesiti nel loro ordine.
(1) Le Scritture diggià
citate, sostengono chiaramente e senza equivoci,
non solo che l'umanità fu comprata, ma che il Signore Gesù
Cristo, Egli stesso, fu il compratore; inoltre questi passaggi, ed
altri ancora, ci assicurano molto chiaramente che il prezzo di compera
fu il sangue prezioso di Cristo, il sacrificio della propria vita, la morte dell'uomo Cristo Gesù che si diede in riscatto (antilutron:
prezzo corrispondente) per tutti.
Stimando che questo soggetto sia stato esaurientemente ed irrefutabilmente provato, passiamo
al seguente:
(2) A chi fu l'uomo
comprato? Gli avversarii della verità chieggono, nel farsi beffe di
noi, se—si o no—il
Signore non lo comprò dal diavolo. Essi pretendono che il prezzo non poteva essere
pagato ad altra persona, poiché, secondo il falso ragionamento
di costoro che negano il riscatto,
Iddio non poteva essere parte in
una tale transazione. Questa gente pretende che Iddio ricercò
sempre la comunione dell'uomo, che Egli fece tutto ciò che era nel Suo potere per realizzare la riconciliazione dell'uomo e
la sua liberazione dal peccato e dalla morte. Perciò—essi
ragionano—Iddio
non vorrebbe esigere un prezzo di riscatto, avanti d'aver
permesso la liberazione dell'uomo. Noi rispondiamo che tali
concezioni sono tutt'affatto contrarie all'insegnamento Scritturale, il quale, se, in verità, mostra che Iddio è amore ed ha compassione
del peccatore, in compenso, pone in rilievo ugualmente
che Dio è giusto e che l'uomo, essendo stato condannato [404]
con giustizia, non può
essere liberato da questa condanna, con giustizia,
senza che un riscatto sia pagato per lui.
Le Scritture dichiarano
che Satana fu la causa della condanna inflitta
all'uomo—la morte—dicendo:
"poiché, dunque, i figliuoli partecipano
del sangue e della carne (la natura umana) anch'egli vi ha similmente partecipato, affinché, mediante la
morte, distruggesse colui che aveva
l'imperio della morte: cioè il diavolo," e, altrove,
esse ci parlano di Satana come essendo il "principe di questo mondo"; purtuttavia non indicano in niuna
parte che ci sia un titolo per regnare
con autorità nel mondo (Ebrei 2:14; Giov.
14:30). Al contrario le Scritture dichiarano che Satana è l'usurpatore, il quale, profittando dell'occasione
del decadimento dell'uomo, ha ottenebrato
il suo spirito nei riguardi di Dio, e, ingannandolo,
l'ha reso schiavo, servendosi della sua ignoranza, delle sue superstizioni e delle sue debolezze. Egli,
insomma è la personificazione del peccato ed è ciò che
costituisce il suo potere della morte.
Se Satana non avesse potuto servirsi del peccato, non avrebbe
potuto esercitare alcun dominio sull'umanità. Fu a causa del
peccato volontario che l'uomo fu privato del favore divino; ma
ciò fu in seguito, allorché l'uomo non desiderò più, avere in Dio
l'oggetto dei suoi pensieri. Egli li abbandonò ad una mente reproba,
eccetera, (Romani 1:28). L'autorità suprema alla quale Satana potesse
pretendere, rispetto agli uomini, non sarebbe,
quindi, che il potere di un
usurpatore il quale abusa della debolezza dei
suoi schiavi.
Al di fuori, dopo che la
condanna fu pronunziata da Dio, "per certo morrai" è stato permesso a Satana e ad
ogni altro agente del male, di cooperare nel
compimento di questo decreto divino. Così, Iddio permette a volte la
collera dell'uomo, a volte quella di esseri—spiriti malvagi, per compiere i Suoi Piani
meravigliosi e per lodarlo involontariamente
(Salmo 76:10). Dio non ha, intanto, mai riconosciuto Satana come il possessore della
razza umana. Essa era la creazione di
Dio ed essa gli doveva tutto, ma, non avendo
riconosciuto il suo Creatore, ed avendogli disubbidito, fu colpita dalla condanna, per la maledizione della
Legge divina e, giudicata indegna della
vita, dimora sotto questa condanna. [405]
Fu la giustizia divina che
colpì i nostri progenitori con la maledizione
della morte ed è sotto la sentenza della Giustizia divina che la razza resta ancora nella condizione della morte. Né
può esserci più una speranza di
vita per chiunque, salvo che per la redenzione
che è in Cristo Gesù. Poiché la Giustizia divina era il Giudice, la cui sentenza tolse la vita
all'uomo, è, dunque, alla Giustizia divina che doveva essere
necessariamente pagato il prezzo di riscatto, per ottenere la liberazione del colpevole,
Adamo e della sua razza,
condannata, in lui.
Satana esercitò il suo potere volontariamente e non
l'avrebbe potuto se non gli
fosse stato permesse dal grande Giudice Jéhovah, il quale gli permise pure che la grande calamità della morte fosse inflitta
all'umanità per mezzo suo od
in qualsiasi
altra maniera, perché essa
costituiva il giusto castigo per il peccato, ossia la trasgressione alla Sua Legge. Il potere concesso a Satana, pari a
quello di un boia, è solo un
"potere di morte," che gli è delegato. Il boia è semplicemente
un servitore della Legge; egli eseguisce le
sue sentenze. Satana, come servitore della Legge
depositata dal Giudice
supremo di tutta la Creazione, è autorizzato ed impiegato per
un tempo, come l'esecutore della sentenza pronunziata in questi
termini: "Il salario del peccato è
la morte" e "per certo tu morrai."
Se il riscatto o l'ammenda
d'un prigioniero, deve essere pagato, il
pagamento non va consegnato al boia o al carceriere, ma alla sede idonea
del tribunale in cui fu emesso il giudicio, esigente detto riscatto o ammenda. In effetti, il riscatto per
la pena non poteva esser pagato a
Satana (benché in una data misura egli serve
da esecutore della pena), ma doveva essere pagata all'autorità che condannò il peccato, pronunziò la pena
ed ordinò l'esecuzione.
Così, la ragione ci indica che il prezzo del riscatto, per
il peccato dell'uomo, doveva essere
pagato a "Dio, il Giudice di tutti." Noi ci domandiamo ora: Che dicono le Scritture circa il
sacrificio di Cristo, dell'offerta che
Egli fece? Dicono che essa fu fatta a Satana o a Jéhovah,
Dio? Noi rispondiamo che in tutti i tipi della dispensazione
ebrea che prefiguravano questo migliore sacrificio, che
toglie [406] il peccato dal mondo, le
offerte erano presentate a Dio, dalle mani
del Sacerdote, che tipificava nostro Signore Gesù—Vedere
Lev. 4:3, 4, 24, 27, 31,
34, 35; 5:11, 12; 9:2, 6, 7; Esodo 30:10; Cron. 29:7-11, 20-24.
Questi testi rispondono
categoricamente ai nostri quesiti e non abbiamo
bisogno di altre testimonianze su questo soggetto. Tuttavia un'altra testimonianza diretta, la troviamo
nelle parole dell'Apostolo:
"perché, se il sangue dei
becchi e dei tori . . . santificano
in modo da dare la purità della carne, quanto più il sangue
di Cristo, che mediante lo Spirito eterno, ha offerto se stesso
puro d'ogni colpa a Dio.... Ed
è per questa ragione che egli è
mediatore d'un nuovo Patto.—Ebrei
9:13-15, 26; 7:27; 10:4-10, 12,
20; Efes. 5:2; Tito 2:14; Cal. 1:4; 2:20; I Giov. 3:16; Giov.
1:29; I Pietro 1:19; I Cor. 10:20; Rom. 12:1.
Noi abbiamo dimostrato
anche che, secondo le Scritture, è ben vero
che Iddio domandò ed accettò la morte di Cristo, quale sacrificio del
riscatto per l'uomo.
Perché l'uomo fu riscattato?
Nell'uomo, creatura decaduta
ed imperfetta, le qualità divine di
giustizia, di saggezza, d'amore e di potenza sono molto imperfette, perciò alcune hanno più
difficultà d'altre, a comprendere
il carattere ragionevole del metodo divino che esige un riscatto e l'accetta. Coloro che non possono
comprendere tutto ciò debbono, invece,
senza titubanza risconoscere ed accettare la testimonianza della Parola di Dio. Essi dovrebbero
agire in tal modo anche se non sanno
rendersene conto. Tale è la linea di condotta
appropriata e sicura. Tuttavia, noi offriamo delle suggestioni che possono aiutare certuni ad afferrare il
significato del soggetto. Siccome siamo delle
creature imperfette nel nostro
decadimento, queste
diverse qualità di amore, di saggezza, di giustizia, di potenza, sono in
noi, continuamente, più o meno, in conflitto,
mentre non è così per il nostro Padre celeste, poiché, in Lui, ciascuna di queste qualità è perfetta ed in
completa armonia con le altre. Quindi, non
esiste alcun conflitto. La saggezza divina entra per prima in attività, prende una visione
generale e traccia il miglior piano per la
salvezza dell'uomo, col pieno consentimento [407] della Giustizia, della
potenza z dell'amore. Sotto la direzione della saggezza l'uomo fu sottosposto subito ad una legge,
la cui violazione comportava una condanna
a morte, accompagnata da tutti i
malori ad essa connessi. La saggezza divina preconobbe la caduta dell'uomo
proveniente dalla sua inesperienza, ma giudicò bene, in vista
delle lezioni profittevoli, eccetera, di tracciare così il programma
della
provvidenza e della linea di condotta di Dio
tali,
quali
esse ci sono
rivelate dalle Scritture.
Dal momento in cui l'uomo
ebbe violato la Legge divina, la Giustizia
intervenne, lo dichiarò ribelle, lo colpì con la condanna della morte, lo cacciò dall'Eden, fonte di
sussistenza anteriormente posta
a sua disposizione, e lo lasciò in balia di Satana, onde affrontasse delle circostanze sfavorevoli e perché gli
potesse essere inflitta la piena condanna per la violazione alla Legge da
lui commessa, espressa con la sentenza: "Nel giorno
che ne mangerai per certo morrai."
Mentre questo elemento del carattere divino (la Giustizia) agiva con
l'uomo, l'elemento Amore non restava indifferente,
ma era impotente per due ragioni: prima, perché non poteva opporsi alla giustizia e nemmeno impedire
l'esecuzione, liberando l'uomo dal potere
della Giustizia, fondamento basilare del
governo divino; secondo l'Amore non poteva intervenire, allora, per rilevare l'uomo, pagando, con il
sacrificio del riscatto, per il peccato, poiché ciò avrebbe costituito
un'opposizione al Piano diggià tracciato dalla saggezza infinita. In tal
modo, l'Amore e la potenza divina erano
ritenuti, per il momento, incapaci di soccorrere
l'umanità perciò, obbligati ad approvare la Giustizia che presiedeva all'esecuzione della condanna, la
Saggezza ha permesso a questa
esecuzione di seguitare il corso delle tribolazioni e della morte, durante seimila anni. In tale accordo
con questo Piano, l'Amore non intervenne
per liberare l'uomo, non altro che per incoraggiarlo ed istruirlo, mediante le promesse
ed i sacrificii tipo, i quali prefiguravano i
metodi per cui l'Amore avrebbe finalmente
compiuto la liberazione al tempo stabilito dalla Saggezza. Così, l'amore ha atteso, pazientemente, il
momento propizio, in cui, sotto la direzione della Saggezza, avrebbe
potuto agire e potrebbe, più tardi,
invocare la Potenza divina a suo aiuto. [408]
Il momento dell'entrata in
azione dell'attributo Amore venne, infine,
alla "pienezza dei tempi" (Galati 4:4), "al
tempo stabilito" (Rom. 5:6):
come esprimono le Scritture, allorché Iddio inviò il Suo
Figliuolo, come "l'uomo Cristo Gesù," "al fine che, per la
grazia (favore, bontà,
misericordia) di Dio, egli gustasse la morte
per tutti" (I Tim. 2:5;
Ebrei 2:9). Solamente allora, l'amore divino
fu manifestato all'umanità, per quanto esso sia sempre esistito,
così come leggiamo: "In questo s'è MANIFESTATO, per
noi l'amore di Dio," "in quanto che, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo Gesù è morto per noi." —I
Giov. 4:9; Rom. 5:8.
