Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 11

LA PASQUA DELLA NUOVA CREAZIONE

IL GIOGO DELL'EGITTO E LA LIBERAZIONE DA ESSO, NEL TIPO E NELL'ANTITIPO—"LA CHIESA DEI PRIMOGENITI"—"NOI, CHE SIAM MOLTI, SIAMO UN UNICO PANE"—LA COMMEMORAZIONE È ANCORA APPROPRIATA—A CHI È PERMESSO CELEBRARE—A CHI È PERMESSO UFFICIARE—UN REGOLAMENTO PER LA FUNZIONE — PASQUA (EASTER)-PASQUA EBRAICA (PASSOVER)— STRALCI DALL'ENCICLOPEDIA DI McCLINTOCK E STRONG.

"Cristo la nostra Pasqua è immolato per noi; celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità; ma con gli azzimi della sincerità e della verità." I Cor. 5:7, 8

RILEVANTE tra le esperienze di Israele tipico fu la Pasqua. La Festa della Pasqua, festeggiata ogni anno per sette giorni, cominciava con il quindicesimo giorno del primo mese. Festeggiava in senso generale la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell'Egitto, ma in particolare il passar sopra ai primogeniti della nazione, ossia il lasciarli in vita, durante la piaga della morte che si abbatté sugli Egiziani e che, quale ultima piaga, li costrinse alla fine a lasciar liberi gli Israeliti dalla servitù forzata. Il passar sopra ai primogeniti di Israele divenne il fatto precursore della liberazione di tutta la nazione di Israele e del loro passaggio attraverso il Mar Rosso in salvo verso la libertà dalla schiavitù dell'Egitto. Si può capire facilmente che un evento così portentoso venisse giustamente commemorato dagli Israeliti in quanto intimamente identificato con la nascita della loro nazione; e così è festeggiato dagli Ebrei fino ai giorni nostri. I membri della Nuova Creazione sono interessati in quegli avvenimenti come lo sono in tutto ciò che viene predisposto e compiuto dal loro Padre Celeste, sia nei confronti del suo popolo tipico, Israele secondo la carne, che nei confronti di tutto il mondo dell'umanità. Tuttavia la Nuova Creazione ha un interesse ancor più profondo per quanto avvenne in Egitto, poiché il Signore ha rivelato a loro il "mistero" secondo cui quelle cose che erano [458] accadute ad Israele naturale erano volte a tipificare e a far da presagio a cose ancora più grandi nel piano divino che riguardavano Israele Spirituale antitipico: la Nuova Creazione.

Con riferimento a queste cose spirituali, l'Apostolo dichiara che l'“uomo naturale non le riceve, e non le può conoscere, perché le si giudicano spiritualmente; ma a noi [la Nuova Creazione] Dio le ha rivelate per mezzo del suo Spirito.” (I Cor. 2:14, 10) Dio usò gli apostoli come suoi portavoce per darci degli indizi affinché sotto la guida del suo Spirito possiamo capire le cose profonde di Dio. Uno di questi indizi si trova nel testo citato all'inizio di questo capitolo. Seguendo l'indicazione dell'Apostolo, vediamo chiaramente che Israele secondo la carne tipificava tutto il popolo di Dio, tutti coloro che infine diventano il suo popolo, giù fino alla conclusione dell'età Millenaristica; e vediamo che gli Egiziani rappresentavano coloro che si opposero al popolo di Dio, con il Faraone, loro sovrano, che rappresentava Satana, il principe del male e delle tenebre; e i servitori del Faraone e i cavalieri che rappresentavano gli angeli e gli uomini caduti che si erano associati o che si assoceranno con Satana quali oppositori del Signore e del suo popolo, della Nuova Creazione, e in senso generale della famiglia dei credenti. Come il popolo d'Israele agognava la liberazione e gemeva sotto i loro sorveglianti aguzzini, ma era debole e incapace di liberarsi da solo e non sarebbe mai stato capace di liberarsi dal giogo dell'Egitto con le proprie forze se non fosse stato per l'intervento del Signore a loro favore e per l'aver designato e mandato Mosè quale loro liberatore, così vediamo il mondo dell'umanità, nel tempo attuale e per tutto il passato, gemere e faticare nell'affanno insieme sotto le esazioni del "principe di questo mondo" e dei suoi servi: il Peccato e la Morte. Queste centinaia di milioni di uomini hanno un desiderio ardente di libertà dalla schiavitù dei loro peccati e delle loro debolezze come pure di svincolarsi dalle pene ad essi legate: il dolore e la morte. Tuttavia senza l'aiuto divino l'umanità è impotente. Alcuni lottano vigorosamente e conseguono qualcosa; ma nessuno arriva alla libertà. Tutta la stirpe di Adamo è vincolata al peccato e alla morte e l'unica sua speranza è in Dio e nel Mosè antitipico che - Dio ha promesso - verrà a liberare il suo popolo al tempo [459] opportuno portandolo attraverso il Mar Rosso, che rappresenta la Seconda Morte, in cui Satana e tutti i suoi affiliati e tutti coloro che simpatizzano per lui e per il suo operato malvagio saranno distrutti per l'eternità come fu tipificato nella sopraffazione del Faraone e del suo esercito nel vero Mar Rosso. Ma il popolo del Signore non sarà danneggiato dalla Seconda Morte.

Quanto detto sopra è il quadro generale; ma all'interno di esso, seppure facendone parte, c'era un altro quadro, un quadro particolare, che si riferiva non all'umanità in genere e alla sua liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte, ma soltanto ad una classe speciale di essa: i primogeniti. In corrispondenza di questi in quanto loro antitipi, abbiamo sottoposto alla nostra attenzione mediante la parola ispirata "la Chiesa dei primogeniti, che è scritta in cielo": la Nuova Creazione. Nel tipo, i primogeniti occupavano un posto speciale: erano gli eredi; un posto speciale anche per il fatto che erano soggetti ad un esame o ad una prova speciale in anticipo rispetto ai loro fratelli. Divennero passibili di morte prima dell'esodo generale e, quando l'esodo avvenne, questi primogeniti ebbero un posto speciale in esso, un compito speciale da svolgere in connessione con la liberazione generale, poiché essi divennero una classe separata, rappresentata nella tribù di Levi. Erano separati dai loro fratelli, rinunciando completamente alla loro eredità della terra, affinché secondo i piani divini diventassero i maestri dei loro fratelli.

Questa tribù o casa di Levi rappresenta chiaramente la famiglia dei credenti che, a sua volta, è rappresentata dal Sacerdozio Regale preliminare, che rinuncia all'eredità delle cose terrene a favore dei fratelli e che tra breve costituirà effettivamente il Sacerdozio Regale il cui Sommo Sacerdote è il Signore e che benedirà, governerà e istruirà il mondo durante l'età Millenaristica. Come i primogeniti di Israele in Egitto erano soggetti alla morte, ma si passò al di sopra di essi, scamparono la morte e, perdendo l'eredità terrena, divennero un sacerdozio, così la Chiesa antitipica dei primogeniti nel tempo presente è soggetta ora alla Seconda Morte, sostenendo, in anticipo rispetto al resto dell'umanità, [460] l'esame e la prova per la vita eterna o per la morte eterna e passando dalla morte alla vita, per merito del sangue del Redentore, della sua morte.

Diventando partecipi della grazia del loro Signore, costoro rinunciano o sacrificano insieme a lui l'eredità terrena, la porzione terrena, la vita terrena, per poter raggiungere il cielo e la sua "vita più abbondante". In tal modo, mentre i membri della Chiesa dei primogeniti, la Nuova Creazione, "muoiono tutti come uomini" e riguardo alle cose terrene sembra che perdano e che rinunzino più degli altri, nondimeno, sebbene l'uomo naturale non lo capisca, si passa sopra a costoro, ossia sono tratti in salvo dalla morte e, quali Sacerdozio Regale, con il loro Sacerdote Principale, Gesù, saranno resi partecipi della gloria, dell'onore e dell'immortalità. Costoro sui quali si passa sopra durante la notte di quest'età del Vangelo, prima che abbia inizio la mattina del Millennio e prima che sorga il suo Sole della Giustizia, debbono essere i condottieri dell'esercito del Signore, per farlo avanzare liberandolo dalla schiavitù del Peccato e di Satana. Prendete nota di quanto ciò vada d'accordo con il linguaggio dell'Apostolo (Rom. 8:22, 19): "Tutta la creazione geme insieme ed è in travaglio" "poiché aspetta la manifestazione dei figliuoli di Dio" in attesa del completo passar sopra alla Chiesa dei primogeniti nella Prima Risurrezione, fino alla gloria, all'onore e all'immortalità.

