Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
4
IL MEDIATORE
DELL’AD - UNA - MENTE
SANTO — INNOCCENTE — IMMACOLATO
“Chi puo trarre una cosa pura da una impura?
Nessuno” (Giobbe
14:4)
“È stato manifestato per togliere i peccati; e in
lui non c’e peccato.”
“A noi conveniva un sacerdote come quello, santo
innocente, immaculato, separato dai peccatori” ( 1Giovanni 3: 5; Ebrei
7: 26).
Le due succitate dichiarazioni scritturali appaiono in
conflitto l’una con l’atra. La
prima, in armonia con le nostre esperienze, concerne tutta la posterità
adamica affetta dal virus del peccato, dalla sorgente avvelenata; la
seconda dichiara che nostro Signore Gesù fu, come uomo, diverso dagli
altri uomini e, cioè, irreprensibile, immacolato, innocente.
Giacchè l’intera teoria dell’Espiazione
(AD-UNA-MENTE), presentata nelle Scritture, richiede che, per necessità,
il nostro Redentore debba essere un uomo irreprensibile, della nostra
razza, ma separato da essa, ne consegue che tale assunto assuma
grande importanza, nella mente dei saggi pensatori, d’infra il popolo di
Dio, E come Iddio, nel
caso di Gesù, compì ciò che è impossibile all’uomo e in accordo con
la profezia di Giobbe, 14: 4?
Questo capitolo si propone il compito di esporre il
modo in cui l’ordinamento divino compì la necessaria creazione d’un
membro della razza—separato dalle sue colpe, per essere loro di riscatto
—onde dare un prezzo corrispondente per il primo uomo perfetto, il di
cui peccato e maledizione macchiò la razza.
Ora, noi, non perchè riteniamo essenziale per la fede
e per la salvezza del discepolo — insegnato da Dio — una conoscenza
del come, ma per neutralizzare gli effeti della critica deleteria (ragionevole
od irragionevole) del presente giorno, poniamo in luce la Verità,
identificata nell’Espiazione, onde rinforzarla e raggiungere lo scopo
che il popolo di Dio possa resistere agli assalti [84] dell’avversario,
contro la dottrina del riscatto, propagata dai pulpiti, dalla stampa e dai
confessionali.
La dichiarazione biblica circa Gesù, esente dalla
macchia del peccato originale, fu abbastanza soddisfacente per i suoi
santi dei secoli passati; ma ora, come “nutrimento del proprio tempo”
per la famiglia della fede e, data l’attestazione scientifica e
filosofica di quanto è detto sul soggetto nella divina Parola, e si può
dichiarare che l’asserto è in perfetta armonia con “le leggi della
natura.”
La Chiesa cattolica romana, nella sua dottrina dell’
“Immacolata concezione di Maria,” si prova a stabilire fede nella
madre di Gesù, come immaculate, senza macchia e perfetta,. Per provare
che Gesù poteva nascere puro, immacolato e separato dai peccatori. Ma tale teoria non è accettabile.
Noi ammettiamo che la madre di Gesù discendeva dalla
progenie di Adamo, nello stesso senso che tutti ne discendono.
Di conseguenza, derivando dalla razza adamica, ne ereditò le
debolezze e le colpe, come gli altri e l’enevitabilità di sottrarsi
alla sentenza della morte. Perciò
possiamo asserire che solo “l’uomo Cristo Gesù” costituì l’unica
eccezione.
È bene non dimenticare che la cura della divina
provvidenza, per i figliuoli dell’uomo, spesso viene dimostrata in
alcune provvidenziali eccezioni alle regole, stabilite per natura e dalla
natura. Ad esempio:
è ben noto, per esperienza e
pratica secolare, che il calore dilata i corpi, mentre il freddo li
contrae. Intanto, per la
provvidenza divina, l’acqua fa eccezione a questa legge di natura, in
quanto, nel gelarsi, si espande. Se
dovesse seguire il corso regolare di contrazione nel gelare, formerebbe
dell’acqua dei fiumi tanto ghiaccio, da farlo scendere nei greti dei
fiumi, impedendone il corso e la distribuzione delle acque, che
diverebbero una massa di ghiaccio, che nemmeno l’estate riuscirebbe a
liquefare del tutto. Lo
stesso avviene nel campo dei minerali, per l’antimonio.