Nell'esercitare la sua
azione, conforme alla Legge di Dio, e, nel soddisfare le esigenze di essa Legge, l'amore di Dio
non entrò in conflitto con le Leggi
divine. La via seguita dall'Amore non fu quella
di rigettare o combattere la sentenza divina, né d'impedire la sua esecuzione, ma di trovar qualcuno che si
sostituisse all'uomo e fosse un riscatto per
lui, offrendosi in sua vece. Dando, così, soddisfazione alla pena di morte, inflitta dalla
Giustizia, l'amore apportò all'umanità la
sua liberazione dalla maledizione adamica (la morte)
che la Giustizia divina aveva inflitta. L'amore divino trionfò, nell'offrire il sacrificio del riscatto,
Gesù, alla Giustizia, all'elemento del carattere
di Dio, il quale pone in vigore i decreti giusti del Creatore, applicandone le sanzioni.
Il trionfo dell'amore non è
ancora completo. Ha realizzato il riscatto,
ma il suo disegno racchiude più di ciò, cioè operare una restaurazione (restituzione) per tutti gli esseri
umani, i quali, dopo le loro esperienze,
saranno disposti a ridivenire fedeli a Dio ed alla Sua giusta Legge. Ma, siccome l'Amore attendeva
da più di quattromila anni, sotto la
direzione della Saggezza divina, prima di apportare il sacrificio del
riscatto, così attendere ancora quasi duemila
anni, dopo il pagamento del riscatto, prima che l'opera della restaurazione possa essere iniziata (Atti 3:19,
21). Ma,
nell'intervallo, la Saggezza permette all'Amore d'occuparsi d'una classe speciale, "il piccolo gregge" degli Eletti di questa Età
dell'Evangelo, per estrarre, da
mezzo ai riscattati, "un popolo che porti
il Suo Nome," composto dalla Chiesa di Cristo, la Sua Sposa e coerede.
[409]
La necessità del riscatto della zazza per
mezzo di Cristo risiede, dunque, nel fatto che Adamo, il padre, s'era
venduto, lui e la sua razza, al peccato (e al suo salario, la punizione
che ne derivava: la morte)
—Rom.
7:14; 5:12.— L'uomo
aveva bisogno d'essere riscattato dalla schiavitù del peccato, ed
il pagamento del prezzo del riscatto era necessario, avanti che chiunque
potesse essere liberato dalla condanna, o potesse cominciare a sottostare
ad una nuova prova per dimostrarsi degno della vita eterna.
Ma consideriamo, ora, questo riscatto sotto una
visuale più ampia e notiamo che nostro Signore Gesù Cristo, dopo aver
pagato il prezzo del riscatto, non solo teoricamente, ma in realtà,
diveniva il possessore ed il padre della razza, poiché, in questo riscatto,
Egli prese il posto di Adamo, il padre, che aveva venduta la sua
razza. Or, com'essa fu venduta da Adamo per la sua soddisfazione personale
e per la disubbidienza a Dio, così fu comprata dall'uomo, Gesù Cristo,
mediante il sacrificio di se stesso, onde obbedire alla volontà del
Padre, nel versare il prezzo equivalente, o riscatto per Adamo. Le
Scritture presentano anche questo pensiero "A questo fine, Cristo è
morto ed è tornato in vita: per essere il Signore e dei morti e
dei viventi" (Rom. 14:9). Fu in virtù della sua morte che il Signore
divenne il padrone, il governatore ed il padre della razza, ottenendo il
potere di agire su d'essa, come con i suoi propri figliuoli, avendoli
liberati dalla maledizione della condanna divina, con il suo sacrificio.
In questo special senso nostro Signore è
divenuto il secondo Adamo, avendone assunta la posizione, quale capo della
razza, comprata con la sua vita. Ma, siccome fu l'uomo, Cristo Gesù,
che diede se stesso qual prezzo di riscatto, non poteva essere altro che
Lui che sarebbe divenuto padre della, razza. L'uomo Cristo, Gesù,
depose tutto ciò che aveva per la redenzione dell'uomo Adamo e
della sua razza, un prezzo equivalente perfetto, un uomo, per un uomo. La
razza di Adamo non essendo ancora nata, al momento della trasgressione,
non fu condannata direttamente, ma indirettamente e, quindi, fu anche
riscattata indirettamente. Una posterità, non ancora nata nei lombi
dell'uomo Cristo Gesù, [410] divenne la compensazione,
o prezzo corrispondente per la posterità di
Adamo, non ancora nata al momento della trasgressione.
IL
PREZZO NON RIPRESO
Come abbiamo già
costatato, le Scritture insegnano chiaramente che nostro Signore fu messo a morte nella carne, ma
reso vivente in spirito; Egli
fu messo a morte come uomo, ma fu
risuscitato dai morti come essere-spirito, dell'ordine
più elevato della natura divina,
avendo compiuta l'opera per la quale era divenuto un uomo, ed avendo compiuto il servizio, in una maniera
gradevole al Padre, fu risuscitato
dai morti all'onore ed alla dignità suprema, molto al di sopra degli angeli, dei principati, delle
potenze e di ogni nome
che si possa nominare.
Nostro Signore non avrebbe potuto essere mai
risuscitato come uomo
e, nello stesso tempo, lasciare
alla Giustizia il prezzo del nostro
riscatto, al fine di liberare Adamo (e la sua razza) dalla sentenza
e dalla prigione della morte. Era necessario, non solo che l'uomo
Cristo Gesù morisse, ma era anche esattamente necessario che
non rivenisse alla vita, poiché occorreva che restasse morto, qual
prezzo del nostro riscatto per tutta l'eternità.
Se, in effetti, nostro
Signore fosse stato risuscitato uomo, ciò avrebbe comportate due mali: (1) avrebbe, cioè,
implicato il ritiro del nostro riscatto, per
cui saremmo restati come prima, sotto la condanna a morte; (2) ed avrebbe
implicato, per Lui, la perdita eterna
della natura superiore, che Egli aveva abbandonata per divenire uomo ed essere nostro Redentore; oltre ciò
la sua fedeltà, verso Iddio, avrebbe avuto per risultato la sua
degradazione eterna ad una natura inferiore.
Ma tali assurdità e contraddizioni non figurano
nelle disposizioni divine. Nostro
Signore s'umiliò e divenne un uomo e, come
uomo, Egli abbandonò la sua vita, il prezzo
di riscatto, per l'uomo decaduto. In ricompensa della sua fedeltà, non solo il Padre celeste lo ristabilì
allo stato d'essere cosciente, ma gli diede
una natura che, oltre ad essere superiore alla natura umana, oltre passava
anche quella che aveva prima, rendendolo
partecipe della natura divina, con i suoi attributi ed [411]
Poiché l'uomo Gesù fu il
prezzo del riscatto per la ricompera d'Adamo
e della sua razza, non era possibile che l'uomo Gesù fosse il Secondo Adamo, il nuovo
padre della razza, in luogo di Adamo.
Poiché l'uomo Gesù
è morto, morto per sempre, e non potrebbe
essere un padre, o dispensatore di vita al mondo.
Colui che, ora, per il suo
riscatto, possiede il titolo di padre della
famiglia umana è il Gesù risuscitato e glorificato, partecipante della natura divina, è Lui, quindi, il secondo
Adamo. Come già abbiamo fatto rilevare,
in precedenza, nostro Signore Gesù, nella
carne, non fu il secondo Adamo. Egli non era il padre di una razza, ma venne semplicemente per riscattare
Adamo e la sua razza, alfine di divenirne
anche il padre e questa compera assorbì tutto ciò che Egli possedeva, allora, e non resta nulla. Tale è il pensiero espresso nelle Scritture e questa è la
forma in cui l'Apostolo lo presenta:
"Il primo uomo tratto dalla terra è terreno, il secondo uomo (il secondo Adamo) è dal cielo (alla
sua seconda presenza durante il
Millennio) . . . . E come abbiamo portato l'immagine del terreno (che è polvere: Adamo),
noi, (membri della Chiesa, coeredi con
Cristo, e partecipanti delle più grandi e preziose promesse della natura divina, —Rom.
8:17; II Pietro 1:4—), così porteremo anche l'immagine del celeste (il
secondo Adamo). Perciò è scritto: "Il primo uomo Adamo fu fatto
anima vivente; l'ultimo (il secondo Adamo)
è spirito vivificante. Però ciò che è spirituale
non viene prima; ma prima ciò che è naturale; poi viene ciò che è spirituale" —I
Cor. 15:45-48.
Spingendoci più a fondo a
sondare le ragioni per cui la razza fu riscattata, abbiamo la
testimonianza dell'Apostolo il quale ci dice
che nostro Signore, per questa compera, divenne (acquistò il diritto di divenire) il Mediatore del Nuovo Patto
(Ebrei 8:6; 9:14-16). Il Nuovo Patto
è una disposizione emanata da Dio, per la
quale Egli può esercitare la misericordia verso tutta la razza decaduta. Il Nuovo Patto non potrebbe entrare in
vigore senza un mediatore, il quale si porti garante a Dio per certune
contingenze in favore dell'umanità. In
primo luogo, occorre che Egli riscatti [412]
l'uomo, pagandone il prezzo totale del
riscatto, e questo sacrificio che fece
nostro Signore Gesù, in conseguenza è indicato "il sangue del
Patto," per cui esso patto diviene effettivo ed efficace. Avendo riscattati
gli uomini dal peccato e dalla conseguente condanna che incombeva su loro,
il Mediatore può sigillare il Nuovo Patto e porlo in vigore. Da
tal momento Egli è pienamente qualificato ed autorizzato
a far tutto ciò che è in suo potere per gli uomini riscattati, onde
ricondurli alla piena perfezione umana ed alla armonia assoluta con Dio, per poi presentarli al Padre, senza macchie, né riprovevoli,
perfetti nell'amore e non più bisognosi—in
quel momento—d'un
patto speciale di riconciliazione, né d'una mediazione.
Ma questa opera, ben lontana dall'essere compiuta,
comincia solamente. Il mondo non
è stato ancora accetato dal Padre
ed è proprio tale compito che costituirà tutta l'opera della restaurazione dell'Età Millenaria nell'adattare e preparare,
gli uomini ben disposti ed obbedienti alla perfetta armonia duna completa
riconciliazione, col Padre.
In attesa, durante questa Età
dell'Evangelo, Iddio chiama un piccolo
numero dei membri della razza riscattata: coloro
che intendono la chiamata divina e si
avvicinano al Padre per la fede nel
Salvatore e nella Sua opera, sono considerati
come perfetti,
da Dio ed accettati come tali
da Lui, onde possano presentarsi, col
loro Redentore, in sacrificio vivente al servizio del Padre e del Suo
Piano e sviluppare così in essi la somiglianza del Diletto Figliuolo
di Dio. Coloro che soffriranno volontariamente e gioiosamente
con Cristo, potranno essere glorificati con Lui ben presto e
divenire eredi ed associati con Lui nell'opera milleniaria che dovrà benedire il mondo alle condizioni del Nuovo Patto. Occorre
ricordarre che essi costituiscono delle eccezioni rispetto al resto
dell'umanità. Essi sono gli "eletti" dell'Età dell'Evangelo,
considerati i "fratelli" di Cristo, la "Sposa" di
Cristo, la "Chiesa che
è il Suo Corpo.," ma non sono, invece, giammai, denominati i
"figliuoli" di Cristo. Essi sono accettati dal Padre celeste
quali figliuoli, e generati alla
natura celeste mediante la Parola di Verità e
dallo Spirito di questa Parola. Come abbiamo già rilevato, essi possono
riconoscere a buon diritto Jéhovah come loro Padre, [413]
poiché sono direttamente
generati da Lui, e sono dei "fratelli"
di Cristo Gesù—I Pietro 1:3.—
Per gli esseri umani, in
generale, intanto, il Piano divino è differente.
In luogo di essere giustificati dalla fede e generati alla natura divina con quanto consegue, essi attendono
sino all'Età Millenaria. Allora, in luogo di essere generati
da Jéhovah, ad una nuova natura, essi
otterranno di nuovo la loro primiera natura, quella
umana, redenta dalle imperfezioni e dalla corruzione del peccato.