Ma, ora, è importante un altro aspetto del tipo. Perché, nel tipo, si verificasse il passar sopra ai primogeniti e la liberazione di tutto il popolo del Signore che ne derivò, fu necessario che l'Agnello pasquale fosse ucciso, che il suo sangue fosse spruzzato sugli stipiti e sugli architravi della casa, che la carne fosse consumata quella notte con le erbe amare e con il pane azzimo. In tal modo ogni casa di Israele rappresentava la famiglia dei credenti ed ogni agnello rappresentava l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo e i primogeniti di ogni famiglia rappresentavano il Cristo, la Testa e il Corpo: la Nuova Creazione. Le erbe amare rappresentavano le prove e le afflizioni di questo tempo presente, che servono ancora di più a stimolare l'appetito della famiglia dei credenti per [461] l'Agnello e per il pane azzimo. Inoltre, dato che ogni famiglia doveva mangiare con il bastone in mano e i fianchi cinti per un viaggio, ciò rappresentava il fatto che quel primogenito e quella famiglia di credenti, che avrebbero così consumato l'Agnello durante la notte di questa età del Vangelo, sarebbero stati pellegrini ed estranei nel mondo, il quale sarebbe diventato consapevole della schiavitù del peccato e della morte ed avrebbe desiderato di essere condotto dal Signore alla libertà dal peccato e dalla corruzione, alla libertà dei figli di Dio.

La commemorazione di nostro Signore

È stato in armonia con questo tipo di uccisione dell'agnello Pasquale il 14esimo giorno del primo mese, il giorno che precede i sette giorni della Festa di Pasqua, festeggiata dagli Ebrei, che nostro Signore morì, come l'antitipico Agnello di Pasqua, "l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo". Per nostro Signore non era possibile in nessun altro momento finire il sacrificio che aveva iniziato all'età di trenta anni con la morte, con il battesimo nella morte. Pertanto fu allora che, sebbene gli Ebrei avessero cercato mille volte di prenderlo, nessuno gli mise le mani addosso, perché "la sua ora non era ancora venuta". Giovanni 7:8, 30

Come agli Ebrei fu ordinato di scegliere l'agnello del sacrificio il decimo giorno del primo mese e di riceverlo nelle loro case in quella data, il Signore appropriatamente offrì se stesso per loro in quella data, quando, cinque giorni prima della Pasqua, montato sull'asinella  entrò nella città mentre la moltitudine gridava: "Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!""Egli venne tra i suoi e i suoi [come nazione] non lo ricevettero, ma a quanti lo ricevettero [individualmente] egli dette la libertà di diventare figli di Dio." La nazione, attraverso i suoi rappresentanti, i governanti, invece di riceverlo, lo rigettarono e in tal modo si identificarono per quel momento co inn l'Avversario. Nondimeno, per grazia di Dio il sangue del Nuovo Patto è efficace anche per la casa di Giacobbe e per tutti coloro che desiderano l'armonia con Dio. Costoro presero parte ai meriti dell'Agnello, ma si rifiutarono di mangiare un po’ [462] dell'antitipico Agnello, persero l'opportunità di diventare, come nazione, i primogeniti, il Sacerdozio Regale, la nazione santa, il popolo eletto del Messia, persero l'opportunità del passare sopra e quella di diventare membri della Nuova Creazione, con vita più abbondante nella gloria, nell'onore e nell'immortalità; ma siamo contenti di essere informati da un'altra parte della Scrittura che essi, nonostante ciò, hanno un'opportunità gloriosa di accettare l'Agnello di Dio, di mangiare, appropriandosene, la sua carne, il suo sacrificio e di sfuggire così dalla schiavitù del peccato e della morte, sotto la guida del Signore e dei suoi fedeli fratelli, Israele spirituale, la Chiesa antitipica dei Primogeniti. Rom. 11:11-26

Fu alla conclusione del ministero di nostro Signore, il 14esimo giorno del primo mese, nella "stessa notte in cui fu tradito" e nello stesso giorno, quindi, in cui morì, quale Agnello antitipico, che egli celebrò con i suoi discepoli la Pasqua tipica degli Ebrei: mangiò, insieme ai dodici apostoli, l'agnello tipico che rappresentava se stesso, il suo stesso sacrificio per i peccati del mondo e la "carne vera", nella cui forza soltanto si ottengono la vita, i diritti e le benedizioni dei figli di Dio. Il consumare questa cena la notte che precedette la morte del Signore, pur considerando la notte come facente parte del medesimo giorno, fu possibile grazie all'usanza Ebraica che calcolava l’inizio di ogni giorno, non a mezzanotte, ma alla sera. Evidentemente il Signore dispose tutti gli affari di Israele in conformità con i tipi che Israele doveva esprimere.

Come Ebrei, "nati sotto la Legge", era obbligatorio per nostro Signore e i suoi apostoli celebrare questo tipo e celebrarlo al tempo giusto; e fu dopo aver così osservato la Cena Ebraica, mangiando l'agnello con il pane azzimo e le erbe, e probabilmente anche, come era consueto, con il "frutto della vite", che il Signore, prendendo un po' di pane azzimo e un po' del frutto della vite che era rimasto dalla Cena Ebraica (il tipo), istituì tra i suoi discepoli e per tutta la Chiesa intera che essi rappresentavano (Giovanni 17:20) una cosa nuova, che con essi, quali Israele spirituale, la Chiesa dei Primogeniti, la [462] Nuova Creazione, doveva prendere il posto, doveva soppiantare, la Cena Pasquale Ebraica. Nostro Signore non stava istituendo un altro tipo, un tipo più elevato, di Pasqua. Anzi, il tipo stava per raggiungere il suo compimento e, quindi, non sarebbe stato più appropriato per coloro che avrebbero accettato il compimento. Nostro Signore, quale l'Agnello antitipico, stava per essere ucciso, come lo esprime l'Apostolo nel testo riportato all'inizio di questo capitolo: " Cristo la nostra Pasqua [l'Agnello] è immolato."

Nessuno di coloro che accettano Cristo come Agnello Pasquale e che, in tal modo, accettano l'antitipo come colui che prende il posto del tipo, potrebbe più preparare con proprietà un tipico agnello e mangiarlo in commemorazione della liberazione tipica. La cosa appropriata, pertanto, per tutti i credenti in Gesù quale il vero Agnello Pasquale sarebbe lo spruzzare gli stipiti delle porte del cuore con il suo sangue: "Avendo i loro cuori spruzzati da una coscienza del male" [dalla condanna presente, rendendosi conto che i loro peccati sono stati espiati attraverso il suo sangue e che attraverso il suo sangue ora hanno il perdono dei peccati]. Costoro, quindi, debbono mangiare i meriti (ovvero debbono appropriarsene) del loro Redentore, i meriti dell'uomo Gesù Cristo che dette se stesso come riscatto per tutti. Mediante la fede debbono consumare quei meriti e rendersi conto che i loro peccati furono caricati sul Signore e che egli morì per loro in modo tale che i suoi meriti e la sua giustizia vengono attribuiti a loro. Essi mangiano queste cose, o se ne appropriano per fede.

Se, poi, la Cena di nostro Signore prese il posto della Cena Pasquale, ma non come un tipo più elevato, essendo cominciato l'antitipo, allora che cosa era? Rispondiamo che era una Commemorazione dell'antitipo, una memoria per i suoi seguaci dell'inizio del compimento della Pasqua antitipica.

