Studi
Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
14
VARI
OBBLIGHI TERRENI DELLA
NUOVA CREAZIONE
“APPLICATEVI
ALLE COSE CHE SONO ONESTE NEL COSPETTO DI TUTTI GLI UOMINI”— “NON
ABBIATE ALTRO DEBITO CON ALCUNO” — “PRESTARE SENZA SPERARE NELLA
RESTITUZIONE DI NULLA” — CORTESIA CRISTIANA — “NON SIATE CON
ANSIETÀ SOLLECITI DEL DOMANI” — “IL MIO SCOPO È CRISTO E SOLO
CRISTO” — “È PIÙ FACILE PER UN CAMMELLO PASSARE PER LA CRUNA DI UN
AGO CHE AD UN RICCO ENTRARE NEL REGNO DI DIO” — ASSICURAZIONE —
ORGANIZZAZIONI DI MUTUO SOCCORSO, ECC. — INGERENZA COSCIENZIOSA —
“BENEDIRE DIO E MALEDIRE GLI UOMINI” — OBBLIGHI SOCIALI —
“ONORATE TUTTI GLI UOMINI” — DOVRÀ PARTECIPARE LA NUOVA CREAZIONE
ALLE ELEZIONI PUBBLICHE? — LA NUOVA CREATURA E LE RIFOME MORALI —
INDOSSARE ABBIGLIAMENTI COSTOSI — RIMANIAMO IN ATTESA DI ADORNARCI DI
“GLORIA, ONORE E IMMORTALITÀ”
“Applicatevi alle cose che sono oneste nel
cospetto di tutti gli uomini”
—Rom. 12:17—
MENTRE
le Nuove Creature si dichiarano morte al mondo e vive nei confronti di Dio
attraverso Gesù Cristo nostro Signore, la metafora si applica interamente
alle speranze, agli scopi e alle ambizioni che sono stati trasformati.
Mentre la nuova mente è ancora costretta ad operare attraverso il corpo
umano in attesa del nuovo corpo nella Prima Risurrezione, deve riconoscere
certe responsabilità verso i suoi simili, verso il mondo. Come ha
responsabilità nei confronti della famiglia terrena e nei confronti della
“famiglia dei credenti” per quanto riguarda le faccende temporali e
queste, invece di essere ridotte o sminuite, acquistano maggiore
importanza mediante la trasformazione della mente, così avviene riguardo
a certi doveri che abbiamo verso i nostri simili.
Tutta
l’umanità dovrebbe riconoscere il principio di giustizia, di
rettitudine, nei rapporti reciproci; ma la Nuova Creatura, poiché riceve
istruzioni speciali su questi princìpi della Legge divina alla Scuola di
Cristo, dovrebbe essere più in guardia degli [564] altri riguardo
all’esercizio di queste qualità negli affari della vita quotidiana. È
appropriato, è giusto che tutti gli uomini si applichino a cose decenti
ed oneste al cospetto delle altre creature? Sicuramente lo è; e perciò
sicuramente le responsabilità della Nuova Creatura, in questa direzione,
sono accresciute per via della posizione avanzata in cui si trova. Ci si
aspetta che gli altri uomini siano onesti, veritieri, retti, onorabili,
generosi? Ci si potrà certamente aspettare che il popolo del Signore
abbia degli istinti ancora più acuti in questo senso e cerchi ogni giorno
di essere all’altezza dello standard perfetto in pensieri, in parole e
in condotta.
“Non
abbiate altro debito con alcuno se non d’amarvi gli uni gli altri” è
la regola divina come viene espressa dall’Apostolo. (Rom. 13:8) Sarebbe
bello se tutto il mondo conoscesse questa regola e la seguisse bene e
sappiamo che, a suo tempo, proprio questa regola sarà fatta rispettare
rigorosamente durante l’età Millenaristica. Ma la Nuova Creazione ha
questa regola come sua legge adesso e a prescindere dal fatto che gli
altri non riescano a riconoscerla e a seguirla, il popolo del Signore
implicitamente dovrebbe obbedire a questa istruzione. Perfino a Israele
naturale, alla casa dei servitori, il Signore ha dato il comando per cui
se sono fedeli a lui essi dovrebbero essere coloro che faranno i prestiti,
non coloro che prenderanno in prestito (Deut. 15:6) e questo principio
riscuote l’approvazione di ciascuna persona in possesso di buon senso in
quanto vera essenza della sapienza (sapienza che sarebbe bene applicare al
mondo, se fosse possibile), sapienza che il mondo riconosce ma che
relativamente pochi sia fra il popolo del Signore che fra le persone del
mondo cercano arduamente di seguire come regola invariabile di vita.
In
altre parole ogni membro della Nuova Creazione dovrebbe vivere secondo le
proprie possibilità economiche per quanto riguarda le cose di questa
terra. Se riesce a guadagnare un dollaro al giorno non dovrebbe neanche
per un momento pensare di spendere più di quello, eccetto che nelle
situazioni di bisogno più estremo, ma dovrebbe di conseguenza adattarsi
al suo stato finché non ci sia un cambiamento e le circostanze non
diventino più favorevoli. Riconoscendo che su di lui e su tutti i suoi
affari c’è la cura provvidenziale del Signore, dopo aver predisposto
tutti i suoi affari riguardo alle faccende temporali nel modo più saggio
possibile, dovrebbe concludere che questi, come gli affari
[565]
spirituali, sono stati soggetti alla supervisione divina e che il Signore
ha pensato a una benedizione per lui in connessione con queste condizioni.
Egli dovrebbe, pertanto, essere completamente contento di esse, per quanto
possano essere difficili, in paziente attesa che arrivi dal Signore quel
sollievo che l’amore e la sapienza divini possono portare a tempo
opportuno. Se gli introiti sono abbondanti, la moderazione dovrebbe essere
la regola di condotta in questa come in tutte le cose. “Che la vostra
moderazione sia nota a tutti gli uomini.” L’economia è una parte del
piano divino, come esemplificato da nostro Signore e dagli apostoli e
particolarmente illustrato nella questione della raccolta dei resti per
ordine di colui che aveva il potere di creare, dal niente, cibo per una
moltitudine.
In
proporzione di quanto sono limitati i mezzi a nostra disposizione, tutte
le spese dovrebbero essere ridotte e portate non solo al punto delle
entrate, ma a un po’ di meno, così che, a prescindere da quanto poco
guadagniamo, una certa parte possa essere messa da parte o per nostre
necessità future o per un’offerta in ringraziamento al Signore oppure,
come suggerisce l’Apostolo, per poter avere qualcosa da dare a coloro
che sono in circostanze di maggiore bisogno. Ci si ricordi sempre che la
fiducia nel Signore implica l’accontentarsi; e che ciò significa la
quiete del cuore. In queste circostanze pane e acqua, oppure patate e
sale, avranno un sapore migliore e daranno risultati migliori che cibi
molto più ricchi consumati con uno spirito diverso. La fiducia implicherà
sempre anche gratitudine e, perciò, il figlio di Dio che vive nutrendosi
del cibo più semplice dovrebbe essere continuamente traboccante di
gratitudine verso il Datore di tutto il Bene, facendo completo affidamento
sulla sua sapienza per tutti gli affari della vita. Ciò non
significherebbe indifferenza verso il progresso se la porta che si apre su
quel progresso e su una maggiore prosperità fosse una porta onesta, un
mezzo onorabile per migliorare la nostra condizione. Trovando una simile
“porta” dinnanzi a noi, dovremmo accettarla con gratitudine
considerando che ci è data dalla divina provvidenza e che ci porterà
probabilmente a partecipare ad altre lezioni impartite dal nostro grande
Maestro.
Il
comando: “Non abbiate altro debito con alcuno se non d’amarvi gli uni
gli altri” implica il fatto che se in qualche momento, senza che ce ne
rendiamo conto, e in contrasto con questa sapienza divina, abbiamo
contratto dei debiti presso altri, dovremmo in tutti i modi ragionevoli e
onorabili cercare di cancellare quell’indebitamento, cercare [566] di
pagare i nostri debiti. Tuttavia, se i debiti sono stati contratti durante
un giorno lavorativo e i creditori sapevano in quel momento che stavano
correndo più o meno rischio e che stavano correndo questo rischio con lo
scopo di fare profitti; e se i debiti sono stati il risultato di legittimo
fallimento commerciale e sono diventati “illegali” e, particolarmente,
se sono stati contratti prima del cambiamento della natura, prima che uno
diventasse una Nuova Creatura, non sarebbe sbagliato per la Nuova Creatura
avvalersi di ciò che è noto come disposizioni relative alla bancarotta
oppure sfruttare la legge che dispone che un debito o una sentenza diventa
nulla o non valida dopo cinque anni, a meno che non venga rinnovata in
Tribunale, oppure mediante qualche impegno individuale.
Un
precedente Scritturistico di un caso di questo genere si trova nella Legge
data ad Israele tipico riguardo alla remissione di debiti il Sabato del
settimo anno e una remissione ulteriore più completa di tutti gli
obblighi il cinquantesimo anno del Giubileo. Il mondo ha riconosciuto la
sapienza di queste disposizioni divine e molte nazioni le hanno confermate
nelle loro leggi civili. Le Nuove Creature sfruttando queste disposizioni
terrene, d’accordo con la volontà divina, possono sentirsi in pace
riguardo a tali debiti, a meno che nella provvidenza di Dio dovessero
essere benedetti successivamente con un’abbondanza di beni, nel qual
caso certamente la Regola d’Oro detterebbe a costoro che sarebbe
appropriato ripagare tutti i debiti, a prescindere dal fatto che siano già
stati estinti in virtù delle norme di legge.
Se,
tuttavia, il debito non fosse un debito di tipo commerciale ma un obbligo
di amicizia, un prestito di denaro o di credito, per il quale l’amico
non si aspetta e non riceve nessun guadagno o profitto, il caso sarebbe
completamente diverso. Un tale debito dovrebbe essere considerato in
esistenza per tutta la durata della vita e gli sforzi di ripagarlo
dovrebbero avere sempre un’influenza importante sugli affari del
debitore. Ma, come indicato in precedenza, una volta diventato membro
della Nuova Creazione, sotto la guida dello Spirito santo e della sua
Parola, le Scritture, e sotto la direzione dello spirito di una mente sana,
nessuno della Nuova Creazione dovrebbe diventare debitore, ma [567] dovrebbe considerare provvidenza del Signore
il vivere piuttosto entro i limiti delle loro entrate. Questo comando di
“Non aver altro debito con alcuno” non si riferisce necessariamente al
mettere un’ipoteca sulla proprietà di uno per una somma presumibilmente
inferiore al valore reale. Questo non sarebbe prendere in prestito nel
senso proibito, ma si tratterebbe puramente di una vendita temporanea di
porzione del valore netto in questione, in attesa dell’opportunità di
riscattarla di nuovo.
