Serie 5 -
Ad Una Mente
Fra Dio E L'Uomo
STUDIO
5
IL MEDIATORE DELL’AD-UNA-MENTE
FATTO IN OGNI COSA
SIMILE AI SUOI FRATELLI
“Fatto in ogni cosa simile ai suoi fratelli”
“Laonde Egli doveva essere fatto in ogni cosa simile
ai suoi fratelli,affinchè diventasse un misericordioso e
fedele sommo
sacerdotal nelle cose appartenenti a Dio”
(Ebrei 2:17)
Sulle varie dichiarazioni bibliche, circa la relazione
di Gesù con l’umanità, vi sono due punti di vista popolari, l’uno
opposto all’altro, ma in un terzo, per mezzo dell Scritture, essi
possono conciliarsi in un santo ragionamento.
Uno di tali punti — del tutto falso — pretende che
Gesù sia l’Onnipotente Iddio, l’Eterno, il quale, contenuto in un
essere di carne, in realtà, non percepiva le sofferenze umane, nè era
soggetto alle tentazioni o attrazioni che lo circondavano; l’altro che
fu un uomo peccatore come gli altri, partecipante a tutti i mali della
razza, ma che seppe, meglio degli altri, riuscire a combattere e resistere
alle emozioni e tentazioni del peccato.
Noi ci proveremo di dimostrare che entrambi, questa
teorie sono false e che la verità, fra esse, risiede nel fatto che il
“Logos, essendo in forma di Dio,” un essere spirituale, quando si
“fece carne” fu realmente un uomo, “l’uomo Cristo Gesù,
separato dai peccatori,” un uomo perfetto, preparato ad essere “il
prezzo corrispondente,” per il riscatto del primo uomo perfetto, la di
cui caduta travolse tutta la razza umana, che, sempre tutta, usufruirà
della redenzione.
Per smantellare queste erronee concezioni,
esamineremo le varie Scritture sul soggetto, per provare come sono state
distorte e male usate nell’intento di affermare che nostro Signore Gesù
fu imperfetto e soggetto alle stesse passioni della decaduta razza.
Noi riteniamo che, se ciò fosse stato, sarebbe stato impossibile
per Lui — come lo sarebbe anche per noi — di mantenere e perfezionare
tutte le parti della legge divina, la quale è la pienezza [94] della
perfetta capacità umana, assai al disopra delle capacità di qualunque
uomo che non è perfetto.
Così, il fatto che nostro Signore Gesù fu senza
peccato compiacque al Padre, che lo accettò come offerta al peccato —
prezzo di riscatto per Adamo e la sua razza — prova indirettamente
quanto noi riteniamo e che la Bibbia insegna efficientemente, Di quì,
rifulge la verità insita nella chiara dimostrazione che Gesù nacque
perfetto e senza macchia.
I fratelli di Gesù, invece, non furono immacolati, nè
separati dai peccatori. Allora,
come potè essere “fatto in ogni cosa simile ai suoi fratelli” ed
essere “separato dai peccatori?”
La risposta risiede nel fatto che i componenti dell’umanità, i
peccatori in generale, non sono quelli, quì riferiti come “suoi
fratelli.” Infatti,
l’uomo Adamo fu un figliuolo di Dio alla sua creazione e sino al tempo
della sua trasgressione (Luca 3:38).
Solo coloro che sono “sfuggiti alla condanna che è sul mondo”
sono entrati nell’armonia con Dio, per mezzo di Gesù Cristo e,
biblicamente, autorizzati a considerarsi “figliuoli di Dio”
(Giov. 1:12); gli altri sono designati quali “figliuoli d’ira”
(Efesi 2:3) ed il Signore d’essi dice:
“Voi siete progenie del diavolo, ch’è vostro padre, e volete
fare i desiderii del padre vostro”
(Giov. 8:44). Gesù
non si reputò mai come uno dei figliuoli del diavolo e neanche come uno
dei “figliuoli d’ira,” ma dichiarò che egli “procedette dal
Padre,” e mai riconobbe come suoi fratelli alcuni di quelli che erano
ancora “figliuoli d’ira.” I
soli, riconosciuti come “fratelli del Signore” sono coloro che,
essendosi allontanati dalla condanna che è nel mondo, sono stati condotti
vicino al Padre, per mezzo del sangue di Cristo, ricevcendo “lo spirito
di adottazione” nella famiglia di Dio e la promessa di completa “figliolanza,”
alla instaurazione del Regno (Romani
8:15-23; Galati 4:5). Costoro,
essendo stati giustificati, sono riconosciuti liberi dalla colpa adamica e
costituiti giusti, per mezzo del sangue di Cristo, al pari di nostro
Signore Gesù ed i “suoi fratelli,” sulla stessa base di favore divino
e separazione dal mondo. Di
questa classe di consacrati Gesù disse: [95] essi non sono del mondo,
come io non sono del mondo” — e ancora — “Io v’ho scelti di
mezzo al mondo” (Giov.
17:16, 15:19).
Sotto tale aspetto risalta che nostro Signore fu
“fatto simile ai suoi fratelli, esattamente in tutti i particolari:
onchè i “suoi fratelli’ furono in tale stato al tempo in cui
Egli abbassò se stesse e divenne carne.
Egli non aveva fratelli a quel tempo, ad eccezione di questa classe
che era predestinata da Dio (Efesi
1:5-11; Romani 8: 9). Per il
divino ordinamento, Iddio antevide che Egli poteva essere giusto e
giustificare coloro della razza decaduta i quali avrebbero accettata la
Sua grazia per mezzo di Gesù, non imputando a loro i propri peccati, ma a
Colui che fu “crocifisso sulla croce per i nostri peccati,”
Iddio preordinò il suo proposito di chiamare fuori la Chiesa,
durante l’età dell’Evangelo, i riconosciuti fratelli di Cristo, per
costituirli “coeredi con Lui” ad una eredità incorruttibile, senza
macchia, che non si appassisce ed è conservata nei cieli.