Così accettare il nostro Agnello e commemorare in tal modo la sua morte per noi, significa l'attesa che si riferisce alla liberazione promessa del popolo di Dio e perciò significa che coloro che apprezzeranno e commemoreranno intelligentemente mentre sono in questo mondo non saranno di questo mondo, ma saranno come pellegrini, come estranei, che cercano condizioni più desiderabili, esenti da influssi malefici, da dispiaceri [464] e schiavitù del tempo presente del regno del Peccato e della Morte. Costoro consumano il vero, l'antitipico pane azzimo: essi cercano di mangiarlo nella sua purezza, senza la corruzione (lievito) del modo di pensare umano, dell’influsso malefico, delle ambizioni, dell'egoismo, ecc. affinché siano forti nel Signore e nel potere della sua potenza. Essi mangiano anche un po' delle erbe amare della persecuzione, in sintonia con la parola del Maestro secondo cui il servitore non è da più del suo Signore e se il Signore stesso fu insultato, perseguitato e rigettato, essi debbono aspettarsi un simile trattamento poiché il mondo non li conosce, come non ha conosciuto lui. Sì, la sua testimonianza è che nessuna persona sarà accettabile a lui la cui fedeltà non attiri su di lei la disapprovazione del mondo. Le sue parole sono: "Tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesu’ saranno perseguitati." "Diranno, mentendo, contro di voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli."  Mat. 5:11, 12; II Tim. 3:12

Quando nostro Signore istituì la sua Cena di Commemorazione, chiamata Ultima Cena, fu, come notato sopra, un simbolo nuovo, modellato sul vecchio tipo della Pasqua e connesso ad esso, sebbene non una parte di esso, essendo una cerimonia commemorativa, o commemorazione, dell'antitipo. Come leggiamo, egli "prese il pane e, quando ebbe dato grazie, lo spezzò e disse: 'Prendete, mangiate; questo è il mio corpo, che è spezzato per voi [questo rappresenta me, l' Agnello antitipico; rappresenta la mia carne]. Fate questo in memoria di me." L' intenzione evidente di nostro Signore fu quella di fissare nelle menti dei suoi seguaci il fatto che egli è l' antitipico Agnello per gli antitipici primogeniti e per la famiglia dei credenti. L' espressione: "Fate questo in memoria di me" implica che questa nuova istituzione dovrebbe prendere, fra i suoi seguaci, il posto dell’istituzione precedente, che ora deve diventare obsoleta in quanto ha raggiunto il suo compimento. “Allo stesso modo, quando ebbe terminato la cena, prese anche il calice dicendo: 'questo calice è il nuovo testamento [patto] nel mio sangue'”, il sangue del patto, il sangue che sigilla il Nuovo Patto. " Fate questo, tutte le volte che lo bevete, in memoria mia." Non ci verrebbe da intendere ciò nel senso di farlo senza riguardo al momento e al luogo, ecc., ma nel senso che, da allora in poi, quando questo calice e questo pane azzimo pertanto [465] vengono usati come celebrazione della Pasqua, ciò si dovrebbe considerare, in ogni occasione, una celebrazione non del tipo ma dell'antitipo. Come non sarebbe stato legittimo, appropriato o tipico celebrare la Pasqua in qualsiasi altro momento che quello designato dal Signore, allo stesso modo non è tuttora appropriato celebrare l'antitipo in qualsiasi altro momento che nel suo anniversario. I Cor. 11:23-25

L'Apostolo aggiunge: "Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch'egli venga." (I Cor. 11:26) Questo mostra che i discepoli capirono chiaramente che da allora in poi per tutti i seguaci del Signore la celebrazione annuale della Pasqua doveva avere un significato nuovo: il pane spezzato a rappresentare la carne del Signore, il calice a rappresentare il suo sangue. Sebbene questa nuova istituzione non fosse imposta ai suoi seguaci come una legge e sebbene non ci fosse nessuna punizione annessa alla mancanza della sua osservanza appropriata, nondimeno il Signore sapeva bene che tutti coloro che confidavano in lui e capivano che egli era l'Agnello Pasquale antitipico sarebbero stati contenti di iniziare la Commemorazione che in tal modo aveva suggerito loro. E così è tuttora. La fede nel riscatto continua a trovare la sua raffigurazione in questa semplice commemorazione, "fino alla sua venuta", non solo fino alla parousia di nostro Signore, o alla sua presenza, al momento del raccolto o alla fine di questa età, ma fino a che durante la sua parousia ad uno ad uno i suoi fedeli non siano stati radunati per lui, al di là del "Velo", in quel posto per partecipare in un grado ancor più pieno e, come nostro Signore dichiarò, per prendere parte ad esso "di nuovo nel Regno".

"Noi, che siam molti, siamo un unico pane"

"Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è esso la comunione col sangue di Cristo? Il pane, che noi rompiamo, non è esso la comunione col corpo di Cristo?Poiché noi, che siamo molti, siamo un unico pane [pagnotta], un unico corpo, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane." I Cor. 10:16, 17

L'Apostolo, sotto la guida dello Spirito santo, ci pone dinnanzi un pensiero ulteriore riguardo a questa Commemorazione istituita da nostro Signore. Non nega, ma afferma, che principalmente il pane rappresenta il corpo spezzato di nostro Signore, [466] sacrificato a nostro favore; e che il calice rappresenta il suo sangue che sigilla il nostro perdono. Ma ora, per giunta, mostra che noi, quali membri dell'Ecclesia, membra del corpo di Cristo, i futuri Primogeniti, la Nuova Creazione, diventiamo partecipanti con nostro Signore nella sua morte, partecipi del suo sacrificio; e, come egli ha dichiarato da un'altra parte, fa parte del nostro patto "compiere quel che manca alle afflizioni di Cristo". (Col. 1:24) Il concetto qui è lo stesso di quello espresso dalle parole: "Siamo battezzati nella sua morte." Così, mentre la carne di nostro Signore fu il pane spezzato per il mondo, i credenti di questa età del Vangelo, i fedeli, gli eletti, la Nuova Creazione, sono considerati quali parte di quell'unico pane, "membra del corpo di Cristo"; quindi, nello spezzare del pane, dopo aver riconosciuto che esso è il sacrificio di nostro Signore a favore nostro, dobbiamo riconoscerlo ulteriormente come lo spezzare o il sacrificare della Chiesa intera, di tutti coloro che sono consacrati per essere morti con lui, per essere spezzati con lui, per prendere parte alle sue sofferenze.

Questo è il concetto esatto contenuto nella parola "comunione", comunione-unione, comunione-partecipazione. Quindi, con ogni celebrazione annuale di questa Commemorazione noi non riconosciamo soltanto il fondamento di tutte le nostre speranze come speranze che poggiano sul sacrificio del caro Redentore per i nostri peccati, ma ravviviamo e rinnoviamo la nostra stessa consacrazione ad "essere morti con lui, affinché possiamo anche vivere con lui", a "soffrire con lui, affinché possiamo anche regnare con lui". Quanto immensamente denso è il significato di questa celebrazione istituita da Dio! Non stiamo mettendo i simboli in luogo della realtà; di certo niente sarebbe più lontano dall'intenzione di nostro Signore, né più lontano da quanto sia appropriato da parte nostra. La comunione del cuore con lui, il nutrimento del cuore fatto di lui, la comunione del cuore con le altre membra del corpo e il rendersi conto nel cuore del significato del nostro patto di sacrificio, è la comunione reale che, se siamo fedeli, metteremo in atto giorno per giorno durante l'anno, essendo quotidianamente spezzati con nostro Signore e continuamente nutrendoci del suo merito, crescendo forti nel Signore e nel potere della sua potenza. Che benedizione ci giunge dalla celebrazione di questa [467] Commemorazione! Che ardore nel cuore per aver capito più profondamente e per essere cresciuti in grazia e conoscenza, per aver partecipato ulteriormente ai privilegi del servizio al quale siamo chiamati, non solo riguardo al presente ma anche riguardo al futuro!

Si noterà che l'Apostolo include il calice per il quale noi lodiamo Dio. "Non è la comunione, [unione-comune, partecipazione-comune] del sangue di Cristo?" Oh, che concetto, questo, per cui il vero consacrato, il fedele "piccolo gregge" della Nuova Creazione durante tutta l'età del Vangelo, è stato Cristo nella carne; e la sofferenza, le prove, l'ignominia e la morte di costoro che il Signore ha accettato e riconosciuto come "membra del suo corpo" nella carne, sono tutte incluse come parti del suo sacrificio, perché costoro sono associati a lui, e sotto di lui che è il nostro Capo, il nostro Sacerdote Principale! Chi è che capisce la situazione, che è grato per l'invito di Dio a diventare membro di questa Ecclesia, e che è grato per la partecipazione che ne deriva al sacrificio nella morte, ora, e all'opera gloriosa del futuro, e non si rallegra di essere stato considerato degno di soffrire biasimi per il nome di Cristo e di dare la sua vita al servizio della Verità, quali membri della sua carne e delle sue ossa? Che importa loro che il mondo non ci conosce, come non ha conosciuto lui? (I Giovanni 3:1) Che importa loro, sebbene debbano soffrire la perdita delle benedizioni e dei vantaggi terreni più squisiti, se essi in quanto corpo di Cristo non possono far altro che essere considerati degni di una partecipazione con il Redentore alle sue glorie future?