Vedove
e orfani non sono responsabili dei debiti del capo di famiglia scomparso,
né secondo la legge umana né quella divina. Beni venduti ad un marito o
a un padre sono venduti basandosi sulla sua responsabilità e onestà ed
altri non possono essere considerati responsabili dei suoi debiti eccetto
che nel caso in cui essi si rendano personalmente responsabili per
adesione diretta o implicita. I debiti di costui avevano un previo
privilegio sulla sua proprietà (eccetto la porzione della famiglia
riservata per legge); ma la cosa finisce lì alla sua morte, a meno che
qualche membro della famiglia non si assuma gli obblighi spontaneamente.
Accenniamo a questo perché abbiamo visto molti casi in cui le povere
vedove e i poveri orfani si sono sentiti nell’obbligo sotto la legge
divina, se non sotto quella umana, di pagare i debiti del marito e padre e
si sono ritrovati a soffrire per anni nello sforzo di farlo.
Il
consiglio del Signore al suo popolo, per quanto riguarda l’altro lato
della questione, è ugualmente esplicito. Se vedono i fratelli nel bisogno,
debbono fare del bene e “prestare, senza sperare nella restituzione di
nulla”, senza l’idea di guadagnare in contraccambio favori simili o di
altro tipo. Tuttavia dobbiamo capire questo comando di “prestare” ad
un fratello in armonia con l’altro comando che non si dovrebbe prendere
in prestito; e, quindi, l’implicazione sarebbe che il fratello possieda
i mezzi e sia in grado di ripagare, ma che temporaneamente abbia bisogno e
sia in grado di dare qualche tipo di ipoteca o di cauzione a colui che fa
il prestito. Tale dare in prestito, però, per assistere un fratello in
necessità, dovrebbe essere fatto gratis e senza speranza di ricompense,
senza la stipulazione di interessi (usura), ma stipulando puramente la
restituzione del capitale entro un periodo determinato. Si dovrebbe
trattare semplicemente di un accomodamento, un’espressione dell’amore
fraterno.
[568]
Se il fratello non è in condizioni finanziarie tali da poter ripagare o
da poter dare una cauzione per il denaro, non si dovrebbe fare il prestito
ma, invece, un dono il quale sarà fatto in proporzione delle necessità
del fratello e la cui consistenza dipenderà da quanta carità il donatore
si sentirà capace di praticare. Il fratello si può impegnare a ripagare
ma si dovrebbe insistere che è un regalo, a meno che successivamente gli
affari del fratello non cambino così decisamente e sia in grado di
restituire abbondantemente il dono, nel qual caso dovrebbe sicuramente
desiderare con tutto il cuore di farlo. Anche allora, se colui che ha
fatto il dono fosse in grado di permetterselo, potrebbe dire al fratello:
“Non riesco a sentirmi contento di riprendermi il dono; perciò, ti
imploro, dallo a qualcun altro che vedi che ha bisogno, adesso o in futuro.”
La questione sarebbe completamente diversa, però, se il fratello o
qualsiasi altra persona desiderasse prendere dei soldi in prestito con
l’intenzione di ingrandire la propria attività commerciale e con
l’intenzione di fare dei profitti. Fare un prestito ad una persona del
genere, prendendo ampia cauzione, e chiedendo interessi sarebbe
completamente legittimo; e tale interesse non sarebbe “usura”, nel
senso oppressivo o sbagliato, ma sarebbe in armonia con quanto il Signore
ha comandato nella parabola quando disse: “Dovevi portare il mio danaro
dai banchieri e, al mio ritorno, avrei ritirato il mio con usura [interesse].”
Mat. 25:27
In
pieno accordo con queste istruzioni, le Scritture ce ne offrono un’altra
cui si farà bene a prestare attenzione, e sempre con profitto, non solo
da parte della Nuova Creazione ma anche da parte del mondo in genere. Il
comando dice: “L’uomo privo di senno dà la mano e fa garanzia per
altri davanti al suo prossimo.” (Prov. 17:18) Secondo questo
suggerimento, le caparre e le garanzie per gli altri, le girate di
cambiali, ecc. sarebbero proibite e sarebbe saggio se tutti coloro che
fanno parte del popolo del Signore seguissero questa regola
scrupolosamente. Anche nel più urgente dei casi immaginabili, in cui ci
potrebbe essere quasi assoluta necessità di considerare l’obbligazione
di un fratello, si dovrebbe fare attenzione a non prendere nessun obbligo
che non si possa pagare senza grave disastro. Se l’obbligazione consiste
in una somma che uno può prestare volentieri [569] al fratello oppure può
dargli in caso di necessità, allora l’obbligazione o la garanzia o la
girata sarebbe ammissibile, ma non altrimenti e non si dovrebbe mai
mettere in pericolo il proprio credito, né rischiare la propria attività
commerciale, né ridurre in povertà la propria famiglia. Osservate come
sono simili Prov. 22:26; 11:15; 6:1-5.
C’è
un tipo di prendere in prestito e di dare in prestito poco importante
praticato da molti, specialmente riguardo ad articoli della casa come il
sapone, lo zucchero, le tinozze, gli arnesi, ecc. che merita qui
considerazione. Le Nuove Creature, sotto il controllo dello spirito di una
mente sana, debbono disapprovare in cuor loro tali piccole seccature; a
tal punto che si accerteranno di regolare i propri affari e bisogni in
modo da rendere questo prendere in prestito una cosa estremamente rara,
una faccenda di assoluta necessità in caso di malattia o di altra
difficile situazione. Dovrebbe essere parte della decisione di tutti i
santi del Signore disturbare gli altri il meno possibile. Pertanto, se per
mancanza di attenzione ai propri affari, rimangono senza burro per un
pasto, dovrebbero preferire di farne a meno piuttosto che di andare a
disturbare un vicino e dare il cattivo esempio. Se hanno solo un ferro da
stiro e non si possono permettere di comprarne un altro, farebbero meglio
a vivere di conseguenza e ad usare solo quell’unico ferro da stiro.
Coloro
che coltivano tali severe restrizioni riguardo ai loro affari si
sentiranno naturalmente più infastiditi di altri se un vicino va a
chiedere loro qualcosa in prestito. Ciò nonostante, il popolo del Signore
deve essere quello che fa il prestito e non quello che chiede il prestito;
e il nostro consiglio sarebbe che, con tutta la logica moderazione, il
popolo del Signore acquisti la fama di particolarità per entrambi questi
due aspetti: che esso è sempre pronto a prestare volentieri e che lo fa
di tutto cuore, con allegria e simpatia, con desiderio di riuscire gradito
e di fare un favore, fino al punto in cui può permettersi di fare a meno
di quanto presta e, l’altro aspetto, che esso è sempre restio a
prendere in prestito. Tali persone saranno considerate da tutte “buoni
vicini” sia che si pensi che siano delle “persone particolari”, per
quanto riguarda la loro devozione al Signore e alla sua Parola, o meno.
Vero, coloro che prendono in prestito potrebbero non [570] restituire
l’articolo e potrebbe costare fatica cercare di recuperarlo; o, nel caso
di prestito di cibo, potrebbero non restituirlo mai. Tuttavia dovremmo
riflettere sul fatto che, se hanno chiesto in prestito il cibo in tal modo,
se l’hanno consumato e non l’hanno restituito, è meno probabile che
tornino a chiederne ancora. Se le circostanze lo permettono, preferiremmo
non chiedere mai la restituzione di un articolo prestato. Anzi
considereremmo queste come occasioni favorevoli per fare amicizia con il
“mammona dell’iniquità”, buone occasioni per sacrificare frivoli
interessi terreni per poter, mediante tali occasioni, ottenere una
maggiore influenza morale e spirituale sui nostri vicini.
Visto
che stiamo considerando quest’argomento, potremmo accennarne ad un altro
molto connesso con esso in modo generale, vale a dire, l’abitudine di
taluni di considerarsi liberi di presentarsi dagli amici per far visita,
prendendo in prestito il tempo
del loro prossimo. Essere ospitali è parte dello spirito generoso
dell’amore e tutti gli appartenenti al popolo del Signore dovrebbero
coltivare questa disposizione in ogni occasione adatta, come una
disposizione gradita al Signore e che sarà utile per la loro crescita
spirituale. (Ebr. 13:2) Dovrebbero essere contenti di ricevere amici,
vicini, per condividere un pasto o per trascorrere una notte, ecc. come
permesso dalle circostanze: ci dovrebbe sempre essere un desiderio
affettuoso di ricevere ospiti, sia che si trovi o meno l’opportunità di
mettere in pratica tale desiderio. Ospitalità non vuol dire spese
sontuose oltre i limiti di quanto uno può permettersi, né vuol dire che
ci si dovrebbe prendere cura di un ospite meglio di quanto si fa per la
propria famiglia. Significa, tuttavia, avere una buona volontà di
condividere quello che abbiamo con gli altri.
Ma
vediamo l’altro lato della medaglia. Le persone consacrate della Nuova
Creazione, che appartengono al Signore, non dovrebbero mai essere delle
intruse. Dovrebbero essere sicure di avere un invito e un benvenuto
esplicito prima di accettare ospitalità per consumare un pasto o per
pernottare. Che bella illustrazione di questo buon principio abbiamo nel
caso di nostro Signore, quando camminò con i due discepoli verso Emmaus!
Fu il desiderio di andare con loro a casa loro e di condividere il loro
pasto serale per poter conferire un’ulteriore benedizione su di essi.
Nondimeno, quando [571] arrivarono a casa, “fece come se stesse
continuando ad andare avanti” ed aspettò finché non furono essi ad
insistere, o a forzarlo, prima di acconsentire a trattenersi con loro.
Questo non fu un inganno, né sarebbe ingannevole se facessimo noi
altrettanto. Nostro Signore non sarebbe rimasto con loro se non avessero
insistito perché restasse e noi non dovremmo rimanere con alcuno se non
riceviamo un caloroso benvenuto, né dovremmo rimanere più a lungo di
quanto possa durare il caloroso benvenuto, a prescindere dalle nostre
circostanze.
L’idea
che sembra prevalere nelle menti di alcuni per cui si prendono la libertà
di “atterrare” in casa di parenti naturali o di parenti spirituali, è
un grande errore. Non ci sono diritti del genere che prevalgono. Noi
abbiamo il diritto di dare e di essere generosi ma non siamo autorizzati a
chiedere ad altri, o ad esigere da altri, simili cose. Essi hanno il
diritto di dare o di rifiutare di dare ciò che è loro, ciò di cui essi
sono amministratori. Fino a che punto le Nuove Creature debbono lasciare
che i fratelli, o i parenti secondo la carne, che sono nell’errore, si
approfittino di loro dipende dalle circostanze, dipende in larga misura
dalle condizioni fisiche e finanziarie di colui che fa visita. Tuttavia,
per giustizia verso se stesso e per giustizia anche verso chi fa visita (che
segue un ragionamento che non regge su questa questione e che ha
l’intenzione di fare una visita che risulterà particolarmente lunga e
non gradita), chi riceve questa persona in casa dovrebbe gentilmente, ma
chiaramente, dire: “Dovrei forse dirti che non andrà bene per me averti
qui con noi più a lungo di …”; oppure un altro modo di affrontare
persone simili è di dir loro, all’inizio della visita, che andrebbe
bene che restino fino ad una certa data oppure un altro modo è di
invitarli decisamente a restare per un pasto oppure per un giorno o una
settimana, a seconda del caso, indicando chiaramente i limiti
dell’invito e non lasciando la cosa alle supposizioni. Sembra che
procedere in tal modo sia assolutamente necessario nell’interesse della
casa, dell’aspetto economico della famiglia, nell’interesse del
proprio tempo, del servizio del Signore, ecc. come anche appropriato ed
utile al gran numero di persone che non ha idee corrette in tal senso. Ma
non c’è bisogno né di pensare male di queste persone né di parlarne
male, né di rivolgerci male verso di loro. Forse esse sono cadute più
spesso, in questo aspetto, di noi o di qualche altro e noi forse, per
natura, siamo caduti più di loro in altri aspetti. In ogni caso dovremmo
avere un’opinione benevola, generosa, rispettosa verso di loro, e
riproporci ancora di più, per [572] quanto riguarda noi stessi, di
evitare nella maniera più assoluta quell’antipatico modo di fare.