Se esso, secondo le leggi della natura, si dilatasse al calore,
sarebbe impossibile produrre una stampa chiara ed intagliata, come
l’otteniamo miscolando questo minerale, che neutralizza la dilatazione
del [85] metallo, allorchè la gradazione del calore la effettuerebbe.
Così la sola speranza, per l’umanità, restava in
una eccezione infra la razza corrotta per il peccato — in un riscatto,
una salvezza, sotto la divina provvidenza.
Con tale presupposto, procederemo ad esaminare come il Logos,
“fatto carne” — “nato da una donna, dalla progenie di Abrahamo”
— risultò immacolato e senza macchia e, quindi, in grado di poter dare
un riscatto accettevole a favore di Adamo e della sua razza.
La Bibbia insegna che l’esistenza, —
l’energia vitale, l’essere — è data dal padre e non dalla madre.
Questa riceve il germe vitale dall’uomo e lo accoglie nel suo
ovulolo (o cellula nucleare) con la quale, nel periodo di gestazione si
forma il corpo del nascituro, che ella nutrisce e porta alla completazione
di un’esistenaza che potrà venire alla luce.
Il termine “padre” sta ad esprimere il significato
di “donatore di vita.” Perciò
Iddio fu il Padre, o donatore di vita, mentre la terra fu la madre di
Adamo e, quindi di tutta la razza umana —Luca 3: 38. — L’organismo
di Adamo provenne dalla terra (che, quindi, gli fu madre); mentre la
scintilla della vita, che lo fece divenire uomo, gli fu data da Dio, per
cui fu suo padre, o donatore di vita, ed ha tramandato, al maschio della
razza, la potenza di trasfondere la scintilla di vita alla sua progenie.
In armonia a questo basilare principio,
la Bibbia ensegna che i figliuoli appartengono al padre loro, ma
nascono dalla madre (Genesi 24: 7): perciò i figliuoli di Giacobbe,
enumerando i figliuoli dei figliuoli, quando scessero in Egitto, furono
settanta, E queste settanta
anime, o esseri viventi — come ci è indicato nella Genesi, 26:27 ed in
Esodo 1: 5 — vennero tutti fuori dai suoi lombi. Lo stesso è detto di Salomone, che uscì dalle viscere di
Davide (1 Re 8: 19; 2 Cronache 6: 9); dell’Apostolo Paolo e
degl’Israeliti, in generale, che uscirono dal seno di Abrahamo; di Levi,
di cui è scritto “che era ancora nei lombi di suo padre, quando
Melchisedec incontrò Abrahamo” (Ebrei
7: 5, 10). E, così, tutta la famiglia umani sorse da Adamo, loro padre,
e per mezzo di Eva, loro [86] madre; ma non da essa. Perchiò è scritto che “in Adamo tutti muoiono” e non in
Eva. Di conseguenza,
l’intera razza umana, provenuta da Adamo, fu provata nella sua prova;
condannata per la sua mancanza; sottoposta alla sua sentenza.
Quanto insegna la Bibbia, in proposito, fa parte delle
conclusioni scientifiche, circa la gestazione e la generazione, il cui
processo, oltre al genere umano, è anche quello di tutti i mammiferi.
Ormai, gli scienziati hanno classificate innumerevoli e conclusivi
dati di fatto, per i quali è attestato che, nella natura, la vita — o
l’essere — proviene sempre dal maschio.