Man mano che costoro crescono in grazia e in zelo, ciascuno di essi acquista la capacità di soppesare e di giudicare dal punto di vista dell'Apostolo, quando, parlando dei favori e dei vantaggi terreni, disse: "Reputo tutte le cose come spazzatura." "Io stimo che le sofferenze del tempo presente non siano punto da paragonare con la gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo." Fil. 3:8; Rom. 8:18

Un altro pensiero è riguardo all'amore, alla compassione e all'interesse scambievole che dovrebbe prevalere tra tutte le membra di questo "unico corpo" del 

[468] Signore. Man mano che lo Spirito del Signore viene sempre di più a regnare nei nostri cuori ci farà gioire in ogni occasione che avremo di fare il bene a tutti gli uomini quando se ne presenterà l'opportunità, ma specialmente alla famiglia dei credenti. Man mano che la nostra solidarietà cresce e si estende a tutto il mondo dell'umanità, essa deve crescere specialmente nei confronti del Signore e, di conseguenza, specialmente anche verso coloro che egli riconosce, i quali hanno il suo Spirito e cercano di camminare nelle sue orme. L'Apostolo indica che la misura del nostro amore per il Signore sarà indicata dal nostro amore per i fratelli, per le altre membra del suo corpo. Se il nostro amore deve essere tale da tollerare tutte le cose e a sopportare tutte le cose per quanto riguarda gli altri, quanto più vero sarà ciò per quanto riguarda queste altre membra dello stesso corpo, così intimamente unite a noi attraverso il nostro Capo! Non c'è da meravigliarsi se l'Apostolo Giovanni dichiara che una delle prove rilevanti del nostro essere passati dalla morte alla vita è che amiamo i fratelli. (I Giovanni 3:14) In verità, ricordiamo che nel parlare del nostro aggiungere ciò che manca alle afflizioni di Cristo, l'Apostolo Paolo aggiunge: "a pro del corpo di lui, che è la Chiesa". Col. 1:24

Lo stesso pensiero è di nuovo espresso nelle parole: "Noi pure dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli." (I Giovanni 3:16) Che senso di fraternità comporta questo! In quale altro luogo abbiamo la speranza di trovare un amore per i fratelli tale da essere pronto a dare la vita a loro favore? Non stiamo parlando ora di come il Signore possa essere soddisfatto di applicare il sacrificio della Chiesa, rappresentata nel "capro espiatorio del Signore" quale parte dei sacrifici* del Giorno dell'Espiazione. Noi semplicemente notiamo, insieme all'Apostolo, che per quanto ci concerne, il sacrificio, il dare la vita, deve essere fatto in linea di massima per i fratelli, al loro servizio; il servizio per il mondo appartiene principalmente all'età da venire, al Millennio. Nelle condizioni attuali, il nostro tempo, i nostri talenti, la nostra influenza e i nostri mezzi sono più o meno dedicati agli altri (alla moglie, ai figli o ai genitori anziani o ad altri che dipendono [469] da noi) ed abbiamo anche l'obbligo di procacciare le "cose indispensabili", "decorose" e "oneste agli occhi di tutti gli uomini" per noi stessi. Quindi troviamo relativamente poco che resta a nostra disposizione per il sacrificio, relativamente poco da dare ai nostri fratelli e il mondo, la carne e il diavolo sono continuamente lì a cercare di reclamare da noi questo poco e a distoglierci dal sacrificio al quale lo abbiamo consacrato.

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*Tabernacle Shadows of the Better Sacrifices [ovvero: Ombre del Tabernacolo dei Migliori Sacrifici], p. 59
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La scelta fatta dal Signore della Chiesa, durante questo tempo in cui prevale il male, è fatta allo scopo di far sì che le circostanze in cui siamo immersi possano provare la misura dell'amore e della lealtà di ciascuno a lui e ai suoi. Nel caso in cui il nostro amore sia freddo, le richieste del mondo, della carne e dell'Avversario saranno troppo per noi e attrarranno il nostro tempo, la nostra influenza e i nostri soldi. Dall'altro lato, in proporzione di quanto è forte e intenso il nostro amore per il Signore, in questa stessa proporzione ci diletteremo a sacrificare queste cose a lui, non solo a dare il nostro superfluo di energia, di influenza e di mezzi, elargendolo man mano che se ne presenta l'opportunità al servizio dei fratelli, ma anche a seguire questo spirito di devozione al Signore che ci suggerirà di ridurre entro limiti ragionevoli, economici, le domande che ci vengono dalla casa, dalla famiglia e specialmente dal nostro io, affinché abbiamo di più da sacrificare sull'altare del Signore. Come nostro Signore per tre anni e mezzo spezzò il suo corpo e per tre anni e mezzo dette il suo sangue, la sua vita e portò a termine questi sacrifici soltanto sul Calvario, così è per noi: il dare la nostra vita per i fratelli è in piccole situazioni di servizio, sia di tipo temporale che spirituale; il servizio spirituale è più elevato e quindi più importante, sebbene chiunque faccia tacere la sua compassione verso un fratello che ha un bisogno temporale darebbe prova di non aver avuto lo Spirito del Signore come guida del suo cuore in nessun grado appropriato.

La Commemorazione è ancora appropriata

La celebrazione originaria della Commemorazione della morte del nostro caro Redentore (con il significato ancora più vasto, aggiuntovi dallo Spirito santo attraverso l'Apostolo, che vi vede inclusa la nostra partecipazione o comunione con lui nel suo [470] sacrificio) avvenne, come abbiamo visto, in una data particolare: il quattordicesimo giorno del primo mese, secondo il calcolo degli Ebrei.* E lo stesso giorno, a cui si arriva mediante il medesimo metodo di computazione, è ancora appropriato e attirerà l'interesse di tutti coloro che domandano dei "vecchi sentieri" e sono desiderosi di camminare su di essi. Questa commemorazione annuale della morte del Signore, ecc. in quanto istituita da nostro Signore e osservata dalla Chiesa primitiva, è stata risvegliata di recente tra coloro che entrano nella luce della Verità Presente.

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L'anno Ebraico comincia a primavera, con il primo apparire di una luna nuova dopo l'equinozio di primavera. Il 14esimo giorno si
calcola facilmente ma non si dovrebbe confondere con la Settimana di Festa che cominciava il 15esimo giorno e continuava per una settimana dopo tale giorno, cioè non si dovrebbe confondere con la celebrazione Ebraica. Quella settimana di pane azzimo, festeggiata dagli Ebrei con gioia, corrisponde all'intero futuro di un Cristiano, specialmente in quanto rappresenta l'anno intero fino alla sua celebrazione successiva della Cena Commemorativa. Per l'Ebreo il sacrificio dell'agnello era un mezzo per un fine; un dar inizio alla festa della settimana, che godeva della sua attenzione speciale. La nostra Commemorazione si riferisce all'uccisione dell'Agnello e, quindi, appartiene al 14esimo giorno di nisan (il primo mese). Inoltre dobbiamo ricordare che con il cambiamento del calcolo delle ore del giorno, la notte del 14esimo giorno di nisan corrisponderebbe a quello che ora noi chiameremmo la sera del 13esimo giorno di nisan.
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Non c'è da sorprendersi se, mentre si perdeva sempre di più il significato reale della cena simbolica del Signore, furono trascurate anche le proprietà connesse con la sua osservanza annuale. Ciò diventa più facile da comprendere man mano che capiamo la storia della questione, nel modo seguente:

Dopo che gli Apostoli e i loro successori immediati furono morti (all'incirca il terzo secolo), il Cattolicesimo Romano cominciò a diventare influente nella Chiesa. Una delle sue false dottrine riguardava il fatto che mentre la morte di Cristo assicurava una cancellazione della colpa passata, non poteva però controbilanciare le trasgressioni personali una volta che il credente era entrato in rapporto con Cristo, dopo il battesimo; per tali peccati, invece, c'era bisogno di un sacrificio nuovo. Sulla base di questo errore si stabilì la dottrina della Messa, che, come abbiamo spiegato prima in qualche dettaglio, si considerava un nuovo sacrificio di Cristo per i peccati particolari dell'individuo per cui veniva offerta o sacrificata la Messa: il nuovo sacrificio di Cristo era così presentato [471] come ragionevole mediante l'affermazione secondo cui il sacerdote celebrante aveva il potere di cambiare il pane e il vino nell'effettivo corpo e sangue di Cristo; e poi, spezzando l'ostia, aveva il potere di spezzare o sacrificare il Signore di nuovo per i peccati dell'individuo per cui si celebrava la Messa. Abbiamo già mostrato che dal punto di vista divino questo insegnamento e questa pratica era una ripugnanza agli occhi del Signore, "l'abominazione che cagiona la desolazione". Dan. 11:31; 12:11*

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*Vol. II, Cap. ix e Vol. III, Cap. iv.
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La falsa dottrina cagionò la desolazione e come strascico si portò dietro i numerosissimi errori della Chiesa, il grande rinnegamento della fede o apostasia che costituì il sistema Romano, il principale in assoluto di tutti gli anticristi. I secoli si sono succeduti ai secoli, con questo punto di vista che ha continuato ad essere quello preponderante, quello che ha dominato in tutta la Cristianità, fino a che, nel sedicesimo secolo, il movimento della Grande Riforma iniziò a stimolare un'opposizione e, proporzionalmente, cominciò a scoprire le verità che erano rimaste nascoste durante le Età Oscure sotto le false dottrine e le false pratiche dell'Anticristo. Man mano che ai Riformatori veniva data ulteriore luce riguardo all'intera testimonianza della Parola di Dio, quella luce giunse a comprendere vedute più chiare del sacrificio di Cristo ed essi cominciarono a vedere che la teoria Papale e la pratica della Messa era in verità l'“abominazione della desolazione” ed essi la ripudiarono, con vari gradi di certezza. La Chiesa d'Inghilterra modificò il suo Libro di preghiere nel 1552 ed escluse la parola Messa.

La consuetudine della Messa prese il posto praticamente delle celebrazioni annuali della Cena di Commemorazione del Signore; poiché le Messe venivano dette ad intervalli frequenti, allo scopo di purificare ripetutamente le persone dal peccato. Appena i Riformatori videro l'errore di ciò, cercarono d ritornare alla semplicità originaria della prima istituzione e ripudiarono la Messa Papista come celebrazione non propria della Cena di Commemorazione del Signore. Tuttavia, non vedendo lo stretto rapporto tra il tipo della Pasqua e l'antitipo della morte di nostro Signore e la Cena come una [472] commemorazione dell'antitipo, essi non compresero il concetto della giustezza della sua osservanza nella sua ricorrenza annuale. Quindi vediamo che tra i Protestanti alcuni celebrano mensilmente, altri ogni tre mesi ed alcuni ogni quattro mesi; ogni denominazione fa secondo il proprio parere: i "Discepoli" celebrano settimanalmente, dovuto ad un fraintendimento delle Scritture simile in parte al loro fraintendimento riguardo al battesimo. Essi basano la loro celebrazione settimanale della cena sulle dichiarazioni contenute negli Atti degli Apostoli per quanto riguarda il fatto che la Chiesa primitiva si radunava il primo giorno della settimana e che a tali raduni aveva luogo lo "spezzare del pane". Atti 2;42, 46; 20:7

Abbiamo già osservato* che queste celebrazioni settimanali non erano le commemorazioni della morte del Signore; anzi, erano dei conviti d’amici, fatti per commemorare la sua risurrezione e il numero delle volte in cui avevano gioito nello spezzare il pane con lui nei diversi primi giorni durante i quaranta giorni prima della sua ascensione. La rievocazione di queste volte in cui si era spezzato il pane, in cui i loro occhi si erano aperti e l'avevano riconosciuto, li portò probabilmente, da allora in poi, a radunarsi ogni primo giorno della settimana e li portò, non erroneamente, a consumare un pasto tra amici, a uno spezzare il pane. Come abbiamo già notato, non si parla mai del calice in connessione con queste celebrazioni, mentre ogni volta che si nomina la Cena di Commemorazione del Signore questo occupa assolutamente un posto importante come lo occupa il pane.

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*Vedere il capitolo precedente.
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A chi è permesso celebrare

Prima di tutto rispondiamo che nessuno di coloro che non confidano nel sangue prezioso di Cristo quale sacrificio per i peccati dovrebbe comunicarsi. Nessuno dovrebbe comunicarsi a meno che non abbia, per fede, sugli stipiti e sull'architrave del suo tabernacolo terreno il sangue dell'aspersione che parla di pace per noi, invece di invocare vendetta, come fece il sangue di Abele. (Ebr. 12:24) Nessuno dovrebbe celebrare la festa simbolica a meno che non abbia in cuore la vera festa ed abbia accettato Cristo come suo [473] Datore di Vita. Inoltre, nessuno dovrebbe comunicarsi a meno che non sia membro dell'unico corpo, dell'unico pane e a meno che non abbia considerato la sua vita, il suo sangue, sacrificati con quelli del Signore nel medesimo calice, o coppa. C'è una linea di demarcazione molto chiara non solo tra i credenti e i non credenti, ma anche tra i consacrati e i non consacrati. Tuttavia, la linea di demarcazione deve essere tracciata da ciascuno per se stesso purché le sue professioni siano buone e ragionevolmente attestate dalla sua condotta esterna. Non è appannaggio di un membro essere il giudice di un altro, e non è neppure appannaggio della Chiesa giudicare a meno che, come abbiamo indicato, non le è stata presentata la questione in qualche forma definita, secondo i regolamenti prescritti. Altrimenti gli anziani, o rappresentanti della Chiesa, dovrebbero stabilire per tutti coloro che si radunano queste condizioni e queste clausole: (1) fede nel sangue; e (2) consacrazione al Signore e al suo servizio, fino alla morte. Poi dovrebbero invitare tutti coloro che sono di questo pensiero e così consacrati ad unirsi nella celebrazione della morte del Signore e della loro stessa morte. Questo e tutti gli inviti connessi con questa celebrazione dovrebbero essere così ampiamente affermati da non lasciare nessun'idea di settarismo. Tutti dovrebbero essere invitati a partecipare, a prescindere dalla loro fede e dal loro accordo su altri argomenti, se sono in pieno accordo rispetto a queste verità di base: la redenzione attraverso il sangue prezioso e una piena consacrazione fino alla morte, che dà loro la giustificazione.

È giusto considerare qui le parole dell'Apostolo:

"Chiunque mangerà il pane o berrà il calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore. Or provi l'uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice. Poiché chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve un giudizio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore." I Cor. 11:27-29

L'avvertimento dell'Apostolo qui sembra essere contro un’incurante celebrazione di questa Commemorazione, che farebbe di essa una festa, e contro un invitarvi persone in maniera promiscua. Non è questo genere di festa. È una Commemorazione solenne, voluta solo per le membra del "corpo" del Signore; e chiunque non discerne [474] questa cosa, chiunque non discerne che il pane rappresenta la carne di Gesù e che il calice rappresenta il suo sangue, nel consumarne, cadrebbe giustamente sotto la condanna, non la "condanna" come è intesa nella versione comune, ma una condanna agli occhi del Signore e una condanna anche al cospetto della sua propria coscienza. Perciò, prima di consumare questi emblemi, ciascun individuo dovrebbe decidere da solo se crede o meno, se confida o meno, nel corpo spezzato e nel sangue versato di nostro Signore quale prezzo per il suo riscatto; e in secondo luogo se ha fatto o meno la consacrazione di tutto se stesso affinché possa essere così annoverato come membro di quell'“unico corpo”.

Avendo preso nota di chi è escluso e di chi ha giustamente accesso alla tavola del Signore, vediamo che ogni membro vero dell'Ecclesia ha il diritto di partecipare, a meno che non sia stato privato di quel diritto con un processo pubblico della Chiesa intera, secondo la regola stabilita per questo dal Signore. (Mat. 18:15-17) A tutti costoro è permesso di celebrare; tutti costoro avranno di sicuro il desiderio di celebrare, desidereranno sicuramente agire in conformità all'ammonimento del Maestro vicino alla morte: "Mangiatene, voi tutti; bevetene, voi tutti." Essi si accorgeranno che a meno che non mangiamo la carne del Figlio dell'Uomo e beviamo il suo sangue, non abbiamo vita in noi; si accorgeranno che se essi, nel cuore e nella mente, hanno mangiato un po’ dei meriti del sacrificio del Signore realmente, e della sua vita, è sia un privilegio che un piacere commemorare ciò e confessarlo in presenza l'uno dell'altro e in presenza del Signore.

