Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 17

L’EREDITÀ DELLA RISURREZIONE
CONCESSA ALLA NUOVA CREAZIONE

L’OCCHIO E L’ORECCHIO DELLA FEDE DEBBONO ESSERE ADDESTRATI PER CAPIRE CON CHIAREZZA IL VALORE DELLE COSE SPIRITUALI—“COME TUTTI MUOIONO IN ADAMO, COSÌ ANCHE IN CRISTO SARAN TUTTI VIVIFICATI”—IL DOPO RISURREZIONE VERSO LA VITA—ANASTASISRI-METTERSI IN PIEDI O RISURREZIONE—NON UN GIUDIZIO, O UNA PROVA, PER I PECCATI PASSATI; MA UN’ALTRA PROVA PER LA VITA — “REPUTATI DEGNI DI AVER PARTE ALLA RISURREZIONE” — PUNIZIONE PER I PECCATI DI QUESTA VITA—“I PECCATI DI ALCUNI UOMINI VANNO INNANZI A LORO AL GIUDIZIO”—“COSÌ PURE DELLA RISURREZIONE [PRINCIPALE] DEI MORTI [SPECIALI]”—“NON È ANCORA MANIFESTO QUEL CHE SAREMO” — “SAREMO SIMILI A LUI.”

SOLTANTO in proporzione di quanto l’occhio della fede e l’orecchio della fede sono addestrati attraverso la Parola divina, viene data alle Nuove Creature la possibilità di capire con tutta chiarezza il valore della grandiosità e delle glorie della loro eredità futura. Quali uomini naturali non possono neppure cominciare ad avere un’idea del valore di ciò, né possono farlo finché non sia stata fatta una completa consacrazione e finché lo Spirito santo non sia stato ricevuto quale caparra del futuro. Fino a quel momento, la loro conoscenza del futuro, anche dopo essere entrati in comunione con Dio mediante la fede e la giustificazione, è rappresentata nei Leviti ai quali, sebbene fossero devoti accettabili e servitori del Tabernacolo, non era permesso di entrarvi e di offrire incenso presso il suo altare d’oro e neppure di osservarne la grandiosità. Tutta la conoscenza che i Leviti potevano avere delle glorie del “Santo”, del suo candeliere e della luce proveniente da esso, del suo tavolo dei pani della proposizione, del suo altare d’oro e dell’incenso, fu quella che potettero apprendere su tali cose dai sacerdoti consacrati, gli unici ad avere accesso ad esso.

Rivolgendosi a questi Sacerdoti Regali della Nuova Creazione l’Apostolo mostra che, anche dopo aver raggiunto il massimo della grazia, della conoscenza, della fede e della visione spirituale, nella vita presente essi non saranno in grado di comprendere con chiarezza le cose del futuro, ma debbono ancora accettarle per fede. Le sue parole [694] sono: “Non è ancora manifesto quel che saremo, ma sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è.” (I Giovanni 3:2) Questo è soddisfacente per il popolo del Signore, poiché sebbene esso possa essere appropriatamente curioso di sapere i particolari completi riguardo al proprio corpo spirituale, alla forma, alla misura, agli elementi, ecc., esso può ben immaginarsi che le nuove condizioni saranno così diverse dalle condizioni presenti da essere al di là del potere del cervello umano comprendere, a prescindere da quanto possa essere meticolosa la descrizione data. Ma la questione è risolta completamente con l’assicurazione che la Chiesa sarà come il suo Signore e lo vedrà, non come fu ai giorni della sua umiliazione, l’uomo Gesù Cristo, né come apparve ai discepoli dopo la risurrezione, rivestito nella carne in varie forme, con vari indumenti, ma lo vedrà “com’egli è”, guarderà la sua gloria e sarà come lui e parteciperà alla sua gloria. Questo è sufficiente.

Tuttavia siamo lieti che il Signore alzò un po’ la cortina permettendoci di dare un rapido sguardo alle nuove condizioni della nostra eredità futura nella descrizione della Prima Risurrezione, come ci viene offerta dall’Apostolo Paolo. (I Cor. 15:41-44) Tutto il capitolo è profondamente interessante per tutti i membri della Nuova Creazione, non solo i versetti che si riferiscono alla Prima Risurrezione, mediante la quale la Chiesa, il piccolo gregge, il Sacerdozio Regale, sarà portato a perfezione ed entrerà nelle gioie del Signore, ma anche per via degli accenni riguardo alla futura speranza del mondo. In verità, sebbene l’Apostolo abbia rivolto l’epistola ai santi e non ad altri, nondimeno aver descritto solo la Prima Risurrezione potrebbe aver giustificato alcuni nel supporre che per il genere umano non rimanga nessuna benedizione degna di essere menzionata oppure potrebbe aver giustificato altri nel pensare che la risurrezione del mondo sarà simile e avverrà semplicemente più tardi. L’accenno alle due risurrezioni è specialmente utile, pertanto, in quanto corrobora la testimonianza Scritturistica secondo cui Dio ha in cielo una porzione speciale, una porzione spirituale, riservata per la Chiesa ed ha una porzione terrena che, a tempo opportuno, sarà rivelata e offerta al mondo in genere. A causa di [695] questo rapporto tra la Prima Risurrezione dei benedetti e dei santi, della Chiesa (Apoc. 20:6), e la risurrezione successiva di tutti gli uomini che accetteranno alla fine il favore di Dio, sarà consigliabile che prendiamo quest’argomento proprio come lo presenta l’Apostolo e che consideriamo entrambe le risurrezioni.

“Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo
saran tutti vivificati”
—I Cor. 15:22—

Questa dichiarazione è presentata quale conclusione dell’argomentazione dell’Apostolo che la precede. Discute con alcuni che sono inclini a negare la risurrezione dei morti, che egli afferma. Fa rilevare che la loro tesi è irrazionale poiché, se i morti non possono risuscitare, allora Cristo non è risuscitato dai morti; e se Cristo non è risuscitato dai morti, noi non abbiamo nessun Salvatore, nessun Avvocato, nessuno che ci aiuta e il caso di entrambi la Chiesa e il mondo è disperato. Dato che la punizione per il peccato è la morte, fu necessario che Cristo morisse per i nostri peccati, secondo le Scritture; ma se non è mai risorto dai morti, il nostro caso è disperato come se egli non avesse mai intrapreso la nostra redenzione, perché, anche se l’umanità si fosse liberata dalla maledizione della trasgressione di Adamo, liberata dalla pena di morte, si troverebbe ancora in una condizione disperata, bisognosa di restaurazione; e per ottenerla, ci vorrebbe il Grande Medico, il grande Restauratore.

Dopo aver posto l’enfasi più grande che si possa immaginare sulla necessità della risurrezione di Cristo, come pure sulla morte, dicendo: “Se Cristo non è risorto la vostra fede è vana, voi siete ancora nei vostri peccati. Allora anche coloro che si sono addormentati in Cristo sono periti”, l’Apostolo procede a trattare quest’argomento come provato, come risolto al di là di tutte le controversie, dicendo: “Ma ora è Cristo risorto dai morti e diventato la primizia di quelli che si sono addormentati.”

Avendo dimostrato così il suo argomento ed avendo consolidato la fede dei suoi lettori nella verità generale per cui una risurrezione non solo è possibile, ma necessaria, e [696] che la prova di ciò sta nel fatto che nostro Signore non pretese semplicemente di essere morto, ma “morì per i nostri peccati” realmente ed altrettanto realmente risuscitò dai morti, fa rilevare che è su questa base di fede che noi siamo privilegiati nel pensare alla nostra razza come morta in Adamo, non come estinta, non come morta realmente, ma come addormentata. Siamo privilegiati nello sperare per loro, secondo la promessa del Signore, che la mattina (la mattina della risurrezione) saranno tutti svegliati dal loro sonno e si avvicineranno a condizioni più favorevoli di quelle del tempo presente, a una condizione in cui il peccato e la morte non regneranno; a una condizione in cui Satana non avrà il potere della morte, ma sarà incatenato; e in cui il Redentore avrà pieno potere ed eserciterà quel potere per la liberazione dei prigionieri dalla grande prigione della morte. Questo sollevarsi sarà per quei tali che, in quelle condizioni favorevoli, udranno (obbediranno a) la sua voce e cammineranno nella strada maestra della santità, su, su, su allontanandosi dalla valle della tenebra della morte fino alla piena perfezione di vita, di pace e di benedizione che originariamente era stata loro concessa dal loro Creatore ma che avevano perduto a causa della disobbedienza di Adamo e riotterranno attraverso i meriti del secondo Adamo e mediante l’obbedienza a lui. Questo porta l’Apostolo all’asserzione (versetto 21) che il piano di Dio è il seguente: “poiché per mezzo dell’uomo è venuta la morte, così anche per mezzo dell’uomo è venuta la risurrezione dei morti.” Non c’è nessun fraintendimento su ciò che voleva dire l’Apostolo, sul fatto che il primo uomo attraverso cui venne la morte fu Adamo e che il secondo uomo da cui viene la risurrezione è “l’uomo Gesù Cristo” che dichiarò nei giorni della sua carne: “Darò la mia carne per la vita del mondo.” Ed ancora, parlando dei risultati voluti con questo sacrificio, egli disse: “Io son la risurrezione e la vita.” Giovanni 6:51; 11:25

La dichiarazione della nostra versione comune della Bibbia che dice: “Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saran tutti vivificati” è chiaramente una traduzione errata. Se resta in quella forma, si viene a trovare in conflitto con altri passi scritturistici, che limitano in modo evidente il numero di coloro che saranno vivificati attraverso Cristo. La traduzione errata favorisce la dottrina della salvezza universale in [697] quanto sembra implicare che il favore e la benedizione di Dio attraverso Cristo non prenderà in considerazione in alcun senso della parola i caratteri di coloro ai quali verrà data vita. Tuttavia altri passi scritturistici chiariscono molto bene che non tutti “entreranno nella vita”, ma solo quelli che “fanno la volontà del Padre che è nei cieli”. Un’affermazione nuda e cruda su questo tema si trova nelle parole del Signore: “Chi ha il Figliuolo ha la vita; e chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita.” I Giovanni 5:12