“Non siate con ansietà solleciti del domani”
—Mat.
6:34, 19, 20—
La
dichiarazione di nostro Signore succitata e l’altra sua dichiarazione:
“Non vi fate tesori sulla terra, ove la tignola e la ruggine consumano,
e dove i ladri sconficcano e rubano, ma fatevi tesori in cielo” penso
che siano state seriamente fraintese da molti dei suoi seguaci più
sinceri e ben intenzionati. Alcuni hanno concluso che il Signore volesse
dire che essi avrebbero dovuto “vivere alla giornata” e non
interessarsi assolutamente del futuro. Invece vediamo che il nostro Padre
celeste non ci ha dato nessun esempio in tal senso; che egli pensa
continuamente a noi ed ha disposto le stagioni, i cereali, le verdure e la
frutta nel loro ordine. Vediamo anche che aveva intenzione che scoprissimo
simili princìpi ed ha organizzato la natura in modo tale che è
necessario che piantiamo se poi vogliamo mangiare, è necessario che
tessiamo se vogliamo avere indumenti per vestirci ed è necessario che
prepariamo in anticipo l’olio che ci darà luce nella notte. Questo
stesso principio si applica a tutti gli affari della vita e dovremmo
rifiutare il pensiero che nostro Signore Gesù intese contraddire o
rovesciare quest’ordine divino, come si rileva in tutta la natura.
E,
allora, che cosa voleva dire nostro Signore? Rispondiamo che
nell’originale del primo testo il pensiero è: “Non siate con ansietà
[gravosa] solleciti del domani”; “Basta a ciascun giorno il suo
affanno”. Il popolo del Signore non dev’essere ansioso
per quanto riguarda il futuro. Debbono essere: “Non pigri nel lavoro,
ferventi nello spirito, servitori del Signore.” Mentre piantano,
seminano, disinfestano dalle erbacce e mentre zappano, debbono riconoscere
per fede che tutti i loro affari sono soggetti alla supervisione divina e
che Dio ha promesso che tutte le cose coopereranno al bene per coloro che
lo amano. Dovrebbero applicare le promesse divine della premura divina così
completamente da avere i loro cuori interamente privi di ansietà.
[573]
Dovremmo riconoscere una vasta differenza tra mancanza di premura e
premura ansiosa. Se nostro Signore avesse mancato di premura, se fosse
stato prodigo, sprecone, avventato riguardo al domani, non avrebbe detto
ai suoi discepoli di raccogliere i resti dopo aver sfamato le moltitudini;
invece egli illustrò proprio in quell’evento quanto sia appropriato
pensare al prossimo pasto, al prossimo giorno. Comunque non fu un essere
solleciti con ansietà che raccomandò. I discepoli avrebbero dovuto far
uso di quello che era stato messo nelle loro mani e non avrebbero dovuto
sprecarne nulla. Se, però, la provvista che avevano si fosse esaurita,
non per colpa loro, e se non avessero avuto modo di procurane dell’altra,
essi avrebbero dovuto confidare senza riserve nel Signore a tal punto da
bandire l’ansia, sebbene senza diminuire la loro energia. Questo stesso
pensiero è illustrato nel caso di Giuseppe in Egitto, dove, sotto la
guida divina, aveva accumulato grandi ricchezze di grano durante sette
anni di abbondanza e fece in tal modo la provvista per i successivi sette
anni di carestia.
Né
sottintende mancanza di premura il secondo testo riguardo agli affari
quotidiani della vita, agli interessi della vita presente, alle provviste
appropriate per le nostre famiglie, ecc. Allora, cosa significa? Significa
che niente di ciò che è di tipo terreno dovrebbe diventare il nostro tesoro,
significa che dovremmo ritenere il tesoro celeste come quello al di sopra
di tutti gli altri tesori. I nostri cuori dovrebbero incentrarsi su di
esso e con esso dovremmo continuamente dilettare le nostre menti; così,
ricchi, dovremmo avere la calma spirituale mediante la fede, confidando
nelle promesse divine. Il mondo non conosce nulla di queste cose così
estremamente importanti e preziose che le Nuove Creature posseggono
mediante la fede. E, come è espresso dal canto:
“Ciascun
cuore cercherà e amerà ciò che è suo;
Il mio scopo è Cristo e solo Cristo.”
Scegliendo
Cristo, scegliamo non solo la gloria, l’onore e l’immortalità
promessa a coloro che sono suoi, ma scegliamo anche le sofferenze di
questo tempo presente, le prove, gli esami e le esperienze speciali
promessi a coloro che camminano nelle sue orme, come un’istruzione e una
preparazione necessaria per le glorie future. Inoltre, tutti coloro che
stanno cercando Cristo, tutti coloro che hanno fatto così una
consacrazione completa di se stessi al Signore, non hanno niente di tipo
terreno da chiamare di loro [574] proprietà. Quando erano della terra,
terreni, consideravano i loro interessi terreni come possedimenti
personali; quando, invece, sono diventati del Signore, hanno dato tutti se
stessi, con tutto ciò che possedevano, a lui. Case, terreni, figli,
marito, moglie, fratelli, sorelle: tutti sono stati dedicati, consacrati
al Signore. Niente di queste cose e nessuna di queste persone, pertanto,
possono ora costituire i tesori della Nuova Creazione.
Ciò
non vuol dire che un uomo non possa amare sua moglie oppure che la moglie
non possa amare il marito e che non si possano apprezzare molto a vicenda.
Non vuol dire che non possano amare i loro figli ed apprezzare grandemente
le loro qualità affettive e mentali. Non vuol dire che essi non possano
ancora amare ed apprezzare le bellezze della Natura. Non vuol dire che non
possano possedere una casa o avere un animale di proprietà loro. Vuol
dire invece che nessuno di questi possedimenti terreni può più
costituire i loro tesori o, in qualsiasi senso della parola, competere con il Signore
che essi hanno accettato come il tesoro “più grande fra diecimila e
quello in tutto e per tutto incantevole”.
Non si
deve amare il denaro, non si deve riverirlo, adorarlo: non dobbiamo essere
i suoi schiavi o servitori. Abbiamo prestato fedeltà come figli e come
servitori al Creatore Onnipotente e il denaro è uno dei suoi servitori e
strumenti e dovrebbe essere considerato tale da noi che siamo
amministratori di quella porzione di esso che, nella divina provvidenza,
può venire a cadere sotto il nostro controllo.
Ma non
ricordiamo le parole del Signore al giovane ricco che andò da lui dicendo:
“Che mi manca ancora?” e al quale Gesù rispose: “Se vuoi essere
perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri ed avrai un tesoro
nei cieli: e vieni, prendi la tua croce e seguimi; e se ne andò
contristato perché aveva grandi beni.” (Mat. 19:16-22) Non ci insegna
questo la necessità per tutto il popolo del Signore di diventare poveri?
Sì, rispondiamo: “Quanto sarà difficile per coloro che hanno ricchezze
entrare nel Regno di Dio! È più facile per un cammello passare per la
cruna di un ago* che ad un ricco entrare nel Regno [575] dei cieli.”
(Mat. 19:24) I ricchi hanno tentazioni per le cose buone di questa vita
presente che tendono ad attrarre i loro cuori e a diventare i loro idoli e
i loro tesori. Pertanto essi sono sistemati in questo rispetto meno
favorevolmente dei poveri che hanno poco dei beni di questo mondo dove
riporre il loro affetto e che sono più propensi ad ascoltare con gioia la
buona novella della grazia divina, le grandi ricchezze che il Signore ha
in serbo per coloro che sono fedeli a lui. Sarebbe un errore, tuttavia,
supporre che nessuno possa essere in possesso di beni di questo mondo
senza abusarne, senza adorarli, idolatrarli, considerarli loro tesori.
Sarebbe un errore identico a quello che si fa se si suppone che coloro ai
quali mancano le ricchezze terrene non possano adorarle e farne dei tesori.
Chi non ha conosciuto o sentito parlare di persone povere che apertamente
hanno adorato la ricchezza, l’hanno bramata, si sono affannati
continuamente per averla e sono stati sempre scontenti perché
nell’impossibilità di mettere le mani su quanto i loro cuori
consideravano un tesoro?
__________
*Le
grandi città dell’est in tempi antichi avevano grandi porte che
venivano chiuse al tramonto e non era permesso aprirle fino alla mattina
per timore che un nemico potesse approfittare per sferrare un attacco. Ma
avevano porte piccole che erano custodite dalle
guardie
e attraverso cui un uomo poteva entrare e poteva far passare anche il suo
cammello togliendo il carico che portava e permettendo all’animale di
procedere avanzando sulle ginocchia. Queste porte piccole erano chiamate
“crune d’ago”. Così un uomo ricco può accedere al Regno, ma non
carico di ricchezze o di tesori terreni. Questi debbono essere scaricati
di dosso.
__________
Tutti
coloro che giungono presso il Signore, sia ricchi che poveri rispetto ai
beni di questo mondo, debbono giungere con la comprensione di una piena
consacrazione, un sacrificio completo dei loro cuori, delle loro volontà
e di tutto ciò che possiedono, altrimenti non saranno accettati. Il
povero che giunge presso il Signore deve rinunciare agli idoli della sua immaginazione
e della sua ambizione, alla sua
bramosia per la ricchezza terrena che non ha ancora raggiunto. Il ricco
che giunge presso il Signore deve giungervi, ugualmente, con l’abbandono
pieno della sua volontà, rinunciando ai suoi piani e ai suoi programmi di
tipo terreno ai quali aveva dedicato in precedenza la parte migliore delle
energie della vita: deve sacrificare non solo ciò che possiede, ma tutto
quello che sperava, tutto quello cui mirava e che aveva avuto ambizione di
assicurarsi: tutto deve essere deposto sull’altare del Signore o non può
essere suo discepolo.
[576]
Il giovane ricco avrebbe potuto capire meglio le parole di nostro Signore
se avesse avuto l’atteggiamento mentale giusto; poiché crediamo che il
Signore gli avrebbe spiegato le cose ulteriormente. Se avesse detto:
“Signore, accetto le condizioni; abbandono tutto di me a te, quale
rappresentante di Dio. Come dovrò fare per attuare le tue istruzioni?