La speranza del mondo risiede nella restituzione
"di ciò che
fu perduto nell'Eden" (Matt. 18:11; Atti 3:19, 21). Le disposizioni
divine, emanate per il mondo, sono esattamente quelle che noi
abbiamo indicate nel riscatto. L'uomo Cristo Gesù depose la sua perfezione umana e tutti i diritti ed i privilegi annessi e connessi,
al fine di riscattare per l'umanità "ciò che era stato perduto,"
la perfezione umana nell'Eden, la sovrana autorità loro conferita
da Dio, con tutti i diritti ed i privilegi inerenti, onde riscattare
per l'umanità "quanto era stato perduto":
la perfezione umana dell'Eden;
l'autorità sovrana e tutti i diritti e privilegi dell'uomo, compresi
quelli della comunione con Dio e della vita eterna. In ciò consiste quanto fu comprato per l'umanità e che, al proprio tempo,
dovrà essere offerto a tutti gli esseri umani sotto il Nuovo Patto.
Fatto che questa età del Vangelo è stata consacrata
dal Signore alla selezione del "Corpo di Cristo, per il mondo, non dà soltanto a
Lui, le funzioni di padre,
o dispensatore di vita al mondo.
Egli si è associato "un piccolo gregge" i cui membri
sono alla Sua somiglianza. Essi hanno pratecipato alle sofferenze del
tempo presente e parteciperanno della
gloria a venire, con Lui costituendo tutti
insieme il gran Profeta, il Sommo Sacerdote, il gran Re, il gran Dispensatore di Vita o Padre dell'umanità: per dare la vita a
chiunque vorrà riceverla, sotto le condizioni del Nuovo Patto. In accordo
con questo pensiero, le Scritture dichiarano che uno dei
titoli di nostro Signore è il "Padre Eterno." Nostro Signore non
ha ancora coperta questa carica in alcun senso, ma Egli che comprò
il mondo a prezzo della sua vita, ha ricevuto, in virtù delle disposizioni divine, la potenza, il pieno diritto e l'autorità di
[414]
accordare a tutti coloro che vorranno riceverlo—secondo le sue condizioni—tutto
ciò che fu perduto
e tutto
ciò che fu riscattato: la vita, i diritti e le
perfezioni dell'uomo, insieme con una conoscenza più estesa.
Nostro Signore è divenuto,
dunque, il padre leggittimo della razza, dandole una vita che è costata la sua. Le
Scritture ci fanno comprendere che gli esseri
umani sono interamente nelle Sue mani.
Egli agirà con essi in maniera assoluta, per giudicare se saranno degni o indegni della vita eterna. Questo farà
nostro Signore Gesù, per il
mondo, a titolo di Padre, nell'Età prossima. Egli lo farà per la Sua
Chiesa, sua sposa, la Sposa durante l'Età attuale.
Noi vediamo, in tal fatto, una illustrazione delle parole dell'Apostolo, indicanti che, come il Padre celeste
è il Capo (Testa) di Cristo, così, Cristo è il Capo (Testa)
della Chiesa, al pari dello sposo, il
capo (testa) della moglie e della famiglia. In relazione, leggiamo:
"Il Padre non giudica
alcuno, ma ha dato tutto il
giudicio al Figliuolo" (Giov. 5:22). La Fidanzata di Cristo non
ha alcuna posizione davanti al Padre, eccetto nel e per il suo diletto
futuro Sposo. Perciò le sue richieste sono avanzate in nome di Lui, per i
Suoi meriti e devono continuare ad essere indirizzati
in tal modo, sin quando sarà pervenuto a ciò che è perfetto,
cioè allorché sarà ricevuta nella gloria—nella
piena libertà di figliuoli di
Dio, con la prima risurrezione.—
In una maniera simile gli
esseri umani, i figliuoli di Cristo, dovranno
rvolgere interamente a Lui ogni richiesta, loro Capo (Testa), loro Padre, e non avranno alcun rapporto col
Padre celeste, né saranno
riconosciuti da Lui, prima della instaurazione dell'Èra Millenaria e di aver ricondotti alla
perfezione coloro i quali vorranno beneficiare di
questi privilegi. Ma, al termine dell'Età
Millenaria, allorché il nostro Signore Gesù rimetterà il Regno
a Dio, al Padre stesso, allora ugualmente essi saranno presentati,
al grande e supremo Padre di tutti, a Jéhovah, l'Onnipotente,
e saranno sotto il Suo governo diretto—I
Cor. 15:24.—
Da questo punto di vista
si può vedere perché nostro Signore Gesù
è denominato il Padre della razza riscattata e ristabilita, ma non fu riconosciuto anteriormente, come il padre di
Adamo e dei [415] suoi rigliuoli benché Égli
fu il creatore diretto di Adamo, così, come
è scritto: "Senza di lui neppure una
delle cose fatte è stata fatta."
La differenza sta nel fatto che, alla creazione originale, il Logos,
fu l'agente di Jéhovah e compì un
opera senza alcun costo da
parte sua, mentre, divenuto il secondo Adamo, darà agli uomini dei
diritti alla vita, i quali gli sono costati la sua propria vita e che ha
comprato col suo sangue prezioso.
RISCATTO
E NON PERDONO
Per non aver saputo stabilire
una precisa distinzione, molta gente
è pervenuta a formarsi un concetto assai confuso su questo soggetto. Dei
Cristiani d'intelligenza media vi citeranno dei testi relativi al
riscatto, d' onde si rileva che sarem riscattati dalla tomba e dalla morte, mediante un prezzo, quello, cioè,
del prezioso sangue di Cristo,
eccetera, mentre—contemporaneamente—vi parlano del perdòno misericordioso di ogni offesa
per mezzo del Padre. Secondo ogni
apparenza, pochi Cristiani hanno presente—anche
se molti devono saperlo—che perdòno e riscatto esprimono ognuno idee diametralmente opposte.
Ecco le definizioni
principali estratte dal Standard Dictionary:
Riscattare: "pagare
il riscatto per un prigioniero."
Riscatto: "prezzo
che si corrisponde per liberare un prigioniero." Ora, paragonate queste definizioni con quelle che
seguono.
Perdonare: rimettere
la punizione; liberare da una condanna, inflitta da verdetto
(Webster).
Notate anche quì la
definizione di un altro termine, il quale, per
quanto sia apparentato é perdòno,
non ha esattamente lo stesso significato:
Remissione e rimettere: "Far
grazia ad un colpevole della pena pronunziata
contro di lui. "La legge non conosce remissione." Anche
chi è dotato di una mediocre intelligenza è in grado di discernere
che il pensiero espresso con "riscattare" e "riscatto"
è opposto, e contrario, a quello
espresso, con il termine "perdòno." Ma,
poiché tutti questi termini sono adoperati nelle Scritture, e connessi
alle transazioni di Dio con l'uomo decaduto, molti che studiano
la Bibbia, pensano che questi termini sono impiegati [416]
indifferentemente e con lo
stesso senso nelle Scritture sante. In tale convinzione, essi opinano di poter, a lor grado, dare
il senso di "perdòno" al
termine "riscatta" o, viceversa, attribuire le definizioni di "riscatto" e "riscattare"
ai termini "perdòno" e remissione." Procedendo in tal modo si è ben lontani
dal "dispensare rettamente la Parola di
Verità"; poiché, confondendo due significati, separati e distinti, ne risulta logicamente una
grande confusione d'idee. Molte persone
sembrano non desiderare la verità su
tale questione e, quindi, non la ricercano, temendo, senza dubbio, che le dottrine loro, neganti il riscatto,
non siano per tal fatto condannabili.
Con la più assoluta
chiarezza, è dimostrato che Iddio non perdòno la
trasgressione di Adamo né gli rimise la condanna infertagli. Tutto ciò che avviene intorno a noi; la
creazione gemente e morente, oltre alla
testimonianza della Parola di Dio "l'ira di Dio
rivelata"—la "maledizione"
della morte, che è il salario del peccato
originale—tutto testimonia con
energia che Iddio non perdònò
al mondo né gli rimise la condanna del suo peccato, per la quale
egli ha sofferto da oltre seimila anni. Colui che confonde la
giustificazione dei peccatori, con i meriti
dei sacrificii di espiazione di
Cristo (che si sostituì al peccatore, pagando il riscatto) col
perdònò senza pagamento, non ha le facoltà intellettive ben sveglie. Se Iddio
avesse perdonato ad Adamo, lo avrebbe ristabilito nei
privilegi dell'Eden, in mezzo agli alberi che gli davano sussistenza,
ed egli vivrebbe ancora, né la sua numerosa famiglia sarebbe morta "per la disubbidienza d'un solo."
Se, in un qualsiasi
momento, Iddio dovesse venire in soccorso dell'uomo, e perdonargli, ciò
comporterebbe la liberazione completa
da ogni imperfezione, malattia, dolori e morte e significherebbe
la piena restituzione di tutto ciò che fu perduto. Da quì, è
evidente che Iddio non ha perdonato il peccato originale e che mantiene
ancora le rigorose esigenze della sua santa Legge e della condanna pronunziata contro il peccatore. Per il mondo non esiste neanche
alcun segno esteriore, indicante che è stato riscattato e il
riscatto e stato dato. Solo i credenti lo sanno e lo accettano, non
per la vista, ma per la fede, nella Parola dell'Eterno, come [417]
noi abbiamo citato con i
numerosi testi biblici che stanno a confermarlo.
Le prove visibili del riscatto saranno
discernibili durante il Millennio, allorché l'opera della restaurazione sarà in via
d'esecuzione ed il Redentore comincerà ad esercitare i diritti che
Egli ha riscattati, onde essere Colui che restituisce e ristabilisce.
I termini remissione e perdòno sono
adoperati non in relazione del
mondo, ma rispetto a coloro i quali per la fede nel Redentore, e nella sua opera, sono considerati come passati
dalla morte alla vita, dalla condanna alla
giustificazione. Il grande Redentore che li comprò, che riscattò anche le accuse, indirizzate contro di
loro, li perdona gratuitamente e
li pone di nuovo alla prova per la vita, sottomettendoli allo spirito della Legge divina e non
alla sua lettera. Oltre questa
remissione del passato, Egli continua a perdonar
loro tutte le offese (le quali non saranno volontarie sino a che non avranno il suo nuovo Spirito, o
disposizione,—I Giov. 3:9;
5:18). Egli reputa tutte queste imperfezioni involontarie: di pensieri, parole ed atti, quali parti residuali del
peccato originale e della depravazione
ancora in fermento nella loro carne, per ereditarietà.
Lo stesso è detto del Padre celeste: che Egli ha della misericordia per
noi, ci perdona
le trasgressioni, ci accorda la
Sua grazia (favore).
Occorre, però, tener presente che tutta la Sua grazia
ci è accordata per i meriti del sacrificio di nostro Signore Gesù,
per il quale siamo "giustificati gratuitamente, per la sua grazia,
mediante la redenzione che
è in Cristo Gesù; il quale Iddio ha
prestabilito, come propiziazione (soddisfazione) nel sangue d'esso,
per dimostrare la sua Giustizia, avendo Egli tolleranza (perdòno)
verso i peccati commessi in passato" (Rom. 3:24, 25). Ancora
è dichiarato: "Poiché in lui noi abbiamo la redenzione, mediante
il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo le ricchezze
della sua grazia" —Efes.
1:7; Col. 1:14.—
"Noi siamo stati
riconciliati con Dio per la morte del suo Figliuolo," cioè perché Iddio cessò di ritenere contro noi i nostri peccati, poiché era stato pagato il nostro prezzo di
riscatto, avendo provveduto Egli stesso, poiché Egli ci ha tanto amati
che ha dato il Suo Figliuolo per
riscattarci. È così che "Iddio era in Cristo per riconciliare il mondo con se stesso, non imputando agli
uomini [418] i loro peccati (ma imputandoli al Suo Diletto
Figliuolo che si diede liberamente, sostituendosi a noi tutti). I
peccati furono imputati all'umanità, sino alla morte di Gesù: fu
allora che Iddio ce li rimise, cessando d'imputarceli, essendo stati pagati dal nostro
Redentore, o Sostituto. Iddio non ci perdonò,
cioè "non rinunziò per nulla all'esecuzione della
pena," ma fece "cader su lui (il nostro Redentore)
l'iniquità —di noi tutti" (Isaia
53:6). "Egli stesso ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul
legno" (I Pietro 2:24). Così riscontriamo in che modo
Iddio ci perdonò gratuitamente "a
causa di Cristo" e perché Egli pagò la pena
che era la piena soddisfazione della giustizia—I Giov.