Molti, quando leggono questo testo, non danno la forza giusta alle parole “Essere vivificati”. Essi pensano a questo passo come se significasse puramente un risveglio dal sonno della morte; invece il suo significato comprende molto di più ed è molto più prezioso di questo. La morte che venne attraverso Adamo non fu solo la perdita del piccolo frammento di vita che il mondo possiede oggi; ma la perdita della vita nel suo senso più completo e nella sua misura più piena in cui Adamo la possedette quale rappresentante dell’intera famiglia umana. Come “morire” significò la perdita di tutta la vita, e la morte di Adamo iniziò immediatamente dopo la sua sentenza, così essere “vivificati” non vorrebbe dire solo un inizio di nuovo verso la vita perfetta e un uscire dalla morte, ma sarebbe propriamente capito nel significato di una restaurazione alla piena perfezione di vita come Adamo aveva prima del peccato: essere vivificati nel senso di essere sollevati fuori dalla morte. È bene che questo significato pieno della parola “vita” sia ben compreso nella considerazione di questo testo e dovremmo ricordare che dal punto di vista del Signore l’intera razza di Adamo è morta; non semplicemente coloro che stanno nella tomba, ma anche coloro che stanno avviandosi laggiù. La stima che ha nostro Signore della vita e della morte è illustrata dalle sue parole: “Lascia i morti seppellire i loro morti; va’ e predica il Vangelo.” (Mat. 8:22) Qui ci si riferisce ai non credenti come a persone ancora morte, poiché non hanno nessuna unione con il Datore della vita; mentre ci si riferisce ugualmente ai credenti come vivi, sebbene siano salvati dalla morte anche se solo con la speranza e non possono sperimentare la liberazione effettiva dal potere della morte fino alla risurrezione. II Cor. 1:10; Rom. 8:24

Il dopo risurrezione verso la vita

[698] Questo testo è ben tradotto se lo rendiamo così: “Come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo.” Solo chi era vitalmente connesso ad Adamo morì a causa del suo peccato. Satana, sebbene il padre di menzogne e assassino sin dal principio, non morì in conseguenza del peccato di Adamo, perché non era in Adamo quando quest’ultimo fu condannato a morte; similmente gli angeli che non mantennero la loro posizione primordiale non parteciparono alla morte di Adamo perché non erano in Adamo. L’opinione dell’Apostolo è che Adamo fu il padre, o il datore della vita, di una stirpe e che, dovuto a disobbedienza, egli, come pure la sua discendenza che era nella sua capacità generativa, ereditò le condizioni di morte che li portano più o meno rapidamente alla tomba. Quindi adesso, come tutti coloro che erano in Adamo parteciparono alla sua pena e alla sua condanna, così anche tutti coloro che sono in Cristo parteciperanno al favore divino attraverso di lui.

La stirpe di Adamo era effettivamente e legittimamente in lui, non per scelta o per volontà; era in lui per natura. Coloro che si trovano in Cristo vi entrano per grazia, individualmente e sotto condizioni. Sotto l’ordinamento divino, la redenzione di Adamo dalla condanna a morte influirà alla fine su tutta la sua stirpe al punto da assolverli dalla pena di morte ed inoltre al punto da dar loro la luce, la conoscenza e l’opportunità di ereditare Cristo; ma saranno solo quelli che si avvarranno di questo privilegio, ed erediteranno Cristo, che saranno vivificati, nel senso completo, appropriato della parola, sollevati completamente dalla morte. La moglie di Adamo aveva avuto origine da lui ed era rappresentata da lui, come anche lo erano i suoi figli nella sua capacità generativa: così è per Cristo. La sua Sposa, o la Chiesa, si sviluppa originariamente e prende vita dalla sua vita; e più tardi il mondo, risvegliatosi dal “sonno” della morte e portato ad una conoscenza della Verità durante il Millennio, avrà il privilegio di ereditarlo come lo ebbe suo “padre” mediante la consacrazione (Is. 9:6); e se rimangono in questo rapporto ciò significherà il loro sviluppo fino alla restaurazione completa della perfezione umana, fino a tutto ciò che è andato perduto nel primo Adamo. In tal modo tutti in Cristo saranno [699] portati alla perfezione di vita, “vivificati” nel senso completo e assoluto. Essi erano nel primo datore di vita per natura e fallirono attraverso il suo fallimento. Presto sarà data loro l’opportunità di entrare in relazione con il secondo Adamo, o datore di vita, e se da bravi figli obbediranno alla sua voce, essi vivranno, sarano vivificati.

Questa interpretazione, e nessun’altra, adatta il testo al contesto. L’Apostolo va avanti con il ragionamento. Dopo aver detto “Così anche in Cristo saran tutti vivificati” aggiunge: “Ma ciascuno nel suo proprio ordine.” Accenna, quale primo ordine, alla Chiesa, la Sposa, il corpo di Cristo, “il Cristo”, “le primizie”, la Prima Risurrezione. (Fil. 3:10) Questi entrano in relazione con Cristo durante questa età del Vangelo sotto la sua “somma vocazione” e costituiscono il “tesoro particolare” di Cristo e a questi deve essere concessa la vita su un piano speciale con l’aggiunta di gloria, onore e immortalità qui esaminati e che più avanti verranno mostrati ancor più completamente.

“Successivamente” dichiara l’Apostolo, come parlasse di un ordine diverso, il resto di coloro che saranno trovati degni di vita saranno vivificati, o sollevati completamente fuori dal peccato e dalla morte. Sollevare questa seconda classe sarà l’opera dell’età Millenaristica; il loro essere “vivificati” sarà un’operazione graduale, raggiunta vicino alla fine di quel periodo. Un’eccezione (e quindi, forse, dovrebbe essere chiamata giustamente un altro ordine o un altro gruppo) sarà quella dei vincitori del periodo precedente alla Pentecoste, gli antichi fedeli dignitari, cui si riferisce l’Apostolo. (Ebr. 11:39, 40) Essendo stati costoro approvati da Dio, “avendo avuta buona testimonianza”, essendosi già conclusa la loro prova, non sarà necessario che la loro restaurazione fuori dalla morte e nella vita sia un’opera graduale. I loro difetti sono stati presentati in giudizio. La loro risurrezione, perciò, sarà una risurrezione istantanea, ma di un ordine, di un gruppo o di una classe diversa da quella di Cristo, Capo e corpo.

Dopo la risurrezione degli antichi dignitari alla completa perfezione della mente e del corpo umani, quale primo ordine dell’uomo naturale, possiamo aspettarci che inizi l’opera della risurrezione per le nazioni, o per il popolo della terra, al tempo [700] dell’instaurazione del Regno; in realtà i nove decimi morti, ma chiamati, nell’uso comune, vivi. Sebbene non nelle tombe, dal punto di vista divino essi saranno morti ed inizieranno immediatamente per loro i processi per dare, o per restaurare, la vita. Il Regno del Signore, che opera nel mondo e che lo governa con leggi di giustizia e d’amore, sarà chiaramente di fronte a loro; e la conoscenza del Signore riempirà tutta la terra perché siano illuminati. Allora, avranno ampia opportunità di scegliere la giustizia, l’obbedienza e la vita eterna; oppure di scegliere la mancanza di giustizia, la disobbedienza e la Seconda Morte. Soltanto coloro che scelgono la vita, mediante l’obbedienza alla voce del Figlio dell’Uomo, e che si assoggettano ai requisiti del Regno per la loro elevazione, giungeranno alla piena restaurazione, alla piena perfezione, alla vita.

Una volta che costoro saranno stati avviati verso la vita, alcuni di coloro che sono nella grande prigione della morte, nella tomba, saranno chiamati a venir fuori, saranno risvegliati, per essere trattati precisamente nello stesso modo. Man mano che il mondo diventa pronto a riceverli, altri, ed altri ancora, verranno fuori dalla tomba per godere quelle opportunità benedette di restaurazione, di risurrezione, offerte loro dalla grazia di Dio attraverso la redenzione che è in Gesù Cristo nostro Signore. Ma in ogni caso l’esame sarà lo stesso: “Chi non ascolterà [obbedirà a] quel profeta [il Cristo] sarà reciso dal suo popolo [nella Seconda Morte, “non vedrà la vita”]. Chi ascolta quel profeta, invece, sarà sollevato centimetro per centimetro, passo passo, dalla condizione di morte, fino ad arrivare in Cristo e ad essere completamente subordinato a lui, raggiungerà la vita nella sua pienezza, nella sua completezza.

Per alcuni sorgerà la domanda: non sarà necessario che ogni membro della famiglia umana scenda nella tomba prima di sperimentare i poteri di quella risurrezione? Rispondiamo che per tutti coloro che prenderanno parte alla Prima Risurrezione sarà necessario scendere nella morte effettiva prima di partecipare alle benedizioni di quella risurrezione, perché il loro patto fu questo e questa fu la promessa del Signore fatta loro:

[701] “Siate fedeli fino alla morte ed io vi darò una corona di vita.” Fu necessario che il Signore, il Capitano della nostra salvezza, facesse non solo la consacrazione fino alla morte come un sacrificio vivente, ma fu anche necessario che completasse quella consacrazione nella morte effettiva. E lo stesso principio si applica alla Chiesa intera che è il suo corpo e che deve “completare quello che manca alle afflizioni di Cristo” per essere partecipanti con lui alla gloria e alla benedizione della “sua risurrezione”, della Prima Risurrezione. Ma per quanto concerne il genere umano, non è necessario che vadano all’inizio tutti nella tomba prima di partecipare nella restaurazione, nella risurrezione, nel sollevamento.

Come abbiamo già visto, dal punto di vista divino, tutto il mondo è stato considerato morto dacché la condanna si abbatté su Adamo a causa della disobbedienza. Il mondo intero è in prigione, nel tempo presente, messo in ceppi con debolezze mentali, fisiche e morali. In questa prigione ci sono diverse celle e coloro che gli uomini chiamano vivi, ma che Dio chiama morti (in colpe e peccati, e sotto condanna divina), stanno ancora, per così dire, camminando nel cortile della prigione e non sono stati ancora rinchiusi nelle loro celle, nella tomba; ma sono in prigione e nessuno di essi può spezzare le catene della morte che sono state messe loro. Se si mandasse a un carceriere l’ordine di scarcerazione per tutti i prigionieri, lo intenderemmo come un ordine da applicare non solo a coloro che sono rinchiusi nelle loro celle, ma a tutti coloro che sono, in ogni senso della parola, dietro le sbarre della prigione, sotto il suo potere e il suo controllo in quanto carceriere. Proprio così accade per la morte, la grande carceriera. Essa ha mandato milioni della razza umana alla tomba e altre centinaia di milioni sono ancora in libertà parziale nel cortile della prigione, ma tenuti ben sicuri, scontando la pena con gemiti e travagli, aspettando la liberazione.

Il Signore non spiega i particolari di come coloro che sono andati dentro i confini della prigione della tomba saranno tirati fuori in modo tale che possano udire la voce del Figlio dell’Uomo ed, obbedendo, possano vivere. (Giovanni 5:25) Pertanto non possiamo decidere arbitrariamente proprio quale sarà la natura della procedura.