In vista di questo Piano preordinato, fu predetto a
mezzo dei Santi Profeti, che tutti i componenti di questa classe saranno i
“fratelli di Cristo.” E,
profeticamente, Gesù è presentato nel dire al Padre: “Io annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in
mezzo all’assemblea (Chiesa)”
— (Salmo 22:22; Ebrei 2:12). Nel
divino programma, infatti, era stato stabilito che nostro Signore sarebbe
stato non solo il Redentore del mondo, ma anche il modello die fratelli”
che devono divenire i suoi coeredi, nel realizzare questo divino programma;
perciò fu trovato adatto che in tutte le Sue prove ed esperienze fosse
stato “fatto in ogni cosa simile ai suoi fratelli.”
“IN OGNI COSA È STATO TENTATO COME NOI,
PERÓ
SENZA PECCARE”
(Ebrei 4:15)
Da questa citazione rileviamo che Gesù non fu tentato
su tutti i punti, com il mondo è tentato ma “come noi, suoi seguaci.”
Egli non fu tentato lungo la linea d’appetiti depravati e
peccaminosi, ereditati dalla parentela terrena; ma essendo santo, inocente,
im- [96] macolato e separato dai peccatori, fu tentato lungo le stesse
linee come i suoi seguaci, durante l’età dell’Evangelo, che
camminarono non secondo la carne e le sue insufficienze, ma secondo la
loro nuova volontà e nuovo cuore (Romani
8:4, 2; Corinzi 5:16; Giov. 8:15.)
Quanto esposto è molto chiaro, nella tentazione che
Gesù sostenne nel deserto, subito dopo la sua consacrazione e battesimo
nel fiume Giordano (Matteo
4:1-11).
(1) La
prima tentazione di Satana consitè nel suggestionare Gesù ad usare il
usare il potere, ricevuto al Giordano, per i soui bisogni, cambiando le
pietre in pane.
Questa non fu una tentazione che si sarebbe potuta
classficare fra le infrazioni derivanti da imperfezioni ereditarie.
Gesù era stato, per quaranta giorni digiuno nel deserto, studiando
il Piano di Dio per deteminare — sotto l’illuminameto dello Spirito
Santo, ricevuto al battesimo — quale avrebbe dovuto essre il proprio
corso di vita, atto a compiere la missione per la quale era stato mandato
nel mondo e, cioè, la redenzione d’esso. Il suggerimento di usare il potere spituale conferitogli,
realizzando la propria capacità per sopperire alle necessità della sua
carne, a prima vista, non sembrerebbe irragionevole; però Gesù rilevò
istantaneamente che, usando in tal modo il dono spirituale conferitogli,
avrebbe errato in quanto non si estendeva ad essere usufruito in quel
senso. Di conseguenza, nel rigettare il subdolo suggerimento, disse:
“Sta scritto: non
di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di
Dio. I “fratelli” del
Signore, spesso, sono tentati nello stesso modo, per suggestioni, ad usare
dei doni spirituali, per il proprio interesse, nel progresso temporale.
Tali sugestioni sono insidiose e costituiscono dei canali, per
mezzo dei quali, il popolo consacrato di Dio spesso è trasportato da
Satana ad usare, sempre più malamente, le divine benedizioni.
(2) Satana,
allora, ricorse ad un meschino suggerimento del modo in cui Gesù avrebbe
pututo introdurre la sua missione al popolo.
Gli disse di gettarsi dal pinnacolo del tempio, nella piazza [97]
di sotto, alla vista della moltitudine, onde questa, constantando che
sarebbe sopravvissuto, avrebbe creduto al suo potere soprannaturale e,
accettandolo quale Messia, avrebbe cooperato con lui nell’Opera alla
quale era stato preposto. Gesù
riscontrò che anche questo metodo era fuori armonia col piano divino e
nemmeno la citazione scritturale di Satana (apparentemente avvalorante
l’errato suggerimento) valse a distoglierlo dal pricipio guisto.
Perciò gli rispose subito che un tal procedimento, da parte sua,
sarebbe stato un modo di voler tentare Iddio, del tutto ingiusto ed
assolutamente inconsiderabile. Quando fu obbligato ad esporsi a qualche pericolo, il Maestro
non esitò, ma l’affrontò sottoponendosi alle cure e capacità del
Padre. Del resto, la vera
fede in Dio non impone di esporsi in modo temerario e pericoloso se non
vienne ordinato da Dio stesso.
I fratelli del Signore sono pure tentati sotto questo
aspetto, per cui devono rammentarsi la lezione modello loro tramandata dal
Capitano della nostra salvezza. Noi
non dobbiamo slanciarci in azioni pericolose, per considerarci, pio,
valorosi soldati della croce. L’audacia
può apparire addicevole ai figliuoli di Satana, ma è del tutto impropria
per ifigliuoli di Dio, che devono sottostare ad una lotta, la quale
richiede molto e continuo coraggio. Essi
sono chiamati a compiere dei servizii che il mondo non applaudisce, nè
apprezza e per i quali sono perseguitati.
Sono chiamati ad un servizio che causa loro ignominia e scherno nel
mondo cui devono sobbarcarsi con rassegnazione, supportando anche
pazientemente coloro che, essendo incirconcisi di cuore, mentiranno e
“diranno ogni mala parola contro di loro,” a cagione della loro fedeltà
al Maestro: ed è sotto questo aspetto che i seguaci di Gesù (i fratelli)
s’incamminano lungo la stessa via e seguono le Sue orme.
Perciò, richiede molto più coraggio l’ignorare la vergogna e
l’ignominia del mondo in un servizio (che questo svaluta o non riconosce),
di quanto ne è richiesto nel fare un grande e meraviglioso atto, che
causerebbe meraviglia ed ammirazione all’uomo ordinario.
La battaglia suprema, per coloro che camminano lungo la
stretta [98] via, è quella da effettuare contro la propria volontà,
rendendola soggetta a quella del Padre celeste e mantenerla sempre salda
ed incrollabile, nel governare il proprio cuore e frantumare ogni impulso
egoistico, che è comune anche nelle più equilibrate menti umane.