Una prova evidente c’è illustrata dall’uovo che
depone la galina. Essa lo
forma ma, quando lo porta alla luce, se preventivamente non è stato
fecondato dal gallo (il maschio) col germe di vita, non può essere covato
e dar vita al pulcino.
L’uovo contiene tutti gli elementi con i quali deve
formarsi l’organismo (torlo ed albume, racchiuso nel guscio, che lo
protegge), ma, qualora non ha avuto e racchiuso il germe vitale, nello
staccarsi dalle ovaie, si formerà lo stesso, ma non potrà essere covato
perché è sterile.
L’uovo, che è covato dalla gallina, quando ha
ottenuto dal gallo il germe vitale (spermatozoo), corrisponde all’ovulo
umano, e a quello dei mammiferi, che si forma e sviluppa nel grembo della
madre che, poi, lo partorisce.
Da questa armoniosa testimonianza della Bibbia,
convalidata dalla scienza, è stata tratta la deduzione logica, per la
quale è notorio che, se il padre è di costituzione fisica e mentale
perfetta, anche il figliuolo lo sarà, poiché è stato provato che, anche
in condizioni ambientali poco favorevoli, un germe di vita, inoculato
nell’ovulo femminile, produrrà (qualora il maschio non è affetto da
malattie) un embrione tanto vigoroso e rigoglioso da essere capace di
assimilare tutti gli elementi nutritivi ed eliminare quelli cattivi,
neutralizzandoli, o rigettandoli, mediante la perfetta funzionalità
trasmessagli dal padre. Al
contrario, nella proporzione in cui il germe vitale è imperfetto, l
‘embrione si svilupperà con [87] quelle deficienze ed imperfezioni, per
le quali non si troverà in
condizioni di assimilare e selezionare gli alimenti che la madre gli
fornisce nella gestazione e, poi, con l’allattamento: e, così, sarà
preda di ogni specie di malattie.
Il vecchio proverbio: “ciò che è cibo per un uomo
può essere veleno per un altro” risiede proprio sui particolari
inunciati. In effeti, un
individuo che possiede un apparato digerente, in perfetta efficienza, può
nutrirsi con cibi che ucciderebbero un altor con un apparato difettoso:
poiché quello perfetto estrae la parte buona del cibo ed elimina la
cattiva, mentre quello imperfetto, inabilitato a compiere tale selezione,
avvelena il suo organismo, fino ad ammalarlo.
Ora, però consideriamo che niuno della decaduta razza umana
possiede un’assoluta idoneità nel difendere l’imperfetto organismo
dalle miriadi di microbi che minano il suo organismo, nel quale
s’insinuano per mezzo dei cibi, delle bevande e dell’aria stessa.
Perciò niuno può nascere perfetto nè può mantenersi a lungo
immune dalle malattie, che minano le parti più delicate dell’organismo,
sino a privarlo di quel sineronismo degli organi, conducendolo al
disfacimento e, quindi, alla morte. Da
ciò si rileva che, se fosse stata solo madre Eva a peccare, la razza
umana non sarebbe stata sottoposta alla morte e, se Adamo fosse rimasto
perfetto, la sua progenie sarebbe nata senza alcuna colpa.
Se la sentenza di morte fosse stata inflitta a madre Eva solo,
l’imperfezione sua non sarebbe stata tramandabile alla progenie, che,
essendo perfetta, sarebbe stata in grado di neutralizzare ogni elemento
dannoso col quale avesse potuto avere contatto.
Supponendo, invece, che avesse peccato solo Adamo ed Eva no, la
condanna a la morte adamica avrebbe colpito ugualmente l’umanità intera:
poiché la perfezione dell’ovulo materno non sarebbe stata
sufficiente ad eliminare le difettuosità del germe vitale.