A chi è permesso ufficiare

La falsa dottrina della Messa e la creazione di una classe nella Chiesa, chiamata clero, per amministrare questa funzione e funzioni simili, ha dato vita ad un'impressione così profonda nell'opinione pubblica che i Protestanti, perfino ai nostri giorni, ritengono in genere che la presenza di "un ministro ordinato", cui chiedere una benedizione e cui chiedere di ufficiare in una funzione commemorativa di questo tipo, sia assolutamente necessaria e che qualsiasi altra procedura sarebbe sacrilega. Si riconoscerà facilmente quanto sia tremendamente errata tutta questa teoria se ricordiamo che tutti coloro che hanno il privilegio di prendere parte a questa Commemorazione sono membri consacrati [475] del "Sacerdozio Regale", ciascuno con il pieno mandato del Signore di predicare la sua Parola secondo i talenti che hanno e secondo le opportunità che si presentano loro ed anche completamente ordinati per celebrare qualsiasi funzione o ministero di cui sono capaci per lui e per i membri del suo corpo e, nel suo nome, per gli altri. "Voi siete tutti fratelli" è lo standard del Signore e non dobbiamo dimenticarlo quando ci comunichiamo con lui, celebriamo la sua opera redentrice, la nostra unione comune con lui e l'uno con l'altro quali membra del suo corpo.

Nondimeno, in ogni piccolo gruppo del popolo del Signore, in ogni piccola Ecclesia, o corpo di Cristo, come abbiamo già indicato, le Scritture mostrano che ci dovrebbe essere ordine e che una parte di quell'ordine è che ci dovrebbero essere "anziani in ciascuna Chiesa". Mentre ciascun membro dell'Ecclesia, della Nuova Creazione, ha un'ordinazione sufficiente del Signore che gli permette di prendere parte in connessione con la Cena di Commemorazione, nonostante ciò la Chiesa, nell'eleggere gli anziani, indica che essi dovrebbero essere rappresentanti dell'intera Ecclesia riguardo a questioni come questa. Perciò il dovere di preparare e di ufficiare questa Commemorazione dovrebbe essere devoluto a loro quale servizio per il quale essi sono già stati selezionati dalla Chiesa.

La dichiarazione di nostro Signore: "Dove due o tre di voi sono radunati in mio nome, lì sono io in mezzo a loro" ci mostra in modo definitivo che, dovunque è possibile, questa commemorazione dovrebbe essere celebrata in compagnia delle altre membra del corpo. La benedizione annessa era volta ad attirare i membri l'uno verso l'altro, non solo in questo raduno annuale, ma tutte le volte possibili. Dovunque anche due o tre si incontrano per vedere avverarsi questa promessa, nel caso in cui sia impossibile o scomodo incontrarsi con un gruppo più grande, essi sono privilegiati nel celebrare come Chiesa, come Ecclesia, completa; ed anche laddove si desse il caso di un individuo che si trovasse in circostanze tali da non poter incontrasi con gli altri, noi suggeriamo che la sua fede si esprima con forza sufficiente verso il Signore per chiedere che si avveri la promessa, considerando il Signore e se stesso come i due. Consigliamo di non far sì che tale isolamento inevitabile impedisca a qualcuno di celebrare annualmente il grande [476] sacrificio per il peccato e di parteciparvi con nostro Signore; consigliamo che l'individuo solitario si procuri del pane (pane azzimo, se si riesce a trovare, del tipo del pane biscottato o delle gallette) e del frutto della vite (succo di uva passa o di uva oppure vino*) e che celebri in comunione di spirito con il Signore e con le altre membra del corpo, dalle quali si trova separato per necessità.

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*Per quel che possiamo giudicare, il Signore usò vino fermentato quando istituì questa Commemorazione. Nondimeno, visto che non dette delle specificazioni sul vino, ma che parlò semplicemente di "frutto della vite" e, visto anche che il vizio dell'alcool ha raggiunto ai giorni nostri una forza così potente e perversa, crediamo di avere l'approvazione del Signore nell'uso di succo d'uva, o succo di uva passa, non fermentati al quale, se comodo, si possono aggiungere delle gocce di vino fermentato in modo da soddisfare le coscienze di chiunque possa essere portato a considerare che l'obbedienza all'esempio del Signore richieda l'uso del vino fermentato. In tal modo non ci sarà pericolo per nessuno dei fratelli del Signore, anche per coloro che sono i più deboli nella carne.
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Un regolamento per la funzione

Dato che il Signore non ha stabilito nessuna norma o regolamento per la funzione non spetta a noi farlo; eppure, senza incorrere in qualcosa di improprio, crediamo di poter suggerire quello che riscuote la nostra approvazione per una celebrazione moderata, ragionevole e ordinata di questa Commemorazione. Facciamo così non con l'intenzione di creare una norma o una legge, ma allo scopo di aiutare alcuni abituati ad una funzione elaborata ed altri che non hanno familiarità con nulla di questo tipo ad avere un punto di vista moderato su questa questione. Allora, facciamo sì che la nostra espressione sia considerata puramente alla luce del suggerimento, soggetto a tutte quelle modifiche, ecc. che si riterrà opportuno apportare. Essa è la seguente:

(1) L'apertura della funzione con uno o più inni, appropriati per l'occasione, dallo spirito solenne e che convoglino la mente in direzione della Commemorazione.

(2) Preghiera per chiedere la benedizione divina sull'assemblea e specialmente su coloro che vi prenderanno parte, ricordando anche le altre membra dello stesso corpo, a noi note e non note, in tutto il mondo, e specialmente coloro che stanno celebrando questa Commemorazione nel suo anniversario.

(3) L'Anziano che ufficerà può leggere, prendendolo dalle Scritture, un racconto dell'istituzione originaria della Commemorazione.

(4) Poi, egli oppure un altro Anziano potrebbe presentare un racconto dell'argomento, del tipo e dell'antitipo, sia parlando estemporaneamente che, con uguale proprietà, leggendo, se lo gradisce, una spiegazione di tutta la questione come per esempio la dissertazione precedente.

(5) Richiamando l'attenzione sul fatto che nostro Signore benedisse il pane prima di spezzarlo, colui che dirige potrebbe a questo punto invitare qualche fratello competente perché chieda una benedizione sul pane oppure, se non c'è nessuna persona competente tranne che lui, dovrebbe invocare la benedizione divina sul pane e su coloro che lo consumeranno affinché gli occhi del loro intelletto si possano aprire bene per cogliere o comprendere la profondità giustamente annessa ad esso e affinché tutti coloro che parteciperanno possano avere una comunione benedetta con il Signore nell'uso di questo simbolo della sua carne e per effettuare un rinnovamento della loro propria consacrazione all'essere spezzati con lui.

(6) Si può, poi, spezzare una delle gallette o dei pezzi di pane azzimo, usando le parole del Signore: "Questo è il mio corpo, spezzato per voi; mangiatene tutti"; e il piatto può essere servito da uno dei fratelli o dalla persona stessa che sta ufficiando; oppure, se si tratta di una congregazione numerosa, diversi piatti di pane possono essere serviti contemporaneamente da due, quattro, sei o dal numero necessario di fratelli consacrati.

(7) Mentre si passano questi emblemi si manterrà bene il silenzio, tranne che per qualche breve cenno essenzialmente riguardante il significato del pane e di come ci nutriamo del Signore, che potrebbero essere appropriati, anche se generalmente è bene che questa cosa venga trattata da colui che dirige oppure da qualche altro oratore al momento della spiegazione del significato, in genere, della celebrazione, prima della distribuzione, affinché non si disturbi la comunione dei partecipanti.

(8) Dopodiché si dovrebbe chiedere una benedizione sul calice, proprio come leggiamo che nostro Signore "prese il calice e lo benedisse" e lo dette ai suoi discepoli. [478] A qualche fratello potrebbe esser chiesta questa preghiera di rendimento di grazie e di richiesta della benedizione del Signore su questi partecipanti e dovrebbe anch'esso essere servito nella quiete.