[702] Evidentemente non c’è bisogno che capiamo i particolari di questo argomento. Nondimeno è interessante pensarvi e possiamo presumere che non sia offensivo per il Signore se usiamo un po’ la nostra immaginazione riguardo a questa procedura. La nostra congettura è stata già illustrata brevemente,* ed è che ciascuno che riceve il favore, man mano che cresce in conoscenza e in amore, sia desideroso di cooperare il più possibile alla benedizione di altri, specialmente di coloro che sono vicini a lui per parentela, e che il canale comune di approccio al Signore per quanto concerne questo punto sia attraverso la preghiera e la preparazione, in risposta alle quali avverrebbero i risvegli. Noi ipotezziamo che il mondo si avvicini allora al “Sacerdozio Regale” per chiedere aiuto nella malattia, ecc., proprio come gli Ebrei tipicamente si riferivano al sacerdozio di Mosè. Quindi la preghiera sarà il canale comune per le benedizioni.

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*Vol. IV, cap. xiii, p. 640.
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Anastasis: ri-mettersi in piedi o risurrezione

Si è perso di vista, in genere, il vero significato di risurrezione, quale promessa presentataci nelle Scritture, in parte perché la nostra parola inglese ‘resurrection’ (ovvero risurrezione) è usata in una varietà di modi. Ad esempio, non è insolito parlare di “risuscitare” un articolo di vestiario che è stato messo via per un periodo; e quando un cimitero è abbandonato, è frequente parlare di “risuscitare” (ovvero riesumare) i corpi che sono stati sepolti lì per spostarli e riseppellirli. Se ci avviciniamo di più all’uso legittimo della parola, molte persone Cristiane parlano della risurrezione di Lazzaro, della risurrezione del figlio della vedova di Nain, della risurrezione della figlia di Giairo, ecc. ed hanno lo stesso pensiero in mente quando parlano delle promesse di risurrezione contenute nelle Scritture, che avranno luogo la mattina dell’età Millenaristica. Questo errore deplorevole ha offuscato grandemente tutto il pensiero su questo argomento importante. Non è vero che Lazzaro e gli altri cui si è accennato siano stati risuscitati; furono semplicemente risvegliati, rianimati. C’è una grande differenza tra un semplice [703] risveglio e una risurrezione piena, completa dalla morte alla perfezione della vita. Risvegliarsi significa semplicemente dare di nuovo inizio al meccanismo della vita (risuscitazione) e questo è tutto quello che si fece per Lazzaro o per il figlio della vedova di Nain o per la figlia di Giairo. Essi continuarono ad essere sotto la pena di morte e sperimentarono puramente un piccolo prolungamento delle condizioni presenti del morire. Essi non furono sollevati, non furono fatti risorgere dalla morte alle condizioni di vita perfetta.

La parola “risurrezione”, come si trova nel Nuovo Testamento inglese, è derivata dalla parola greca anastasis in tutti i casi eccetto uno (Mat. 27:53, dove viene dal greco: egersis e dovrebbe essere tradotta propriamente: rinascita oppure rianimazione). La parola anastasis, che si presenta quarantatré volte nel Nuovo Testamento, significa alzarsi di nuovo oppure sorgere di nuovo. Non è mai usata con riferimento all’alzarsi di un cadavere in posizione eretta fuori da una tomba, né significa la pura rianimazione o il dare un nuovo inizio al meccanismo della vita. Vuol dire qualcosa di molto più importante. È usata come l’antitesi, l’opposto, della morte, il recupero dalla morte. Per avere una visione giusta del significato di anastasis dobbiamo prima di tutto avere una visione giusta di ciò che costituisce la vita dal punto di vista divino. Poi dobbiamo vedere che cos’è che costituisce il morire e la morte; e con questi due pensieri dinnanzi alle nostre menti possiamo afferrare il pensiero della risurrezione, o del risorgere dalla morte nella piena perfezione di vita da cui siamo tutti caduti in Adamo.

Solo due uomini hanno posseduto la vita: il primo, Adamo, prima della sua trasgressione, prima di attirare su di sé la maledizione o la condanna a morte e i suoi processi del morire; e, secondo, l’uomo Gesù Cristo. Il momento in cui fu pronunciata la condanna a morte contro Adamo, la sua vita fu perduta, iniziò il processo del morire ed egli fu nella morte, quindi non più nella vita. Continuò ad affondare sempre di più nella morte finché non fu completamente morto, dato che dal punto di vista del giudizio era morto dal momento della condanna. La discendenza di Adamo non ebbe mai vita; poiché la scintilla che brilla per un po’ di anni non è riconosciuta da Dio a causa del fatto che la condanna a morte ricade su tutti ed a causa del fatto che quelli nati nel mondo non [704] ricevono la vita nel senso pieno della parola, ma semplicemente una condizione di morte. Come già indicato, il mondo intero è già morto, dal punto di vista della Giustizia; e Dio riconosce come aventi vita (anche mediante la messa in conto) solo coloro che sono diventati uniti al Figlio di Dio, il Redentore degli uomini, il Datore della vita.

Se si tiene a mente questo pensiero di ciò che costituisce la vita e di ciò che costituisce il morire (se ci si ricorda da quale altezza gloriosa e da quale perfezione di vita l’uomo è caduto nella condizione presente di degradazione e di morte), allora, e solo allora, si può capire bene il valore del significato della parola anastasis nel senso di un alzarsi nuovamente in piedi, un sorgere di nuovo ritornando di nuovo alla condizione da cui ebbe luogo la caduta alla condizione di perfezione in cui padre Adamo fu creato. È a questa condizione di perfezione che Dio propone di portare, attraverso Cristo, tutti quelli del genere umano che vogliono. La condizione è che una volta portati alla conoscenza della Verità essi accettino il favore divino e dimostrino la loro lealtà mediante l’obbedienza allo spirito della Legge divina.

Questa parola anastasis non è mai usata con riferimento alla pura rianimazione dei morti. Un attento esame dei quarantatré testi della Scrittura in cui appare questa parola anastasis troverà che sono tutti assolutamente d’accordo con la definizione e con il significato qui attribuito alla parola: un ri-mettersi in piedi, un re-cupero dalla morte, una ri-entrata nella vita perfetta. Solo uno di questi quarantatré testi potrebbe essere considerato oscuro da alcuni: si trova in Ebr. 11:35. Lì anastasis è reso come “risuscitarono di nuovo alla vita”. Tutta la frase dice: “Le donne ricevettero i loro morti risorti di nuovo alla vita”. La supposizione generale riguardo a queste parole sembra essere che l’Apostolo si riferì alle due donne i cui figli furono rianimati, uno dal Profeta Elia e l’altro dal Profeta Eliseo. (I Re 17:17-23; II Re 4:18-37) Non siamo d’accordo con questa visione per due motivi:

(1) Non è d’accordo con il significato della parola anastasis, come indicato dagli altri quarantadue usi della parola nel Nuovo Testamento.

(2) Perché [705] tale interpretazione non concorderebbe così bene con l’argomentazione dell’Apostolo in Ebr. 11. L’argomentazione presentata è la fede degli antichi dignitari in Dio e in una futura risurrezione, che dovrebbe essere data come ricompensa dopo la glorificazione della Chiesa, come specificato nel versetto 40. La “migliore risurrezione” in cui potettero sperare, e che costituì la base della loro fede, è ancora futura, come dichiarato nel versetto 39 (essi “non ottennero quello che era stato promesso”), essi non ricevettero la ricompensa; di qui, ogni risveglio di coloro che stavano dormendo non fu la ricompensa, non la promessa che stavano cercando. L’Apostolo ha accennato a Gideon, Balak, Sansone, Jefte, Davide, Samuele e i profeti, che compirono cose meravigliose sotto il potere di Dio e in accordo con la loro fede, ponendo in pericolo, e in molti casi sacrificando, la propria vita al servizio del Signore. Sotto questi aspetti le donne ebbero meno opportunità, eppure l’Apostolo ci fa sapere che le mogli, le madri e le figlie d’Israele, la cui fede nel Signore fu tale da farle essere d’accordo con gli uomini e da cooperare con essi quando intrapresero queste guerre e questi sacrifici, furono partecipanti insieme ai loro mariti, figli e padri; e incoraggiandoli a rimanere fedeli divennero partecipi con loro nei sacrifici della fede e mediante la fede guardarono al futuro e si resero conto della risurrezione migliore che alla fine sarebbe giunta ai fedeli del Signore. Guardando con l’occhio della fede nel futuro, esse nella fede ricevettero i loro morti risorti di nuovo alla vita, o “mediante la risurrezione”. (R.V.) E chi può mettere in discussione che se la fede di Abramo, quando fu pronto ad offrire suo figlio Isacco, fu accettabile per Dio, la fede delle mogli, delle madri e delle figlie di Israele, che entrarono pienamente nello spirito dei rappresentanti maschili nelle sofferenze, nelle guerre, nelle avversità, ecc. sarebbe piaciuta ugualmente al Signore; e ciò non indicherebbe che, se in possesso della forza maschile, anch'esse sarebbero state valorose in battaglia, fedeli nelle prove di scherni crudeli, di flagelli, di catene, di imprigionamento, ecc.? Anche tali donne (probabilmente poche, come furono gli uomini descritti dall’Apostolo) furono senza dubbio approvate dal Signore e senza dubbio sarà [706] loro concessa una parte nella “risurrezione migliore” prevista dal Signore per questi antichi dignitari.

Mentre anastasis significa risorgere di nuovo, completamente, dalla morte, ciò non limita in nessun senso della parola il processo in modo tale da renderlo istantaneo o graduale. In realtà, notiamo che la risurrezione di nostro Signore fu una risurrezione istantanea dalla morte alla perfezione di vita, mentre il mondo in genere avrà una risurrezione graduale, oppure un risorgere alla vita, che occuperà una grande porzione di mille anni, designati per quest’opera di risurrezione, o di restaurazione. Né anastasis cambia la natura dell’essere che dovrà essere risuscitato, poiché il risuscitato sarà della stessa natura di quella che aveva quando morì. L’Apostolo indica ciò nel suo discorso su questo argomento, assicurandoci che nella risurrezione il Signore darà ad ogni seme il proprio tipo adeguato di corpo. (I Cor. 15:35-38) Una volta che un essere umano va sotto terra, i processi della risurrezione non cambieranno la sua natura, stando al significato di questa parola anastasis. Significa semplicemente che l’essere che si trova nella morte è l’essere che dovrà essere fatto tornare in vita di nuovo.