Lungo il corso della strata via, occorre ancora stare all’erta
per spegnere l’incentivo sempre vivo nell’uomo di esibizionismo
personale, riducendo ogni aspirazione all’unico intento di presentare i
propri corpi e gl’interessi terreni “in sacrificio vivente,” onde
servire fedelmente Iddio e la Sua causa.
Queste furono le prove ed esperienze per le quali furono concesse
al nostro Capitano vittoria ed allori:
e ad esse “i fratelli sono sottoposti e devono sottoporsi.”
Chi padroneggia se stesso (controllando
il suo spirito onde s’assoggetti alla volontà divina) vale più di chi
espugna città (Proverbi
16:32). Egli vale più di colui che, con false concezione di fede, va
a gettarsi dal pinnacolo del tempio o compie altre ridicolaggini.
Una vera fede in Dio non consiste in una cieca credulità o una
stravagante assunzione di non richiesti compiti, ma risiede nel confidare
di tutto cuore nelle preziose e grandiose promesse che Iddio ha
promulgate: ottenendo così
l’idoneità nel resistere ai varii tentativi che il mondo, la carne ed
il diavolo escogiteranno, per distogliere i figliuoli di Dio
dall’attenersi strettamente alle linee di fede ed obbedienza per noi
tracciate nella Parola divina.
(3) Nella
terza tentazione, Satana gli offrì il dominio terreno, in un successo
immediato, per stabilirvi il suo regno — senza sofferenza, nè la morte
e la crocea condizione che cooperasse con lui (Satana) nel controllo del
mondo, in modo che Gesù avesse pututo stabilire subito il Regno di
giustizia, che era venuto a constituire.
Satana volle far credere che si era stancato di guidare
il mondo nel peccato, nella cecità, nelle superstizione e
nell’ignoranza, per cui simpatizzava con la missione del Signore,
tendente ad aiutare la povera razza decaduta.
Ma ciò che realmente cercava era tutt’altro.
Egli voleva conservare l’influenza controllatrice sul mondo:
perciò era disposto a cambiarlo in un corso di giustizia, concedendo a
[99] Gesù tale effettuazione, purchè gli permettesse di cooperare nelle
benedizioni restauratrici dell’umanità e reconoscesse lui (Satana)
quale governatore del mondo e sotto tale veste gli rendesse omaggio.
A tal proposito, occorre rammentarci che la ribellione
di Satana alle regole divine ebbe origine dalla sua ambizione a divenire
un monarca, al pari dell’Altissimo
(Isaia 14:14). Questo
fu il motivo principale del suo ben riuscito attacco ai nostri progenitori
nell’Eden, che consistè nel sapararli da Dio e sottoporli alla sua
schiavitù. Noi possiamo facilmente arguire che egli avrebbe preferito di
essere monarca di soggetti più felici di quelli che appartenevano alla
“gemente creazione” e usufruenti la vita eterna.
E ciò perchè egli non individuò ancora che la vita eterna e la
felicità possono essere concesse solo a coloro i quali sono in perfetta
armonia con le supreme leggi divine.
Satana era disposto a fare una completa riforma, a condizione che
fossero state soddisfatte le sue ambizioni e fosse restato il governatore
degli uomini. Ora non è
forse riconosciuto tale dalle sacre Scritture, nelle quali viene indicato
“Il Principe di questo mondo?” (Giov.
14:30, 12:31; 16:11; Corinzi 4:4). Certo
egli non è stato elevato da Dio al grado di “principe di questo
mondo,” ma è indicato con tal titolo perchè ha preso il controllo
dell’umanità, asservendosela col farla permanere nell’ignoranza,
presentandole il falso per vero, le tenebre per luce, l’errore per
giustizia: confondendola ed
accecandola, in modo che misconoscesse la Verità. Così ha mantenuta la sua posizione di governatore o, secondo
la definizione dell’Apostolo, di “principe della podestà dell’aria,
di quello spirito che opera al presente negli uomini ribelli,” fra la
vasta maggioranza dell’umanità.
Così la peculiarità della tentazione, suggerita da
Satana, consistè nella sembianza di offrire una nuova soluzione alla
quistione di ricuperare l’uomo dalle condizioni del peccato. Oltre a ciò, sembra che, almeno in parte, Satana fosse preso
da un pentimento ed intravedesse la possibilità del suo recupero nel
corso di giustizia e la possibilità di aver garantita la continuità del
suo ambizioso [100] dominio su elementi più prosperi e felici.
Ma egli non considerava che il mondo, liberatosi dal peccato, si
sarebbe liberato dalla sua schiavitù per servire ed adorare solo Iddio.
Ma Gesù non esitò.
Egli, confidando in modo assoluto nella sapienza che il Padre
avrebbe adottata per il compimento del Suo Piano, si rifiutò di pattuire
con l’Avversario la cooperazione del rialzamento dell’uomo.
Di quì nacque la reazione di Satana contro i “fratelli” del
Signore. Egli riuscì a
tentare la chiesa nominale, nei suoi giorni primitivi, inducendola ad
abbandonare la via della croce, la via strata di separazione dal mondo, e
farla entrare in alleanza con le potenze civili e, gradualmente rinsaldare
l’ibrido connubio del mondo politico governante.
Così la chiesa nominale, con la coperazione del “principe di
questo mondo” che la incoraggiò ed aiutò secretamente, provvedette ad
istituire il regno di Cristo sulla terra, mediante un rappresentante —
un Papa — che fu acclamato, e lo è ancora, quale vicerè di Cristo.
Abbiamo notato che da tale deleteria influenza nacque il
contraffatto regno di Cristo il quale, poi, divenne — in effeti— il
regno di Satana, nel compiere le sue opere.
E abbiamo avuto agio di costatare I risultati “delle età oscure,”
la cui opera il Signore denomina sistema dell’Anticristo.”
Benchè
la riforma ebbe un principio ardito, Satana presentò ai Rifomatori la
stessa tentazione e costoro resistettero solo in parte:
poichè accondiscesero a compromettere la Verità, per ottenere
l’aiuto e la protezione dei “Regni di questo mondo,” nella vacua
speranza che divenissero, in qualche modo, il Regno di Cristo.