1:7; 2:12; Efes. 4:32; Atti 4:12; 10:43; 13:38; Luca 24:47.
Occorre non commettere errore nell'opinare che Iddio
abbia costretto il giusto
a morire per gl'ingiusti. La giustizia non poteva infliggere la punizione
del colpevole all'innocente, a meno che quegli non si offrisse
spontaneamente al posto del colpevole: ciò che fece nostro Signore. Le
Scritture dichiarano che Egli diede la Sua vita di sua volontà, non per
timore dell'ira divina, non perché vi fosse forzato "ma per
la gioia che gli era posta dinanzi (la gioia di
obbedire al Padre e di ristabilire l'umanità, conducendo molti figliuoli
alla gloria) sopportò la croce" —Ebrei
12:2.—
I termini greci (apoluo, aphiemi ed aphesis) tradotti nel Nuovo Testamento
per "remissione," "pagato" e "rimettere" e,
anche impropriamente, per
"perdòno," hanno il significato di "liberare da
una punizione; cessare di nutrir un risentimento verso. . . ." Questi
termini, intanto, non significano—come
spesso si crede che si tratti di una liberazione, d'una rimessa gratuita, senza
una contropartita equivalente, come
il termine perdòno lascia intendere.
Non è che Iddio libererà i peccatori senza alcuna condizione, ma—come
dichiarano le Scritture—Iddio
farà uscire i prigionieri dalla
fossa (dal soggiorno dei morti) perché ha trovato il suo riscatto
(Giobbe 33:2). L'uomo Cristo Gesù diede se stesso, in riscatto
(prezzo corrispondente) per tutti (I Tim. 2:16). Perciò tutti
coloro che sono nei loro sepolcri, (i prigionieri nella fossa) intenderanno la sua voce ed usciranno, al tempo stabilito—allorché
il Redentore "otterrà il
Suo gran Potere ed il Suo Regno." [419]
Benché il termine perdonare non si
trova nel testo greco del Nuovo Testamento, al suo posto
v'è un termine greco d'un significato quasi identico
"karazzomai," che vuol dire rimettere gratuitamente. Noi daremo
qualche esempio dell'impiego di questo termine,
onde si riscontri, che—oltre a non crear contrastoconferma
la dichiarazione che il Padre nostro non perdona, ne libera incondizionatamente i
peccatori dalla punizione del
peccato. Il termine karazomai si trova
in tutto dodici volte solo, come quì appresso: "Perdonandovi a
vicenda . . . come il Signore vi ha perdonati" (Col.
3:13). "Non
avendo essi di che pagare condonò il debito ad ambedue"; ". .
. colui al quale ha condonato di più" (Luca
7:42, 43).
Eccovi, dunque, quattro esempii, dai quali rilevasi la
remissione gratuita o perdòno. Notate,
però, che non è Jéhovah, ma Cristo Gesù ed i discepoli che
accordano il perdòno
gratuito. Nostro Signore Gesù era in corso di
provvedere al prezzo di riscatto di Simone, Maria e di altri e si
rendeva conto che la Giustizia sarebbe restata soddisfatta con il suo
atto, in quanto egli poteva, quale compratore, perdonar loro
gratuitamente. Lo scopo stesso del riscatto ai peccatori, tendeva
a poter liberare gratuitamente dalla condanna del peccato. Se nostro
Signore Gesù non fosse stato disposto a perdonare a coloro i
quali aveva riscattati col proprio sangue, se avesse ritenuto
ancora valido contro di loro la richiesta del
salario del peccato adamico, il suo sacrificio sarebbe restato senza valore per essi,
che sarebbero restati, quel che erano, "maledetti" e "condannati."
D'altra parte, se il Padre ci avesse perdonati, la morte di Cristo sarebbe
stata inutile e senza valore, poiché non serviva a nulla.
Tutti ammetteranno che Iddio è giusto, perciò egli
non inflisse una punizione troppo severa all'uomo, privandolo della
vita. Se, dunque, questa punizione era giusta, or sono seimila
anni, lo è ancora ora e lo sarà nei tempi futuri. Se Iddio avesse
reputato: troppo severa la condanna ed avesse perdonato i
peccatori, (liberandoli dalla prolungazione della pena) ciò avrebbe
dimostrato sia che Iddio era stato ingiusto nel principio, o
che lo è ora. Ma se fù giusto seimila anni or sono, a privare della vita
l'umanità, a [420] causa del peccato, sarebbe ingiusto ora, nel
restituirgli la vita, senza che la pena fosse annullata, per giustizia,
col pagamento d'un prezzo equivalente. Ciò non poteva essere
compiuto che solamente col sacrificio di un altro essere della stessa natura il cui
diritto alla vita era intatto, per aver dato se stesso qual sostituto o
riscatto.
"Salda ed eterna è la tua giustizia,
incrollabile come le montagne"
Lo stesso principio di giustizia che dirige tutti
gli atti di Dio costituisce il fondamento della nostra salda fede in tutte
le Sue promesse. Le Scritture dichiarano che Egli è lo stesso:
ieri, oggi ed in eterno e che in Lui "non c'è variazione
né ombra prodotta da rivolgimento (Giacomo 1:17). Se Egli fosse tanto
mutevole da condannare la razza nel giorno di Adamo, e, poi,
seimila anni dopo, revocare la sua decisione, che sicurezza potremmo
avere noi che fra seimila anni, più o meno, non cambierebbe
di nuovo, rinviandoci nel soggiorno dei morti e ritirando il suo perdòno
a qualcuno o
a tutti? Come razza di peccatori, noi non abbiamo alcuna
ragione di sperare in una vita eterna futura, senza il fatto che, per
la grazia di Dio, Cristo morì per noi e soddisfece così le esigenze che la giustizia aveva
su noi.
Così, dunque, per quanto concerne Jéhovah, noi
otteniamo la remissione dei nostri peccati per il mezzo che Egli ha
scelto, cioè mediante Cristo. In ciò che concernono i nostri
rapporti col nostro Signore Gesù che ci riscattò, Egli perdona
liberamente a tutti coloro che vogliono andare al Padre tramite Suo. In ciò che
concerne noi, siamo riccamente favoriti dalla realizzazione delle
disposizioni divine, e dal Suo Piano. Infatti, ciò risulta quasi
come se il Padre ci avesse perdonato senza condizioni e senza riscatto,
poiché la conoscenza delle Sue disposizioni ci permette di apprezzare con ragione
e comprendere come—da
che, a causa del peccato, eravamo come
cremisino—ora
siamo stati fatti bianchi come neve, e come Iddio
è giusto, nel giustificarci e liberaraci. In tal modo Egli ci ha fornito
un fondamento sicuro per la nostra fede
e la nostra fiducia.
[421]
LA MORTE
NON CANCELLA IL DEBITO DELL'UOMO?
Allorché, ad un dato tempo, si arriva a comprendere
che "il salario del peccato e la morte" (e non i tormenti eterni)
alcuni tendono a ragionare falsamente su tal soggetto e dicono: Se il salario
del peccato è la morte, ogni uomo che muore paga, dunque, la
punizione del suo peccato e, di conseguenza—argomentano—non c'è
bisogno d'un redentore né d'un prezzo di riscatto, riscattandosi ciascuno
con il prezzo che paga, da se stesso, per la punizione inflittagli.
Hanno ancora quest'altro argomento: la giustizia non ha più
nulla a pretendere dopo la morte, poiché ha esercitato tutti i suoi
rigori e soddisfatto tutti i suoi diritti nel distruggerlo. In conclusione—affermano—la tappa
seguente dev'essere necessariamente una risurrezione dei morti che
convenevolmente occorre attendersi. Questa maniera di
interpetrazione farebbe della esigenza divina, nel chiedere un
sacrificio di riscatto per il peccato dell'uomo, una ingiustizia, che
equivarrebbe ad un doppio pagamento della punizione.
Che questo ragionamento sia vero o falso, di fatto è
in violento contrasto con le Scritture le quali dichiarano, ben
esplicitamente, che abbiamo bisogno di un Salvatore e che era
essenziale che Egli desse il prezzo del nostro riscatto, prima di poter
ottenere la liberazione dal peccato d'Adamo ed un diritto qualsiasi
ad una vita futura. Noi abbiamo già fatto menzione dei
passaggi biblici, attestanti il nostro asserto ed essi sono troppo
numerosi per essere ripetuti ancora, per cui ci limiteremo a porre in luce
la falsità di questa precitata concezione, adoperandoci di
mostrare che il ragionamento corretto sui dati di fatto è in perfetta
armonia con le testimonianze delle Scritture: secondo le quali la
morte di nostro Signore, come prezzo del nostro riscatto, era
essenziale, affinché Iddio potesse essere giusto, nel giustificare colui che
crede in Gesù e l'accetta come suo Redentore.
Se la punizione del peccato fosse consistita
semplicemente nell'essere
morente; se l'Eterno avesse detto ad Adamo: perché hai
peccato dovrai subire la penosa prova di restare in una condizione morente,
allora, in verità, Adamo e gli altri morenti avreb [422] bero soddisfatta questa condanna, subendo tale
condizione. Ma la condanna è tutt'altra: è la morte, non lo stato d'essere
morente; e la morte
è l'assenza della vita: la distruzione. Così, dunque, se l'uomo
paga il prezzo della sua condanna, ciò significa che egli deve
restare morto, privo della vita per sempre. "L'anima che pecca sarà
quella che morrà." Come già abbiamo messo in risalto, questa
distruzione dell'anima (l'essere),
in conformità della sentenza, avrebbe dovuto essere eterna, senza la
redenzione compiuta da nostro Signore. In considerazione di
questa redenzione, la morte è stata trsformata in ciò che,
in senso figurato, è indicato come un "sonno." In efetti,
grazie a questa redenzione, vi sarà un risveglio dal sonno
della morte, al tempo stabilito, effetuato dal Redentore, in
pieno accordo con la giustizia divina, di cui ha soddisfatto tutte le
essigenze. Se, dunque, come noi abbiamo messo in risalto, non
vi fosse stata redenzione (riscatto) la morte adamica sarebbe stata
ciò che dovrà essere la Seconda Morte, cioè: "eterna
distruzione" dalla presenza del Signore e dalla
gloria della sua potenza" (II Tess. 1:9). Allorché
si è ben compreso questo soggetto, non può sussistere alcun dubbio, nellamente
di ogni uomo ragionevole, e che il pagamento della penalità del
peccato toglie dall'uomo tutto ciò che egli ha lasciandogli nulla, né per gioire, né per soffrire. D'altra parte, più approfondiamo
questo soggetto su tal punto di vista, e più chiaramente possiamo
rilevare in qual grave difficoltà fu coinvolta la nostra razza per la
erogazione della sentenza divina, apprezzando maggiormente la
necessità del riscatto. Allorché abbiamo ben compreso questa parte del soggetto, per noi risulta chiaro che nostro Signore Gesù, nel
divenire il nostro Redentore, e darsi come prezzo del nostro riscatto,
fu colpito dalla stessa condanna originale inferta all'umanità,
vale a dire che "l'uomo Cristo Gesù" gustò la morte per
noi nel senso più assoluto del termine, che è quello della "distruzione
eterna." Per questa ragione noi non conosceremo più
Cristo, secondo la carne. La carne, la natura umana, fu data come
prezzo del nostro riscatto ed il fatto che essa non fu ripresa ci garantisce
che tutti i vantaggi benedetti—le
condizioni del Nuovo Patto—e
che tutte le perfezioni ed i diritti che appartenevano al
[423] nostro diletto Redentore, come uomo, furono dati in cambio di
quei simili concessi ad Adamo e
che egli aveva perduti per la sua disubbidienza. Questi diritti
dovranno, dunque, essere dati a tutti coloro che vorranno accettarli alle
condizioni divine durante "i tempi della restaurazione di
tutte le cose di cui Iddio ha parlato per bocca dei suoi santi profeti,
che sono stati fin dal principio" —Atti
3:19-21.—
"IDDIO
VUOLE CHE TUTTI GLI UOMINI
SIANO
SALVATI"
"Il quale vuole che tutti gli uomini siano
salvati e vengano alla conoscenza della verità"—I Tim. 2:4.—
Un altro pericolo di falso ragionamento sul soggetto
del riscatto annebbia la mente di certuni. C'è molta gente che,
in dati momenti, concede fede con molta facilità alla
testimonianza degli uomini, non avvalorata da alcun dato Scritturale,
fino a credere che il salario del peccato è il tormento eterno,
destinato a tutti gli uomini ad eccezione di "coloro che hanno il
cuore puro" il "Piccolo Gregge," "la
Chiesa eletta"; mentre alcuni d'essi, dopo essere stati
liberati da queste terribili delusioni, sono inclini a credere ad un
altro estremo, accettando, in una certa forma, o modo la dottrina
della salvezza eterna universale.