Qui notiamo l’armonia dell’insegnamento della Scrittura che dice che (1) nostro Signore Gesù cambiò la sua natura quando lasciò la gloria del Padre e divenne uomo, assumendo la nostra natura; (2) egli cambiò la sua natura di nuovo quando si sacrificò come uomo e fu generato come Nuova Creatura al momento del suo battesimo all’età di trent’anni. Fu questa Nuova Creatura, non più terrena, ma celeste, che fu risuscitata il terzo giorno e che ricevette un corpo come piacque al Padre: un corpo spirituale, un corpo di tipo adatto. Fu fatto risorgere completamente dalla morte alla perfezione della vita sul piano nel quale era stato generato in precedenza. Similmente la Chiesa, la Nuova Creazione, sotto il suo Signore e in associazione con lui, il Capo, deve aver parte nella stessa risurrezione; e, poiché essa è considerata come le membra del suo corpo, si dice che essa ha parte nella “sua risurrezione”, la Prima Risurrezione (la principale, la più importante). Anch’essa è “di nuovo generata”, “generata dallo Spirito” come Nuova [707] Creatura, pertanto la sua risurrezione diversa.

L’uomo naturale, che non diventa una Nuova Creatura, che non sperimenta nuovamente una nascita ad una nuova natura, rimane un uomo naturale e la sua anastasis, e il suo alzarsi di nuovo, significherà il sollevarsi come essere umano alla perfezione piena della natura umana, da cui l’intera razza cadde in modo rappresentativo nella persona di Adamo. La “risurrezione migliore” in cui ci dice l’Apostolo che gli antichi dignitari speravano, non sarà la Prima Risurrezione, che è limitata a quelli chiamati durante l’età del Vangelo: Cristo il Capo e la Chiesa il suo corpo. La “risurrezione migliore” che questi antichi dignitari riceveranno, superiore a quella delle altre creature come loro, consisterà nell’essere una risurrezione istantanea alla perfezione umana, all’inizio dell’età Millenaristica, anziché una graduale risurrezione “di giudizi” durante quell’età. Ciò permetterà loro di essere i servitori onorati del Cristo, i servitori del Regno, durante il Millennio, e, come uomini perfetti, di essere resi “principi [capi] per tutta la terra”. (Sal. 45:16) Sarà il privilegio di questi dignitari applicare le leggi del Regno, quali agenti e rappresentanti del Cristo spirituale, invisibile agli uomini. La loro benedizione, pertanto, sui loro simili,* sarà duplice; in primo luogo per il fatto che la loro prova è nel passato e che la loro ricompensa della perfezione sarà istantanea, dando loro, a motivo di ciò, quasi mille anni di vantaggio sugli altri; e in secondo luogo perché, secondo la provvidenza del Signore, ciò permetterà loro di partecipare nella grande opera della restaurazione e della benedizione quale la fase terrena del Regno, gli agenti umani, o i [708] canali, attraverso cui il Cristo opererà vastamente.

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*La grande compagnia, sebbene non possa essere annoverata tra i partecipanti alla Prima Risurrezione e come facente parte della sua
gloria, del suo onore e della sua immortalità, né essere annoverata tra gli antichi dignitari, nondimeno deve essere annoverata tra i vincitori anche se la vittoria sarà raggiunta attraverso grande tribolazione. E, quali vincitori, si deve pensare che essa passi dalla morte alla vita e, pertanto, che sia soggetta ad una risurrezione istantanea, e non a una graduale, come nel caso del mondo, la cui prova è futura.
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L’anastasis del mondo in genere dipenderà, nel caso di ciascun individuo, dal proprio progresso nella “strada maestra” della santità.* Come spiegò il Maestro: “Tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio dell’Uomo e ne verranno fuori.” Ma il venirne fuori è semplicemente il risvegliarsi nel caso di coloro il cui giudizio, o la cui prova, non sarà stata precedentemente superata con successo; e dato che solo i vincitori di questa età del Vangelo verranno fuori verso la Prima Risurrezione e i vincitori delle età passate verso una migliore risurrezione sul piano umano, il resto del mondo verrà fuori, come il Signore ha dichiarato, verso una risurrezione di giudizio. Giovanni 5:29†

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*Vol. I, p. 205.
†Il modo in cui la nostra Versione Comune rende: “risurrezione di dannazione” è un grave errore che ha aiutato grandemente ad
oscurare le menti di molti riguardo al vero significato di questo passo. Sembra che molti ricavino da ciò il concetto che alcuni saranno risuscitati puramente per essere dannati o ricondannati. È vero proprio il contrario. La parola resa “dannazione” in questo versetto è la parola greca krisis, che appare ripetutamente nello stesso capitolo ed è resa giustamente come giudizio. Dovrebbe essere resa così in questo caso ed è resa così nella Versione Riveduta.
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In Giovanni 5:25, nostro Signore indica come deve essere compiuto il passare dalla morte alla vita, dicendo: “L’ora viene, anzi è già venuta, quando i morti udranno la voce del Figliuolo di Dio e quelli che l’avranno udita, vivranno.” Tenendo presente che il mondo intero è morto dal punto di vista divino, vediamo che gli apostoli e la Chiesa primitiva furono chiamati fuori da questo mondo morto e, quali membri di esso, fu concessa loro l’opportunità di udire il messaggio di vita che viene dal Figlio di Dio. In proporzione di quanto prestarono ascolto giunsero ad una relazione vitale sempre più stretta con il Datore della vita: e così tutti quelli che sono diventati una cosa sola con lui da quel giorno fino al presente hanno ascoltato [obbedito a] la sua voce, il suo messaggio e hanno ereditato proporzionatamente il suo favore e parteciperanno alle sue ricompense.

[709] Sarà simile la procedura dell’età futura: “La conoscenza del Signore riempirà la terra intera” e “Non ci sarà nessun bisogno di dire ad un prossimo ‘Conosci il tuo Signore’, poiché tutti lo conosceranno, dal più piccolo al più grande.” “Tutti quelli che sono nei sepolcri ne verranno fuori”, saranno risvegliati affinché possano “udire la voce del Figlio di Dio e quelli che ascoltano [obbediscono] vivranno.”

Come per la Chiesa del Vangelo del tempo presente, l’ascoltare la voce del Figlio di Dio è una cosa graduale, riga dopo riga, precetto dopo precetto, così sarà per il mondo durante l’età Millenaristica. L’obbediente giungerà gradualmente ad una comprensione sempre più chiara della lunghezza, della larghezza, dell’altezza e della profondità dell’amore, della giustizia e dei provvedimenti divini. Ma coloro che obbediranno ai comandi di quel gran Maestro non riceveranno a quel tempo persecuzioni e opposizioni, come accade a coloro che cercano di seguire la sua Parola ora, perché a quel tempo Satana sarà incatenato, vigeranno le leggi del Regno e coloro che saranno in sintonia con la giustizia saranno benedetti e sollevati e coloro che combatteranno contro il Regno e si opporranno al suo regolamento in qualsiasi particolare, dopo una ragionevole prova, saranno ritenuti disprezzatori della grazia di Dio e saranno recisi di fra il popolo. Atti 3:23; Is. 65:20

Vediamo, allora, che la dichiarazione di nostro Signore di un risveglio generale dei morti significa una grande benedizione, il frutto della sua opera redentiva. Vediamo che coloro che hanno fatto del bene, che verranno fuori nella “risurrezione della vita”, cioè, che verranno fuori nella risurrezione completamente vivi, si possono riferire solo alle classi dei vincitori, alla Chiesa, agli antichi dignitari e alla grande compagnia. Si può dire che solo questi hanno operato il bene, hanno fatto bene a giudizio del Signore; solo essi hanno ottenuto l’approvazione divina. Non dovremmo intendere l’espressione “operato il bene” nel senso di aver operato perfettamente, allo standard divino in pensieri, parole ed opere, perché l’Apostolo ci spiega esplicitamente che “non c’è nessun giusto, no, nessuno” che opera perfettamente in tutti questi particolari. Ciò che si avvicina di più alla giustizia e che è accessibile a tutti noi è la purezza di cuore, la rettitudine dell’intenzione.

[710] Il resto del mondo è tutto incluso nel suo insieme nel termine “quelli che hanno operato il male”, che non sono stati accettabili per Dio. Questo comprende non solo coloro che non sono stati accettabili come pagani, perché non hanno conosciuto il grande Redentore e, quindi, non hanno avuto il privilegio di avvicinarsi al Padre attraverso di lui, ma comprende anche tutti quelli che hanno udito qualcosa di Gesù e che hanno capito qualcosa riguardo alla sua opera di riconciliazione e che, avendo in vari gradi questa conoscenza, non hanno risposto ai privilegi e alle opportunità loro concesse, non si sono consacrati pienamente, completamente. Tutti costoro, dal punto di vista divino, hanno “operato il male”, non sono approvati.

Si noterà subito che questa classe comprende molti “che sono grandemente stimati fra gli uomini”, sia nei sistemi delle chiese nominali che fuori di essi: molti dei nobili, dei saggi, dei ricchi, dei grandi e degli eruditi. Sicuramente farà gioire il nostro cuore, allora, il fatto che il Signore abbia disposto il risveglio anche di costoro e che, sebbene non “vengano fuori” ed entrino nella risurrezione-vita, essi “verranno fuori” per cogliere le opportunità di partecipare nella risurrezione graduale di giudizi affinché durante l’età Millenaristica, il giorno del giudizio*, o il giorno della prova, composto di mille anni, essi possano reggere alla prova in condizioni così favorevoli come indicato dalla Parola di Dio.

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*Vol. I, p. 137.
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Essi udranno la voce del Figlio di Dio, non il gergo di credi contrastanti, quali espressi dalle diverse sette della Cristianità e del mondo. Sarà un linguaggio puro, un messaggio puro, che sarà dato loro (Sof. 3:9) I loro occhi ciechi saranno tutti aperti; i loro orecchi sordi saranno tutti sturati; essi udranno; conosceranno; e sarà completamente colpa loro se non approfitteranno del messaggio gioioso e se non afferreranno i favori di Dio offerti loro attraverso il Datore della vita, il Cristo, e così passo passo, centimetro per centimetro, non conseguiranno le vittorie sulle loro debolezze e imperfezioni mentali, [711] morali e fisiche, finché, alla fine del loro giudizio, o al tempo della prova, non avranno raggiunto le condizioni di vita, la perfezione, tutto quello che era stato perduto in Adamo e redento dal sangue prezioso di Cristo.

Non un giudizio, o una prova, per i peccati passati; ma
un’altra prova per la vita

Dobbiamo ricordare che le prove e gli esami che incombono sul mondo non hanno in genere la natura delle prove cui i criminali sono soggetti nel tempo presente, quando il Tribunale e la giuria setacciano le evidenze per determinare se l’imputato è colpevole o meno e, in caso affermativo, quale sarà la punizione. Non c’è nessuna questione riguardo alla colpa della nostra razza e non si propone nessuna prova o nessun giudizio per determinare se l’uomo è stato colpevole di disobbedienza verso Dio, né per determinare se la pena di morte di Dio è stata una pena giusta o meno.