Ma, il connubio della Chiesa col mondo del protestantesimo, pur non
essendo stato tanto deleterio quanto quello papale, ha prodotto anche esso
grandi danni all’umanità.
Perciò il costante conflitto che i “fratelli” debbono
sopportare e vincere sta nel rifuggere dalla tentazione satanica e vivere
nella libertà in cui Cristo ci ha chiamati:
“non del mondo, ma separati dal mondo.”
Notiamo anche che, oltre alle semplici tentazioni ai
fratelli, Satana astutamente, di tanto in tanto, pone in atto lo stesso
pro- [101] cedimento, usato col Signore, invogliandoli a rendersi
promotori di una riforma, che loro delinea, la quale ha la sembianza
d’un’opera atta a benedire il mondo.
L’ultima tentazione del genere è stata individuata nel voler
promuovere “un miglioramento sociale” a cui molti fratelli hanno
aderito, perchè egli ha inculcato nelle loro menti che non è più
necessario, come per il passato, di camminare lungo la “via stretta”
per ottenere le benedizioni, poichè si possono risollevare le sorti
dell’umanità, conducendola ad un più alto livello di vita, per mezzo
di un nuovo piano d’incremento sociale d’ordine morale, intellettuale
e religioso, che, però, fa sempre capo a alui,
In uno dei casi più recenti, egli suggerì che tutti coloro i
quali avessero voluto cooperare al “miglioramento sociale” avrebbero
dovuto raggrupparsi nei movimenti politici e sociali per giungere alla mèta. Egli è divenuto così positivo e munifico verso le masse da
escludere la riforma individuale per cui occorre liberarsi dal peccato,
onde ottenere la salvezza dalla condanna e la riconciliazione con Dio (a
mezzo della consacrazione a Lui) e propone il miglioramento sociale che,
ignorando le reponsabilità ed il peccato personale, mera a rendere le
condizioni sociali e la società “pulita.”
Egli vorrebbe che abrogassimo gli insegnamenti di Gesù non tenendo
in alcun conto l’insegnamento basilare per cui siamo stati resi edotti
che solo coloro che vanno al Padre, per mezzo suo, sono “figliuoli” di
Dio e suoi “fratelli.” Secondo
lui, dovremmo credere che tutti gli uomini sono fratelli e che Iddio è il
Padre di tutta l’umanità e niuno è “figliuolo” d’ira:
poichè sarebbe criminale ed anticristiano voler ammettere quanto
insegna Gesù circa coloro il cui padre è il diavolo.
Così, egli vorrebbe — per quanto non è detto in termini
specifici — che ignorassimo e negassimo la caduta dell’uomo nel
peccato; il riscatto dal peccato e tutta l’opera espiatoria: sotto
la plausibile, ma ingannatrice parola d’ordine che Iddio è Padre di
tutti e noi siamo tutti fratelli e governati dalla Regola d’oro.
Questa tentazione dell’Avversario, escogitata con i
“fratelli” oggi trae molti in inganno e ne continuerà a trarre,
esclusi, però [102] i veri eletti (Matteo 24:24).
I veri fratelli eletti sono coloro che seguono fedelmente le orme
del Maestro e, non facendo alcun caso ai suggerimenti di Satana, danno
valore solo alla Parola di Dio. Questo
fratelli — veri eletti — invece di fidarsi del proprio intendimento e
delle sofistcherie di Satana, ripongono la loro fede nella suprema
sapienza di Dio e nel suo divin Piano delle età.
Così, “ammaestrati da Dio,” conoscono l’opera di questa età;
la scelta dei fratelli di Cristo; la loro prova a fedeltà e, finalmente,
la loro glorificazione con Gesù, nel suo Regno — quale progenie di
Abrahamo, che deve benedire tutte le famiglie della terra — onde
meritare, al tempo stabilito da Dio, il miglioramento delle condizioni
sociali, fisiche ed intellettuali. Ciò
stante, i veri eletti non potranno essere ingannati da niuno dei
poco attendibili argomenti, nè dalle sofisticherie presentati dal nemico:
anche perchè non ignorano i suoi piani, perchè furono messi al
corente degli inganni e delle menzogne sataniche.
Essi guardano a Gesù, all’Autore della loro fede, che,
sacrificando se stesso, se ne è reso anche compitore, poichè concederà
loro di prender parte alla prima risurrezione e renderli partecipi alla
sua eccellentissima gloria della natura divina.
Eccovi descritti i punti di tentazione satanica che
vengono presentati ai fratelli, come furono presentati al loro Capitano:
tentato in tutti i punti come noi, Egli sa come venirci in
succorso, conoscendo la volenterosità di attenerci agli insegnamenti
della Sua Parola e delle grandiose e preziose promesse Sue.
Gesù non fu tentato come noi, in stato di debolezze ereditarie.
Egli non ebbe appetiti alcolici, passioni omicide, nè tendenze al
furto o all’avarizia. Egli
fu santo, immacolato, senza macchia, innocente, separto dai peccatori.
Coloro i quali sono divenuti suoi fratelli, per mezzo della fede,
consacrazione e generati dallo Spirito Santo a figliolanza, hanno perduta
la prediposizione di fare male ad altri poichè hanno la nuova mente:
la mente di Cristo, il Suo Spirito, lo spirito di una mente sana,
lo Spirito Santo; lo Spirito di amore che cerca prima la volontà del
Padre e, secondo, di fare bene a tuttu in [103]
ragione
delle opportunità e principalmente — alla famiglia della Fede
(Galati 6:10).
Poichè, nella carne, queste nuove creature in possesso
dell nuova volontà, hanno un residuo di debolezza ereditaria e di
tendenze a passioni che richieggono un continuo autocontrollo, se
occasionalmente cadono in fallo, la riconosciuta involontarietà non
glielo addebita a peccato, ma ad un diffetto appartenente alla vacchia
natura, che è riconosciuto come copero dai meriti del riscatto; cioè
dall’offerta per il peccato, fatta dal Capitano della nostra Salvezza.
È solo “nuova creatura” che è messa alla prova, addestrata,
pulita e preparata per essere coerede con Cristo nel Suo Regno e non il
corpo di carne, il quale è considerato morto.