Devo vendere greggi, mandrie, terreni, case e prendere il ricavato così
ricevuto, chiamare i poveri, buttare i soldi in aria e lasciare che essi
si azzuffino per prenderlo oppure come dovrei procedere? Ti prego, dammi
delle istruzioni ulteriori.”
Possiamo
immaginare che il Signore gli direbbe: “Ora sei arrivato al punto in cui
desideravo che tu arrivassi e ti spiegherò più particolarmente il mio
comando. Tu hai consacrato ora a Dio tutto
di te e lo hai reso soggetto alla sua volontà perché sia usato secondo
quanto tu capisci che sia la sua volontà e mi stai facendo delle domande
sulla sua volontà. Te lo dirò: la sua volontà è che tu stesso dovresti
diventare il suo amministratore, non semplicemente per mantenere la
proprietà, ma diventare il suo amministratore nello spenderla,
nell’usarla bene, con saggezza, secondo la tua perizia. E suggerisco che
tu cominci a prendere il denaro che hai in banca e ad usarlo. Puoi, se
vuoi, cominciare da qui, con i miei apostoli e seguaci. Vedi cosa puoi
fare per loro. Man mano che consumi i soldi, vendi una casa o un gregge di
pecore oppure un branco di bestiame e così continua ad usare i mezzi che
Dio ha posto sotto il tuo controllo, diventandone il suo amministratore,
aspettandoti che avendo fatto una consacrazione di tutto a lui, egli alla
fine chiederà un resoconto. Allora, se sarai capace di dimostrare che hai
usato quello che hai consacrato a lui con saggezza e con la massima
perizia che avevi, ti puoi aspettare di sentirti dire le parole benedette:
“Ben fatto, servitore buono e fedele; entra nelle gioie del tuo
Signore.”
Una
consacrazione di tutto il nostro al Signore non significa che tutti i
nostri possedimenti dovrebbero essere usati esclusivamente per opere
religiose. Come amministratori del Signore dobbiamo cercare continuamente
di sapere cosa piacerebbe a lui, ottenendo le nostre istruzioni dalla sua
Parola. Lì ci viene insegnato a glorificarlo; e [577] nel cercare di
glorificarlo dobbiamo sforzarci di usare non solo le nostre voci e le
nostre penne, ma tutti i nostri talenti, incluso il nostro talento
costituito da soldi o proprietà. Siccome siamo del Signore, tutti gli
obblighi che abbiamo sono obblighi che hanno a che fare con il tempo e con
la proprietà che abbiamo consacrato. Ad esempio, avere una moglie
significa avere verso di lei un obbligo di attenzione e di mantenimento
ragionevoli e appropriati; e in modo simile i bambini sono ipoteche su
tutto quello che possediamo in proprietà o in tempo o in talento.
È
volontà di Dio che riconosciamo queste ipoteche e che soddisfacciamo
giorno per giorno i requisiti di tali ipoteche in maniera ragionevole, non
dimenticando che ci si aspetta che non sprechiamo i mezzi del Signore ma
che cerchiamo di incanalarli il più possibile verso ciò che potrebbe
essere utile in modo speciale alla promozione della verità religiosa,
alla divulgazione della buona novella della grande gioia, in quanto ciò
rappresenta la concezione più alta che abbiamo di cose buone per la
creazione che geme. Ciò che vogliamo dire è che la cura per la moglie e
per i figli oppure per i genitori anziani o altri che dipendono
giustamente da noi è riconosciuta dal Signore come un uso appropriato di
una porzione di ciò che abbiamo consacrato a lui. Ma non possiamo
permettere che sperperi o sprechi in queste direzioni interferiscano con
l’uso di nostri mezzi più direttamente in ciò che è per noi l’opera
principale della vita: la proclamazione del Vangelo, la buona novella del
Regno.
Non
solo non dobbiamo privare le nostre famiglie delle cose necessarie per la
loro giusta cura, ma le Scritture ci istruiscono dicendoci che fa parte
del nostro dovere provvedere a loro con un occhio, in certa misura, al
futuro. Ascoltate il messaggio che ci viene attraverso il saggio: “Va’,
pigro, alla formica; considera il suo fare e diventa savio.” (Prov. 6:6)
Pensiamo che la formica mette da parte una buona scorta di cibo per i suoi
futuri piccoli; e così l’Apostolo ci dice che i genitori dovrebbero
fare la scorta per i loro figli. (II Cor. 12:14) Secondo la disposizione
naturale e la tendenza delle nostre nature egoiste, cadute, probabilmente
hanno bisogno di ammonimento in questo senso più pochi di quanti hanno
bisogno di consigli per andare all’estremo in senso opposto. Il pensiero
[578] delle Scritture sull’argomento è ancora espresso nelle parole
dell’Apostolo: “Applicatevi alle cose che sono oneste nel cospetto di
tutti gli uomini”; ed ancora: “Se uno non provvede ai suoi … ha
rinnegato la fede ed è peggiore di un incredulo.” Rom. 12:17; I Tim.
5:8
Il
concetto sembrerebbe essere quello per cui ogni genitore è tenuto a dare
a suo figlio un inizio della vita che sia di più di un semplice corpicino
imperfetto, venuto al mondo, che sta lì lì per morire. Una volta portati
al mondo figli, diventa dovere dei genitori provvedere affinché vi si
stabiliscano ragionevolmente e appropriatamente. Ciò comporta non solo
provvedere a cibo e a vestiti durante l’infanzia e la giovinezza, ma
anche a dare un’istruzione intellettuale e morale a cui abbiamo già
fatto riferimento; e tutto ciò significa deporre, mettere da parte
porzione di ciò che avremmo consumato personalmente, nell’interesse dei
figli. Viste le incertezze della vita, non sarebbe per il genitore
un’applicazione irragionevole del comando delle Scritture avere qualcosa
messa da parte per ciò che sarà necessario per far fronte ai bisogni
della famiglia in caso di morte prima che i suoi membri abbiano raggiunto
l’età adulta. Non è nostro parere che l’Apostolo volesse dire che i
genitori dovrebbero cercare di lasciare delle fortune ai figli perché
litighino per via di esse e ne ricevano del male. Il figlio che nasce in
condizioni finanziarie molto buone e che riceve un’educazione e una
guida ragionevoli per raggiungere l’età adulta, è ricco, ha una ricca
eredità dentro di sé; e il genitore che ha provveduto in tal modo ai
suoi figli ha tutte le ragioni per sentire che è stato guidato per questo
aspetto dalla mente sana, dallo Spirito santo, dalla giusta disposizione,
approvata dal Signore, anche se non lascia nessuna proprietà alla sua
famiglia o non più di un tetto o di una casa. Un tale uomo ha compiuto il
suo compito di amministratore e tali figli alla fine apprezzeranno di
sicuro la sua fedeltà.
Organizzazioni di mutuo soccorso, ecc.
Stiamo
vivendo in un periodo di organizzazione e si deve ammettere che alcune di
esse sono state e sono veramente sistemi saggi e benefici. Le società
assicurative di tutti i tipi sono naturalmente orientate al commercio,
non, rigorosamente parlando, orientate alla filantropia. Sono tentativi
fatti da parte dell’umanità per colmare le incertezze e le [579]
difficoltà della vita presente, per provvedere in anticipo in caso di
morte, e delle sue conseguenze disastrose, a sistemare gli affari delle
persone che vivevano a carico del defunto. Non c’è bisogno di andare
nei dettagli o nelle illustrazioni rispetto ai vari tipi di assicurazione,
ma possiamo dire subito che è puramente una questione di senso
commerciale, e non una questione religiosa, a prescindere dal fatto che il
popolo del Signore si serva delle opportunità offerte dalle assicurazioni
o meno.
Abbiamo
saputo di circostanze in cui pensiamo che il padre di una famiglia abbia
agito saggiamente nel procurarsi una polizza assicurativa a beneficio
della moglie e dei figli. Questo è un modo di fare saggio specialmente
laddove la moglie non sia d’accordo con la Verità Presente e con le
vedute del marito riguardo al prossimo futuro e nel caso in cui ella
desideri l’assicurazione come sua protezione, pace e sollievo mentale.
Se il giudizio del marito in qualsiasi grado coincide con quello della
moglie, pensiamo che faccia bene a tenere tale assicurazione. Non stiamo
qui perorando la causa delle assicurazioni e, per quanto riguarda questo
scrittore, non ne possiede nessuna. Stiamo semplicemente indicando che
niente nelle Scritture è mirato a governare o a regolare la condotta
delle Nuove Creature in questo rispetto e che ciascuna di esse deve usare
il proprio buon senso in armonia con le proprie condizioni particolari nel
decidere su questa faccenda.
Secondo
le nostre aspettative la sofferenza del grande periodo dell’afflizione
arriverà presto su di noi, più o meno tra il 1910 e il 1912 e culminerà
con la fine dei “Tempi dei Gentili”, ottobre 1914.*
__________
*Vedere
Vol. II, pp. 76-78. Di conseguenza, il culmine del raduno delle forze è
arrivato nell’autunno 1914 con lo scoppio della grande guerra europea,
una fase nell’abbattimento dell’Impero di Satana.
__________
L’inizio
della gravità dell’afflizione non è segnalato chiaramente nelle
Scritture ed è piuttosto congetturale. Deduciamo che un’afflizione così
grande, una catastrofe di proporzioni così mondiali, potrebbe
difficilmente concludersi in meno di tre anni e che se durasse molto di più
di tre anni “nessun essere vivente si salverebbe”. In armonia con
queste previsioni, prevediamo che quando la tempesta finanziaria sopraffarà
la
[580]
Cristianità, le attività commerciali, le banche, l’assicurazione e i
valori delle proprietà crolleranno tutti insieme e questo costituirà una
grave caratteristica dell’afflizione, che porterà sgomento e
umiliazione a quei cuori che non hanno nient’altro su cui poggiare,
nessun tesoro celeste.
È
molto ragionevole presupporre che quelle che si chiamano società
assicurative di confraternita crolleranno prima delle compagnie normali
poiché le prime sono senza capitale e dipendono da contribuzioni e perché
queste contribuzioni diventeranno molto gravose man mano che il numero dei
membri delle società non solo cesserà di aumentare ma, in condizioni
precarie, diminuirà. Il fallimento di queste varie associazioni
certamente infrangerà le speranze di molti e li renderà avventati
riguardo a tutte le prospettive terrene. Ciascuno, perciò, deve decidere
da solo quale sarà la linea da seguire più saggia in quanto
amministratore di quella proprietà o di quell’entrata che potrà avere;
ma nessuno della Nuova Creazione, controllato e guidato dalla fede nel
Signore, sentirà una trepidazione tale con rispetto al futuro da far
venire loro paura in cuore; né questa classe riporrà in qualche agenzia,
in qualche protezione o aiuto umani una fiducia tale da farli sentire
dipendenti da questi come se fossero il loro tesoro e da farli sentire
affranti nell’eventualità che essi falliscano.
Ciò
porta dinnanzi a noi tutta la questione degli ordini, delle società, ecc.
e quali privilegi ha la Nuova Creazione in connessione con tali
organizzazioni. È giusto che essi siano membri di queste società?