Il giudizio, o la prova, dell’età Millenaristica seguirà criteri totalmente diversi e corrisponderà di più al trattamento di un bambino che il genitore ha trovato colpevole e meritevole di frustate e al quale sono state inflitte le frustate e al quale, dopo aver ricevuto la propria punizione, viene chiesto dal genitore: “Ora, riconosci la tua colpa? Riconosci la giustizia della punizione che hai ricevuto? E sei pronto da qui in avanti ad essere un figlio obbediente?” Ad una risposta affermativa, il genitore potrebbe dire: “Vedremo! Giudicherò, o ti metterò alla prova, o ti esaminerò durante il giorno e se ti vedo sinceramente pentito e sinceramente desideroso di fare quello che voglio io, ti riporterò entro sera nella piena fratellanza e ti concederò tutti i privilegi che avevi prima della trasgressione.” Tale è la natura del giudizio, o della prova, della prossima età: una prova per determinare quali membri del mondo colpevole, dopo aver sofferto la paga del peccato, la morte, per seimila anni, con lamenti e travagli di dolore avranno imparato la lezione dell’eccezionale peccaminosità del peccato e la grande benedizione che corona la giustizia e desidereranno conformarsi in tutto alla volontà di Dio.

[712] L’obbedienza sarà fatta rispettare dall’inizio e soltanto quelli che si rifiutano esplicitamente di fare progressi saranno recisi anche dopo cento anni di prova; a costoro che fanno anche del progresso esterno e si conformano in modo esteriore alle leggi del Regno sarà permesso di andare avanti e saranno concesse opportunità di crescere in grazia, in conoscenza e in amore. Ma alla fine dell’età Millenaristica giungerà un esame cruciale fra tutti, non rispetto alla loro condotta esterna, che deve essere stata buona, altrimenti non avrebbero potuto mantenere la loro posizione, ma sarebbero stati recisi in precedenza dalla vita, nella Seconda Morte. Questo esame finale sarà rispetto alla lealtà dei loro cuori verso i princìpi di giustizia. Tutti saranno esaminati sotto questo aspetto; e tutti coloro che non saranno trovati completamente leali ed obbedienti al Signore saranno recisi nella Seconda Morte, non sarà loro permesso di andare più avanti a godere i favori divini. Ma quanto benignamente il provvedimento divino ha così operato! Quanto tollerante questo piano divino mostra il nostro Padre celeste e il nostro Redentore nei confronti dei figli degli uomini! Sicuramente tale pazienza e sopportazione attrarrà al Signore tutti quelli che saranno degni della vita eterna; e per quanto riguarda la distruzione di altri, tutti d’accordo con il Signore saranno pronti a dire, nel linguaggio dell’ispirazione: “O Signore Iddio Onnipotente, i tuoi giudizi sono veraci e giusti!” Apoc. 16:7

Reputati degni di aver parte alla risurrezione

Da questo punto di vista vediamo un significato nelle parole del Signore: “Essi saranno reputati degni di aver parte a quel mondo e alla risurrezione.” (Luca 20:35) Estremamente pochi, soltanto un “piccolo gregge”, sono considerati degni di aver parte a quel mondo e alla risurrezione “migliore” prima del Millennio. La grande massa dell’umanità, inclusi quelli ai quali il Signore rivolse queste parole, verranno fuori nella “risurrezione di giudizio” ed allora rimarrà loro di provare che sono degni della vita perfetta a cui solamente sarà permesso di durare oltre l’età Millenaristica nelle età [713] eterne del futuro. Solo agli obbedienti sarà permesso di aver parte alla risurrezione, di essere sollevati pienamente e completamente fuori dalla morte: un processo graduale e un aver parte graduale. Come abbiamo già visto, quelli che allora cammineranno sulla strada maestra della santità debbono “andare verso l’alto sopra di essa”. Sarà un sentiero in salita, che ascende, e richiede sforzo e vittoria da parte di chi riguadagnerà tutto quello che era stato perduto: la perfezione umana.

Mentre esaminiamo attentamente da vicino questa caratteristica del piano divino, rimaniamo stupiti dalla sua ragionevolezza e coerenza e dai vantaggi che offre a coloro per i quali è stato disposto. Possiamo subito vedere, ad esempio, che qualsiasi altro piano sarebbe a svantaggio di coloro per i quali sono specialmente ideati i vantaggi Millenaristici. Si prenda, ad esempio, Nerone. Supponiamo che gli sia stata concessa una risurrezione istantanea alla vita; supponiamo che “venga fuori” dalla tomba mentalmente, moralmente e fisicamente perfetto; questo non sarebbe Nerone. Questo essere perfetto non potrebbe in nessun senso della parola identificarsi con il Nerone del passato; né coloro che erano associati a lui sarebbero capaci di riconoscerlo. Né potremmo immaginare che sia “venuto fuori” perfetto riguardo all’organismo umano, mantenendo però imperfetti la mente e il carattere. Tutti quelli che hanno appreso anche solo i princìpi basilari delle leggi della fisiologia debbono vedere subito l’assurdità di una simile proposizione. Quelle leggi ci insegnano nella maniera più chiara che il carattere e l’organismo sono una cosa sola; che un organismo perfetto sicuramente sarebbe l’indizio di un carattere perfetto. Ma se, per il momento, presupponessimo una di queste due proposizioni irragionevoli, subito ci imbatteremmo nell’obiezione secondo cui mille anni sarebbero un periodo troppo lungo in cui mettere alla prova l’obbedienza o la disobbedienza di un essere perfetto. Adamo, quale essere perfetto, ricevette una prova molto breve, da quanto possiamo giudicare dalle Scritture.

Inoltre, se riuscissimo ad immaginare il mondo perfetto e messo alla prova, saremmo costretti ad immaginarlo anche soggetto alla legge perfetta; ed essendo senza imperfezioni, dovrebbe essere anche senza alcuno schermo, o copertura dei difetti, e [714] perciò nella stessa posizione in cui si trovò Adamo all’inizio, nella sua prova. In questa visione delle cose non ci sarebbe nessuna necessità del Regno Mediatore di Cristo e di un periodo di dominio di mille anni; perché la legge perfetta rappresenta la giustizia divina, la stessa con cui fu trattato Adamo al principio e la stessa che deve essere applicata all’umanità alla fine, alla conclusione del Millennio, prima che il monda possa essere accettato da Dio per il favore eterno. Tali vedute, pertanto vediamo, si scostano interamente dall’ordinamento divino.

Ora notiamo la bellezza, l’armonia, la ragionevolezza e la coerenza del piano divino di una risurrezione di giudizi. (1) Il mondo che viene fuori praticamente nella stessa condizione mentale, morale e fisica in cui entrò nella tomba, si identificherà subito personalmente e in relazione ad altri. “Dove cade l’albero, lì resterà” e il risveglio, oppure il richiamare fuori dalla tomba, sarà come la fine di un sonno, proprio la figura che il Signore usa non solo rispetto al corpo di Cristo, ma al mondo in genere, il cui futuro risveglio, essendo parte del suo piano, è chiamato come un destarsi dal sonno. Come uno che si risveglia da un sonno si trova praticamente nella stessa condizione in cui giaceva, con un lieve rinvigorimento, ed è in grado di ricordare velocemente gli eventi e le circostanze che precedettero il suo sonno, così crediamo che sarà per il mondo in genere, quando “udrà la voce del Figlio dell’Uomo e verrà fuori”. 

Non vogliamo dire con ciò che essi verranno fuori precisamente nella stessa condizione fisica come quella in cui erano al momento della morte, perché ciò costituirebbe un’assurdità. Ad esempio, quello i cui polmoni erano ridotti in cattivo stato fino ad avere un rantolo come ultimo respiro, non dobbiamo aspettarci che torni con dei rantoli e senza polmoni; quello la cui testa era stata staccata dal corpo non si risveglierà senza testa e similmente colui che aveva perso le braccia o i piedi o le dita delle mani o dei piedi non ci si potrebbe aspettare che “venga fuori” senza queste membra. Nell’assenza di qualcosa di definito nelle Scritture che guidi le nostre opinioni, dobbiamo [715] supporre che il venir fuori del mondo avvenga con quelle che ora sarebbero considerate una salute e una forza medie; ad esempio, tale quale il Signore volle concedere a quelli che guarì alla sua prima venuta. I malati non erano stati resi perfettamente sani, altrimenti molti di loro sarebbero vissuti per secoli, come accadde per il perfetto Adamo. Piuttosto, dobbiamo presupporre che le restaurazioni erano ad una salute e ad una forza medie e che sarà così al tempo del risveglio, quando la stessa voce li chiamerà fuori dal sonno della morte, affinché possano udire le sue parole e mediante l’obbedienza possano “aver parte” alla vita eterna e alle sue perfezioni di mente e di corpo, per cui egli ha disposto i tempi della restaurazione e le discipline, i giudizi e le benedizioni del Regno.

Una volta ripresi i fili dell’esistenza proprio lì dove erano stati lasciati cadere alla morte, il tessere dell’esperienza andrà avanti e si adatterà rapidamente alle condizioni mutate; e frattanto l’individuo non perderà né la sua identità, né sarà perso per il mondo e per il circolo sociale di cui egli è stato parte. Così le esperienze passate con il peccato e l’egoismo costituiranno un patrimonio di conoscenza di grande valore, utile nella stima appropriata nel futuro, che permetterà a colui che è stato fatto rivivere di apprezzare i vantaggi che decorrono dal regno della giustizia e della vita in contrasto con il regno precedente del peccato e della morte. Sarà anche a suo vantaggio il fatto che egli deve prima di tutto accettare Cristo Re quale suo Redentore, riconoscendo la sua propria imperfezione e il suo non esser degno, deve ricorrere al Datore della vita prima di poter cominciare a incamminarsi per la strada maestra della santità. Sarà anche a suo vantaggio che debba fare egli stesso dei passi nel superare le sue proprie debolezze e nel raggiungere la perfezione presentata a lui quale meta.

La lezione dell’esperienza così appresa si inciderà profondamente nella sua memoria, nel suo carattere e lo renderà adeguato e lo preparerà per l’esame finale alla conclusione dell’età Millenaristica, quando si richiederà l’assoluta lealtà del cuore. Frattanto, tuttavia, le sue imperfezioni non andranno a suo detrimento e non saranno un ostacolo per lui, poiché i requisiti dei giudici saranno in proporzione alla sua debolezza o [716] alla sua forza di carattere, e tutti costoro ora si stanno preparando mediante le loro stesse esperienze con il peccato e con la debolezza a giudicare con comprensione e ad essere veramente d’aiuto. Tali esperienze da parte dei giudici non sarebbero così essenziali se questo non fosse il piano divino del recupero graduale, della “risurrezione di giudizio”.

