Studi
Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
2
LA
NUOVA CREAZIONE
LA
NUOVA CREAZIONE SEPARATA E DISTINTA DA TUTTE LE ALTRE—PERCHÉ
SCELTA FRA LA CREAZIONE UMANA PIUTTOSTO CHE FRA LE ALTRE—L'OGGETTO
DELLA SUA ELEZIONE—MISSIONI PRESENTI E FUTURE—COME
GENERATI E NATI ALLA NUOVA NATURA—LO STRETTO RAPPORTO DI TUTTI I SUOI MEMBRI FRA
LORO E CON IL LORO CAPITANO, CAPO E SPOSO—SVILUPPO
ED ESAMI PER DIVENTARE MEMBRI—IL SESTO SENSO, O SENSO SPIRITUALE, DELLA NUOVA
CREAZIONE PER IL DISCERNIMENTO DELLE COSE SPIRITUALI—CON
QUALE NOME DOVREBBE ESSERE CONOSCIUTA LA NUOVA CREAZIONE PER ESSERE FEDELE
AL CAPO E NON SEPARARCI DA NESSUNO DEI FRATELLI?
LA
CHIESA dell'età del Vangelo è chiamata frequentemente nelle Scritture
una Nuova Creazione: i suoi membri finali, coloro che avranno vinto, sono
specificamente menzionati come "Nuove Creature" in Gesù Cristo
(II Cor. 5:17). Sfortunatamente è diventato consueto tra cristiani
pienamente consacrati, come pure tra altri, leggere le parole
d’ispirazione divina in una maniera intricata, confusa, che finisce per
non dare alle sue espressioni il loro vero significato e priva il lettore
di molta di quella benedizione, di quel conforto e di quell’istruzione
che potrebbe diventare suoi se solo seguisse un modo più ragionevole e
fosse più completamente pieno dello spirito di discepolato, con desiderio
di comprendere la rivelazione divina. La difficoltà sembra risiedere in
gran parte nel fatto che lettori normali della Parola non si aspettano di
essere ammaestrati da essa, ma la leggono piuttosto in una maniera
superficiale come un dovere da compiere, o come un riposo; e quando
desiderano informazioni riguardo al piano divino si rivolgono ai commenti
e ai catechismi. Questi e i maestri esistenti dovrebbero essere delle mani
che vengono in aiuto per guidare i pellegrini di Sion verso una conoscenza
più chiara del [60] carattere e del piano divino; ma, sfortunatamente,
sono spesso l'opposto. Frequentemente offuscano e confondono il giudizio e
fraintendono la Parola divina, e quelli che si fidano di costoro sono
allontanati dalla luce invece di essere portati verso di essa.
Questo
trarre in inganno non è intenzionale sia per i maestri che per gli autori,
dobbiamo supporre, preparato per i loro lettori, il meglio possibile. La
sorgente del problema è molto lontana. Più di 1.800 anni fa, quando gli
apostoli "si addormentarono", il nemico, Satana, ebbe campo
libero nella Chiesa, il campo di grano del Signore; e, come fu
profetizzato nella parabola di nostro Signore, egli seminò
abbondantemente la zizzania dell'errore (Mat. 13:24, 36-43). Quegli errori
più o meno distorsero e contorsero tutta la verità della rivelazione
divina, con il risultato che prima che sorgesse il quarto secolo, il campo
di grano del Signore era diventato in sostanza un campo di zizzania
contenente in proporzione soltanto una piccola minoranza di grano vero. Il
buio dell'errore si stabilì sempre di più nella Chiesa e per dieci
secoli il "Mistero dell'Iniquità" prevalse e un gran buio coprì
le persone. Quei dieci secoli sono denominati oggi "Secoli Bui"
da una gran porzione delle persone più intelligenti del "mondo
Cristiano" e ci dobbiamo ricordare che fu in mezzo a questo gran buio
che nacque il Movimento della Riforma. La luce dei Riformatori cominciò a
splendere in mezzo al buio e, grazie a Dio, da allora ha continuato a
diventare sempre più luminosa! Non possiamo stupirci del fatto che i
Riformatori stessi, educati in quel gran buio, furono più o meno
contaminati da esso, e che non siano riusciti in un istante a liberarsi
dai suoi errori contaminanti: anzi l'avremmo considerato non meno di un
miracolo se fossero sfuggiti dal gran buio e fossero entrati nella luce
piena, chiara del carattere e del piano divino.