RESO
PERFETTO, PER
VIE DI
SOFFERENZE
“Per condurre molti figliuoli alla gloria, ben
s’addiceva a Colui per cagion del quale son tutte le cose e, per mezzo
del quale son tutte le cose, di rendere perfetto, per via di sofferenze,
il Duce della loro salvezza” (Ebrei 2:10)
Questo testo rende con chiarezza che Gesù non fu
fatto uomo perfetto per ciò che sofferse come uomo, nè sofferse
alcunchè prima di divenire uomo.
Questo versetto racchiude il concetto per cui
ravvisiamo in Gesù, venuto al mondo, diggià l’uomo perfetto, la vera
immagine del Padre in carne, santo, innocente, immacolato, separato dai
peccatori, che ottenne per le sue esperienze e sofferenze, un’altra
perfezione: quella in un
altrop piano di esseri, guadagnata dopo.
Che il Logos fu perfetto quando fu col Padre, prima che il mondo
fosse, (perfetto nel suo essere, nel suo cuore, volontà e lealtà verso
il Padre) fu una cosa; che egli abbrassò se stesso volontariamente e si
fece carne, prendendo la nostra natura, che è più bassa, è un’altra
cosa. Come uomo egli fu
perfetto e separato dai peccatori; ma è pure un’altra cosa che Egli è
ora, perfetto nella sua presente ed esaltata condizione, partecipe
della natura divina. Il
nostro testo si riferisce appunto a quest’ultima, per indicarci che,
[104] Ad ottenere così grande esaltazione “a gloria, onore ed
immortalità” della “natura divina,” secondo la sapienza divina, fu
necessario che fosse data una certa prova, il cui buon risultato avrebbe
reso degno e perfetto l’Unigenito Figliuolo di Dio a condividere tutte
le ricchezze della grazia divina e che “tutti onorino il Figliuolo, come
onorano il Padre.”
Dobbiamo rammentarci che — in connessione con queste
prove di ubbidienza al Padre — Egli ottenne l’alto privilegio che quì
riportiamo: “Per la gioia
che gli era posta innanzi sopportò la croce sprezzando il vituperio”
(Ebrei 12:2). Questa gioia, ragionevolmente, possiamo considerarla sotto
varii aspetti:
(1) in
quella proveniente nel rendere un servizio accettevole al Padre;
(2) in
quella intima per la soddisfazione di redimere l’umanità, liberandola
dal peccato e dalla morte;
(3) nell’altra,
costituita dal pensiero che il compimento di questa redenzione lo
renderebbe, al cospetto del Padre, degno di divenire un potente
governatore e benefattore, nonchè Re e Sacerdote del mondo, per rivelare
(a questo) una conoscenza del Piano di Dio e rialzare dal peccato alla
grazia divina tutti coloro che accetterebbero i termini del nuovo Patto;
(4) e
nell’ultima, infine, promessagli dal Padre, che avrebbe realizzata, non
solo col ritornare nella gloria spirituale che aveva presso il Padre,
prima che il mondo fosse, ma nell’ottenere una più eccellente gloria
— l’essere esaltato al di sopra degli angeli, Principati, potenze, e
di ogni nome che si nomina, ed essere fatto un associato nel Regno
dell’Universo, prossimo al Padre — alla destra della Maestà divina;
partecipe della natura divina e dell’inerente vita immortale.
Però questa gioia, che fu posta dinanzi al nostro
Signore, fu condizionata alla piena ubbidienza che Egli avrebbe sottoposta
alla volontà del Padre. È
vero che Egli fu sempre ubbidiente al Padre e che si dillettò nelle Sue
vie, però mai prima era stato sottoposto ad una tale prova.
Gli era stato sempre piacevole ed [105] onorevole fare la volontà
del Padre, ma la prova ora risiedeva nel fare detta volontà sotto
condizioni affligenti, dolorosa ed umilianti; condizioni che lo avrebbero
condotto, alla fine, non solo alla morte, ma a quella ignominiosa avvenuta
sulla Croce. Egli superò questa prova, senza titubanza o vacillamento,
manifestando in tutti i particolare ed in modo supremo, fede alla
Giustizia, Amore, Sapienza e Potenza del Padre.
E, senza esitazione, supportò tutte le opposizioni e
contraddizioni dai peccatori, insieme con altre ossessioni
dell’Avversario. In questo
modo, supportando le innumerevoli sofferenze, egli rese se stesso perfetto
e degno di tutti i titoli che, susseguentemente, ricevette, per la gioia
che gli fu posta avanti; egli fu perfezionato come un essere del più alto
ordine, cioè “della natura divina.”
Così divenne il vero Unigenito del Padre e:
BENCHÈ FOSSE
FIGLIUOLO, IMPARÓ
L’UBBIDIENZA DALLE
COSE CHE
SOFFRI; ED
ESSENDO STATO
RESO PERFETTO, DIVENNE PER TUTTI QUELLI
CHE GLI
UBBIDISCONO, AUTORE
D’UNA SALVEZZA ETERNA.” (Ebrei 5:8-10)
Così Paolo spiega che nostro Signore, diggià
immacolato, perfetto, Figliuolo ubbidiente in tutto al Padre sotto
condizioni favorevoli, imparò ciò che significa essere ubbidiente sotto
condizioni avverse. E,
essendo così provato e trovato degno della perfezione al più alto piano
d’esseri (la natura divina), in essa fu perfezionato, allorchè il Padre
lo risuscitò dalla morte, all’eccellente gloria che gli era stata posta
dinanzi: nell’essere prima
il Liberatore della Chiesa, che è il Suo Corpo e, dopo, al “proprio
tempo,” di tutti coloro che, essendo portati alla conoscenza della verità,
gli ubbidiranno.
Notasi l’armonia di quanto anzidetto e della
testimonianza dell’apostolo Pietro agli Atti. 5:31: “Esso (Gesù) ha Iddio esaltato con la sua destra,
costituendolo Principe e Salvatore.”