Rispondiamo che mentre le associazioni della Chiesa sono puramente
religiose, mentre le organizzazioni lavorative e di mutuo soccorso sono in
genere puramente secolari, ci sono ancora altri ordini che combinano le
caratteristiche religiose e secolari. Per quanto ne capiamo, ad esempio, i
“Free Masons”, gli “Odd Fellows” [ovvero i membri di una società
segreta], i “Knights of Pythias” [ovvero i Cavalieri delle Pizie], ecc.,
celebrano alcuni riti e cerimonie di tipo religioso. Che sia ben chiaro
che non stiamo facendo guerra a coloro che appartengono a vari ordini,
come pure non stiamo facendo guerra ai vari sistemi religiosi settaristici.
Mettiamo sullo stesso livello tutti coloro che hanno qualche cerimonia
religiosa, insegnamento religioso, ecc. e li consideriamo tutti come parti
di [581] Babilonia, di cui alcune regioni o alcuni distretti sono più
puliti ed altri meno, ma tutti sono nondimeno pieni di confusione, di
errore, contrari all’intenzione divina come mostrato
nell’organizzazione della Chiesa primitiva e nelle istruzioni, in parole
ed esempi, date ad essa dal Fondatore ispirato e dai suoi dodici apostoli.
Ammoniamo
la Nuova Creazione affinché non abbia nulla a che fare con queste società
semi-religiose, questi club, ordini, chiese; ma ammoniamo dicendo:
“Uscite di mezzo a loro e
separatevene e non toccate nulla d’immondo.” (II Cor. 6:17) Le loro
cose, le loro funzioni, i loro insegnamenti, le loro dottrine sono immondi
per noi sebbene possano essere non immondi per loro. Gli occhi della
nostra comprensione si sono aperti ed ora tutte le cose ci appaiono in una
luce nuova, di modo che le cose che una volta amavamo ora le odiamo, e le
cose che una volta odiavamo ora le amiamo.
Per
quanto concerne, tuttavia, altri ordini e società, che non contengono
nulla di religioso nel carattere, nelle funzioni, nell’insegnamento,
nella dottrina, nella pratica, ma sono puramente società assicurative di
mutuo soccorso e che appongono segnali e parole d’ordine semplicemente
come diversione; o per quanto riguarda altre società di operai,
organizzazioni sindacali per mutuo soccorso e protezione contro
l’ingiustizia e per il mantenimento di salari ragionevoli, non abbiamo
nulla da ridire su questi. Essi affermano tutti di essere organizzati
secondo criteri di giustizia tali che potremmo approvare. Essi affermano
tutti di non avere nessuna intenzione di violare le leggi, umane o divine.
Non vediamo, pertanto, nessuna valida obiezione da sollevare contro di
esse, se per qualche ragione la Nuova Creatura trovasse o necessario o
utile diventare loro socia. La nostra scelta e il nostro consiglio ad
altri, per quanto sarà possibile applicare al loro caso, sarebbe di
rimanere liberi da legami con
tutte le organizzazioni umane, uniti soltanto al Signore e a coloro che
hanno il suo Spirito; ma conosciamo bene la tensione nella quale le
organizzazioni lavorative sono venute alla luce e che se non fosse per la
loro esistenza con tutta probabilità i salari degli operai sarebbero più
bassi di quanto sono e le loro condizioni generali sarebbero peggiori.
[582]
Eppure, mentre sentiamo un’affinità generale con l’obiettivo di
queste associazioni, non possiamo accettare tutti i metodi a volte
adottati da esse poiché si deve ammettere, da parte di tutti, che spesso
queste usano il potere dell’organizzazione in maniera tirannica.
Dobbiamo essere d’accordo con il loro scopo generale, vale a dire
resistere alla pressione di sicuro orientata all’accumulazione di
ricchezza e alle tendenze generali, in tali circostanze, nelle mani degli
egoisti e spingere i poveri al punto di resistere. Il nostro consiglio ai
fratelli, che vivono in quelle comunità in cui le organizzazioni
lavorative hanno il potere e le quali appoggiano i salari, sarebbe di
contribuire spontaneamente alle spese dell’organizzazione pagando la
stessa quota che pagherebbero se fossero membri, e con la stessa regolarità,
e che in genere obbediscano ai comandi dell’ordine, a meno che non siano
contrari alle loro coscienze; ma che, se possibile, evitino di diventarne
membri spiegando un po’ la loro posizione al momento in cui offrono la
loro quota di contribuzione. Questo rivelerebbe a tutti che il desiderio
di essere esenti dall’iscrizione come soci non è un desiderio egoista
di sottrarsi a una responsabilità per le spese connesse con la
preservazione delle condizioni favorevoli nelle quali la manodopera svolge
la sua attività.
Se,
tuttavia, non verrà accettato nulla al di fuori di una normale iscrizione
come membri, non conosciamo nessun comando delle Scritture o altra ragione
per cui essi dovrebbero astenersi dall’iscriversi, specie se si fa
dell’iscrizione all’associazione una condizione dalla quale dipende il
loro pane quotidiano. Che in tali circostanze si associno e paghino le
quote dovute, ma che evitino di partecipare agli incontri con
l’eccezione di quelle volte in cui hanno ragione di credere di poter
offrire una parola al momento giusto che possa aiutare nella direzione
giusta degli interessi dell’ordine, in armonia con la pace e con la
giustizia. In caso di sciopero, che obbediscano all’ordine di ritirarsi
ma senza prendere parte a nulla che possa avere a che fare con sommosse
oppure che sia contrario ai diritti e ai privilegi di altri; e si faccia
ciò ben chiaro ai funzionari della società perché non pensino di
richiedere un tale servizio.
Ingerenza coscienziosa
“Ingerirsi
[583] nei fatti altrui” è severamente disapprovato dall’Apostolo come
una cosa completamente in contrasto con le nuove menti della Nuova
Creazione. (I Tim. 5:13; I Piet. 4:15) Un impiccione è una persona che si
occupa delle faccende degli altri con le quali egli non ha assolutamente
niente a che vedere. Anche i “figli di questo mondo” sono saggi
abbastanza nella loro generazione da discernere che nel breve periodo
della vita presente una persona dalla mente ragionevolmente sana, nel
prendersi cura dei propri affari in modo appropriato, ha abbastanza che lo
tenga occupato; e che se dovesse prestare sufficiente attenzione agli
affari degli altri per essere veramente competente nel dar loro consigli e
ingerirsi in ciò che li concerne, di sicuro trascurerebbe in qualche
misura i suoi propri affari. Molto di più dovrebbero accorgersi di questa
verità le Nuove Creature generate dal Signore nello spirito di una mente
sana ed inoltre dovrebbero rendersi conto che esse hanno ancora meno tempo
del mondo per ingerirsi negli affari degli altri in quanto il loro tempo
non è loro, in virtù della loro consacrazione di tempo, talento,
influenza, di tutto al Signore e al suo
servizio.
Costoro,
anche se privi di una mente naturalmente sana su questo argomento, saranno
costretti nella direzione giusta dai comandi delle Scritture e dalla presa
di coscienza del fatto che il tempo è breve per il compimento del loro
sacrificio pattuito. Essi dovrebbero anche rendersi conto del fatto che la
Regola d’Oro, richiesta dalla Nuova Creazione, proibisce tutto ciò che
è equivalente all’ingerirsi. Di sicuro ad essi non piacerebbe che altri
si ingerissero nei loro affari e dovrebbero stare ugualmente attenti a
trattare gli altri come essi vorrebbero essere trattati. L’Apostolo era
cosciente, nondimeno, del fatto che il contrario di questo è lo spirito
generale del mondo e, pertanto, ammonisce i santi a studiare, a praticare
e ad imparare in questo senso. La sue parole sono: “Studiate di vivere
in quiete e di fare i fatti vostri.” I Tess. 4:11
Questa
disposizione naturale a prestare attenzione agli affari degli altri e a
dare una mano per correggerli, a trarre i bruscoli dall’occhio del
fratello, mentre non si scorge la trave che è nel proprio occhio, come il
Signore ha illustrato la questione (Mat. 7:3-5) a [584] volte assale la
Nuova Creatura in una forma particolare. Immagina che sia suo “dovere”
consigliare, trovare da ridire, investigare, riprendere, rimproverare.
Quando ripensa a questa faccenda si convince che sarebbe peccato non fare
così; e così diventa quello che potremmo designare un impiccione
coscienzioso o una persona che si ingerisce, uno la cui intromissione si
fa doppiamente forte e aggressiva per via di una coscienza male informata
e indirizzata nella direzione sbagliata. Queste, spesso persone sincere e
buone, autentiche Nuove Creature, sono ostacolate da questo difetto in
tutto quello che cercano di fare al servizio del Signore. Ciascuno
dovrebbe prendersi cura di se stesso ed imparare ad applicare le regole
della giustizia e dell’amore già indicate. Egli dovrebbe educare la sua
coscienza a discriminare tra il dovere fraterno e l’ingerirsi negli
affari degli altri; e per quanto ci consta la maggior parte del popolo del
Signore, come pure del mondo, si troverebbe a fare molte meno sgridate,
critiche pedanti e ad avere molto meno da ridire dopo aver capito il
valore delle regole della giustizia e dell’amore, come coesistono nella
Regola d’Oro e come sono applicate agli affari della vita e ai rapporti
con gli altri.
Si può
fare questa domanda rispetto ad ogni faccenda che si prospetta in questo
senso “È affare mio?”. Nel nostro rapporto con il mondo scopriamo
generalmente, dopo attenta analisi, che non è affare nostro riprendere o
rimproverare o sgridare le persone. Siamo stati chiamati dal Signore ed
abbiamo abbandonato la via seguita dal mondo per seguirlo per la strada
stretta; questo è l’affare nostro. Dovremmo desiderare che il mondo ci
lasci in pace per poter seguire il Signore; e, in modo analogo, dovremmo
lasciare in pace gli affanni del mondo, rivolgendo noi e il nostro
messaggio del Vangelo a chi “ha orecchi per intendere”. Il mondo, non
essendo stato chiamato dal Signore, e non essendo entrato per la “via
stretta”, ha diritto di scegliere riguardo alla propria via ed ha
diritto ad aspettarsi che non ci intromettiamo, come noi non desideriamo
che ci siano intromissioni. Questo non sarà un ostacolo che impedirà
alla nostra luce di brillare e in tal modo indirettamente eserciteremo
un’influenza continua sul mondo, anche se non [585] rimproveriamo o
anche se in altro modo non ci ingeriamo negli affari degli altri. Dove la
questione è quella dell’attività commerciale, in cui siamo
finanziariamente coinvolti, questo di sicuro non sarà un ingerirci negli
affari degli altri, ma sarà pensare ai nostri affari, prestare la giusta
attenzione ad una faccenda del genere. Non sarà neanche ingerirsi per il
genitore l’avere conoscenza e guida riguardo a tutti gli interessi della
famiglia e della casa che traspaiono. Eppure anche qui si dovrebbero
considerare e preservare i diritti personali di ciascun membro della
famiglia. Il marito e padre della famiglia che è riconosciuto come capo e
persona principale in autorità, dovrebbe usare quell’autorità con
moderazione affettuosa e con saggia considerazione. L’individualità
della moglie, i suoi gusti e le sue preferenze, dovrebbero essere presi in
considerazione da lui e, quale suo rappresentante, la moglie dovrebbe
essere qualificata con potere e autorità pieni nel suo ambito speciale
come sua compagna e custode della casa; e nella sua assenza ella dovrebbe
rappresentare la sua autorità pienamente per quanto concerne tutti gli
affari della famiglia. Anche ai figli, secondo la loro età, dovrebbe
essere dato un certo grado di privacy e di individualità nei loro affari,
mentre il genitore dovrebbe semplicemente esercitare la sua autorità e
supervisione su tali rapporti necessari per l’ordine e il benessere
della casa e per lo sviluppo adeguato dei suoi membri per l’aspetto
mentale, morale e fisico. Si dovrebbe insegnare presto ai figli a non
trovare da ridire reciprocamente, a non ingerirsi nei possedimenti
reciproci, ma a rispettare i diritti l’uno dell’altro e ad agire
benevolmente e generosamente l’uno verso l’altro secondo la Regola
d’Oro.