La
difficoltà tra i seguaci dei Riformatori nei tre secoli scorsi è
consistita nel fatto che hanno considerato meritorio accettare i credi
formulati in quel periodo della riforma, si sono glorificati in essi e
hanno considerato non ortodosso qualsiasi successivo [61] progresso verso
la luce. Invece, loro e noi, mentre onoriamo i Riformatori e gioiamo per
la loro fedeltà, dovremmo ricordare che non sono stati loro le luci della
Chiesa, che essi non sono stati dati alla Chiesa per essere sue guide, e
che sono stati, al massimo, semplicemente aiuti. Le guide designate da Dio
sono state, prima fra tutte, nostro Signore, in secondo luogo i suoi
apostoli ispirati, protetti e guidati, e in terzo luogo i santi uomini di
Dio dell'antichità, che parlarono e scrissero ogniqualvolta furono mossi
dallo Spirito Santo, per nostro ammonimento. È stato perché ai
Riformatori fu concesso dal Signore uno sguardo della vera luce che fu
loro possibile discernere parzialmente quanto era grande il buio che li
circondava, e di fare lo sforzo eroico che fecero per scappare via e
ritornare nella luce della conoscenza di Dio, che brilla sul volto di Gesù
Cristo nostro Signore, e che, attraverso le sue parole e le parole degli
apostoli, c’è data quale lampada per i nostri piedi e lanterna per i
nostri passi, facendo in modo che il sentiero del giusto risplenda "sempre
più fino al giorno perfetto". Chiunque ora è seguace del Signore e
seguace della luce deve prestare attenzione al fatto che, mentre non
ignora gli strumenti e i loro ministeri, a voce e mediante le pagine
stampate, deve accettare da loro soltanto quell’assistenza che lo può
aiutare ad apprezzare il messaggio ispirato documentato nelle Scritture:
"Se non parlano secondo questa Parola, è perché non hanno in loro
la luce".
In
studi precedenti abbiamo visto che nostro Signor Gesù, molto prima di
diventare "l'uomo Gesù Cristo" fu "il principio della
creazione di Dio"; abbiamo visto uno sviluppo progressivo tra le
creazioni di Dio portate a compimento da e mediante l’unigenito
Figliuolo: cherubini, serafini, angeli, i vari ordini di esseri spirituali
riguardo ai quali ci è stato rivelato ben poco. Abbiamo appena terminato
un esame della creazione terrena e attraverso la luce della rivelazione
divina, abbiamo osservato quanto sarà grande la sua consumazione durante
i "tempi della restaurazione di tutte le cose dette". Le [62]
Scritture, però, ci presentano la Nuova Creazione, ora presa in
considerazione, come completamente separata e distinta dagli ordini
angelici e dall'uomo. Il Padre Celeste fu soddisfatto d’ogni aspetto
della sua opera, poiché "tutta la sua opera è perfetta", ed
ogni classe, od ordine, è perfetta in se stessa, o lo sarà per il tempo
in cui sarà introdotto il grande Giubileo, al quale abbiamo fatto
riferimento in un capitolo precedente. La creazione di questi vari ordini,
allora, non deve essere intesa con il significato di un'insoddisfazione da
parte del Creatore e un tentativo di rendere migliore o più soddisfacente
qualcosa, ma piuttosto dobbiamo vedere in ciò un'illustrazione della
"molto diversificata sapienza di Dio". La varietà che vediamo
in natura nei fiori, nei prati, negli alberi e tra gli animali lo illustra:
ciascuno è perfetto nel suo genere e nel suo piano. Non è stata
l'insoddisfazione per la rosa che ha dato luogo alla produzione del
garofano o della viola del pensiero, ma le varietà in forma, in bellezza
e in odore ci offrono un rapido sguardo sulla lunghezza, la larghezza,
l'altezza e la profondità della mente divina, diversità in armonia;
bellezza e perfezione espresse in varie forme, vari disegni e colori. Così
accade anche per le creazioni intelligenti: figli di Dio in vari piani
dell'esistenza.