Così nostro Signore Gesù dimostrò al Padre, agli
Angeli ed a [106] noi — suoi fratelli — la sua fedeltà al Padre ed
alle sue regole e principii. Magnificò
inoltre la Legge del Padre; provando che non era oltremodo esigente nè
sorpassava la capacità di un essere peretto, anche nelle condizioni
avverse. Noi, suoi seguaci,
possiamo ben gioire assieme con le altre creature intelligenti ed
ubbidienti a Dio, dicendo: “Degno
è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza e le
ricchezze e la sapienza e la forza e l’onore e la gloria e le
benedizioni” (Apoc. 5:12).
La constatazione, che il glorificato Gesù è Capitano
della nostra salvezza, comporta che tutti coloro i quali vogliono essere
soldati della croce, suoi seguaci e coeredi con Lui nel Regno, devono
anche essere perfezionati come “nuove creature” a mezzo di
prove e sofferenze. E, come
le sofferenze per le quali il Capitano fu fatto perfetto, come nuova
creatura, col sostenere quanto Egli sostenne nelle opposizioni del mondo,
della carne e del diavolo; nonchè la sua sottomissione al Padre, così
anche noi dobbiamo condurci e procedere.
Le sofferenze che contano, per lo sviluppo della nuova creatura
sono quelle che sopportiamo volenterosi nella causa del Signore, per la
verità e per il Suo popolo; le difficoltà che sopportiamo come buoni
soldati di Gesù Cristo, allorchè cerchiamo di adempiere la volontà del
nostro Capitano, che è anche quella del Padre celeste e dimentichiamo
assolutamente la nostra. Così
dobbiamo camminare, seguendo le Sue orme, realizzando la Sua paterna cura,
valendoci del Suo aiuto lungo il cammino, rivolgendoci al trono di grazia
celeste: confidenti che tutte
le cose cooperano al nostro bene e che Egli non permetterà che saremo
tentati, oltre la nostra capacità e provvederà la via d’uscita da
tutte le tentazioni, concedendoci grazia sufficiente in tutte le prove e
secondo il bosogno. Così
sono i suoi fratelli, messi anche loro alla prova, ed ora fatti
perfetti come nuove creature in Cristo, “messi in grado di
partecipare alla sorte dei Santi nella luce”
(Colossesi 1:12). [107]
SIMILE A CARNE
DI PECCATO
“Poichè quel era impossibile alla legge, perchè la
carne la rendeva debole, (perchè
ogni carne fu depravata dalla caduta e resa incapace all’assoluta
ubbidienza alla legge) l’ddio l’ha fatto mandando il Suo proprio
Figliuolo in carne simile a carne di peccato
(cioe caduta sotto il dominio del peccato) ed a motivo del peccato
ha condannato il peccato nella carne, affinchè il comandamento
della legge fosse adempiuto in noi, che
camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo spirito.
Poichè quelli che son secondo la carne, hanno l’animo alle cose
della carne; ma quelli che sono secondo lo spirito, hanno l’animo alle
cose dello spirito. Perchè
cio a cui la carne ha l’animo e morte, ma cio a cui lo spirito ha
l’animo, e vita” (Romani 8:3-6)
Coloro che sono proclivi a considerare nostro Signore
Gesù come un peccatore, un membro della razza decaduta, si sono fermati
su questo punto della Scrittura ed hanno provato a distorcerlo e
disarmonizzarlo con la ragione, onde rendere attendibile la loro teoria e
provare che Gesù fu fatto esattamente lo stesso della “carne
peccaminosa” e non come carne senza peccato:
proprio come Adamo prima della sua trasgressione.
Però dal sopracitato testo, appare chiaro il pensiero
dell’Apostolo, trasmesso alla mente dei lettori.
Gesù lasciò la gloria della natura spirituale e fu fatto carne: fatto della stessa naturà della razza umana, la quale Egli
venne per redimere, la razza — o carne — che era caduta sotto condanna
della morte e lì ritenuta per la disubbidienza del progenitore Adamo.
Eccettuata qualche delucidazione, data da traduzione ed
interpetrazioni personali, nula rende plausibile la veduta teorica in cui
si raffigura nostro Signore quale peccatore.
Infatti, l’asserzione è una delle più astruse ed immagginabili,
perchè, se fosse stato un peccatore o uno che, in qualche modo, avrebbe
fatto parte della maledizione sotto la quale giaceva tutta la famiglia
umana, Egli non avrebbe potuto essere un’offerta per i nostri peccati,
perchè un peccatore non può fare un’offerta per un altro peccatore.
Sotto la legge divina “il salario del peccato è la morte.”
Se nostro Signore Gesù fosse stato peccatore, in qualche senso, o
grado, avrebbe potuto dare la sua vita, ma, come prezzo di riscatto, non
sarebbe stato valido nè per Adamo, nè per alcun peccatore. [108]
EGLI STESSO
HA PRES
LE NOSTRE
INFERMITA
“Nondimeno arano le nostre malattie che Egli portava,
erano i nostri dolori di cui si era caricato; e noi lo reputavamo calpito;
Ma Egli e stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni,
fiaccato a motive delle nostre iniquita;
il castigo per cui abbiamo pace, e stato lui e, per le sue lividure,
noi abbiamo avuto guarigione” (Isaia 53:4-5)
Il termine, opposto a perfezione, è infermità, per
cui, se Gesù avesse avuto infermità, o malattie, ciò — logicamente
— avrebbe costituito la prova che Egli non era perfetto e che aveva
ereditato certe colpe dalla razza decaduta.
E da ricordarci che la notte della Sua agonia, nel giardino di
Getsemani, Gesù sudò “come grosse goccie di sangue.”
Ora, questo caso clinico, riconosciuto da alcune autorità mediche,
quale disfunsione nella circolazione del sangue, che ancora affligge —
per quanto raramente — degl’individui, si produce sotto una grande
tensione od indebolimento dell’organismo.
In Matteo, 27:32, apprendiamo che, quando Gesù ful sulla via del
Golgota, obbligato a portrare la croce, svenne sotto d’essa e perciò il
Circeneo fu costretto a portargliela lungo il resto della via.
Si tramanda ancora che la morte di nostro Signore sulla croce
avvenne molto prima dell’usuale, a causa della frattura letterale del
suo cuore e dell’emoragia interna causatagli dalle ferrite infertegli.