In
nessun altro luogo è più importante ricordare questo ammonimento contro
l’ingerenza negli affari altrui che nella Chiesa. I fratelli dovrebbero
imparare subito dalla Parola, come pure dal precetto e dall’esempio
degli anziani, che non è intenzione divina l’ingerenza reciproca negli
affari altrui o il parlare l’uno dell’altro; ma che qui, come dovunque,
è valida la regola: “Non dite male di nessuno”. L’ingerenza negli
affari altrui (pensare e parlare degli affari privati di altri, con cui
non abbiamo direttamente a che fare) porta a parlar male e a calunniare, e
genera ira, malignità, odio, discordia e vari [586] frutti della carne e
del demonio, come indicato dall’Apostolo. (Col. 3:5-10) Così spesso
accade che si piantano quei piccoli semi di diffamazione e che si
sviluppano quelle grandi radici di amarezza, con cui molti sono
contaminati. Tutti coloro che hanno la mente nuova riconoscono di sicuro
quanto sia nocivo questo male e tutti dovrebbero essere modelli nelle loro
case e nel loro vicinato. La mente mondana si può rendere conto del fatto
che l’assassinio e il furto sono errati ma capire il valore dello
spirito della Legge divina richiede una concezione più elevata di
giustizia, capire che diffamare è assassinare il carattere e che rubare
il buon nome del vicino con qualsiasi pretesto è rubare. Le persone dalla
mente rivolta alle cose terrene colgono in certa misura questa cosa e i
loro sentimenti sono riprodotti nelle parole del poeta: “Colui che ruba
il mio portafoglio ruba della spazzatura; …ma colui che rubacchia il mio
buon nome ruba ciò che non arricchisce lui, ma lascia me davvero povero.”
“Benedire Dio e maledire gli uomini”
Non
c’è da meravigliarsi se l’Apostolo Giacomo definisce la lingua un
membro indisciplinato, pieno di veleno mortifero! Non c’è da
meravigliarsi se dichiara che essa è il membro più difficile dei nostri
corpi da governare! Non c’è da meravigliarsi se dice che infiamma la
ruota della vita! (Giacomo, Cap. iii) Chi non ha avuto esperienza a
proposito? Chi non sa che almeno metà delle difficoltà della vita
possono essere fatte risalire a lingue indisciplinate; che parole dette
avventatamente e impetuosamente hanno comportato guerre che sono costate
milioni di soldi e centinaia di migliaia di vite; che tali parole sono
anche alla base di metà delle cause legali e di più di metà dei
problemi domestici che hanno colpito la nostra razza per gli scorsi
seimila anni! L’Apostolo, con riguardo alla lingua, dichiara: “Con
essa benediciamo [lodiamo] Dio e con essa malediciamo [rechiamo danno,
diffamiamo, roviniamo] gli uomini, fatti ad immagine di Dio. Fratelli miei,
non dev’essere così.” (Versetto 9) Il Cristiano che ha raggiunto solo
lo standard di non rubare il prossimo, o di non ucciderlo ma che commette
danni contro il prossimo con la lingua, ferendo o assassinando o derubando
la sua [587] reputazione, il suo buon nome, è un Cristiano che ha fatto
molto poco progresso nella via giusta e che è ancora lontano da come si
vive nel Regno dei cieli.
Tutti
sanno quanto sia una cosa difficile controllare la lingua anche se ci
rendiamo conto della sua disposizione maligna nella nostra natura caduta.
Pertanto noi richiamiamo l’attenzione sull’unico metodo giusto per
frenare o per dominare la lingua, vale a dire mediante il cuore. La Parola
ispirata dichiara che “Dall’abbondanza del cuore parla la lingua.”
Se questo è vero, significa che se abbiamo molta difficoltà con le
lingue che abbiamo, c’è ancora molto che non va bene riguardo ai nostri
cuori; e che, in proporzione di quanto mettiamo a posto i nostri cuori,
avremo meno difficoltà nel controllo delle nostre lingue. Le labbra che
parlano in continuazione sprezzantemente degli altri indicano una
condizione del cuore orgogliosa, arrogante, dispotica, consapevole di sé.
Le labbra che parlano continuamente male degli altri sia direttamente che
con insinuazioni, indicano che il cuore che è dietro alle labbra non è
puro, non è pieno dello spirito d’amore del Signore, poiché
“L’amore non compie del male contro il prossimo”, nemmeno con il
pensiero. Esso “non pensa il male”. Non si permetterebbe di supporre
male rispetto a lui. Gli darà il beneficio di ogni dubbio e supporrà ciò
che è favorevole piuttosto che ciò che è sfavorevole.
L’amore
di se stessi di solito è abbastanza forte in tutta l’umanità da
impedire alla lingua di dire qualcosa che possa risultare dannosa a se
stessa; e l’amore giusto, non egoista, che amerà il prossimo come se
stesso, sarà riluttante a parlare a detrimento di un prossimo o di un
fratello, oppure di criticare la condotta di costui, visto che non
desidererebbe che venisse fatto altrettanto contro se stesso. Vediamo poi
che, da qualsiasi punto osserviamo la cosa, ciò che è di primaria
importanza per la Nuova Creazione è il raggiungimento dell’amore
perfetto nei nostri cuori. Questo diretto verso Dio ci stimolerà ad avere
più zelo, più energia, più abnegazione nel cooperare al servizio divino,
al servizio della Verità; e diretto verso gli uomini ci stimolerà non
solo ad agire giustamente e con affetto, ma a pensare e, per quanto
possibile, a parlare in modo benigno di tutti.
[588]
Questo è lo Spirito per ottenere il quale il nostro Redentore ci ha
insegnato che dovremmo pregare e riguardo al quale ha dichiarato che il
nostro Padre Celeste è pronto a darcelo più di quanto non sarebbero
pronti i nostri genitori terreni a dare bei doni terreni ai propri figli;
e la sincerità nel pregare per avere questo spirito di santità, questo
spirito d’amore, implica un desiderio e un grande sforzo sinceri affinché
l’amore possa traboccare in pensieri, in parole ed opere attraverso
tutti i suoi modi di essere. Così saremo figli del nostro Padre che è
nei cieli e saremo considerati degni del suo amore e di tutte le cose
preziose che ha promesso e che ha in serbo per coloro che lo amano.
Obblighi sociali
La
Nuova Creazione, per tutto il tempo in cui si identifica con questi corpi
mortali, ha attraverso di essi un contatto sociale con gli uomini naturali
ed ha certe responsabilità sociali. La nuova mente brama naturalmente la
fratellanza con altre nuove menti e in proporzione di quanto sviluppo
raggiunge nelle grazie della Verità si trova sempre meno al corrente con
le associazioni, con gli scopi, con le ambizioni, con la letteratura e con
i temi di conversazione del mondo. Per molti sorge la domanda “Fino a
che punto le Nuove Creature che si sono considerate morte alle questioni
terrene, agli interessi terreni, ecc. dovrebbero ancora rimanere associate
con i loro amici secondo la carne, con i non consacrati?”. Questa è una
questione che richiede la seria e accurata attenzione di ciascun individuo;
non ci sono due casi che si trovino esattamente nelle stesse circostanze e
non c’è nessun consiglio che si possa dare e che possa andar bene per
tutti i casi.
L’Apostolo
consiglia di non andare con i malfattori, con coloro le cui pratiche
riconosciamo come impure; consiglia di avere dei compagni che siano in
armonia con la nuova mente. Tale linea sarà senza dubbio a nostro
vantaggio perché, per prima cosa, un’amicizia del genere non incoraggerà
continuamente i nostri appetiti caduti e le nostre tendenze naturali,
depravate; e in secondo luogo perché sarà molto più utile nei nostri
sforzi seguire il comando dell’Apostolo e pensare e parlare e mettere in
pratica: “tutte le [589] cose che sono vere, tutte le cose che sono
onorevoli, tutte le cose che sono giuste, tutte le cose che sono pure,
tutte le cose che sono amabili, tutte le cose che sono di buona fama”.
Fil. 4:8
Dovremmo,
tuttavia, sentire certamente un interesse in coloro che sono legati a noi
da legami di sangue più che negli uomini in genere. Così, allora, se lo
Spirito del Signore ci guida e ci suggerisce di essere benigni e benevoli
verso l’umanità in genere, ciò sottintende che i nostri sentimenti
verso i parenti dovrebbero essere considerati in modo speciale ed essere,
nella misura in cui ci si presentano le opportunità, utili. Nondimeno non
sarebbe saggio, secondo il nostro parere, né sarebbe in armonia con le
istruzioni delle Scritture, né in accordo con gli esempi che esse ci
sottopongono della condotta del Signore e della condotta degli apostoli,
estendere da parte nostra una fratellanza molto speciale ai nostri parenti
terreni oppure riceverli o trattarli meglio o anche nello stesso modo in
cui tratteremmo la famiglia dei credenti. Escludiamo qui quei rapporti di
parentela stretti come ci è richiesto di fare d’accordo con le parole
dell’Apostolo: “Che se uno non provvede ai suoi, …ha rinnegato la fede.” (I Tim. 5:8) In genere dobbiamo
mettere in pratica le parole dell’Apostolo: “Fate del bene a tutti gli
uomini man mano che se ne presenta l’opportunità, specialmente alla
famiglia dei credenti.” Dopo la famiglia dei credenti dovrebbero venire
i nostri parenti più lontani.