Da
questo punto di vista abbiamo la percezione che a prescindere dal numero
delle creazioni cui Dio darà vita, non ci sarà spazio per gelosie fra
loro, perché ciascun essere perfetto nel suo proprio piano e nella sua
propria sfera sarà soddisfatto completamente della propria condizione e
preferirà proprio quella anziché qualsiasi altra; così come il pesce è
più soddisfatto d’essere pesce piuttosto che uccello, e viceversa,
l'uccello è soddisfattissimo della sua natura: così l'umanità, una
volta restaurata alla perfezione umana in condizioni Edeniche, sarà
assolutamente soddisfatta di quelle condizioni, a tal punto da non bramare
d’essere angeli di qualsiasi grado o posizione, né brameranno la natura
più alta di tutte quelle concesse alla nuova creazione, in altre parole
"la natura divina" (II Piet. 1:4). Né gli angeli brameranno la
natura e le condizioni dei cherubini, dei serafini o dell'uomo e nemmeno
della natura divina. Tutti capiranno alla fine che la natura divina è la
più alta di tutte, che ha qualità e condizioni che superano in
importanza quelle di tutte le altre nature, eppure, per ordinamento divino
ciascuna natura [63] sarà così d'accordo con le sue condizioni e con il
suo ambiente e con la sua perfezione che ciascuna sarà soddisfatta del
proprio stato.
Quando
l'Eterno Iddio si propose di dare vita alla Nuova Creazione, partecipi
della natura divina (II Piet. 1:4), partecipi della sua stessa "gloria,
del suo stesso onore e della sua stessa immortalità" (Rom. 2:7),
stabilì che nessuno sarebbe potuto essere creato per una posizione così
alta e poi essere fatto passare
per una prova; ma che, invece, chiunque fosse costituito membro di questa
Nuova Creazione doveva sottostare alla prova prima e doveva provare la
propria lealtà al Creatore e ai princìpi del suo giusto governo in
maniera sommamente eminente prima di poter essere elevati a quest’alto
stato: a questa Nuova Creazione della natura divina. Abbiamo appena visto
come sono stati predisposti la prova e l'esame per quanto riguarda il
merito della vita eterna: la perfezione umana originaria nella quale fu
creato, la sua caduta, la sua redenzione, il ristabilimento e la
restaurazione di tutti quelli della sua razza trovati degni. Abbiamo
appena visto anche che gli angeli furono creati nella santità e
perfezione della loro natura e furono successivamente
provati ed esaminati, ma è evidente che un procedimento simile in
connessione con le Nuove Creature di natura divina (vale a dire, la loro
creazione fino alla perfezione di questa natura e la loro prova successiva)
non sarebbe stato sufficiente. Perché? Perché un elemento molto
importante della natura divina è l'immortalità, e quando arriviamo a
capire che questa parola significa una condizione a prova di morte*,
possiamo facilmente constatare che aver creato qualsiasi essere sul piano
divino, immortale, a prova di morte e poi in un momento successivo averli
messi alla prova, averli esaminati, avrebbe significato che se qualcuno
non fosse riuscito a raggiungere lo standard dell'assoluta lealtà a Dio,
essi sarebbero stati trasgressori immortali che non sarebbero potuti
essere distrutti, e la cui continua esistenza per l'eternità come
trasgressori, peccatori, sarebbe risultata come molte imperfezioni, come
molte macchie sulla bella creazione dell'universo, come Dio intende che
sia alla fine. Quindi, percepiamo la sapienza profonda del piano che Dio
ha adottato verso questa classe che è [64] la più grandemente prediletta
di tutte le sue creature, nell'esaminarle severamente, in modo cruciale,
mentre sono ancora mortali, membri di un'altra creazione di natura mortale.