(9) Una volta terminata la funzione, consigliamo di seguire ciò che ha fatto nostro Signore e gli apostoli fino alla fine, di cantare un inno alla conclusione e di sciogliere l'adunanza senza nessuna preghiera finale. Consigliamo che in questa occasione si faccia a meno dei soliti saluti, di fare domande sulla salute, ecc. e che ciascuno vada a casa propria evitando, per quanto possibile, qualsiasi cosa che possa disturbare le sue riflessioni e la sua comunione e che, nel limite del possibile, ciascuno cerchi di continuare a comunicarsi, non solo quella notte, ma durante il giorno seguente, tenendo a mente le esperienze del Signore nel Getsemani, i suoi bisogni di compassione e di aiuto e il fatto che ogni membro del suo corpo può anch'egli trovarsi in circostanze analoghe a quelle del Getsemani ed aver bisogno del conforto e dell'aiuto degli altri discepoli.

Del Maestro si dice: "Delle persone, non c'era nessuno con lui", nessuno capace di avere compassione di lui nell'ora della prova. Per quanto riguarda noi, è diverso. Noi abbiamo le altre membra del corpo, similmente battezzate nella morte, similmente impegnate ad essere "spezzate" quali membri dell'unico pane, accettati e unti con lo stesso Spirito santo. E mentre riportiamo alla memoria ciò, cerchiamo di essere d'aiuto alle altre membra del corpo con più serietà, ricordando che qualunque cosa fatta al più piccolo membro del corpo è fatta al Capo ed è gradita a lui. Possiamo ricordare appropriatamente allo stesso tempo l'esempio di Pietro, la sua impulsività zelante, quale servitore del Signore, ma pure la sua debolezza in un momento di prova e il bisogno che ebbe dell'aiuto e delle preghiere del Signore. "Ho pregato per te, perché tu non cada." Ricordarci di ciò può essere un aiuto speciale per noi, come senza dubbio lo fu in seguito per l'Apostolo Pietro. Ci permetterà ancor di più di guardare al Signore per ricevere "la grazia del suo aiuto in ogni momento di bisogno".

Sarà bene ricordarci anche di Giuda e del fatto che la sua caduta avvenne a motivo del suo egoismo, della sua ambizione, della sua bramosia; e il ricordarci di come [479] attraverso questa porta dell'egoismo Satana entrò sempre di più in lui ci potrà aiutare ad essere all'erta per non cadere similmente in un'insidia dell'Avversario; per non negare, per qualsiasi ragione, il Signore che ci ha acquistato; per non tradire mai il Signore, in qualsiasi senso della parola, oppure per non tradire mai i suoi fratelli o la sua Verità. Continuiamo a tenere a mente, per tutto il giorno seguente, le esperienze del nostro caro Redentore; non solo per poter raggiungere un accordo più profondo con lui, ma anche per non ritenere strane le prove di fuoco alle quali sarà permesso di abbattersi su di noi in quanto suoi seguaci, ma anzi perché possiamo seguirlo fino alla fine e ricordarci sempre delle sue parole in punto di morte: "È finito" e renderci conto che ciò significò un compimento della sua offerta per i peccati a nome nostro, di modo che attraverso le frustate che egli ricevette potessimo ritrovarci guariti e di modo che ci potessimo rendere conto che egli ha vissuto sempre per farci da intercessore e porgerci assistenza in ogni momento di bisogno.

Pasqua (Easter*) - Pasqua Ebraica (Passover)

La parola "Easter" ricorre una volta nelle Scritture (Atti 12:4) e lì è frutto di una traduzione errata; si sarebbe dovuto tradurla "Pasqua Ebraica". Il nome Easter fu adottato prendendolo dai pagani. È di origine Sassone e sta a significare un dea dei Sassoni, o piuttosto dell'est, Estera, la cui festività era celebrata durante l’anno nel periodo di primavera, all'incirca nella stagione della Pasqua Ebraica. L'adozione di questo nome e la sua applicazione al periodo che celebra la morte, la risurrezione e l'ascensione di nostro Signore, giù fino alla venuta della benedizione Pentecostale, fu evidentemente un tentativo di far sì che le istituzioni Cristiane soppiantassero più facilmente quelle del paganesimo. Come la maggior parte di queste concessioni, questa risale approssimativamente al terzo secolo. Questa origine pagana del nome "Easter" non fa particolare differenza per le nostre menti poiché non la usiamo più per festeggiare la dea dell'est. Tra i Protestanti questo nome è stato decisamente connesso ad un giorno anziché ad un periodo come in passato e come è tuttora usato dai Cattolici. Quel giorno unico si chiama Domenica di Pasqua. Ogni commemorazione della risurrezione di nostro Signore [480] sarà sempre preziosa fra il suo popolo ma per coloro che colgono la questione nel modo giusto, ogni Domenica è una Domenica di Pasqua, perché ogni Domenica è una cerimonia commemorativa che ricorda la risurrezione di nostro Signore dai morti.

*(Nota della traduttrice)
La traduzione italiana della parola inglese "Easter" è "Pasqua".

Il nostro pensiero nel presentare qui quest'argomento è più particolarmente quello di attirare l'attenzione sulla visione più vasta del termine Easter, che hanno i Cattolici, la quale comprende il Venerdì Santo come pure la Domenica di Pasqua ed è semplicemente usato come sinonimo della stagione della Pasqua Ebraica. Ci si sarebbe potuto aspettare che l'introduzione della Messa, e la sua osservanza frequente, annullasse la celebrazione annuale della morte di nostro Signore al suo anniversario; ma non è così. La consuetudine originaria della Chiesa primitiva di celebrare il grande fatto centrale e il fondamento stesso della sua esperienza, continuò, sebbene la celebrazione della cena al suo tempo appropriato fosse cessata, superata dai numerosi sacrifici della Messa e pertanto questa commemorazione particolare perdette il suo significato.

Per secoli ci fu l'usanza di calcolare la data della crocifissione di nostro Signore secondo il calendario Ebraico, come abbiamo già spiegato; ma, successivamente, con il desiderio di allontanarsi il più possibile dalle istituzioni Ebraiche, si istituì un cambiamento nel metodo di calcolare la data della morte di Cristo, la nostra Pasqua “Passover”. "Il Concilio Ecumenico" di Nicea decretò che da allora in poi si sarebbe celebrata la Pasqua il venerdì successivo alla prima luna piena dopo l'equinozio di primavera. Questo non fissò soltanto la celebrazione della morte del Signore universalmente in un venerdì, chiamato "Venerdì Santo", ma assicurò anche che la celebrazione raramente sarebbe stata esattamente d'accordo con la celebrazione della Pasqua Ebraica. La differenza nel metodo di computazione, ci si ricordi, sta nel fatto che gli Ebrei allora aspettavano e tuttora aspettano l'equinozio di primavera e iniziano il loro mese con la prima luna nuova dopo l'equinozio e mantengono la Pasqua Ebraica al momento della luna piena di quel ciclo, ovvero il 14esimo giorno. Tale cambiamento dà luogo di tanto in tanto ad una differenza di quasi un mese tra i due metodi di computazione.

[481] Non sta a noi dire qual è il metodo superiore, ma la nostra preferenza è aderire a ciò che hanno praticato il Signore e gli apostoli, non con una subordinazione che ci farebbe sentire come se facessimo un delitto nel caso calcolassimo in modo errato e celebrassimo in una data sbagliata, ma nondimeno con una soddisfazione per il fatto di aver cercato di seguire il più possibile l'istituzione divina, il modello divino. Forse ci potrebbe essere qualcuno che suggerisce che sarebbe ancora meglio fissare la data secondo il nostro calendario moderno (diciamo il 15esimo giorno d'aprile oppure il 1º aprile o un'altra data) così che di conseguenza non sarebbero necessari tanti calcoli, ecc. Rispondiamo che il Signore evidentemente ha avuto un motivo per sistemare il calendario Ebraico così come fece e in questa questione preferiamo continuare a riconoscere la sua istituzione.