La gran maggioranza di coloro che adottano questo
errore "gli universalisti";negano il riscatto in una maniera assoluta, ma certuni si
collegano all'universalismo a causa della loro fede nel riscatto di cui,
intanto, non arrivano a comprenderne lo svolgimento, con chiarezza.
Costoro s'appoggiano volentieri sul testo poc'anzi citato, e ragionano
così: se Iddio vuole che tutti gli uomini siano salvati, tutto è
risolto, poiché il tempo verrà in cui sarà fatta la Sua volontà sia
in cielo, come in terra. Così, dicono: «
comprendiamo che il riscatto, dato da Gesù Cristo, a tutti gli uomini, mirò ad ottenere che la volontà divina
fosse fatta, per rendere possibile la
salvezza di tutti. Essi procedono a fortificarsi nel loro errore, dicendo:’ ciò
considerando, opinia, mo
che Iddio avendo accettato il
sacrificio di Gesù, reputerà, nell'Alta Sua giustizia, di
salvare tutti i peccatori e render [424] loro di nuovo la vita eterna, che avevano perduta
nell'Eden. Noi abbiamo stabilito: — fermamente
— i punti cardinali della loro posizione,
al fine di poter risponder loro in una maniera soddisfacente e
scevra da qualsiasi traccia di contestazione.
La difficoltà d'analizzare questo ragionamento
risiede nel fatto che esso non è sufficientemente comprensibile. Per
quanto valorizzi qualche punto delle Scritture, ne neglige molti
altri, ai quali occorrerebbe prestar la massima attenzione e la cui
testimonianza dovrebbe influenzare fortemente la conclusione
finale. Inoltre, il ragionamento in esame cita parzialmente, ed
interpetra male, le Scritture che suppone lo appoggino d'una maniera
particolare.
Il nostro Padre celeste dichiara: "Io non ho
alcun piacere nella morte di colui che muore, dice il Signore, l'Eterno,
convertitevi dunque, e vivete!" (Ezechiele 18:32). Questo
gran favore di una offerta di vita, per mezzo di un Liberatore del
mondo condannato, non è una cosa nuova da parte del nostro Padre
celeste. Egli non cambia ed ha sempre questa buona volontà verso le Sue
creature. Egli avrebbe potuto farne dei semplici automi,
intellettualmente e moralmente, senza essere liberi di volere e di agire
contrariamente al suo beneplacito; Egli non volle creare delle
macchine umane, ma degli uomini alla sua propria immagine e
somiglianza, liberi di volere e potere, nonché di scegliere fra il bene ed il male. Egli non
cercò, né cerca, che i Suoi esseri lo adorino sol perché non potreberro
fare altrimenti e perciò per forza, ma—come
Egli dichiara—"adoratori
che l'adorino in spirito e verità," volontariamente, per
amore ed apprezzamento dei suoi principii di giustizia e della persona
sua stessa, che rappresenta tali principii.—Giov.
4:23.—
Purtuttavia, fu nello stesso tempo in cui Iddio
nutriva questa buona volontà, verso gli uomini, che Egli permise ad
Adamo di fare la propria scelta fra l'obbedienza e la
disubbidienza. Questo stesso Dio che non prende alcun piacere alla morte di
colui che muore, pronunziò la condanna e, per seimila anni, ne
forzò l'esecuzione. Ora che Egli ha provveduto una redenzione, in Cristo Gesù,
ed un'occasione, per ogni membro della famiglia umana, di
rientrare in armonia con Lui—e
ottenere, mediante Cristo la vita eterna—ha,
contemporaneamente, ed in maniera indiscutibile, sta- [425] bilito le condizioni necessarie, per ottenerla.
Secondo i termini del Nuovo Patto, ogni uomo dovrà rinnovare il suo
cuore, cioè aver uno spirito retto, verso Iddio, ed obbedirGli
integralmente. L'adempimento di queste esigenze del Nuovo Patto è
solamente possibile tramite l'aiuto del Mediatore d'esso Patto e, perciò
è dichiarato che chi ha il Figliuolo può avere la
vita e che colui il quale non prova alcun interesse per il Figliuolo non
vedrà la vita, ma l'ira di Dio resta sopra di lui—Giov.
3:36.—
Quanto esposto, è in pieno accordo con la
dichiarazione fatta che Dio non prova alcun piacere alla morte di colui
che muore ed anche con l'esposizione del Nuovo Testamento
dalla quale apprendiamo "che Iddio vuole che tutti gli uomini
siano salvati e pervengano alla conoscenza della Verità."
Tuttavia le Scritture indicano che coloro i quali respingono la misericordia
divina offerta in Cristo, disprezzano, con ciò, il favore
divino per cui morranno alla
Seconda Morte che è il salario, o punizione del peccato,
che essi hanno preferito alla Giustizia.
Notate, inoltre, che il testo, in esame, indica
semplicemente essere la volontà di Dio che tutti gli uomini siano
salvati dall'ignoranza, dall'accecamento e dalla degradazione che
affransero la razza a causa del peccato adamico. Non v'è qui la
minima allusione ad una salvezza eterna: si tratta semplicemente di
rientrare in possesso di ciò che fu perduto per causa di Adamo: e non si
deve dimenticare che padre Adamo, non ha perduto la vita eterna, poiché,
per quanto possedesse una vita perfetta, libera da ogni elemento
di morte, fu tuttavia piazzato nell'Eden per essere messo alla prova e
vedere se, con la sua
obbedienza a Dio, avrebbe sviluppato un carattere in
armonia con LUI e,
quindi, essere trovato degno
della vita eterna. Quando, dunque, Adamo e la sua razza sono
riscattati dalla maledizione della morte, tale riscatto, redenzione
o salvezza dalla sentenza di morte non conferisce loro la vita eterna, ma
le accorda semplicemente ritornare alle condizioni favorevoli, perdute da
Adamo, ed offre loro una nuova prova alla degnità di vita
eterna.
Questa nuova prova, procurata ad Adamo ed a tutta la
sua razza, in certi aspetti, sarà veramente più
favorevole di quella [426] originale, a causa del grande aumento di conoscenza.
L'uomo ha avuto occasione di discernere l'eccessiva colpabilità del
peccato, ed avra anche quella di apprendere le benedizioni
della Giustizia e della grazia di Dio in Cristo. Questa conoscenza sarà
di gran soccorso a tutti coloro che se ne serviranno lungo
il corso in cui saranno sottoposti al giudicio o nuova prova per
ottenere la vita eterna, nell'èra Millènaria, poiché, durante i
mille anni, il mondo intero andrà in giudizio, o alla prova, davanti al
gran trono bianco, per ottenere la vita eterna.—Apoc. 20:4.
Questa salvezza che libera dalla "maledizione," questa ripresa di
posizione con delle occasioni
favorevoli di conoscenza, è quella che
Dio ha voluta e per cui ha designato come Mediatore fra Lui e
l'uomo, l'uomo Cristo Gesù, che diede sé stesso in riscatto per tutti,
testimonianza che sarà resa al suo proprio tempo.
La dichiarazione che é la volontà di Dio che
"tutti gli uomini siano salvati" dalla sentenza adamica, trova un
parallelo nella dichiarazione fatta dallo stesso Apostolo in Rom.
11:26: "Così tutto Israele sarà salvato." Il pensiero
espresso in questo passaggio, non indica che tutto
Israele sarà salvato eternamente,
ma semplicemente che tutto Israele
sarà salvato
dal suo accecamento, cioè liberato da
quell'accecamento che s'abbatté sul popolo, nel suo
insieme, allorché la nazione riggettò il Messia. Così, il
pensiero del testo esaminato, è ugualmente di ristretta
portata e s'applica solamente al disastro adamico. Iddio vuole che tutti
gli uomini siano salvati, non solo dalla giusta sentenza che
Egli pronunziò e che stroncò la prova di Adamo (Egli ha già
compiuto ciò con la morte del Suo Figliuolo), ma Egli vuole anche che
tutti gli uomini siano liberati dall'ignoranza e dall'accecamento per i quali Satana,
dopo la caduta, ha ottenebrato le loro menti: "L'iddio di
questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell'Evangelo della
gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio non risplenda loro" (II
Cor. 4:4). Iddio
vuole anche che tutti sian liberi dal cumulo dei mali che seguirono al peccato di Adamo e la sua maledizione, onde
pervenire alla conoscenza della verità. Perché vuole Egli ciò? Al
fine che avendo una ben chiara conoscenza della Verità, possano fare
il miglior uso possibile della sottoposizione alla prova per l'ottenimento della vita che il sacrificio (il
riscatto) del loro Redentore ha ottenuta per loro. Per compiere questo
programma—la volontà di Dio—il
Redentore inaugurerà il suo Regno millenario, legando prima Satana (sopprimendo
tutte le influenze malvagie esteriori) e, in
seguito, libererà l'uomo dal suo accecamento come è scritto: "Allora
s'apriranno gli occhi dei ciechi" (Isaia 35:5). Per la stessa
ragione, cioè che la prova sia più favorevole all'uomo, Iddio ha
disposto che questa opera sarà svolta gradualmente in un
migliaio d'anni.
IL
RISCATTO NON OBLIGA LA GIUSTIZIA
Un altro errore risiede nel pretendere che Iddio ora è
tenuto, in omaggio alla Sua Giustizia, di ristabilire ogni
essere umano. Noi troviamo, invece, che Egli non ha contratta alcuna
obbligazione, ma semplicemente venduta la razza al Signor Gesù
Cristo, come abbiamo rilevato precedentemente, Egli "ci
comprò col Suo sangue prezioso." Il Padre celeste non ha assunto alcuna
responsabilità riguardo alla razza; non ha rapporti con essa, né
ha l'intenzione di giudicarne i membri, per riconoscere se saranno o
no degni di ottenere la vita eterna. La Parola ci assicura infatti
che Egli ha rimesso tutto nelle mani del Figliuolo, il quale
avendo comprata la razza, ne è il Signore, maestro, governatore,
possessore, il Giudice, il Profeta, il Sacerdote ed il
RE, ed in armonia col Piano del Padre Egli dispone del potere
che gli viene da tutti questi attributi, per rendere conforme a se
stesso la Chiesa eletta di questa Età dell'Evangelo, la quale dovrà
partecipare alla grandiosa opera, consistente ad illuminare il
mondo ed a restaurare coloro i quali saranno ubbidienti.