Di qui, dunque, si rileva l’appropriatezza della dichiarazione
scritturale per la quale apprendiamo che “in Adamo tutti muoiono” e
che, “per la disubbidienza di un uomo . . . la morte passà su tutti
loro” (1 Corinzi 15: 22;
Romani 5: 12, 19). [88]
Quale meravigliosa similitudine esiste fra il primo e
secondo Adamo e l e sue spose. Siccome
la morte della razza non dipese da Eva, ma da Adamo, la redenta razza
umana non può essere restaurata a vita dalla Sposa di Cristo (la Chiesa),
ma da Gesù il Redentore, pur avendo il favore divino preordinato che la
Sua Sposa condividerà l’opera di restituzione all’umanità di
“quello che fu perduto.”
Essendo stata la sorgente (Adamo), contaminata dal
peccato e dalla morte, niuno della sua posterità avrebbe potuto liberarsi
dalla contaminazione, perché è scritto “chi potrebbe portare una cosa
pulita fuori dalla contaminata? Niuno.”
Questo versetto deve essere inteso in riferimento all’uomo, e non
alla donna, poiché niuno, venuto fuori dalla sorgente contaminata, può
essere pulito. Perciò
leggiamo: “. . . non v’è alcun giusto, neppure uno” e “nessuno può,
in alcun modo, redimere il fratello, nè dare a Dio il prezzo del riscatto
d’esso” ( Romani 3: 10; Salmo 49: 7).
È ben noto che la mente della madre, lungo il corso
della gestazione, esercita una notevolissima predisposizione sui suoi
figliuoli ad indirizzarli al bene o al male.
Vi sono molti casi, denominati comunemente “voglie” per i quali
la madre, lungo il corso della gestazione, esercita un’influenza mentale
o fisica sulla formazione dell’embrione.
Se un embrione,
generato da un perfetto germe vitale, possa essere danneggiato — e come
e quanto — a noi non è dato conoscere, né esistono dati atti ad
affermazioni o negazioni di sorta. Del
resto, non è necessario avere tale conoscenza nella trattazione di questo
argomento, poiché non fu sotto tali condizioni che “l’uomo,
Cristo Gesù, nacque.”
La Bibbia pone chiaramente in rilievo:
(1)
che il Signore scelse per madre di Gesù una donna santa
“benedetti fra tutte le donne,” la quale fu “favorita dalla Grazia”
(Luca 1: 23, 30, 42);
(2) Maria
fu piena di fede e di gioia del Signore, per divenire strumento nel Suo
Piano;
(3) non
dando importanza — o vergognarsi — di Giuseppe, op- [89] pure dalla
maldicenza del popolino, ella visse gioiendo in Dio, dicendo:
“l’anima mia magnifica al Signore e lo spirito mio
esulta in Dio, mio salvatore” (Luca
1: 45-47). Da ciò duodecimo
che la mente della madre di Gesù non fu antagonistica al suo perfetto
sviluppo, ma concorse al buon risultato.
Ne consegue che il solo ostacolo, nel generare un uomo perfetto da
un’imperfetta, ma buona e volenterosa madre, sta nella mancanza del
perfetto padre, in grado di fornire un germe di vita perfetto.
Perciò la consistenza degl’insegnamenti scritturali risiede nel
pòrci in risalto che Gesù costituì una perfetta vita (non la
sorgente di Adamo), trasferita, per la potenza divina, da una preesistente
condizione a quell’embrionale stato umano, nascendo “santo” (puro e
perfetto), benché da una madre imperfetta (Luca 1: 35).
Così Gesù, per quanto concepito da madre condividente le
condizioni imperfette della razza umana, nacque immune da ogni
imperfezione, come risulta, non solo dalle Scritture, ma anche dalle
deduzioni scientifiche. Infatti,
degli scienziati stanno dimostrando che, per quanto la vita, —
l’essere — viene dal padre, l’otganismo e la natura viene
dalla madre.