Questo modo di vedere è anche in pieno accordo con l’affermazione divina per bocca del profeta Daniele riguardo alla risurrezione: “Molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni per la vita eterna [duratura] e gli altri per l’obbrobrio e per l’eterna [duratura] infamia.” (Dan. 12:2) Qui vediamo la stessa divisione di coloro che si risvegliano che nostro Signore spiega in modo più particolareggiato. Una classe si risveglia alla vita nel suo senso pieno, completo: vita duratura; l’altra classe si risveglia, ma non alla vita. Quando si risveglia si trova ancora nella morte perché non approvata da Dio, non è vitalmente connessa al Figlio. “Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio non vedrà la vita.” Il mondo in genere, poi, “viene fuori” affinché possa essere portato a conoscenza del fatto che la vita e la restaurazione sono state concesse dalla grazia di Dio attraverso il grande sacrificio di redenzione; che il Datore della vita ha assunto il suo grande potere e la sua gloria, quale Profeta, Sacerdote e Re e che, ereditando lui, essi possono gradualmente, passo a passo, aver parte alla vita.

L’affermazione del profeta riguardo a questa seconda classe (che viene fuori per l’obbrobrio e per l’infamia duratura) è significativa. Se venissero fuori perfetti non sarebbero in una condizione obbrobriosa e spregevole, poiché la perfezione è sempre da ammirare. Queste parole, pertanto, sono la conferma che essi vengono fuori imperfetti e che la spiegazione aggiunta di nostro Signore ci assicura che vengono fuori nella loro imperfezione e che, se vogliono, possono raggiungere la risurrezione, la perfezione, passando attraverso le prove o i giudizi ai quali saranno sottoposti, ricompensando la loro obbedienza e punendo e disciplinando la loro disobbedienza.

Abbiamo già utilizzato Nerone come esempio; e come egli sarà di sicuro uno di coloro che verrà fuori per l’obbrobrio e per l’infamia duratura, possiamo anche utilizzarlo 

[717] nell’esempio seguente. Quando ci ricordiamo che il risveglio del mondo che dorme non inizierà finché la generazione presente del mondo non sarà assoggettata al potere del Regno, ad una misura considerevole di giustizia ed intelligenza, intuiamo immediatamente che Nerone, nel venire fuori, si troverà immerso in condizioni sociali diverse da quelle che vigevano quando morì. Troverà quei vizi che aveva praticato e coltivato piuttosto screditati e quelle virtù che aveva evitato e perseguitato le troverà insediate nel favore e nel potere generale. Sarà completamente in disaccordo con tutto il suo ambiente, molto più di altri meno ostinati, meno dissoluti, meno viziosi, meno spregevoli. Si ritroverà come uno ben noto nelle pagine di storia e disprezzato da tutti a causa dell’abuso dei potere e delle opportunità di cui godette, non solo quale assassino della propria madre, ma anche quale persecutore e tormentatore dei fedeli del Signore.

Ogni persona buona e virtuosamente disposta è tenuta a considerare un carattere come il suo con “disprezzo” e in tali circostanze egli sarà destinato a soffrire grande “obbrobrio”. Tuttavia viene fuori in una risurrezione di giudizio, affinché gli venga accordata un’opportunità di risorgere dalla sua condizione obbrobriosa e spregevole alla piena perfezione della natura umana; e fino a che punto aver parte alla vita, fino a che punto aver parte alla risurrezione dalla morte, dipenderà completamente da se stesso. Prima di tutto, deve conoscere la Verità; deve vedersi come è veramente; deve vedere in contrasto l’uomo perfetto, come viene rappresentato negli antichi dignitari, nei “principi” di quel tempo. Deve vedere funzionare le leggi della giustizia in contrasto con ciò che conosceva in precedenza riguardo a come funzionava il regno del peccato e della morte. Se, poi, mantiene con determinatezza un influsso malevolo e indurisce il suo cuore e si rifiuta di obbedire, allora deve morire la Seconda Morte, dopo aver goduto e respinto i privilegi e le opportunità che il Signore ha offerto a lui e a tutta l’umanità.

[718] Se, invece, si umilierà, riconoscerà il suo peccato e diventerà obbediente alle leggi del Regno, comincerà immediatamente a risalire la china verso la vita: la sua risurrezione, o il suo risorgere, verso il recupero completo dalla caduta. Se così “salirà” per la strada maestra, si purificherà contemporaneamente dal “disprezzo” dei suoi simili e parallelamente si libererà dell’“obbrobrio”. Poiché non si può dubitare che se c’è gioia in cielo per un peccatore che si pente, ci sarà gioia in terra tra tutte le persone oneste al vedere di tanto in tanto peccatori abbandonare gli errori dei loro modi di fare e volgersi verso l’obbedienza al Signore; e il disprezzo encomiabile di costui per il peccato e la sua grettezza deve pian piano lasciare il posto al riconoscimento comprensivo degli sforzi fatti nella direzione della giustizia. In tal modo, se mai Nerone diventasse pienamente obbediente al Signore e raggiungesse la vita eterna nella “risurrezione di giudizio”, sarebbe rispettato grandemente e il suo passato sarebbe dimenticato completamente, proprio come ora, quando pensiamo all’Apostolo Paolo, ricordiamo la sua nobile abnegazione e fedeltà al Signore, che lo dissocia da Saulo, il persecutore che egli denominò “il capo dei peccatori”.

Punizioni per i peccati di questa vita

Si sta chiedendo qualcuno “Non ci saranno punizioni per i peccati del tempo presente?”. Rispondiamo che la Giustizia assegnerà una punizione per ogni peccato. Il peccato di Adamo, come è riconosciuto da tutti, è stato punito per seimila anni e durante quella punizione la creazione intera ha continuato a gemere, ad essere in travaglio e a sprofondare nella morte. Quel peccato e tutti i peccati che si sono venuti ad aggiungere per l’influsso delle debolezze e delle azioni depravate che derivarono dal peccato di Adamo, sono incluse tutte nella redenzione portata a compimento dal grande sacrificio per i peccati. I peccati per cui c’è bisogno di ulteriore punizione si ritroveranno ad essere non quelli causati dalla caduta e dall’azione depravata di Adamo, ma quelli che saranno in certa misura intenzionali. Tali peccati intenzionali debbono essere tutti puniti; ma, nel tempo presente, non siamo evidentemente competenti a giudicare quale potrebbe essere [719] una pena giusta o ragionevole per tali peccati, interamente o parzialmente intenzionali.

Senza dubbio questo fu un motivo per cui il Signore ci insegnò a “non giudicare nessuno prima del tempo”. Alla fine il giudizio sarà nelle nostre mani (come sta scritto: “Non sapete che i santi giudicheranno il mondo?”) e nostro Signore Gesù sarà il capo di questi giudici. La dichiarazione del Signore è che colui che ha conosciuto la volontà del suo Maestro e non l’ha fatta, sarà battuto con molti colpi, mentre chi non l’ha conosciuta ed ha compiuto cose che meritano colpi, ne riceveranno pochi. (Luca 12:47, 48) Ciò ci indica che la colpa del peccato intenzionale deve essere misurata in gran parte mediante la nostra conoscenza del Signore e della sua volontà. Di qui la Chiesa, e coloro che sono giunti durante questa età del Vangelo nella luce e sotto l’influsso della Chiesa, saranno ritenuti responsabili in maggior grado degli altri. Nerone, sebbene non appartenente alla Chiesa, non generato dallo Spirito, e quindi meno responsabile, proporzioni fatte, della Chiesa, ebbe nondimeno un contatto considerevole con i figli della luce; e quindi, possiamo presupporre, ebbe una certa grande responsabilità per quanto riguarda i suoi crimini.

“I peccati di alcuni uomini vanno innanzi a loro al giudizio”

Considerando le punizioni dei peccati intenzionali in cui si è provato piacere dopo aver ricevuto la luce, non dobbiamo dimenticare l’affermazione dell’Apostolo, che dice: “I peccati di alcuni uomini vanno innanzi a loro al giudizio e ad altri essi tengono dietro.” (1 Tim. 5:24) Noi non sappiamo in che misura i peccati di Nerone abbiano già ricevuto qualche punizione; non sappiamo fino a che punto soffrì mentalmente o fisicamente; non sappiamo, pertanto, fino a che punto la punizione per i suoi peccati verrà in seguito e lo sorprenderà durante l’età del Giudizio. Ai fini della discussione, supponiamo che non abbia ricevuto nessuna punizione speciale in passato e che i colpi per i suoi peccati verranno tutti in seguito, e cerchiamo di sapere: quale sarà la natura dei suoi precedenti personali contro di lui e come gli saranno inflitti i colpi, o le punizioni? Noi non abbiamo la competenza per rispondere a tali domande senza riserve o restrizioni, ma riconosciamo [720] tutti un principio generale già in funzione in ogni uomo, che prende nota dei risultati delle proprie violazioni della conoscenza e della coscienza. Vediamo che in proporzione di quanto si può violare la verità, la luce, la conoscenza e la coscienza, proprio in quella proporzione si indebolisce il carattere; e qualunque sia il grado in cui ciò procede, la restaurazione gli sarà molto più difficile.

Possiamo ragionevolmente ritenere che Nerone deve aver indebolito davvero molto il suo carattere e la sua coscienza. Se, poi, nel risvegliarsi egli “verrà fuori” nello stesso modo in cui è morto, semplicemente per un’opportunità di sviluppo, possiamo vedere che ogni passo verso la rovina che ha fatto in passato, ogni violazione della coscienza, ogni opposizione nota alla giustizia, ha provocato un danno al suo carattere che, se verrà mai superato, richiederà sforzi proporzionati per ritornare sui propri passi e riedificare quella porzione del carattere che egli ha distrutto con la sua smoderatezza. Non sta a noi dire che questa, e questa soltanto, sarà la punizione per i peccati del tempo presente; ma che questo debba essere il caso, ci sembra ragionevole. Siamo soddisfatti, comunque sia, di concludere l’argomento qui, fiduciosi che le decisioni della Chiesa glorificata avranno l’approvazione piena di tutti coloro che hanno lo Spirito del Signore. Non possiamo supporre che nostro Signore provi piacere nel rendere male per male, o nel causare dolore inutile neanche ai più scellerati, ma supponiamo che rimarrà in vigore la decisione della grande Corte Suprema già pronunciata, vale a dire “La paga del peccato è la morte”, la Seconda Morte.