Il fatto che il Padre celeste dispose della razza
intiera a favore di nostro Signore Gesù non vuol dire che Egli non
provi alcun interesse per essa, ma ha emanato tali disposizioni per
soddisfare le esigenenze della Sua Legge. Le Leggi divine sono
inflessibili e non tollerano, la minima infrazione né la più
piccola imperfezione, poiché queste leggi sono state codificate per
degli esseri perfetti ed il nostro Padre celeste non ha creato
mai alcunché d'imperfetto. Tutto ciò che ha dell'imperfetto e
peccaminoso è [428] stato originato dalla depravazione che sopravvenne
dopo il completamento dell'opera creatrice di Dio. Se Egli,
dunque, dovesse ammettere il peccato degli uomini ed entrare in
relazione diretta con l'uomo, imperfetto, ciò significherebbe: (1)
che tutti sarebbero prontamente condannati, quali esseri imperfetti ed
indegni di vivere; (2) oppure che Iddio non terrebbe conto
delle nostre imperfezioni e colpe, né le condannerebbe, ma le
perdonerebbe. Or ciò costituirebbe una violazione delle leggi del
Suo Impero. È, quindi, per il bene dell'uomo e per preservare
integre le Sue Leggi, che il Padre ha rimesso tutta la razza nelle
mani di Gesù, il Suo Redentore. Gesù, invece, può trattare con
la razza, in maniera di essere misericordioso (non
"giusto") verso gli esseri imperfetti, avviandoli alla
perfezione, sinquando li abbia condotti, grado per grado sempre più in
alto, alla perfezione, cui si perverrà alla fine del Millennio. In quel
tempo, coloro che avranno obedito al grande profeta, saranno pronti ad essere rimessi
nelle mani del Padre dal Mediatore, poiché saranno giunti alla
perfezione per mezzo di Cristo,
conforme al modello divino, mentre "ogni anima che non
avrà ascoltato codesto Profeta, sarà del tutto distrutta di fra il
popolo (nella Seconda Morte) " (Atti
3:23). Se, dunque, anche con i nostri peccati passati cancellati, noi
siamo messi alla prova dinanzi al tribunale della Giustizia assoluta
del Padre, le nostre imperfezioni
attuali, se dovessero persistere, comporterebbero una
nuova condanna a morte. È per questa ragione che l'Apostolo,
ponendoci in guardia, contro il pericolo di far sfuggire le
mirifiche occasioni che ci sono offerte da Cristo, dichiara: "È cosa
spaventevole cadere nelle mani dell'Iddio vivente" (Ebrei 10:31). Le
disposizioni divine, riguardo ai peccatori, non conoscono
alcuna misericordia, se non in Cristo e per Lui, per la Sua opera di
riconciliazione e di restaurazione, in qualità di Redentore. Al di fuori di queste
disposizioni, la Legge di Dio è la Giustizia rigida,
senza alcuna indulgenza, pronta a distruggere come un fuoco,
tutto ciò che è sozzo.
Chi non può discernere che, se Iddio poteva trattare con i peccatori
e, perdonando i loro peccati poteva accettare i loro migliori
sforzi—malgrado
le loro imperfezioni—non
ci sarebbe [429] stato bisogno di un Redentore, né di un Nuovo Patto
nel Suo sangue? Inoltre, ciascuno dei santi angeli potrebbe,
logicamente, —se volesse—dire:
Iddio ha ben perdonato un peccato nella famiglia umana, quindi, noi
saremo liberi di commettere un peccato e
ci è permesso di contare sulla misericordia divina perché ci sia perdonato
e di sperare che Egli non ci rigetterà, privandoci di entrare
in comunione con Lui. Così, dunque,
tutti coloro che non avrebbero
partecipato al peccato, sarebbero in pericolo di commetterlo, lungo il
corso dell'eternità. Coloro che confideranno in una misericordia
divina, dominante la Giustizia e le Leggi divine, scusanti e perdonanti i loro peccati, constituirebbero un esempio deplorevole
che potrebbe invitare i santi angeli di gustare anche essi
il peccato e, poi, confidare nel perdòno divino. In tali condizioni, non è sorprendente che Iddio, nell'interesse di tutte le Sue sante
creature, e per suo intima soddisfazione, abbia deciso di ammettere
solo la perfezione assoluta in tutte le Sue creature ed, abbia fatto della Giustizia e del diritto la base del Suo Trono —Salmo
89:14.—
NON V'È
ALCUN ALTRO NOME . . . PER IL QUALE
NOI
ABBIAMO AD ESSERE SALVATI
Da questo punto di vista, noi comprendiamo più
chiaramente di prima che ogni misericordia divina verso la razza
decaduta è ottenuta in Cristo e per Lui è che il Padre non
accorda, personalmente o indipendentemente da lui, Suo Figlio, alcuna
misericordia e che "non v'è sotto il cielo alcun altro nome
che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati"
(Atti 4:12). Noi comprendiamo anche che l'opera del Salvatore non è
compiuta semplicemente nel comprare la razza ma che, dopo averla
comprata, Egli la curi come Gran Medico, onde guarirla dalla
malattia del peccato e restaurarla alla vita ed a tutte le perfezioni
della natura umana. Così, eventualmente, mediante l'opera graduale della
restaurazione nel corso dei mille anni del suo
Regno, Cristo completerà la preparazione finale di tutti coloro che
gli ubbidiranno, onde presentarli al Padre alla fine del Millennio.
[430]
Noi, volgendoci allora al nostro Salvatore, a cui è
data "tutta la potenza" per salvare, ci
domandiamo se Egli si propone oppur no di salvare per l'eternità
tutti coloro che ha riscattati, oppure ha fatto delle riserve in proposito.
E
costatiamo che le Scritture espongono chiaramente che
vi sono delle restrizioni: Esse, ad esempio,
ci descrivono l'Età Millenaria come il tempo in cui la maledizione
adamica sarà tolta e non imperverserà più sugli uomini; il tempo in cui non avrà
corso più il proverbio che dice; i padri hanno mangiato l'agresto
e i denti dei loro figliuoli sono restati allegati, "poiché,
in quei giorni ognuno morrà per la propria iniquità;
chiunque mangerà l'agresto ne avrà i denti allegati" (Ger. 31:29,
30). Troviamo anche la dichiarazione, concernente il tempo in cui il
Signore regnerà sulle nazioni" coloro che faranno il male
saranno sterminati" (Salmo 37:9). D'altra parte l'apostolo Pietro,
dopo averci parlato dei "tempi della restaurazione," o Età Millenaria,
dichiara: "ogni anima che non avrà
ascoltato (che non obbedirà) questo Profeta (il Cristo glorificato—capo e
corpo—) sarà del
tutto distrutta fra il popolo" (Atti 3:19-23). Alludendo a questo
stesso tipo, un'altro degli Apostoli dice: "se qualcuno ha
disprezzato la Legge di Mosè egli muore senza misericordia; . . . di quanto
più severa punizione sarà giudicato degno colui che ha
stimato profano (ordinario) il sangue del Patto (sacrificio) per il
quale era stato santificato (reso accettevole a Dio, e che avrà
oltraggiato lo Spirito di grazia (divina)? . . . "È
spaventevole cadere nelle mani dell'Iddio vivente."
"Poiché se noi pecchiamo volontariamente, dopo aver
ricevuto la conoscenza
della Verità (la conoscenza della grazia divina in Cristo, alla
quale Iddio vuole che tutti pervengono ad un tempo stabilito) non
resta sacrificio per il peccato (l'espiazione per il peccato adamico non
coprirà i peccati volontarii contro la luce e la conoscenza),
rimangono in una terribile attesa del giudizio e l'ardore d'un fuoco che
divorerà gli
avversarii" —Ebrei 10:26-31.—
Quì ci è chiaramente indicato che gli avversarii del
Mosè antitipo (il Cristo glorificato) saranno divorati, o
distrutti, d'una maniera più severa di quella adoperata contro quei
che s'opposero a Mosè. Ma coloro che si opposero a Mosè furono
puniti di morte. [431]
Ora, come possono esser trattati più severamente
coloro che si oppongono a Cristo? Noi rispondiamo che la morte
inflitta da Mosè implicava semplicemente il resto della vita
adamica, in godimento dei condannati, ma
non poteva toccare l'essere, l'anima in sé stessa che Iddio si era
proposto di riscattare
e riscattò
effettivamente con il sacrificio del riscatto di Cristo.
Pertanto, colui che, dopo aver avuto conoscenza della sua redenzione,
rifiuterà di obbedire al Mosè antitipo, sarà punito più
severamente, perché perderà, non solo qualche anno della sua vita,
sotto condanna, ma anche la sua anima (essere, esistenza) per sempre e
senza alcuna speranza di ulteriore liberazione, poiché, come lui,
tutti gli avversarii saranno divorati, consumati al pari della stoppia,
delle spine e dei cardi che ingombrano il terreno.
Nella stessa maniera, tutto il Nuovo Testamento
testimonia categoricamente che la Legge di Dio contro il peccato
sarà rigorosamente applicata dal Mediatore: giacché,
eccezioni a questa regola assoluta, riflettono solo i casi d'ignoranza
e debolezze degli esseri umani e noi abbiamo la testimonianza che,
durante l'Età Millenaria dette debolezze e l'ignoranza saranno
spazzate via, dall'opera graduale della restaurazione. Le esigenze
della Legge di giustizia diverranno sempre più strette fino a che,
finalmente, il giudizio, col quale nostro Signore proverà—alla fine
dell'Età Millenaria—a tutti
coloro che resteranno, diverrà severo e cruciale quanto e come
quello del Padre celeste: per cui—in questa
prova—cadranno nella Seconda Morte tutti coloro che
praticheranno il peccato o simpatizzeranno con esso sotto qualsiasi
forma e grado. In definitiva, essendosi realizzata la perfezione cui
saranno pervenuti gli esseri umani degni, sotto l'azione graduale
della restaurazione, le esigenze della
Giustizia saranno rigorosamente conformi a tutte le prescrizioni della
dirittura, nei riguardi di ogni parola, di ogni azione e di ogni pensiero.
Noi possiamo rilevare, anche, che la volontà di Dio
sarà fatta sulla terra, come in cielo, rammemorandoci: (1) che
è per la volontà di Dio che tutti siano liberati dalla
maledizione adamica e perveniamo alla conoscenza della verità; (2) che è
la volontà di Dio che la vita eterna sia data a tutti gli ubbidienti;
(3) che, [432] ugualmente per la volontà di Dio, tutti coloro i quali
disubbidienti "saranno distrutti di mezzo al popolo."
Questo compimento della volontà di Dio avrà luogo anche sulla terra e
niuno potrà impedirlo.
Essendo stato dato il riscatto perché tutti gli uomini
potessero essere liberati dalla trasgressione adamica, certuni
suppongono che si debba attendere ad una restaurazione
istantanea alla completa perfezione della natura umana per il genere
umano. Ma una tale attesa non è né Scritturale, né
ragionevole. Le Scritture non lasciano in nulla intendere che l'opera
della restaurazione sarà istantanea, ma, assolutamente, graduale. La
tendenza alla instantaneità della perfezione assoluta della natura
umana deriva da un falso ragionamento per il quale si suppone che
la razza non potrebbe essere convenevolmente messa alla prova per la
vita eterna, senza essere situata nelle stesse
circostanze favorevoli in cui fu padre Adamo e, cioè,
senza renderla perfetta qual la sua. Noi proveremo che gli uomini
possono ricevere una prova molto più favorevole, mentre sono
imperfetti. I1 falso ragionamento, precitato, suppone che anche le
debolezze e le imperfezioni comuni a tutti, in seguito alla caduta,
costituirebbero degli ostacoli insormontabili, che
impedirebbero ai riscattati di ubbidire alle leggi divine, ma noi vedremo
che Iddio ha sovrabbondantemente provveduto a tutte le esigenze
della situazione. Se, invece, l'umanità, in generale, fosse
ristabilita istantaneamente alla perfezione della natura umana, identica a
quella di cui godeva Adamo, ciò significherebbe per gli
uomini:
(1) Che, assendo degli esseri perfetti, sarebbe
loro richiesta l'assoluta obbedienza alla Legge perfetta di Dio e
niuna scusante sarebbe ammessa, come non lo fu per Adamo, il padre.
Se, in verità, un piccolo numero d'uomini potrebbe passar
favorevolmente una prova del genere, a causa dell'esperienza,
nel presente peccato e delle lezioni apprese sotto tale
esperienza, dobbiamo, tuttavia, ricordarci che la maggioranza
dell'umanità sarebbe in condizione così deficiente, in rapporto
alla conoscenza del peccato e della sua punizione, quanto quella di
Adamo, il padre, poiché il più gran numero degli esseri
umani sono morti [433] nella prima infanzia e gli altri, pur essi numerosi,
sono morti in una ignoranza, relativamente grande, della differenza
fra la diritura e l'iniquità.
(2) Una tale maniera di procedere annullerebbe, in
una larga misura, la grande lezione che Iddio ha insegnata al
mondo, durante seimila anni, per porlo in condizioni di comprendere
quanto sia esecrabile il peccato e debba essere evitato, poiché
finora, in massima parte, gli uomini non hanno, in verità, che
ben poca conoscenza della giustizia. Il corso d'istruzione non
sarà terminato per l'umanità che quando essa avrà ricevuto, durante
il corso dell'Età Millenaria, le lezioni che tratteranno
sotto tutti gli aspetti la saggezza e la profittabilità
nel praticare la giustizia.