__________
*Vedere
Vol. V, p. 389
__________
Se
mentalmente ci poniamo dalla parte del grande Creatore, come suoi intimi
amici, ed immaginiamo la filosofia dell'ordinamento divino per questa
Nuova Creazione, possiamo immaginare l'Eterno Iddio riflettere fra sé e sé
su questa Nuova Creazione così: A quale classe dei figli di Dio offrirò
questo privilegio onorevole di essere trasformati in quest’ordine
supremo, o in questa classe suprema delle mie creature? Ogni ordine è già
a mia immagine: l'uomo, gli angeli, i cherubini, i serafini e gli
arcangeli. Tutti saranno estremamente contenti, ciascuno nella sua
perfezione e nel suo stato, quando il mio piano avrà raggiunto il culmine
e le prove saranno tutte terminate: ma a quale di loro offrirò questa che
è la più grande delle benedizioni e delle opportunità, di diventare
"partecipi della natura divina"? Naturalmente il Primogenito
verrebbe immediatamente in mente al Padre come colui che era già
l'altissimo, il più importante di tutte le grandi moltitudini, già
vicino a lui stesso; il dio, il potente attraverso cui aveva creato tutte
le cose, e che, in ogni particolare, aveva mostrato la sua fedeltà e
lealtà al suo Creatore e Padre. A lui per primo, quindi, sarebbe concessa
l'opportunità di raggiungere la natura divina e la sua gloria, il suo
onore e la sua immortalità. "In lui si compiacque il Padre di far
abitare tutta la pienezza" - "onde in ogni cosa abbia il primato"
(Col. 1:18,19). Egli già aveva il primato su tutti gli altri, e avendolo
usato fedelmente, fu naturalmente primo nell'ordine d’avanzamento verso
qualsiasi onore e dignità più grandi che il Padre avesse da elargire. A
chi ha, sarà dato in abbondanza; la fedeltà avrà la sua ricompensa
anche se ciò vorrà dire che il fedele deve essere soggetto a prove,
esperienze e discipline del tipo più cruciale. Anche se figlio, figlio
sommamente leale, sommamente devoto, non gli sarebbe potuta essere
concessa una partecipazione alla vita divina se, prima di tutto, non
fossero state sottoposte agli esami più cruciali la sua fede e la sua
lealtà. [65]
Questa
descrizione a grandi linee della Nuova Creazione e questa selezione del
Figlio Unigenito ad essere la testa e il capo della Nuova Creazione,
soggetto alle prove, alle discipline, alle umiliazioni e alle altre
esperienze necessarie per provare il suo merito, era già stato stabilito
nella decisione divina prima che l'uomo fosse creato. Dio già era a
conoscenza del fatto che la sua creatura umana sarebbe caduta. Aveva
stabilito che la sua pena sarebbe stata la morte e aveva preordinato che
la prova alla quale avrebbe sottoposto il suo Figlio Unigenito sarebbe
stata che egli, di sua spontanea volontà, sarebbe diventato il Redentore
dell'umanità, e, mediante un tale gran sacrificio come ciò avrebbe
implicato, avrebbe manifestato la sua lealtà al Padre e la fede che aveva
in lui. Così, nel piano divino egli fu "L'agnello ucciso prima della
fondazione del mondo". Da questo punto di vista percepiamo che ben
lontano dall'essere obbligato ad essere il redentore dell'uomo, ben
lontano il Padre dal commettere ingiustizia verso il Figlio rivolgendogli
questa richiesta, si trattò di una preparazione per il Figlio da parte
del Padre alla grand’esaltazione: ben più in alto degli angeli, dei
principati, delle potestà e d’ogni nome che è nominato, come partecipe
della sua stessa natura e compartecipe del suo trono (Ebr. 1:4; Efes.
1:21).