“Così pure della risurrezione [principale]
dei morti [speciali]”
—I Cor. 15:42—

La risurrezione della Chiesa è chiamata la Prima Risurrezione, non nel senso di priorità nel tempo (sebbene in futuro sia così), ma nel senso di essere principale, migliore, superiore. Noi abbiamo già visto che ci sono ordini diversi nella risurrezione, tre dei quali sono verso la vita, verso la perfezione, sebbene su piani diversi dell’essere; [721] la Chiesa occupa il primo posto, la “grande compagnia” e gli antichi dignitari di seguito in ordine; e abbiamo visto che successivamente, o in ultimo, ci sarà la risurrezione generale del mondo, aperta a tutto il genere umano, a tutti quanti accetteranno i provvedimenti e gli ordinamenti divini: la risurrezione di giudizio che si dovrà completare soltanto alla conclusione dell’età Millenaristica. In questo senso della parola sarà per davvero un fatto che “il resto dei morti” non vivrà “fino a che non saranno finiti i mille anni”; essi non avranno la vita nel suo senso pieno, giusto, completo; non saranno fatti risorgere completamente dalla morte fino ad allora. Vista in tal modo, la clausola spuria dell’Apocalisse 20:5* si ritrova ad essere in pieno accordo con il tono generale della Scrittura. Tutte queste risurrezioni successive alla prima, oppure alla principale, saranno senza dubbio assoggettate al potere e al controllo della Chiesa glorificata, il cui Capo glorioso, a questo fine, ha ricevuto tutto il potere e tutta l’autorità dal Padre.

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*Abbiamo già richiamato l’attenzione sul fatto che la clausola “Il resto dei morti non rivisse finché non fossero terminati i mille anni”
si trova senza nessun supporto della MSS di data precedente al quinto secolo; nondimeno è in pieno accordo con quanto stiamo presentando, poiché il termine “non vivrà” si dovrebbe intendere come riferito non al risveglio ma alla restaurazione piena alla vita nel grado perfetto. Vedere la nota a pie’ pagina Vol. I, p. 288.
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Avendo considerato l’opera di risurrezione della Chiesa per gli altri, consideriamo ora che cosa hanno di particolare da mostrare le Scritture a proposito della Prima Risurrezione. Con quali corpi verrà fuori la Nuova Creazione? Quali saranno alcune delle loro qualità e alcuni dei loro poteri?

L’Apostolo dichiara: “Quale è il terreno, tali sono anche i terreni; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti.” (I Cor. 15:48) Intendiamo queste parole nel senso che il mondo in genere, che sperimenterà la restaurazione alla perfezione umana, sarà come il terreno: come il primo Adamo, prima di peccare, e come il perfetto “Uomo Gesù Cristo” era prima che assumesse la novità della natura. Gioiamo con il mondo in questa grande prospettiva di ridiventare immagini terrene piene e complete del Creatore divino.

[722] Ma gioiamo ancora di più nelle promesse preziose fatte alla Chiesa del Vangelo, “ai chiamati” secondo lo scopo divino, che debbono avere l’immagine del Celeste, l’immagine del Creatore, in un senso ancora più alto e più particolare, essere non immagini carnali, ma immagini spirituali. “Noi saremo simili a lui [il glorificato “trasformato” Gesù], poiché lo vedremo com’egli è.” Egli è un essere spirituale, “l’immagine esplicita della persona del Padre”, “molto al di sopra degli angeli, dei principati e delle potestà e di ogni nome che è nominato” e quindi, molto al di sopra dell’umanità perfetta. Se saremo come lui e parteciperemo alla sua gloria e alla sua natura, vuol dire che anche noi saremo immagini della persona del Padre “che nessun uomo ha veduto né può vedere, abitando in una luce a cui nessun uomo può avvicinarsi”; ma al quale noi possiamo avvicinarci e il quale possiamo vedere come è, perché siamo stati “trasformati”. I Giovanni 3:2, I Tim. 1:17; 6:16; Es. 33:20

Per timore che qualcuno lo fraintenda, l’Apostolo difende il linguaggio usato sopra aggiungendo: “Come noi [la Chiesa] abbiamo portato l’immagine di [colui che è] terreno, noi porteremo anche l’immagine di [Colui che è] celeste”. Non è il pensiero dell’Apostolo che tutti porteranno mai l’immagine del Celeste, in questo senso. Questo non fu il progetto del nostro Creatore. Quando fece l’uomo progettò di avere un essere di carne, umano, terreno, a sua immagine [mentalmente, moralmente] che fosse il signore e il governatore della terra, quale rappresentante del suo Creatore celeste. (Gen. 1:26-28; Sal. 8:4-7) La scelta della Nuova Creazione, come abbiamo visto, è interamente separata e distinta dalla creazione terrena. Essa è scelta da in mezzo al mondo e costituisce in tutto solo un “piccolo gregge”, chiamato ad essere la classe del Regno del Signore, a benedire il mondo durante le migliaia di anni dell’età Millenaristica, la quale, successivamente, ne possiamo star certi, occuperà qualche posizione molto elevata e di responsabilità e compirà qualche opera molto importante nell’attuare ulteriori scopi divini, magari in connessione con altri mondi e altre creazioni.

L’Apostolo, però, difende la cosa ulteriormente, dicendo a spiegazione di quanto sopra (versetto 50): “Ora questo dico, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio.” In tal modo distingue tra la nostra condizione presente nella carne e la [723] nostra condizione futura come esseri spirituali; in modo più positivo dichiarando che fintanto che siamo nella carne non possiamo costituire il Regno del Signore in nessun senso effettivo, perché quel Regno deve essere un regno spirituale, composto di esseri spirituali. Nostro Signore stesso, il Capo, il leader, l’esempio per la sua Chiesa, è l’essere spirituale glorioso, di cui fu concessa un’occhiata all’Apostolo Paolo (I Cor. 15:8) e di cui una visione fu concessa all’Apostolo Giovanni nella visione Apocalittica. “Saremo come lui” non natura umana, come il resto dell’umanità, dalla quale fummo scelti e la cui restaurazione, o risurrezione di giudizi, li riporterà alla perfezione delle condizioni della natura umana, come gli stessi tempi della restaurazione porteranno la terra alla condizione rappresentata nel principio dal Giardino dell’Eden.

Ma l’Apostolo riconobbe il fatto che sarebbe stato difficile per noi afferrare pienamente il concetto di una trasformazione così totale della Chiesa dalle condizioni carnali, terrene alle condizioni celesti, spirituali. Egli intuì che la nostra difficoltà sarebbe stata meno rispetto a coloro che si sono addormentati nella morte che rispetto ai vivi e a coloro che rimangono alla presenza del Signore. È molto più facile per noi afferrare il concetto che coloro che dormono saranno risuscitati in nuovi corpi spirituali, come quelli che il Signore ha promesso di dare, che afferrare il concetto di come quei santi, che vivono al tempo della seconda presenza del Signore, saranno accettati da lui nel suo Regno spirituale. Il Signore, attraverso l’Apostolo, ci chiarisce ciò molto bene, dicendo: “C’è un mistero connesso con questa faccenda, che vi dirò: non tutti dormiremo, ma dobbiamo tutti essere mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba, la settima tromba.” I Cor. 15:51, 52

Mentre il Signore, attraverso l’Apostolo, con queste parole ha chiarito in certa misura un mistero, nondimeno una certa dose di mistero da quel momento ha offuscato anche questa chiara spiegazione; poiché molti del caro popolo del Signore hanno confuso la parola “dormire” con la parola “morire” e hanno supposto che la spiegazione sia che i [724] santi rimasti fino alla presenza del Signore sarebbero trasformati senza morire, il che non è affatto quanto affermato. Si prenda il caso degli apostoli, ad esempio; essi morirono e dal momento della morte furono ritenuti come se fossero “addormentati” fino al momento della risurrezione. Il morire fu un atto momentaneo, mentre il sonno, o lo stato di incoscienza, continuò per secoli.

Si deve attaccare questo concetto della parola “dormire” alle parole dell’Apostolo per poterle comprendere, vale a dire: Non sarà necessario che il popolo del Signore che rimane fino alla sua seconda presenza dorma nella morte inconscia neppure per un momento. Essi morranno, tuttavia, come dichiarato dal Signore, attraverso il profeta, quando parla della Chiesa: “Io ho detto: Voi siete dei, siete tutti figliuoli dell’Altissimo; nondimeno morrete come gli altri uomini e cadrete come qualunque altro dei principi.” (Sal. 82:6, 7) Il mondo in genere muore come il Principe Adamo, come i suoi figli, che parteciparono alla sua condanna; ma i fedeli in Gesù Cristo muoiono con lui, con il Principe Gesù. (Is. 9:6; Atti 3:15; 5:31) Giustificati attraverso il suo sacrificio, essi diventano morti con lui, come co-sacrificatori. Essi “sono classificati” sotto la morte per sacrificio, come il secondo Principe. “Se saremo morti con lui, vivremo anche con lui.” Ma, come l’Apostolo ci indica, la morte di questi non significherà nessun “sonno” nello stato di incoscienza; proprio il momento della morte sarà il momento della “trasformazione” o del rivestimento con la casa che viene dal cielo, il corpo spirituale.

La “trasformazione” che verrà per coloro della Chiesa che rimangono fino alla presenza del Signore è in tal modo stabilito che sia in ogni senso della parola una parte della Prima Risurrezione. Non differisce in nessun particolare dall’esperienza di morte che deve essere comune a tutti i membri dell’unico corpo. L’unico punto di differenza tra gli altri membri del corpo e questi sarà quello che l’Apostolo specifica; vale a dire, essi non “dormiranno”. Questi ultimi membri del corpo non avranno bisogno di dormire, non avranno bisogno di aspettare il Regno che verrà, poiché a quel tempo esso sarà stabilito.

[725] Essi passeranno immediatamente dalle attività del servizio in questo lato della cortina nella carne alle attività del servizio nell’altro lato della cortina, come perfette Nuove Creature, membra del Cristo.