(3) Se la razza fosse istantaneamente ristabilita alla
perfezione, sarebbe, praticamente, una nuova razza che avrebbe
perduto—per modo
di dire—tutto il beneficio delle
proprie esperienze, poiché niuno dei membri risuscitati,
con facoltà e poteri perfetti, sarebbe capace d'identificarsi
completamente con il proprio passato essere, che
possedeva delle facoltà e delle capacità impefette. Quanto ai fanciulli,
poi, che non avrebbero giammai avuto della conoscenza, persino la
più rudimentale, sarebbe impossibile identificarli. Se, dunque,
fosse stato tale il Piano di Dio, Egli avrebbe potuto direttamente creare
milioni d'esseri nell'Eden, fin dal principio, e porli alla prova,
in luogo di adottare un piano che, per una restaurazione istantanea,
porrebbe milioni di esseri nelle condizioni, esenti da ogni profitto e
beneficio delle esperienze attuali con il peccato.
(4) Se ciascun individuo fosse reso perfetto
istantaneamente, non vi sarebbe per la Chiesa con il Suo Signore, come
posterità d'Abrahamo, alcuna occasione di benedire il mondo, né
di compiere la missione del "Sacerdozio reale"
(Gal. 3:16, 29). La disposizione presa da Dio
per formare il "Sacerdozio reale," implica la
esistenza di debolezze e imperfezioni in certuni di coloro che i
sacerdoti dovranno aiutare ed istruire. Costoro dovranno anche
accettare sacrificii ed offerte per il peccato, presentati da coloro
che, poi, riceveranno da essi la misericordia ed il perdòno dei peccati.
Non vi sarebbe stato alcun bisogno di formare un tal Sacerdozio,
se il Piano di Dio avesse comportata una restaurazione [434] instantanea al secondo avvento.
(5) Se la restaurazione avesse dovuto essere
un'opera instantanea, perché "il tempo della restaurazione"
avrebbe dovuto essere di mille anni, allorché un anno solo sarebbe stato
sufficiente largamente, per una restaurazione istantanea alla perfezione
umana e per una messa alla prova come quella che subì
Adamo?
(6) Se gli uomini avessero dovuto essere condotti
istantaneamente alla perfezione assoluta, ciò avrebbe
implicato che non vi sarebbe stato più, ormai, alcuna possibilità di
misericordia in lor favore. Essi sarebbero stati senza scusa nei
riguardi di ogni trasgressione volontaria, deliberata e intenzionale:
inoltre ogni individuo, colpevole di tragressione, dovrebbe esser
colpito personalmente, dalla sentenza di morte, come peccatore
volontario. Non vi sarebbe più possibilità di redenzione per coloro; né
sarebbe più, in nulla, come per Adamo, allorché, "per la
disubbidienza di un solo," una razza intera fu coinvolta nella
condanna ed un altro uomo
perfetto divenne redentore d'essa. Nel nostro caso particolare,
ogni individuo sarebbe un trasgressore personale e sarebbe colpito dalla
sentenza di morte. Se si volesse liberare, di nuovo, un trasgressore singolo
dalla punizione, anche di una sola trasgressione,
occorrerebbe una vita, per riscattare la sua vita. Se
vi fossero un milione di trasgressori, occorrerebbero un milione di uomini
perfetti che morissero in sacrificio per i loro peccati. Ma
Dio avendo preso disposizione completa, per tutti in Cristo, non ha
preso disposizione in vista di qualsiasi altro sacrificio per i peccati.
Gli uomini, una volta ristabiliti alla perfezione, mediante Cristo,
non potrebbero pretendere a nulla di più per il merito del suo
sacrificio, poiché tutti avrebbero ricevuto i doni misericordiosi, prestabiliti
ed assicurati dal Suo riscatto. Coloro i quali avrebbero restaurazione
completa, non avrebbero più, da quel momento, alcun diritto a beneficiar
del sacrificio per i peccati.
Ma consideriamo, ora il carattere ragionevole del Piano
divino, circa la restaurazione graduale che progredisce, in
proporzione dello sviluppo della riconciliazione dell'uomo col
Creatore, la sua Legge ed i beneficii di questo Piano per l'umanità:
(1) Tutti, in virtù del riscatto, devono essere
risvegliati dalla [435] morte adamica, come se si svegliassero da un sonno; e
ciò costituirà il primo stadio delle benedizioni connesse
alla restaurazione. Essi saranno, da quel momento, curati e guardati,
sotto la sorveglianza dai membri del Sacerdozio reale, che
l'esperienza del peccato e la vittoria su d'esso, in questa Età
dell'Evangelo, avranno formati e preparati ad essere pazienti e
soccorrevoli, verso coloro sui quali regneranno, quali Re
e Sacerdoti.—Apoc. 5:10.—
L'identità dell'individuo sarà conservata, per il
fatto che egli sarà risvegliato esattamente nelle stesse
condizioni di quelle perdute nel morire. Le diverse tappe
della sua affrancazione progressiva, dal peccato e dalle debolezze
del tempo presente, saranno per lui delle lezioni assai
profittevoli in ciò che concerne il peccato e riguardo
ai beneficii della giustizia. Così, passo a passo il gran Redentore condurrà verso la
perfezione gli esseri umani, che faranno
dei progressi per ottenerla e, ciò, nella proporzione in cui essi
vorranno
seguire questa via. Coloro i quali, invece, non faranno dei
progressi, malgrado tutta la conoscenza e le occasioni che, allora, saranno loro accordate, fino all'età di cento anni, quando,
se disobbedienti, saranno distrutti dinfra i viventi, nella seconda
Morte, senza alcuna speranza d'una restaurazione o di una occasione futura. In effetti, avendo avuta questa occasione ed essendo
pervenuti ad una notevole conoscenza del bene, e del male, essi
avranno respinto la grazia di Dio in Cristo, non tenendo in conto
le istruzioni del Grande Porfeta, ed avranno rifiutato di procedere
lungo il gran cammino della santità (Isaia 65:20; 35:8). Tuttavia, come indica il Profeta, all'età di cento anni, essi potranno essere
considerati semplicemente, come dei fanciulli, poiché tutti coloro,
che s'impegneranno a far qualche progresso, potranno continuare
a vivere almeno, sino alla fine dell'Età millenaria.
(2) In questo procedere, ascendente e progressivo,
lungo il gran cammino della santità, nel corso dell'Età
millenaria, gli esseri umani, per quanto sempre imperfetti, saranno coperti ancora dai meriti del
sacrificio del riscatto, mentre apprenderanno gradualmente
delle lezioni preziose e coltiveranno diversi frutti dello Spirito.
Nell'intervallo, numerose infrazioni, o deviazioni potranno prodursi
ancora, dovuti ad imprudenze o prova di altri metodi, [436] ma esse saranno considerate come delle debolezze
adamiche ed a tal titolo saranno perdonabili per il Sommo Sacerdote.
Pretendere che la perfezione fisica o la perfezione
della conoscenza siano necessarie per una messa alla prova, per
la vita eterna o la morte eterna, significherebbe negare che la Chiesa
sia alla prova proprio in tali condizioni, allorquando tutti
debbono riconoscere che le Scritture affermano il contrario. Delle
perfezioni di tal genere non saranno nulla più essenziali per la
messa a prova del mondo. Gli esseri umani saranno condotti come noi,
dapprima alla conoscenza della grazia di Dio in Cristo,
avanti che alcuna messa alla prova, possa incominciare. E questa
conoscenza Iddio ha promesso che essi l'avranno. Mentre che essi
subiranno la prova, per coprire le loro debolezze ereditarie,
essi usufruiranno dei meriti
di Cristo, il Mediatore del Nuovo Patto e ciò durante il tempo
stabilito per giungere alla perfezione. Solo
avanti la fine del Regno
del Messia gli uomini ubbidienti pervverranno alla perfezione
completa.
(3) Le Scritture indicano che il Millennio è il
Giorno del Giudizio del modo dicendo: "Iddio ha stabilito un giorno
in cui giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo
(il Cristo, Capo e corpo) che Egli ha stabilito" (Atti:
17:31). Se il Piano di Dio
avesse mirato a salvare per l'eternità tutti i membri della razza
adamica, perché s'indicherebbe l'Età prossima qual Giorno del
Giudizio? Giudizio significa messa
in prova, o in esame,
per cui
comporta l'esclusione, o rigetto di coloro che sono stati giudicati
inadatti allo scopo prestabilito e, quindi, all'accettazione e benedizione
di coloro che possono dimostrare d'essere degni. Il Giudizio conduce alla vita eterna o alla morte eterna.
L'impiego del termine "sostituto," molto
comune nel linguaggio del mondo, è servito a crear confusione nei riguardi
del soggetto. In tempo di guerra, allorché un contingente è
necessario ed un uomo è chiamato per servire nell'esercito, a volte,
era autorizzato a cercare un sostituto che lo rimpiazzasse, servendo al suo posto nei ranghi. Egli, fornendo il sostituto, era liberato
da ogni obbligo militare. Questo impiego particolare del termine "sostituto"
nell'ambiente militare si addice
molto bene, nel senso che l'uomo [437] che è accettato dall'ufficiale, come sostituto di
quello da esonerare, deve rispondere alle esigenze fisiche richieste dal
servizio da esplicare; in secondo luogo, occorre che egli stesso non sia
stato chiamato
in servizio, e, di conseguenza, è libero di offrirsi. Questi dettagli
corrispondono al caso che stiamo considerando. Nostro Signore si
offrì per essere il sostituto al posto di Adamo, il padre. Egli
corrispondeva a tutte le esigenze del governo divino, in quanto era, in
ogni maniera, qualificato per essere il sostituto di Adamo. Egli
rispondeva anche all'esigenza di non trovarsi già sotto la sentenza
di morte, allorché prese il nostro posto e, offrendosi da se stesso
fu accettato. Egli aveva una vita libera, da dare per quella,
perduta da Adamo.
Ma quì si arresta l'analogia fra le due sostituzioni,
poiché, nel caso del soldato, la chiamata (o sentenza) rifletteva
prender parte alla guerra ed a quanto a questa era connesso, mentre,
nel caso di Adamo, la chiamata, o sentenza, si riferiva alla
morte. L'armonia in questi due impieghi del termine "sostituto"
finisce nel momento in cui il soldato è accettato e parte per il servizio
nell'esercito: in quanto tale evolversi di atti
corrisponde all'accettazione di Dio dell'offerta di nostro Signore
Gesù ed alla sua partenza verso la morte. Come il nome del saldato,
sostituito, viene cancellato dalla lista dell'esercito ed egli, in
persona, esonerato; così Cristo, entrando nella morte, per Adamo, ottenne
che il nome di costui fosse cancellato dalla lista della condanna divina. Il
parallelo non va più oltre.
Noi agiremo certamente con saggezza nell'evitare—salvo se necessario—d'imporre
questo termine "sostituzione" a coloro che—già
vittime di questo pregiudizio—sorto da
una cattiva comprensione del soggetto, dovessero
trovarsi impediti di accordare tutta l'attenzione
seria e convenevole, richiesta per una efficiente delucidazione.
Tuttavia, noi dobbiamo vegliare in modo speciale nel nostro cuore, a
mantenerci saldamente fedeli al concetto della sostituzione, che
racchiude l'idea del riscatto. Chiunque, dopo aver compreso
bene il soggetto, non crede che Cristo fu il nostro sosti- [438] tuto, non nutre la fede nel riscatto e, quindi, è
privo della fede, la quale giustifica, davanti a Dio.
NON ERA
POSSIBILE UN'ALTRO PIANO
DI
SALVEZZA?
Molta gente che comprende assai imperfettamente il
soggetto del riscatto, tende a discutere ed asserire che non sa
spiegarsi perché Iddio non avrebbe potuto salvare il mondo in altra
maniera di quella adottata con la morte del Suo Figliuolo, quale sostituto
o prezzo di riscatto per l'uomo. Noi rispondiamo, a coloro che sono fra
questa gente, che essi non discernono l'esatto aspetto del
soggetto. La domanda che essi dovrebbero farsi non è quella di sapere se
Dio avesse potuto adottare un altro mezzo, bensì: ha Egli
adottato qualche altro mezzo, o ha Egli adottato il Piano del
riscatto?