Da
questo punto di vista non ci dobbiamo meravigliare se l'Apostolo parla
dell'impegno di nostro Signore ad essere il nostro Redentore "per la
gioia che gli era stata posta dinanzi" (Ebr. 12:2). La gioia non era
semplicemente l'anticipazione del posto più alto nella Nuova Creazione,
ben più in alto di tutte le altre creazioni; ma possiamo supporre
ragionevolmente che ne costituisse parte. Ciò nonostante, notiamo nella
preghiera del nostro Redentore al Padre mentre sta attraversando le prove
che, con la modestia che lo caratterizzava, non fece riferimento alla gran
dignità, gloria e immortalità a lui promesse e attese; ma con una bella
semplicità e umiltà chiese semplicemente di essere restaurato alla sua
posizione precedente, come se considerasse onore sufficiente l'essere
stato scelto dal Padre quale suo agente per portare avanti altri aspetti
del piano divino, com’era già stato l'agente onorato nella creazione di
tutte le cose che furono fatte (Giov. 1:3). Le sue semplici parole furono:
"Padre, glorificami con la gloria che avevo [66] presso di te avanti
che il mondo fosse" (Giov. 17:5). La risposta del Padre, però, fu
piena di significato quando disse: “E l'ho glorificato [onorato], e lo
glorificherò [onorerò] di nuovo" Giov. 12:28, Vatican MS.
Ma,
piuttosto, il Padre si ripropose che la Nuova Creazione dovesse consistere,
non semplicemente di un individuo, ma che egli dovesse avere "fratelli"
(Ebr. 2:17). Chi dovevano essere questi fratelli? Da quale classe dovevano
essere scelti? Dai cherubini? Dai serafini? Dagli angeli? O dall'uomo? Da
qualsiasi classe vengono, devono essere sottoposti precisamente agli
stessi esami richiesti al Figlio Unigenito; per la stessa ragione, perché
essi devono partecipare alla sua gloria, al suo onore e alla sua
immortalità. L'esame cui fu sottoposto fu quello dell'obbedienza: "fino
alla morte" (Fil. 2:8), e pertanto tutti quelli che condivideranno
con lui la natura divina, quali Nuove Creature, devono condividere con lui
anche le prove e le sofferenze e gli esami, e devono provare d’esseri
fedeli fino alla morte. Se l'offerta fosse stata fatta ai membri di qualsiasi classe
o natura angelica, ciò avrebbe significato un programma divino diverso da
quello che vediamo ora attuato. Abbiamo visto che i santi angeli hanno
continuato a ricevere esperienza e conoscenza attraverso l'osservazione,
piuttosto che mediante il contatto con il peccato e la morte, e supporre
che sia stata questa condizione tra gli angeli a permettere che alcuni di
loro morissero, implicherebbe una condizione di peccato attuale tra gli
angeli, la persecuzione l'uno dell'altro, ecc. per dar luogo a tali
condizioni di morte; o implicherebbe che alcuni angeli debbano fare come
ha fatto il nostro Signore Gesù, metter da parte la loro natura superiore
e diventare uomini "per la sofferenza della morte". Dio non ha
adottato questo piano; ma siccome nel suo scopo il peccato e la sua pena,
la morte, sarebbero state illustrate nell'umanità, stabilì di scegliere
il resto della Nuova Creazione prendendolo tra gli uomini. Così non
soltanto l'esame del Figlio Unigenito solo sarebbe connesso con l'umanità
e il peccato e la morte che prevalgono tra gli uomini, ma similmente tutti
quelli che saranno co-eredi con lui nella Nuova Natura [67] avrebbero
simili opportunità, esperienze ed esami. Così il Figlio Unigenito,
chiamato Gesù, poi il Cristo, l’Unto, sarebbe diventato un modello e un
esempio per gli altri membri della Nuova Creazione, ai quali sarebbe
richiesto d’essere conformi tutti all'immagine del suo carattere:
diventare "copie
dell'immagine del suo Figliuolo" (Rom. 8:29, Diaglott).