“Non è ancora manifesto quel che saremo”

Riguardo ai poteri e alle qualità delle Nuove Creature, perfezionate, l’Apostolo ci dice che esse non avranno tutte lo stesso grado di gloria anche se avranno tutte lo stesso tipo di gloria, saranno tutte esseri celestiali o celesti. Ci sarà una gloria comune a tutti questi esseri celestiali ed un’altra gloria comune agli esseri umani, o terrestri. Ognuno nella sua perfezione sarà glorioso, ma le glorie di quelli celestiali saranno superiori, trascendenti. Le Scritture ci dicono che la Chiesa nel suo insieme “risplenderà come il sole”. (Mat. 13:43) Questa descrizione della gloria futura fatta da nostro Signore stesso è applicata a tutti quelli che appartengono alla classe del “grano”; eppure alla luce della spiegazione dell’Apostolo (versetto 41) intuiamo che individualmente ci saranno differenze nelle posizioni e negli onori della Chiesa. Tutti saranno perfetti, tutti saranno sommamente felici, ma, come il Padre è al di sopra di tutti, e come egli ha esaltato il Figlio facendolo stare vicino a se stesso, e come ciò indica differenze di gloria, di maestà e di autorità, così tra i seguaci del Signore, che sono tutti accettabili, ci saranno differenze di grado, “come c’è differenza tra stella e stella” in grandezza e luminosità. I Cor. 15:41

Nostro Signore, in due delle sue parabole, lascia intendere la stessa differenza tra i suoi seguaci glorificati. Chi è stato fedele con cinque talenti avrà una lode speciale al ritorno del Signore; mentre gli altri fedeli che avranno un minor numero di talenti, saranno stati trattati in modo proporzionato. Chi è stato fedele nell’uso del suo denaro, a tal punto da guadagnare dieci denari, riceverà il governo di dieci città; e chi è stato fedele con il suo denaro e ha guadagnato cinque denari avrà in modo proporzionato talenti, benedizioni, opportunità e autorità accresciuti. Mat. 25:14-30; Luca 19:11-27

[726] Né c’è bisogno di meravigliarsi di ciò, poiché guardando al passato vediamo che mentre il Signore scelse i Dodici apostoli e li amò tutti, ci furono tre di loro che egli amò in modo speciale e che in varie occasioni furono più vicini a lui e in un rapporto ancor più riservato che con gli altri. Possiamo star anche certi che, quando si aprirà il “Libro della Vita” e quando saranno distribuite le posizioni più vicine al Maestro sul trono, quelli alla destra e quelli alla sinistra (più prossimi alla sua persona) saranno riconosciuti da tutti come degni dell’onore e della distinzione loro accordata. (Mat. 10:41) Non ci sorprenderebbe affatto di trovare l’Apostolo Paolo accanto al Maestro, con magari Giovanni dall’altro lato. Il concetto non è quello del posto, o della posizione, su un sedile (trono) ma la vicinanza del rapporto nel potere e nella maestà del Regno. Possiamo star certi che tutti quelli che costituiranno il “piccolo gregge” saranno così pieni dello Spirito del Signore da preferire l’un l’altro nell’onore; e possiamo sapere con certezza che non ci saranno gelosie, ma che il giudizio divino riguardo all’essere degni sarà accettato pienamente da tutta la Nuova Creazione. Ciò è così nel tempo presente e possiamo aspettarci che sia molto di più così nel futuro. Nel tempo presente leggiamo che “Dio ha collocato le varie membra nel corpo come gli è piaciuto” e che tutti quelli che sono d’accordo con il Signore stanno continuamente cercando, non di cambiare la disposizione divina, ma di riconoscerla e di cooperare con essa. Sicuramente sarà così anche in futuro.

Nel descrivere le differenze tra le condizioni presenti e quelle del futuro, l’Apostolo dice: “Essa è seminata nella corruzione: Essa è fatta risorgere nella incorruzione.” “Essa”, la Nuova Creatura, la cui esistenza è iniziata al tempo della consacrazione e della generazione dallo Spirito. La Nuova Creatura che si è andata sviluppando ed è andata cercando di controllare la carne e di renderla sua servitrice, d’accordo con la volontà divina, la Nuova Creatura di cui si dice che sia vissuta nella carne, come nel tabernacolo, in attesa del suo nuovo corpo. “Essa” è stata seminata nella corruzione, in un corpo corruttibile: “Essa” scese nella morte; eppure “Essa” non viene rappresentata come morta, ma semplicemente come addormentata, mentre si dissolve il [727] suo tabernacolo terreno. È la stessa “Essa”, la Nuova Creatura, che deve essere rivestita della casa celeste, del corpo spirituale, nella Prima Risurrezione.

Questo corpo spirituale in cui “Essa” viene fatta risorgere, l’Apostolo dichiara, sarà un corpo incorruttibile, uno che non si potrà corrompere, che non potrà morire. La parola che viene resa come incorruttibilità è aphtharsia e significa ciò che è a prova di morte, ciò che non si può corrompere o che non può morire o svanire. È la stessa parola che viene resa come “incorruttibilità” nei versetti 50, 53 e 54, in questo capitolo, ed è la stessa parola che è resa come “immortalità” in Rom. 2:7 ed ancora in II Tim. 1:10.

La dichiarazione secondo cui i nostri corpi spirituali saranno incorruttibili, immortali, è una dichiarazione di grande rilievo perché ci viene data chiaramente l’informazione che questa qualità di immortalità appartiene in maniera inerente unicamente a Geova; mentre del nostro Signore Gesù si dichiara che, a motivo della sua fedeltà, la sua esaltazione maggiore consistette in parte nel fatto che gli venne concessa la vita in se stesso, come il Padre ha la vita in se stesso. Il concetto lì è lo stesso: che il Capo glorioso della Chiesa subì solo una tale “trasformazione” all’immortalità, all’incorruttibilità, alla partecipazione nella natura divina. Non ci stupisce che il piano di Dio sia stato così generoso nei confronti del nostro caro Redentore; ma certamente ci sorprende che questa qualità della natura divina, che non fu data a nessun altro tranne che al nostro Maestro, sia stata promessa alle membra del suo corpo, che camminano nelle sue orme, e stanno alla ricerca della gloria, dell’onore e dell’immortalità. II Piet. 1:4; Rom. 2:7

Essa è seminata nel disonore; Essa è fatta risorgere nella gloria.” Di nuovo, qui, ci si riferisce alla Nuova Creatura mediante la parola “Essa”. Nel corso della vita presente il mondo non ci conosce; non si accorge che siamo generati dal Padre, per essere suoi figli sul piano spirituale, e che stiamo dimorando solo temporaneamente nella carne, allo scopo di essere messi alla prova, per essere sottoposti all’esame sulla nostra fedeltà al nostro patto di sacrificio. “Ora siamo i figli di Dio.” Non riconosciuti, però, noi siamo disprezzati dal mondo; e a motivo della nostra consacrazione al Signore non possiamo [728] neanche occupare quelle posizioni onorabili tra gli uomini che potremmo occupare avendone i talenti naturali se essi fossero stati dedicati ad attività mondane. In ogni caso, sia negli individui che nella collettività la Chiesa nella carne ora è, come dichiara l’Apostolo qui, “nel disonore”, nel disprezzo; e, come dichiara altrove, il nostro corpo è nel presente un corpo di umiliazione (travisato nella nostra traduzione comune come “un misero corpo”). (Fil. 3:21) Ma quale sarà la condizione tra breve? Sarà passato tutto il disonore? Sarà la Chiesa (Capo e “corpo”) tale da essere riconosciuta ed onorata sia dagli angeli che dagli uomini? Sarà di conseguenza la Nuova Creazione “in gloria”? Oh, sì! Questa è la promessa.

Essa è seminata nella debolezza; Essa è fatta risorgere nella forza.” Ci si riferisce ancora alla Nuova Creatura; la debolezza a cui si accenna è quella dei corpi mortali presenti, delle loro imperfezioni, che tutte le Nuove Creature deplorano e che Dio benignamente non considera come le debolezze della Nuova Creatura, i cui scopi, o le cui intenzioni nei confronti del Signore, sono puri perfetti, leali e forti. Si afferma in modo assolutamente specifico che queste debolezze non si attaccheranno ai nuovi corpi della risurrezione degli “eletti”. “Essa è fatta risorgere nella forza”, la forza della perfezione, la forza della nuova natura, la forza di Dio.

Essa è seminata un corpo naturale; Essa è fatta risorgere un corpo spirituale.” La stessa Essa, la stessa Nuova Creatura. Ora è un corpo naturale: l’unica cosa tangibile è la carne. Solo per la grazia di Dio ci è permesso di considerare la mente nuova una Nuova Creatura e di aspettare il tempo in cui a questa mente nuova sarà concesso un corpo spirituale, adatto ad essa. Il corpo spirituale, allora, sarà Essa, nello stesso senso in cui il corpo naturale ora è Essa. Che prospettiva gloriosa è questa! Veramente è incomprensibile per noi che non abbiamo esperienze tranne quelle comuni all’uomo naturale, tranne quelle che le nostre menti hanno afferrato mediante la fede le promesse e le rivelazioni del Signore e sono entrate nello spirito di “cose non ancora viste”.

Ma se il pensiero stesso delle glorie future ci ha sollevato al di sopra del mondo e delle sue preoccupazioni, delle sue prove, delle sue follie e dei suoi piaceri, quanto più [729] vorranno dire per noi le realtà quando saremo perfetti e come il nostro Signore e parteciperemo alla sua gloria! Non c’è da stupirsi che nostro Signore abbia detto a Nicodemo: “Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle cose celesti?” Non c’è da stupirsi che dichiari che noi dobbiamo in primo luogo essere generati dalla Spirito santo prima di poter persino cominciare a comprendere le cose celesti. Indiscutibilmente, pertanto, la nostra capacità di gareggiare nella corsa presentataci nel Vangelo, il nostro sforzo per sopraffare lo spirito del mondo e le contrarietà poste dall’Avversario, saranno in proporzione di quanto saremo obbedienti al proponimento segreto divino, di quanto non ameremo il mondo, di quanto metteremo da parte ogni peso e il peccato facilmente più frequente, senza dimenticare di radunarci insieme e di penetrare le Scritture giornalmente, e facendo uso, in ogni senso della parola, dei privilegi, dei doni del cielo e delle benedizioni conferitici quali figli di Dio. Se faremo queste cose non falliremo mai, ma ci sarà così procurata, abbondantemente, un’entrata nel Regno eterno del nostro Signore e Salvatore Cristo Gesù.” I Gio. 3:2, 3; Rom. 8:17; Giovanni 3:12; I Cor. 2:14; I Giovanni 2:15; Efes. 6:10-18; Ebr. 12:1, 2; 10:25; Giovanni 5:29; Atti 17:11; II Piet. 1:4-11

[730]

Desiderare ardentemente casa

Come il cervo anela ai corsi d’acqua,
Così anela la mia anima a Te.
Oh, quando vedrò il Tuo volto,
Quando mi chiamerai Tu?

Quante volte continuo a volgere i miei occhi
Verso la mia casa celeste,
E desidero ardentemente quel momento benedetto quando Tu,
Mio Signore, mi dirai: “Vieni!”

Eppure so che vedranno
Il tuo volto solo quelli,
I cui cuori d’ogni macchia di peccato
Purificati e liberi saranno.

E oh, mio Maestro e mio Signore,
So che lontano sono dall’esser atto
A stare nella dolce comunione
Di tutti i Tuoi santi benedetti nella luce.

So che chi partecipa al Tuo trono
Dev’essere a Tua somiglianza,
E tutti i frutti preziosi dello Spirito
Il Padre in loro vede.

Signore, sii più paziente e concedimi la grazia
D’impegnarmi con il mio povero cuore,
E attendere il Tuo momento opportuno per stare con Te
E per vedere Te come Tu sei!

G.W.S.

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