Senza alcun dubbio, la saggezza di Dio avrebbe potuto
adottare un altro Piano di salvezza per l'umanità, ma noi
passiamo, ben positivamente, fermarci sul principio che niun'altro
piano elaborato avrebbe potuto essere migliore—rispetto
alla concezione che potremmo formarci col nostro giudizio e la nostra
conoscenza—anche per
l'Onnipotente, in quanto, quello da lui adottato, racchiude tutte le
circostanze ed i risultati che gli si collegano sono stati presi
tutti nelle più giuste considerazioni. Il fatto che Dio adottò un Piano
differente nei riguardi degli angeli decaduti, prova—potremmo
dire—che avrebbe potuto adottare un
piano differente riguardo all'uomo decaduto. Egli avrebbe
potuto procedere con l'uomo nello stesso modo in cui
procedette con gli Angeli ma—come
abbiamo veduto—ciò non sarebbe stato più
favorevole, anzi, avrebbe potuto essere stato meno desiderabile, secondo
il giudizio di molte persone.
C'è da rilevare che la parabola di nostro Signore
sulle pecore ed i capri non s'addice all' èra dell'Evangelo,
ma al mondo del Millennio il quale inizia allorquando "Il
Figliuolo dell'Uomo verrà nella sua gloria"—e siederà
sul suo trono glorioso—quando, secondo la
sua promessa, la Sua Sposa, la Chiesa "eletta" prenderà
parte al suo trono ed alla sua goria—"allora
tutte le [439] nazioni saranno radunate dinanzi a Lui" ed Egli
le giudicherà; e separerà le pecore, ponendole alla destra del suo
favore, ed i capri, alla sinistra del suo sfavore. Questa
separazione e questo Giudizio occuperanno tutta l'Età Millenaria, e, alla
fine, le "pecore" saranno tutte accolte nel favore del
Padre—la vita eterna—ad i
"capri," disubbidienti con il loro capo, Satana, e tutti i malvagi,
saranno puniti con la "distruzione"
eterna, cioè esclusi dalla vita per sempre, distruzione,
che è simboleggiata da uno stagno di fuoco e di zolfo, la Seconda Morte.
Le Scritture indicano il Giudizio di questo gran Giorno millenario,
come un gran trono bianco di purezza e Giustizia. Esse ci
fanno discernere quale sarà la decisione del Giudice: coloro che avranno sviluppato e coltivato, durante questo tempo, lo spirito del
Padre celeste—lo Spirito d'amore—fino
alla perfezione, saranno ritenuti
quali appartenenti al popolo del Signore e riceveranno il "Regno
(regno terrestre), preparato per loro, fin dalla fondazione del
mondo." Gli altri, che, durante questa favorevole opportunità, non
avranno sviluppato, a pieno lo spirito d'amore nel loro carattere,
alla somiglianza di quello del Signore, saranno giudicati come avversarii del Signore e, con Satana, saranno distrutti.—Compulsare
Apoc. 20:9-13.
RISCATTO — SOSTITUZIONE
La dottrina della sostituzione, chiaramente
insegnata nelle Scritture, e saldamente difesa, durante i secoli, dai
cristiani, oggi tende ad essere abbandonata da coloro che credono nel
tormento eterno. Ragionando più logigamente, rispetto al passato,
essi discernono, in generale, che, se il tormento eterno è il salario
del peccato, e, se nostro Signore Gesù ci sostituì nel pagamento
della nostra condanna, ciò implicherebbe che, come nostro sostituto, dovrebbe essere nel
tormento eterno, altrimenti noi non potremmo essere liberati dal
peccato. Questo ragionamento è molto giusto, l'inesattezza è nelle premesse che sono false, poiché il tormento eterno non è il salario
del peccato, né la condanna inflitta a l'uomo. Purtuttavia, nello
spirito di molti, resta un pregiudizio generale contro l'idea della
sostituzione, pur
dopo aver compreso che il salario del [440] peccato è la morte; che nostro Signore poteva essere e
fu il sostituto dell'uomo e che Egli soffrì esattamente ciò che
l'uomo doveva soffrire, nel senso più positivo ed assoluto della
parola. Molta gente ha un pregiudizio contro questo termine "sostituzione" e
chiedono: Si trova adoperato,
nelle Scritture, questo termine "sostituzione"? Se
no, perché servirsene?
Ecco la nostra risposta: Il termine "sostituzione"
è una termine di origine latina, e, quindi,
non è adoperato nelle Scritture che furono scritte in ebraico ed in
greco. Pertanto, se i traduttori delle nostre versioni hanno ritenuto
adoperarlo, hanno agito convenientemente, poiché il termine "sostituzione"
racchiude indubbiamente il
significato espresso nel testo greco che è quello di sostituzione
e sostituto, in varii passaggi. Il fatto, che il termine non si
riscontra, deve semplicemente attribuirsi ai traduttori, i quali non
lo hanno impiegato e, poiché noi ci adoperiamo di penetrare nel pensiero
delle Scritture, espresso nei testi originali, troviamo convenevole che il
termine "sostituto" sia utilizzato, poiché
tutto ciò che è in opposizione all'idea racchiusa in "sostituto"
è ugualmente
in opposizione, con l'idea racchiusa nel termine riscatto. Come diggià
abbiamo rilevato, le Scritture abbondano in dichiarazioni, dalle quali
risalta che siamo stati comprati dal prezioso sangue di Cristo, che ci
ha liberati rimettendo la propria anima alla morte, per pagare il
riscatto della nostra. Che cosa è questo, se non una
sostituzione?
Allorché un qualsiasi oggetto è
comprato, ciò, che
per esso è pagato, è in sostituzione di quanto ricevuto. Ad
esempio, se noi compriamo un pane con un pezzo di moneta, cambiamo essa
per ottenere il pane e, in altri termini, sostituiamo la moneta al pane.
Se un fattore porta un sacco di grano al mulino e riceve,
in cambio, un valore equivalente in farina, il grano è stato
sostituito alla farina e la farina è stata sostituita al grano. L'uno è
un prezzo corrispondente,
un riscatto, un sostituto, per l'altro. É così, nel senso più
assoluto della parola, nostro Signore, l'uomo Cristo Gesù, diede se
stesso alla morte, come un riscatto, sostituendosi nella morte ad
Adamo, il padre (ed alla razza che aveva perduta la vita per
lui); Egli fu un riscatto per tutti,
un sostituto, un prezzo [441] corrispondente. In verità, in questo ultimo esempio, i fatti sono molto
più precisi di qualsiasi altro potremmo supporre, salvo per quello di un
cambio di prigionieri di guerra, per il quale, generalmente, si
procede con grandi minuzie, nello scambio del soldato, per
il soldato; del colonello per il colonello; del generale per il generale:
poiché ogni avversario esige ricevere un prezzo equivalente,
uomo per uomo. La compera del pane con la moneta non è un esempio
così perfetto, poiché il pane e la moneta, per quanto uguali in valore,
non sono della stessa specie. Nel caso della redenzione
dell'uomo Iddio esigé che vi fosse un corrispondente assoluto in natura, in perfezione e sotto ogni aspetto: un perfetto sostituto,
un prezzo perfettamente corrispondente che doveva essere pagato, prima che la razza avesse potuto essere liberata dalla
condanna e sentenza divina.
Anche se volessimo suppore che, per mezzo di tali
piani, Iddio avrebbe benedetti e, finalmente, restaurati un così
gran numero di esseri umani, scorgeremmo altri svantaggi in tal
metodo, cioè (1) quanto più terribile sarebbe stata la
degradazione morale della nostra razza, se essa fosse stata lasciata in
possesso di tutte le sue facoltà mentali e fisiche e se le fosse stato
semplicemente permesso di cadere moralmente! Qual cumulo di peccati può essere
appreso a fondo nel corto periodo di dieci, venti, cinquanta, o cento
anni. E quali abissi di malvagità avrebbero potuto essere scavati e
sfruttati, se gli uomini avessero continuato a vivere con delle
facoltà intatte, durante seimila anni, separati da Dio, ma non
condannati a morte!
(2) Se anche un tal piano di salvezza fosse arrivato a
salvare, eventualmente, lo stesso gran numero di esseri
umani, che salverà il Piano adottato da Dio, esso non ci avrebbe rivelato
allo stesso grado le mirifiche qualità del carattere divino.
(3) Noi discerniamo la Giustizia Divina nella inflizione della pena di
morte, "anche su coloro che non peccarono secondo la somiglianza
della trasgressione di Adamo," ma nacquero semplicemente nel
peccato, furono concepiti nell'iniquità e procreati peccatori per
eredità (Rom. 5:14, 12).
Iddio, così, ci ha rivelato una Giustizia che, in niun senso, liberarà
il colpevole, né accetterà nulla che non sia assolu [442] tamente perfetto. (b) Egli ci ha anche rivelato un amore,
infinitamente più
grande di quello che noi avremmo potuto concepire, altrimenti; un amore
che ci segue e s'impossessa di noi "mentre
siamo ancora dei peccatori," nel pagare
per noi il gran prezzo del riscatto della nostra
liberazione. (c) L'adozione di questo, consistente nel condannare
l'uomo a morte, riscattarlo dalla morte, e—in seguito—al tempo stabilito, restaurarlo,
liberandolo dalla morte, mediante una
risurrezione, diede a Dio l'occasione di estrinsecare la Sua potenza ad un
grado che sorpassa di molto tutto ciò che Egli aveva
creato anteriormente, per quanto mirifico fosse. In
effetti, è incontestabile che occorre un potere più che grandioso
per compiere la promessa divina della risurrezione di milioni d'esseri che
son vissuti e sono morti—facendoli ritornare con la
propria identità, e personalità cosciente di quelle che possedevano e
furono necessarie per la creazione del primo uomo. (d) Dopo
l'intero compimento, questo mirabile Piano rivelerà la infinita sapienza divina
in una tale maniera che niun altro piano potrà
mai uguagliare, rispetto al nostro discernimento. Esso mostrerà
come Iddio conosceva la fine sin dall'inizio e come Egli ha
eseguito ogni dettaglio secondo l'ispirazione della propria volontà,
anche quando gli angeli e gli uomini non comprendevano lo scopo e
le intenzioni delle Sue operazioni ed anche quando gli angeli
decaduti e Satana supponevano di mandare a vuoto la volontà
divina. Egli dimostrerà d'una maniera indubbia che può far
concorrere ogni cosa al bene ed alla realizzazione dei Suoi disegni. In definitiva, Egli dimostrerà che la Parola, uscita dalla Sua
bocca non ritorna a vuoto, senza aver compiuto quello che Egli
vuole e menato a buon fine ciò per cui l'ha mandata—Isaia 55:11.—
Inoltre, se riguardo all'uomo, Iddio avesse seguito
lo stesso piano, adoperato per gli angeli che peccarono, o
tutt'altro concepibile, giammai avrebbe offerta un'occasione così
splendida per l'elezione della Chiesa dell'Evangelo, che deve
essere il Corpo di Cristo. Egli non avrebbe avuto, in effetti, la
stessa occasione mirifica, per il Logos, d'essere provato, dimostrare
la sua fedeltà e la sua obbedienza al Padre
celeste, per essere, poi, sovranamente [443] elevato e reso partecipe della natura divina. Non
avrebbe nemmeno avuto occasione il "piccolo gregge" di
riscattati di seguire le orme del Maestro. E, finalmente, noi vediamo che
queste lezioni non sono destinate alla sola umanità, ma anche a
tutte le creature intelligenti di Dio su ogni piano d'esistenza. Queste lezioni non serviranno
solo per qualche secolo, ma per tutta l'eternità.
"O profondità della ricchezza e della sapienza
e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizii, e incomprensibili le
sue vie! Poiché: Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O
chi è stato il suo consigliere? .
. . Poiché da Lui, per mezzo di
Lui, e per Lui son tutte le cose!
A Lui sia la gloria in eterno. Amen —Rom.
11:33-36.—
SALMO 119:107
Il Salmista prega: "Io sono sommamente
afflitto; o Eterno, vivificami
secondo la tua Parola."
Questo testo suggerisce il concetto che le afflizioni sono
intese a cercare nella Parola
di Dio, conforto, forza ed ispirazione. A mezzo
del nostro accresciuto apprezzamento
della gioia, predispostaci dall'Evangelo,
siamo dotati della forza
necessaria, per sopportare i continui sforzi e sacrificii, e considerarli
solo una leggiera afflizione.
Così siamo vivificati a più grandi
sforzi ed alle prove di fedeltà,
mentre l'amore di Cristo ci costringe
e ci abilita a poter dire col
Salmista: "Io non dimenticherò mai i tuoi precetti, perché per
essi tu mi hai vivificato" (Salmo
119:93). |