Le prove scientifiche, a tal riguardo, sono un pò
oscure ed inintelligibili per una mente ordinaria: poiché la sapienza
divina ha separate non solo le varie nature, ma anche — in una larga
misura — le ha delimitate in modo che non possono superare stabiliti
limiti, senza perdere il vigor fecondativo.
Una illustrazione comune di tale concetto la possiamo trovare nel
mulo che, per l’incrocio di due nature diverse, risulta un “ibrido”
che non possiede la potenza fecondatrice.
La convinzione generale che, la forma e la natura del
neonato proveniva dal maschio, non è più condivisa dai più moderni
studiosi dei fenomeni biologici. Essi
sono d’accordo nel convenire che la femmina dà sia l’organismo
che la sussistenza. Infatti,
essa da tutto, eccetto il germe di vita, che è dato dal padre, il
donatore di vita.
Citiamo, in proposito, ad illustrazione, l’impropria
unione delle [90] “figliuole degli uomini” con “gli angeli,” i
quali “non serbarono la dignità primiera”
(Genesi 6: 2-4; Giuda 6: 2; 2 Pietro 2:4). Questi angeli assunsero la forma umana, ma, essendo di
vitalità perfetta, gererarono figliuoli di gran lunga superiorI, in
acutezza mentale e forza fisica, a quelli appartenenti alla decaduta razza
di Adamo, per cui la storia ci rivela che “essi furono gli uomini
potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi,” Rammentiamoci
adesso che questi esseri famosi nacquero da madri imperfette e morenti,
mentre furono generati da padri perfetti e vigorosi.
La morente razza adamica si sarebbe trovata in grandi
difficoltà nella convivenza con la superiorità fisica ed intellettuale
di questi giganti, figliuoli degli angeli decaduti, nuova razza che non fu
mai riconosciura da Dio, né per prova, né per condanna alla morte.
Fu, perciò, un atto di mercede il misconoscimento della loro
esistenza e la distruzione che effettuò di essi con il diluvio, salvando
per il nuovo buon principio della razza, soltanto Noè e la sua famiglia:
poichè Egli trovò Noè “uomo gusto ed integro,” perfetto nella sua
“generazione,” in quanto la maggioranza della posterità d’Adamo era
grandemente contaminata e che, più o meno, una nuova razza stava per
sorgere dall’unione delle figliuole degli uomini con gli angeli in forma
umana. E diciamo nuova razza,
poiché la nuova vita e vigor proveniva dai nuovi padri.
Tanto grande era divenuta la fama di questi giganti,
che ci è stata tramandata, con più o meno chiarezza, nelle mitologie
pagane, fino ad oggi, con il rilievo circa la paura che essi incutevano
— centinaia d’anni dopo — la loro distruzione avventuta col diluvio
— agli Israeliti, cui si asseriva falsamente, che alcuni d’essi erano
ancora viventi. — Numeri 13: 33. — Non v’è dubbio che, nella terra
di Canaan, vi siano stati dei giganti, poiché ci è riportato in alcuni
passi biblici, però non sono stati denominati mai giganti, salvo
in alcuni cattivi rapporti.
Un’altra illustrazione circa la vita data dal padre,
e l’organismo (la natura) dalla madre, ce la dà l’Eterno che, pur
essendo di natura divina, ha generato figliuoli di varie nature, Egli è il padre [91] (donatore di vita) di tutti i suoi
figliuoli di natura angelica (Giobbe 2: 1; 38: 7; Ebrei 2: 9); dei
figliuoli di natura umana (Luca 3: 38); e, ancora, delle “nuove
creature,” le quali, nella prima risurrezione, saranno fatte partecipi
della sua propria natura (2 Pietro 1:4).
L”energia dell’Eterno, operante su elemeni ti terreni,
produsse l’uomo e gli altri animali inferiori, mentre quella, operante
su elementi spirituali, produsse e sviluppò gli Angeli (Genesi 2:7: 1
Corinzi 15: 47).