In un senso particolare vediamo che il sole è il simbolo del Regno spirituale di Dio, la luna è il simbolo dell'Antico Patto e delle persone che sono state soggette a quell'Antico Patto. Così c’è stata una certa precisione nel fatto che nostro Signore fu crocifisso da essi esattamente quando c’era la luna piena e nel fatto che ciò avvenne secondo la predeterminazione di Dio in quanto al periodo, così che non potettero catturarlo prima, sebbene lo avessero desiderato, perché "l'ora sua non era ancora arrivata". (Giovanni 7:30; 8:20) La sua crocifissione durante la luna piena e il fatto che la luna cominciò immediatamente a calare, dà una lezione per quanto concerne il fatto che lì Israele, come nazione, si attirò una repulsione divina, ovvero un abbandono per una stagione, simbolizzato dal calare della luna, che rappresentò il loro declino nazionale.

*     *     *

Aggiungiamo qui alcuni stralci, presi da un'autorità riconosciuta, che corroborano quanto detto sopra, nel modo seguente:

Dall'Enciclopedia di McClintock e Strong

"EASTER (Pasqua), cioè PASSOVER (Pasqua Ebraica): 'Easter' è una parola di origine sassone e sta a significare un dea dei Sassoni, o piuttosto dell'est, Estera, in onore della quale venivano offerti annualmente sacrifici all'incirca nel periodo dell'anno [482] (primavera) della Pasqua Ebraica e perciò il nome, per associazione di idee, cominciò ad essere connesso alla festività Cristiana della risurrezione, che aveva luogo nel periodo della Pasqua Ebraica: di qui diciamo giorno di "Easter", Domenica di "Easter", ma in modo molto improprio, poiché questo non si riferisce affatto alla festività che esisteva per la dea degli antichi Sassoni. Nello stesso modo si usa attualmente la parola tedesca Ostern, per Easter, che si riferisce alla stessa dea Estera o Ostera. Il ricorrere di questa parola nella Versione Autorizzata (Atti 12:4) ("Dopo la Pasqua (Easter), voleva farlo comparire dinanzi al popolo.") è degno di essere notato principalmente quale esempio della volontà di concordanza nei traduttori....Nell'ultima revisione la parola 'Passover' fu sostituita in tutti i passi meno che in questo....

"Le Chiese dell'Asia Minore celebravano la morte del Signore il giorno corrispondente al 14esimo giorno del mese di nisan e in questo giorno, stando all'opinione di tutta la Chiesa antica, ebbe luogo la crocifissione. Le Chiese occidentali (Roma), d'altro canto, erano dell'opinione che la crocifissione sarebbe dovuta essere commemorata annualmente nel particolare giorno della settimana in cui avvenne, cioè il venerdì.... Le Chiese occidentali vedevano il giorno della morte di Cristo come un giorno di cordoglio e non smettevano il periodo di digiuno fino al giorno della risurrezione. Le Chiese dell'Asia Minore, d'altra parte, guardavano alla morte di Cristo in maniera totale quanto alla redenzione dell'umanità e terminavano il giorno del digiuno all'ora della morte di Cristo, alle tre pomeridiane e, immediatamente dopo, celebravano l’agape e la Cena del Signore. Entrambe le posizioni (le Chiese orientali ortodosse e le Chiese occidentali) aderirono al nome PASCHA (Pasqua Ebraica), con il quale a volte intendevano i giorni in special modo festivi di questa settimana e a volte tutta la settimana che commemorava la Pasqua Ebraica."La prima seria disputa tra le posizioni all'interno della vecchia Chiesa scoppiò circa l'anno 196 (D.C.) allorché il Vescovo Vittorio di Roma emise una circolare per i vescovi principali della Chiesa, con la richiesta di convocare dei sinodi nelle varie province e di introdurre la pratica occidentale (la pratica di celebrare il venerdì e la [483] domenica, invece che nel giorno esatto, il 14esimo e il 16esimo giorno di nisan). Alcuni aderirono alla richiesta ma il sinodo convocato dal Vescovo Policrate, di Efeso, si rifiutò in maniera categorica e approvò la lettera del Vescovo Policrate che, in difesa della pratica diffusa in Asia, rinviò Vittorio all'autorità degli Apostoli Filippo e Giovanni, a Policarpo e a sette dei suoi congiunti che erano stati vescovi di Efeso prima di lui....

"Finora la controversia tra le Chiese dell'Asia e quelle occidentali (Romane) si era concentrata su due punti, vale a dire: (1) se si doveva commemorare il giorno della settimana o il giorno del mese in cui avvenne la morte di Cristo; (2) se si doveva terminare il digiuno. Ora si è sollevato un terzo punto nella disputa, quello riguardante il tempo in cui ricorreva realmente il 14esimo giorno di nisan. Molti dei Padri della Chiesa sono dell'opinione che, secondo il calcolo originale degli Ebrei fino al tempo della distruzione di Gerusalemme, il 14esimo giorno di nisan era sempre stato dopo l'equinozio di primavera e che fu soltanto in conseguenza di quel calcolo errato degli Ebrei dell'epoca posteriore che il 14esimo giorno di nisan a volte cadeva prima dell'equinozio. Costoro pertanto insistettero sul fatto che il 14esimo giorno di nisan, che per entrambe le posizioni all'interno della Chiesa determinava il periodo di Pasqua, sarebbe dovuto sempre essere dopo l'equinozio.

"Dato che l'anno degli Ebrei è un anno lunare e che il 14esimo giorno di nisan è sempre un giorno di luna piena, i Cristiani, che adottarono la visione astronomica suddetta, ogni volta che il 14esimo giorno di nisan cadeva prima dell'equinozio, celebravano la morte di Cristo un mese più tardi della Pasqua Ebraica. Visto che ora i Cristiani non potevano più fare assegnamento sul calendario Ebraico, dovettero fare i loro calcoli per sapere quando era il tempo di Pasqua. Questi calcoli differivano di frequente, in parte per i motivi già descritti, e in parte perché da alcuni fu fissato che la data dell'equinozio fosse il 18 marzo, da altri il 19, da altri il 21 marzo. Il Concilio di Arles nel 314 si sforzò di stabilire uniformità ma non pare che i suoi decreti abbiano avuto grande effetto. L'argomento fu pertanto discusso di nuovo e fu regolato dal Concilio Ecumenico di Nicea, che decretò che Pasqua sarebbe dovuta essere celebrata in tutta la Chiesa dopo [484] l'equinozio il venerdì successivo al 14esimo giorno di nisan. Fu disposto anche che la Chiesa di Alessandria, in quanto famosa per la scienza astronomica, avrebbe dovuto informare ogni anno la Chiesa di Roma su quale giorno delle Calende si sarebbero dovute celebrare le Idi di Easter (Pasqua) e la Chiesa di Roma avrebbe dovuto informare tutte le Chiese del mondo. Ma anche questi decreti del Concilio di Nicea non posero fine a tutte le differenze e fu riservato al calcolo di Dionisio Esiguo di introdurre gradualmente uniformità di pratica nella vecchia Chiesa. Alcuni paesi, come la Gran Bretagna, non abbandonarono la loro antica pratica se non dopo una lunga resistenza. Sembra che al tempo di Carlomagno l'uniformità [nell'osservare il venerdì e nel tralasciare il calcolo Ebraico del giorno di luna piena] si fosse stabilita e [da allora in poi] non si trova più nessuna traccia [dell'osservanza] del 'Quarto decimani' (la celebrazione secondo il giorno effettivo: il 14esimo giorno di nisan, la luna piena dopo l'equinozio di primavera)....

"La revisione del Calendario effettuata da Papa Gregorio XIII mantenne in complesso l'era di Dionisio; ma determinò con più accuratezza la luna piena di Pasqua e prese dei provvedimenti scrupolosi per evitare qualsiasi deviazione futura del calendario dal tempo astronomico. Tuttavia, mediante questi calcoli meticolosi, a volte la Pasqua dei Cristiani, contrariamente a quanto decretato dal Concilio di Nicea, coincide con la Pasqua Ebraica."

La stessa autorità dice riguardo alla parola:

PASSOVER (Pasqua Ebraica): "Era la festività rappresentativa dell'anno e in questa posizione unica rimase in un certo rapporto con la circoncisione quale secondo sacramento della Chiesa Ebrea. (Es. 12:44) Si può vedere ciò in quanto avvenne a Gilgal, quando Giosuè, nel riesaminare il patto divino, celebrò la Pasqua Ebraica immediatamente dopo la circoncisione del popolo. Ma la natura del rapporto in cui si trovavano questi due riti l'uno verso l'altro non si sviluppò completamente finché i suoi antitipi non raggiunsero il loro compimento e finché la cena del Signore non prese il suo posto come festa sacramentale del popolo eletto di Dio."

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