Infatti, dopo morto, allorchè gl’infersero ancora un colpo di
lancia al fianco, dalle ferrite uscì acqua e sangue.
Da questi rilievi alcuni arguiscono che Gesù non mostrò la
pienezza di vigor che fu manifestata da Adamo, il primo uomo perfetto, la
cui vitalità gli permise di vivere novecentotrent’anni.
Di quì è sorta questa domanda:
Queste evidenze d’infermità, nel nostro Signore non stanno ad
indicare le imperfezioni ereditarie della razza decaduta, per le quali non
ebbe la forza di un uomo perfetto e, quindi, fu imperfetto?
Esaminando con superficialità il fatto, così
apparirebbe, ma con la guida della Parola divina, siamo in condizioni di
spiegare soddisfacentemente, a noi e ad altri, l’armonia fra questi
fatti sopra- [109] detti e la certezza data dalla Bibbia che il nostro
Redentore fu “santo, innocente, immaculate, separato dai peccatori.”
Nella investigazione accurate delle Scritture troviamo
la chiave che apre l a nostra mente per cmprendere appieno il concetto in
esame. Il Profeta dichiara
che sarebbe apparso a chiunque che Gesù fosse un uomo della decaduta
razza umana, cioè afflitto, fiaccato e condannato a morte da Dio; però
ci fa notare che quanto a noi sembra vero non lo è poichè Egli (Gesù)
“fu fiaccato a motivo delle nostre iniquità” e non per i suoi peccati;
le sue infermità derivarono dall’essersi caricate le nostre difficoltà
ed i nostri dolori; la sua morte avvenne per essersi Egli sostituito a
noi, di fronte alla legge di Dio e, perciò soffrì “il gusto per
gl’ingiusti, per ricondurci a Dio.
Parlando del popola d’Israele, al primo avvento di
Gesù, il Profeta disse che “era spregiato e noi non ne facemmo stima
alcuna” e spiega che una tal veduta fu impropria.
“Egli fu trafitto per le nostre trasgressioni, fiaccato a motivo
delle nostre iniquità; il castigo per cui abiammo pace (con Dio), è
stato su lui e per le sue livider noi abiammo avuto guarigione.”
Matteo richiama la nostra attenzione sull’esatto
compimento di questa profezia, dicendo:
“Gli portarono molti indemoniati ed Egli, con la parola, schiacciò
gli spiriti e guarì tutti i malati, affinchè si adempisse quel che fu
detto per bocca del profeta Isaia. “Egli
stesso ha preso le nostre infermità ed ha portato le nostre malattie.”
— Matteo 8:16-17 —
La connessione fra le guarigioni operate da Gesù e
l’addossarsi le infermità del genere umano non è tanto appariscente
alla maggioranza di coloro che leggono i resoconti in proposito.
Generalmente è ammesso che solo nostro Signore usò il suo potere
di sanare i malati senza alcun sforzo, in quanto possedeva
un’inesauribile energia d’origine spirituale invisibile, per la quale
gli era concesso l’esecuzione di ogni specie di miracoli, senza che la
sua vitalità ne soffrisse.
Noi non dubitiamo che la “potenza dell’Altissimo,”
concessa, senza limiti, al nostro Redentore lo rendesse idoneo a porre in
[110] Atto provvedimenti soprannaturali e perciò del tutto esenti da
qualsiasi esaurimento personale; nè dubitiamo che Gesù adoprò detto
potere soprannaturale nel cambiare l’acqua in vino e nel gran miracolo
di nutrire una moltitudine con pochi pani e pesciolini. Però dalle attestazioni bibliche, noi comprendiamo che il
modo, operato da Gesù, nel curare gli ammalati, non comportava l’uso
del potere divino concessogli, ma dalla sua vitalità che,
in parte, Egli emanava o infondeva su essi:
Perciò quanti più ne curava tanto più perdeva forza e vitalità. A convalidare ciò, richiamiamo l’attenzione sulla donna
che per dodici anni aveva avuto un flusso di sangue ed aveva sofferto
enormemente senza alcun miglioramento peggiorata.
Rammentate come — nella fede — ella si spinse vicino a Gesù,
nella sicurezza che, se fosse riuscita a toccare un limbo della sua veste
sarebbe guarita. Ebbene, ella
vi riuscì e “in quell’istante il suo flusso si ristagnò; ed ella
sentì nel corpo di essere stata guarita da quel flaggello.”
Ma Gesù sbito, “conscio della virtù che era emanata da lui,
voltosi indietro, di quella calca, disse:
Chi mi ha toccato le vesti? E
i suoi discepoli gli dicevano: Tu
vedi come la folla ti si serra addosso e dici:
Chi mi ha toccato? Egli
guardò attorno e, dopo aver visto e inteso la donna, le disse:
Figliuola, la tua fede ti ha salvata; vattene in pace e sii guarita
dal tuo flagello” (Marco
5:25-34).
Notasi pure la dichiarazione di Luca 6:19.
“E tutta la moltitudine cercava di toccarlo, perchè usciva da
lui una virtù che sanava tutti.” Questo, è il senso in cui il nostro Redentore prese le
infermità dell’umanità e sopportò le nostre malattie.
Il risultato, poi, della debilitazione del suo organismo e della
sua vitalità provenne, ovviamente, dalla continua elargizione delle sue
forze a beneficio dei sofferenti e degli ammalati, che espletò,
viaggiando e predicando, quasi per tre anni e mezzo, esercitando il suo
ministerio.
Come a noi, nemmeno ad altri, dovrebbe sembrar strano
— considerando le proprie espierenze — considerare l’attendibilità
del [111] nostro assunto. Infatti,
chi è colui, il quale, nutrendo un profondo amore per il prossimo, per
natura, non ha sentito spesso ed in un certo grado — l’impulso di
condividere il disturbo o le afflizioni di un amico e, simpatizzando con
lui, non ha cercato di alleviarlo, prodigandogli, per quanato poteva,
materialmente e moralmente, parte della propria vitalità?