Allorché Iddio volle darci una chiara concezione circa
il generamento delle nuove creature alla natura divina, Egli ce li presentò
come generati dalla promessa nel seno del Patto, che fece con
Abrahamo: patto che è
simboleggiato da una donna, Sara. E
ci dice che, come Isacco — figliuolo della promessa (per mezzo di Sara),
fu l’erede di Abrahamo; così, anche “voi, fratelli, siete figliuoli
della promessa, nella maniera di Isacco”
(Galati 4: 23-31). Così
essendo figliuoli della promessa, sono figliuoli di Dio e della promessa
che Egli fece a Sara (1 Pietro 1: 3, 23; 2 pietro 1: 4).
Lo stesso principio è illustrato dal fatto che, nella tipica
dispensazione giudaica, il figliuolo meritava le benedizioni ed i
privilegi dal padre, e, ciò secondo il favore e la posizione goduta dalla
madre. In tal modo, è di
nuovo dimostrato che la natura, i diritti ed i privilegi della madre vanno
al figliuolo, ma non necessariamente quelli del padre (Genesi 2: 10; Esodo
21: 4; Galati 4:30).
Le succitate prove sono avvalorate dal fatto che Gesù
nacque da una donna. “L’essere
Santo,” nato da una donna, partecipò alla natura della donna, natura
umana, in quanto tratto dalla terra e, quindi, torreno.
Benché conservasse tutta La purità e perfezione della sua pre-esistenza
spirituale, il germe della vita fu trasferito e partecipò (in armonia con
la legge della natura) alla natura della madre e fu “fatto carne.”
perché “nato da donna.” Eppure
“quell’essere santo” non fu della razza imperfetta, ma “procedette
e venne da Dio” (Giov.
8:42; Galati 4:4).
Ancora in armonia a questo principio, rileviamo che Gesù,
per [92] quanto, da allora sia stato sovranamente innalzato alla natura
divina, — e non è più un umano — tuttavia di Lui nelle Scritture è
dichiarato che “sarà il Donatore di vita” o “padre” di tutta la
razza umana e, nello stesso tempo, è presentato che l’opera sua, a prò
di essa, consisterà nel restaurarla alla perfezione della natura
umana che perdette a causa del peccato di Adamo.
Così mentre Egli “padre” o donatore di vita, del genere umano,
sarà nele sfere spirituali al Piano divino, i suoi figliuoli saranno
sulla terra, nel piano umano, nati sotto il Patto di restaurazione,
illustrato da Ketura, la terza moglie di Abrahamo.
Riesaminando il nostro soggetto, rileviamo che la
“miracolosa” nascita di nostro Signore Gesù, perfetta, immaculata, da
una madre imperfetta, non fu contraria all’usuale procedimento
dell’ordinamento divino, ma in piena armonia con esso.
Infatti, comprendiamo che il padre Adamo nacque perfetto perché
gererato da Dio, benché la madre (la terra) fosse ancora imperfetta, ad
eccezione d’una piccola parte d’essa (il giardino dell’Eden), che fu
in modo speciale preparato a proposito.
Le Scritture ci assicurano che allora nostro Signore
ebbe un’esistenza preumana, il cui principio vitale fu trasferito nel
seno di Maria, onde nascesse “Santo, innocente, immacolato,
separato dai peccatori.” Precisamente
quell’Uno che ci “necessitava” e adatto per il bisogno della nostra
razza, idoneo ad essere accetto dalla giustizia divina come “prezzo
del nostro riscatto.” E,
essendo stato fatto sommo Sacerdote dell’umanità, sulle cose che
appartengono a Dio, sarà abilitato alla compassione verso i deboli e gli
afflitti, avendo Egli stesso “preso le nostre infermità, e portate le
nostre malattie” —(Matteo 8: 16-17; Ebrei 7: 26).
Ed ora passeremo alla considerazione del modo per cui
fu senza peccato, pur essendo “fatto simile ai suoi fratelli.” [93]