Evidentemente
fu l’intenzione di nostro Signore di radunare i suoi seguaci come un
nuovo nucleo familiare, come una nuova famiglia, la “famiglia dei
credenti”. Di qui, troviamo il comando e l’incoraggiamento ripetuto
perché vi sia comunione reciproca, giovamento reciproco e il radunarsi
regolarmente insieme; con la promessa che dove due o tre si incontrano nel
nome del Signore egli sarà presente in modo speciale insieme a loro, per
concedere una benedizione; e con la reiterazione che il suo popolo non
dovrà dimenticare di radunarsi insieme. Il modo di procedere di nostro
Signore fu in pieno accordo con questo prestare un’attenzione speciale
alla famiglia dei credenti, poiché crediamo che nella celebrazione
dell’ultima Cena della Pasqua Ebraica, che doveva essere rispettata da
ciascuna famiglia individualmente (Es. 12:1-21), il Signore si incontrò
con i suoi dodici apostoli come una famiglia distinta, distinta da tutti i
rapporti [590] loro e suoi. Troviamo lo stesso concetto nelle sue parole
quando fu informato del fatto che sua madre e i suoi fratelli erano fuori
e desideravano parlargli. Egli rispose dicendo: “Chi è mia madre e chi
sono i miei fratelli? Chiunque farà la volontà di mio Padre che è nei
cieli, questo stesso è mio fratello, sorella e madre.” Mat. 12:47-50
Seguendo
l’esempio divino, pertanto, ci dobbiamo aspettare di trovare affetti ed
interessi più particolarmente diretti verso gli altri membri del “corpo
di Cristo”, compagni nella Nuova Creazione. Tuttavia ciò non si deve
intendere nel senso che annulli in qualche misura le proprietà più
strette tra i sessi nella Nuova Creazione; né implica che il marito o la
moglie non credente debba essere trascurato o trascurata in quel caso e si
conceda il rapporto di amicizia a coloro che hanno la nuova mente. Anzi,
l’obbligo di ciascuno è verso il compagno o la compagna della vita, di
vedere che non manchi il giusto benessere, il giusto privilegio o la
giusta compagnia. Questo, tuttavia, non significherà una sottomissione
alla tirannia, tale da non permettere di fare ciò che è ragionevole per
seguire il comando divino: “Non dimenticate la vostra comune adunanza,
…e tanto più che vedete avvicinarsi il gran giorno.” Ebr. 10:25
“Onorate tutti”
“Come liberi, ma non usando già della libertà
qual manto che copra la malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti.
Amate la fratellanza. Temete Iddio. Rendete onore al Re.” “ Rendete,
quindi, a tutti quel che dovete loro; il tributo a chi dovete il tributo;
il dazio a chi dovete il dazio; il timore [riverenza] a chi dovete il
timore; l’onore a chi dovete l’onore; non abbiate altro debito con
alcuno se non l’amore.” I Piet. 2:16, 17; Rom. 13:7,8
La
Nuova Creatura, libera dalle rivalità e ambizioni della volontà della
carne e ispirata dagli impulsi generosi e benigni dello Spirito santo, non
ha occasioni per l’orgoglio o l’avida rivalità che impedirebbero il
giusto apprezzamento delle buone qualità del cuore o della mente negli
altri. Dovrebbe essere contenta di prendere conoscenza e riconoscere
pienamente e liberamente i diritti terreni e quanto gli altri reclamano
mentre invece lei ha fatto la rinuncia ai suoi diritti e a ciò che le
spetta di tipo terreno in favore di quello che è spirituale, celeste.
Tali persone sarebbero naturalmente [591] le più sincere nel riconoscere
i grandi di questo mondo e le più obbedienti alle leggi e ai requisiti
della legge, eccetto che nel caso in cui questi dovessero essere trovati
in conflitto con le richieste e i comandi celesti. Pochi, se non nessuno,
dei governanti terreni al giorno nostro troverebbero da ridire sul
riconoscimento di un Creatore supremo e di una fedeltà suprema ai suoi
comandi. Di qui, la Nuova Creazione dovrebbe trovarsi tra coloro che sono
fra i più ligi alla legge del tempo presente, non agitatori, non rissosi,
non criticoni. Vero, essi vedono, anche molto più chiaramente degli altri,
motivi per criticare, vedono imperfezioni in tutti i sistemi presenti,
basati sulla legge dell’egoismo. Ma vedono anche, attraverso gli occhi
della comprensione, illuminati dalla Parola divina, che l’agitazione e
la rivoluzione umana sono alquanto impotenti per generare il cambiamento
necessario; che dieci volte quanto l’umanità si può considerare capace
di compiere sarebbe ancora molto meno della perfezione che il Signore ci
indica e che ci incoraggia a credere che egli porterà a compimento al
tempo opportuno, sotto l’amministrazione del suo Regno: quella
condizione in cui la volontà di Dio sarà fatta in terra come è fatta in
cielo.
Rendendosi
conto dell’impotenza dello sforzo umano, la Nuova Creatura ha verso le
condizioni presenti uno spirito frutto della salute di cui gode la mente
che altri, che vedono di meno di quanto non vede lei, non posseggono. Può
vedere che la peggior forma di governo umano, anche l’uso errato più
arbitrario del potere e dell’autorità nella preservazione della legge e
dell’ordine, è molto meglio di quello che sarebbe l’assenza di leggi
e l’anarchia. Ha anche appreso che il grande Geova è interessato in
queste faccende e che il suo tempo e la sua via sono le sole adeguate e
sagge se si vogliono avere i risultati desiderati. La Nuova Creatura,
pertanto, è paziente, allegra, speranzosa. Come l’Apostolo Giacomo si
esprime in proposito: “Siate pazienti, fratelli. …La venuta del
Signore è vicina.” (Giacomo 5:7, 8) Presto il suo Regno porterà
giustizia e benedizione a tutto il mondo dell’umanità.
La
Nuova Creatura ascolta anche il messaggio del Signore: “Non ti crucciare
a cagion de’ malvagi”; al tempo opportuno saranno falciati. (Sal.
37:1, 2) Di qui, mentre [592] altri possono considerare importante
discutere le varie caratteristiche della politica, del buon governo, delle
finanze, ecc., egli si rende conto, invece, che Dio ha previsto la
situazione attuale e che è stata già presa la decisione contro le
istituzioni egoiste attuali: “MENE, MENE, TEKEL, UPHARSIN — Tu sei
stato pesato con la bilancia e sei stato trovato mancante.” (Dan.
5:25-28) Capisce che il giudizio di Dio in materia, come è espresso nelle
Scritture, è corretto e inalterabile; e aspetta pazientemente che il
Signore operi la trasformazione delle cose secondo la sua volontà divina
e le sue promesse misericordiose. Anche se capisce che questa volontà
significa grande sofferenza per il mondo, la Nuova Creatura resta
tranquilla nelle promesse divine e “lascia le chiavi del domani in mano
a Cristo”. Si rende conto che le sue parole o i suoi pensieri o le sue
azioni non potrebbero cambiare l’esito finale e il suo cuore resta
tranquillo mediante la fede nella sapienza e nel potere di Dio. Parlando
della Nuova Creazione in connessione con il periodo agitato imminente, il
Profeta ha detto a proposito: “Essa [Sion] non sarà smossa”; la sua
confidenza , la sua fiducia e la sua fede sono ben fondate, non
nell’ignoranza e nella credulità, ma nella Parola di Dio viva e
stabile. Sal. 46:5
Né
sembra alla Nuova Creazione che sia necessario o prudente cercare di
allarmare il mondo riguardo alla sofferenza che sta per arrivare. Egli
ricorda, prima di tutto, che il Signore ha dichiarato specificamente:
“Nessuno degli empi capirà.” (Dan. 12:10) Ricorda anche che la povera
creazione che geme ha già abbastanza da sopportare in quanto le spetta
quotidianamente, senza pensare alle sofferenze che stanno per arrivare,
che non potrà evitare; e che “Basta a ciascun giorno il suo affanno.”
Quindi, mentre non eluderanno “il dichiarare il pensiero completo di Dio”
a coloro che danno segno di avere orecchi per ascoltare, costoro
eviteranno saggiamente e giustamente di sprecare energie e di suscitare
l’ira di coloro che non hanno nessun apprezzamento per il Signore e per
la sua Parola. Essi non getteranno le loro perle davanti ai porci, ma la
sapienza che viene dall’alto sarà in loro, prima pura, poi pacifica,
arrendevole, piena di misericordia e [593] di buoni frutti. Giacomo 3:17
Onorare
gli uomini, rispettarli secondo il loro carattere o la loro funzione ed
obbedire alle leggi, non significa necessariamente una partecipazione con
il mondo nelle funzioni di governo. È stata proposta una legge che
obbligherà tutti gli uomini a votare. Quando quella legge passerà, le
Nuove Creature, diventando soggette ad essa, dovranno obbedire ad essa e
dovranno farlo senza borbottare. E nell’esercitare questo requisito esse
dovrebbero usare il loro migliore giudizio e votare per coloro che
considerano i migliori candidati. Nel frattempo, tuttavia, non essendoci
ancora nessuna pressione del genere su di essi, il nostro consiglio è che
mantengano la più rigorosa neutralità riguardo alla politica ed evitino
completamente di votare. I motivi che abbiamo sono i seguenti:
(1)
Secondo
i nostri standard di giudizio, non potremmo sperare di trovare su nessuna
lista di candidati persone interamente competenti per la funzione.
(2) Non
potremmo sperare che i nostri voti abbiano in alcun modo una qualche
influenza rilevante sui risultati delle elezioni.
(3) Le
persone della Nuova Creazione che si impegnano in politica e nelle sue
varie questioni non vedono solo il loro tempo dissipato per via di questo
impegno, ma anche le loro energie e i loro mezzi: cose, tutte queste,
consacrate al Signore, alle cose del cielo, alla promulgazione della buona
novella della grande gioia. E non solo questo, ma le loro menti saranno
necessariamente occupate da questi interessi politici in tale misura da
ostacolare notevolmente le loro meditazioni private sulle cose migliori:
la comunione e la fratellanza con il Signore nello spirito.
(4)
Coloro che votano per un uomo o un partito diventano più o meno obbligati
ad appoggiare i risultati dell’elezione, se necessario con spade e
fucili. E mentre è vero che, per legge, ogni cittadino può essere
chiamato a difendere le leggi e le istituzioni sotto cui vive con spade e
fucili, nondimeno, nel prendere parte attiva alle elezioni, uno assume in
modo più particolare un obbligo e una responsabilità morale per i
risultati e per [594] l’andamento generale del governo che egli ha
aiutato in tal modo ad instaurare. Pertanto la nostra posizione
preferibile, la posizione più onorabile per il Signore, nei confronti
della società e di noi stessi, sarebbe quella che le Scritture indicano,
la posizione di stranieri. (Sal. 39:12; I Piet. 2:11) Gli stranieri
debbono essere obbedienti alle leggi; così dobbiamo esserlo noi. Gli
stranieri debbono pagare le tasse secondo le leggi; così dobbiamo farlo
noi. Gli stranieri possono cercare protezione sotto le leggi; così
possiamo farlo noi. Ma gli stranieri non si sentirebbero costretti a
combattere contro il loro stesso Re, la fedeltà che essi riconoscono come
quella che viene prima di tutte; e noi preferiremmo essere nella stessa
posizione, per quanto possibile, poiché non siamo stati noi
“trasportati fuori dal regno di questo mondo nel Regno dell’amato
Figliuolo di Dio”, nella sua condizione embrionale? Col. 1:13
Non
siamo sudditi del grande Re? E non sono tutti i regni di questo mondo più
o meno identificati con “il principe di questo mondo” e la sua legge
dell’egoismo? Non siamo, dunque, noi stranieri e pellegrini, qui, e in
qualche misura stranieri e forestieri? È estremamente giusto che amiamo
ed apprezziamo tutte le leggi buone e tutti i servitori delle leggi
terrene e che godiamo del fatto che la gran maggioranza della Nuova
Creazione vive sotto le forme più elevate di governo civile che si
possano trovare al mondo oggi, e riconosce questo come un favore e una
benedizione divini. Perciò né screditiamo la nostra nazione natale, i
suoi governanti, né le sue leggi; ma ciò non significa che dobbiamo
combattere per ciò con armi carnali né che dobbiamo accrescere le nostre
responsabilità votando per essi.