Certo una tale comprensione ed assistenza al prossimo è
strettamente connessa alla misura in cui si estrinseca l’amore e
l’interesse di colui che vuole sottrarre o diminuire le altrui
sofferenze.
E, quando consideriamo che un tale amore e comprensione
esistono ancore in noi, dopo la caduta adamica (lontana da noi ben seimila
anni) tanto più dobbiamo convenire che per nostro Signore, che era
perfetto, la sua dedizione ed il suo amore abbondarono in Lui, al punto
che fu sinceramente e grandemente “toccato dalle nostre infermità.”
Il suo altruismo si sopraelevò, perchè Egli — dotato di una
fina sensibilità — perchè perfetto, si commuoveva e non possedeva
orgoglio, nè peccati personali o ereditarii.
Perciò, di Lui leggiamo che ‘fu mosso a compassione”; altrove
che “ebbe pietà della moltitudine”; e, ancora — quando vide
piangere i Giudei insieme con Marta e Maria, simpatizzando con loro “pianse.”
Lontano dal presumere, che il compenetrarsi del dolore altrui possa
derivare da debolezza di carattere, si deve tener presente che il vero
carrattere umano è ad immagine del suo Creatore — non duro, senza cuore,
e refrattaro; ma tenero, gentile amoroso e comprensivo.
Queste particolarità servono a presentarci Colui che parlò nel
modo in cui “mai altro uomo parlò” onde ci rendiamo edotti di come e
quanto egli si commosse per le condizioni di decadimento dalle quali
l’umanità era afflitta e al punto che mai altr’uomo pervenne nè mai
perverrà. Nè Egli si prodigò
per dimostrare un potere, come disse, perchè il Figliuolo dell’Uomo era
venuto per ministrare ad altri e per dare la sua vita in riscatto
per molti. Vero è che “il
salario del peccato à la morte,” perciò il solo soffrire di Gesù non
avrebbe potuto pagare il salario del peccato per noi e fu assolutamente
necessario che Egli gustasse la morte per tutti [112] gli uomini.
Infatti, leggiamo che “Cristo è morto per i nostri
peccati” ai Corinzi 15:3 ed in altri passi delle Scritture, Del
resto, nostro Signore Gesù, nel prendere il posto dei peccatori,
sapeva che avrebbe sperimentato tutto ciò che implicava la maledizione,
la penalità e avendo la famiglia umana sofferta la morte, perdendo la
vita in un graduale processo di decadimento — poi, la morte per
chiudere le esperienze per le quali venne nel mondo. E, giacchè Egli
stesso non fu un peccatore, dovette soffrire tutte le penalità del
peccato, onde costituissero la sua parte nel prendere il loro posto e
sostenere il peso che gravava su loro per la sentenza della Giustizia.
Per quanto concerne malattie, dolor e debolezze.
Gesù ne prese tutta la parte, che poteva alleviare l’umanità,
con la quale venne a contatto e nel modo migliore e più utile che gli fu
concesso: dando la sua vita
volontariamente, giorno per giorno, durante i tre anni e mezzo del Suo
ministerio; dando la sua vitalità per coloro che non apprezzarono il
motivo (la sua grazia ed il suo amore).
Ecco perchè è scritto: “Egli
ha data la Sua vita (il Suo essere, la Sua esistenza) in sacificio per la
colpa” — Isaia 53:10-12. —
Possiamo facilmente rilevare che, a cominciare dal
tempo della sua consacrazione, all’età di trent’anni, è battezzato
da Guiovanni nel fiume Giordano, fino al Calvario, nostro Signore “Versò”
costantemente “la Sua vita:”
cioè la sua vitalità, per aiutare e sanare coloro che ministrò. Così, mentre è vero che tutto ciò non sarebbe stato
sufficiente, come prezzo corrispondente del peccato, è però, da
tenersi in debito conto che costituì parte del processo, per il quale il
nostro amato Redentore dovette passare, finquando, giunto al Calvario, nel
dire “È compiuto,” esalò l’ultimo respiro di vita.
È chiaro che fu necessario per Gesù di sacrificarsi,
spendendo tutte le Sue forze e passando per tuut le esperienze, che
concernono la morte dell’uomo e, più tardi, poi, conoscere anche il
martirio della croce. Egli fu
obbligato — se pure per un momento — a sperimentare la posizione dei
peccatori, separandosi complètamente dal Padre celeste e
privandosi di tutto l’aiuto soprannaturale, [113] che avea goduto, al
momento in cui — prima della morte — gridò “Dio mio, Dio mio, perchè
mi hai abbandonato?” come sostituto
dei peccatori, Egli dovette sopportare la pena dei peccatori, in tutte
le particolarità. E, solo
dopo che tutto fu compiuto, la sua missione sacrificatoria fu completa
poichè, per divenire il Capitano della nostra salvezza, ed essere
esaltato al di sopra di tutti gli Angeli, Principati e Potenze ed essere
associato col Padre sul Trono dell’Universo, ciò era necessario.
Tutte queste esperienze, attraverso le quali il Padre
celeste permise che passasse il Suo diletto Figliuolo, prima
d’innalzarlo alla destra della Sua Maestà ed a commettergli la cura
della Sua grande Opera di benedizioni a tutte le famiglie della terra, non
solo constituirono prove di fedeltà del Suo Unigenito Figliuolo, (il
Logos) ma servirono — come ci assicurano le Scritture — a preparare
nostro Signore a simpatizzare con coloro che ritornerebbero a Dio per
mezzo di lui e, cioè: La Chiesa, durante questa età evangelica ed il mondo,
durantenl’età millenniale: “Affinchè
diventasse un misericordioso e fedel sommo Sacerdote nelle cose
appartenenti a Dio” (Ebrei
2:17); “Uno che possa
avere compassione dell’ignorante e di tutti quelli che sono sviati;
poichè Egli stesso fu pure circondato da infermità.”
Egli che può “anche salvare a pieno quelli che per
mezzo di Lui si accostano a Dio.” In
verità, “a noi occorreva un Sacedrote come quello: santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed
elevato al di sopra dei cieli.” (Ebrei
4:15-16; 5:2; 7:25-26). [114]