Vero,
il governo non può esonerare sempre dal parteciparvi coloro che si
oppongono alla guerra, sebbene in passato sia stata fatto un provvedimento
molto indulgente di questo tipo per alcuni che, come noi, credono che la
guerra sia ingiusta; vale a dire, gli Amici o Quaccheri, esonerati dal
servizio militare in virtù di leggi specialmente indulgenti. A noi,
tuttavia, può venir richiesto di fare il servizio militare sia che
votiamo o meno; e, se ci viene richiesto, saremmo obbligati ad obbedire ai
poteri in esistenza e dovremmo considerare che la provvidenza del Signore
abbia permesso il reclutamento e che egli abbia potuto revocarlo per il
bene di noi stessi o di altri. In tale [595] eventualità non
considereremmo fuori luogo dare una spiegazione parziale ai funzionari
addetti e richiedere un trasferimento al dipartimento medico o ospedaliero,
dove i nostri servizi potrebbero essere usati con il pieno consenso delle
nostre coscienze; comunque, anche se fossimo costretti a servire nelle
truppe e a sparare con i fucili non dovremmo sentirci costretti a sparare
ad un’altra creatura.
La Nuova Creatura e le riforme morali
Ogni
membro della Nuova Creazione deve necessariamente approvare la moralità,
la rettitudine, la purezza, la bontà di tutti i tipi. Egli desidererà
essere puro non solo nel cuore ma, man mano che il cuore progredisce, esso
lo porterà sicuramente ad essere amante della purezza nella sua persona e
nelle sue abitudini, e ciò includerà non solo il vestito esterno ma
anche la sua bocca. Eppure tale persona non farà qui lo sbaglio che fa il
mondo, cioè quello di considerare che ciò che mette in bocca contamina
di più delle parole che escono da essa. La purezza di cuore porterà alla
purezza e alla verità sulle sue labbra e, a sua volta, a stare attento a
quello che mangerà, a quello che berrà e all’occorrente che userà per
vestirsi, con lo scopo di poter glorificare Dio nel suo corpo e nel suo
spirito, i quali sono del Signore. Non sta a noi imporre ad altri le
catene e gli stati di servitù che non si trovano nella Parola di Dio.
Ogni membro della Nuova Creazione deve rendersi conto il più possibile
che il suo voto di consacrazione incide su ogni atto della vita. Se, perciò,
ha la tendenza alla gola o al bere o ad altre abitudini sordide di
qualsiasi tipo, è suo dovere considerare attentamente e con spirito di
preghiera se in tutte le cose sta glorificando il Signore e sta usando la
sua influenza al massimo grado possibile davanti ai suoi simili.
Azzardiamo il suggerimento che molti pochi della Nuova Creazione
considereranno di star glorificando Dio nel mangiare o nel bere un cibo o
una bevanda che in qualche modo potrebbe interferire con il miglior
esercizio delle loro funzioni mentali, morali e spirituali. Sicuramente la
maggior parte si accorgerà che al massimo i nostri poteri, talenti e
facoltà sono tristemente ridotti attraverso la caduta e necessitano di
essere rinforzati invece di essere indeboliti.
Indossare abbigliamenti costosi
[596]
Potremmo discutere con notevole forza che niente è troppo buono per un
figlio di Dio vero, fedele, nobile che ha consacrato la vita e tutto al
servizio divino. Potremmo anche ragionare pensando che senza dubbio gli
angeli del cielo e tutti gli ordinamenti celesti sono splendidi e gloriosi
nella loro sembianza e, quindi, quello splendore rappresenta la mente e la
volontà divine con riguardo al popolo di Dio. Vedendo la cosa da questo
punto di vista, potremmo essere dapprima propensi a dire che i membri
della Nuova Creazione possano adornare giustamente i loro corpi mortali
con oro e gioielli e adornarsi costosamente nel modo più sontuoso; ma
prima di decidere ciò guardiamo l’altro lato della medaglia, le ragioni
per cui le Nuove Creature non dovrebbero adornare i loro corpi in modo sontuoso, fastoso:
(1)
L’ornamento personale fastoso porta naturalmente a più o meno orgoglio;
e tutti noi sappiamo che un amore dello sfoggio, un amore di fare una
bella figura davanti agli altri, è una tentazione particolare per la
nostra carne caduta e molto sfavorevole alla coltivazione dello spirito di
mitezza e umiltà. Quindi, tutto ciò che fomenta l’orgoglio e ostacola
lo sviluppo dell’umiltà sarebbe contrario agli interessi della Nuova
Creazione.
(2) La
vasta maggioranza della famiglia umana è ostacolata, nell’uso di
qualsiasi ornamento lussuoso esterno, dalla povertà e fintanto che sarà
controllata dalla mente umana guarderà sicuramente con invidia i ricchi e
specialmente coloro che fanno sfoggio di ricchezza. Lo spirito d’amore,
perciò, suggerirà alla Nuova Creazione di considerare le condizioni e i
sentimenti degli altri, per non provocare in loro bramosia, invidia, ecc.,
per non far apparire dolorose, al confronto, le loro vite e le loro sorti.
(3)
Ogni
membro della Nuova Creazione ha fatto una consacrazione di tutto il suo al
Signore e al suo servizio e dell’uso di qualsiasi cosa gli giunga per
quanto riguarda i beni di questo mondo in maniera da non abusarne, ma
secondo il modello di colui che è [597] diventato il nostro Redentore e
Leader e Lord. Il modello definito è quello del sacrificio,
non solo di influenza e di tempo, ma anche di mezzi, di ricchezza, ecc.
“Colui che era ricco, si è fatto povero per noi.” Ogni membro della
Nuova Creazione, pertanto, in proporzione di quanto capisce il valore del
suo patto e cerca di vivere rispettandone le condizioni, può trovare un
migliore uso per i soldi affidati alla sua amministrazione che quello di
spenderli in ornamenti fastosi, che non solo possono essere dannosi a lui
stesso ma possono provocare altri in modo dannoso. Egli vorrà rendere
ogni dollaro utile per quanto possibile al servizio del Signore.
Facciamo
bene, forse, a richiamare l’attenzione sul fatto che la consacrazione
che non ci permetterebbe di spendere soldi per gioielli o abbigliamenti
magnifici o fastosi, non sarebbe, di regola, in alcun modo vissuta più
fedelmente da noi in quanto amministratori se investissimo i soldi in
titoli, in obbligazioni, in proprietà immobiliari, ecc. anziché
spenderli per le nostre persone o usarli sontuosamente per le nostre case.
Il denaro ha valore per l’uso che ne possiamo fare ed ogni membro della
Nuova Creazione che possiede ricchezze dovrebbe considerare le
responsabilità dell’amministrazione ed essere pronto ad usarlo secondo
quanto giudica che sia la volontà divina. Dovrebbe ricordare che tutte le
tendenze della natura caduta sono in direzione dell’egoismo e che la
nuova mente, pertanto, deve combattere con questa disposizione nella carne
e deve superarla se vuole vincere il premio.
Se un
uomo del mondo dai princìpi nobili, che dichiara di non essere un
Cristiano, ma che, se ha anche una qualche religione, è un Buddista,
stabilisce la massima che dice che è: “una disgrazia per qualsiasi uomo
morire ricco”, quanto più dovrebbero i membri della Nuova Creazione
avere lo stesso sentimento, cioè che sarebbe una vergogna per loro se,
dopo aver fatto la consacrazione di tutti se stessi al Signore,
sprecassero il denaro consacrato sperperandolo per le proprie persone
oppure lo accaparrassero quando vedono così tante opportunità nella vita
per usare questo talento a loro vantaggio! Tutta la creazione sta gemendo,
sta viaggiando nel dolore, come dichiara l’Apostolo; e come il Maestro
ha spiegato, i poveri li avremo sempre con noi. Senza dubbio tutti coloro
che hanno buoni impulsi troveranno numerose opportunità per doni generosi,
per opere [598] buone in modo terreno e in questioni temporali. Quanto più
la Nuova Creazione può accorgersi delle opportunità per l’uso saggio
della sua amministrazione e per la moderazione riguardo ai propri affari
personali, affinché costoro possano usare le opportunità, che vedono
dovunque intorno a loro, per dispensare i generosi doni spirituali che il
Signore ha così magnanimamente elargito ad essi. Forse potrebbe essere
data loro la possibilità, attraverso questo canale, di portare ad altri
le vesti della giustizia di
Cristo e il pane che scende dal
cielo; affinché attraverso questa amministrazione possano più
effettivamente rivelare le lodi di colui che ci ha chiamato dalle tenebre
alla sua luce meravigliosa, facendo continuare a brillare quella luce più
chiaramente. Senza dubbio è per dare al suo popolo l’opportunità di
servire in questo aspetto e di mostrare devozione e fedeltà come
amministratori che il Signore lascia la sua causa in condizioni tali da
far appello continuamente ai suoi consacrati affinché rinuncino a se
stessi, prendano la loro croce e seguano lui, che Dio ha inviato per
essere il nostro modello.
Non
stiamo esortando nessuno qui a ridursi in miseria e a rendersi dipendente
dalla carità degli altri dando via tutto ciò che ha al servizio del
Signore, senza lasciare neppure il seme da cui ci si potrebbe aspettare
futuri profitti. Né stiamo esortando affinché i sacrifici siano spinti a
un estremo tale da far sì che il popolo di Dio sembri particolare,
trasandato, tirchio. Secondo il nostro concetto, il vestire bene è quello
pulito, appropriato agli ambienti e alle condizioni sociali, discreto alla
vista e ragionevolmente d’accordo con le possibilità economiche. Di
sicuro le persone della Nuova Creazione dovrebbero essere esempi in tal
senso per il mondo. Dovrebbero essere scrupolosi nel non vestirsi, né nel
cercare di vestirsi, oltre a quanto permesso dalle loro condizioni
finanziarie, nel non fare sfoggio di ricchezza che non posseggono e, in
verità, invece di vestirsi e vivere fino al limite massimo delle loro
possibilità (salari, entrate, ecc.), il popolo del Signore deve vivere
secondo le proprie possibilità economiche, non solo perché possano avere
una scorta in futuro per far fronte alle necessità ordinarie della vita,
ma anche perché possano essere pronti ad esercitare le qualità, simili a
quelle di Dio, di benevolenza e carità verso gli altri che hanno bisogno.