Qui, come dovunque, vediamo una manifestazione dell'economia nei vari
aspetti del piano divino: l'operazione del peccato e della morte in un
dipartimento della creazione sarebbe sufficiente; sarebbe non solo una
gran lezione e un grande esame per gli uomini, e un gran tema per una
lezione agli angeli, ma anche un esame cruciale per coloro che sarebbero
considerati meritevoli di una partecipazione alla Nuova Creazione.
Il
fatto che gli scritti del Nuovo Testamento - gli insegnamenti di Gesù e
degli apostoli - siano rivolti a questa classe della "Nuova Creatura"
o a quelli che contemplano i passi della fede e dell'obbedienza necessari
per includerli in questa classe, ha fatto sì che molti deducessero, al
contrario di quanto dicono le Scritture, che gli scopi di Dio siano gli
stessi riguardo a tutta l'umanità. Ha fatto sì che essi tralasciassero
di osservare che la vocazione di quest’età attuale del Vangelo è
definita in modo speciale una "vocazione suprema", una "vocazione
celeste" (Fil. 3:14; Ebr. 3:1). Il non riconoscere che Dio ha avuto,
ed ha ancora, un piano di salvezza per il mondo intero, e un piano in
qualche modo diverso di salvezza speciale per la Chiesa di quest’età
del Vangelo, ha portato ad una confusione d’idee tra i commentatori, che
non discernono la differenza tra la classe eletta e le sue benedizioni, e
la classe molto più numerosa non eletta e le benedizioni che cadono su di
essa al momento giusto proprio attraverso quella eletta. Costoro hanno
supposto che il piano di Dio sarebbe finito quando la scelta fosse
completata, invece di vedere che essa sarà, allora, solo all'inizio per
quanto riguarda la natura umana e la restaurazione che la salvezza ha
inteso per il mondo a largo: tanti quanti la riceveranno secondo i termini
dettati dal Signore.
Questa
incertezza di pensiero, e il fallimento nel riconoscere la differenza tra
le due salvezze (quella della Chiesa ad una nuova natura, la divina, e
quella del mondo [68]
mediante la restaurazione alla completa perfezione della natura umana)
hanno portato a molta confusione e ad un gran guazzabuglio, nelle menti di
questi maestri delle Scritture per quanto si riferisce a queste due
salvezze, a tal punto che essi pensano ai salvati, ora da un punto di
vista ora da un altro. Alcuni pensano e parlano di loro come esseri
spirituali, ma confondono questi esseri spirituali in gloria, onore e
immortalità con gli esseri umani, e li immaginano come se avessero carne,
ossa, ecc. nella condizione spirituale. Altri prendono la restaurazione
umana quale centro dei loro pensieri ed immaginano una terra-paradiso
restaurata con il Signore e i santi che vi risiedono in quello che loro
chiamano corpi spirituali, senza discernere il vero significato della
parola spirituale; altrimenti saprebbero che mentre un corpo spirituale è
adatto ad una condizione spirituale e sarebbe soltanto ostacolato dalle
condizioni o dagli elementi carnali, così, allo stesso modo, il corpo
umano, o terreno è opportunamente uno adattato alle condizioni terrene, e
se fosse spiritualizzato in qualsiasi maniera sarebbe una mostruosità,
non adatto in ugual modo all'intenzione divina e alla natura umana.
La
bellezza e la simmetria del piano divino possono essere osservate
chiaramente soltanto mediante il riconoscimento della Nuova Creazione, che
i suoi membri potenziali sono chiamati da Dio ad essere separati, distinti
dalla natura umana, che c'è una "vocazione celeste" o "vocazione
suprema", e che oltre a rendere sicura la loro vocazione e la loro
elezione, hanno un compito duplice da svolgere in connessione con la
famiglia umana dalla quale essi sono scelti. (1) Essere gli agenti di Dio
nel radunare la classe eletta, consegnando allo stesso tempo al mondo un
messaggio-testimonianza, quali membri del sacerdozio di redenzione,
soffrendo per le mani del mondo a causa della loro fedeltà e della cecità
del mondo. (2) Costoro, con il loro Signore e Capo, costituiscono un
sacerdozio divino, regale, spirituale nelle cui mani saranno affidati gli
interessi e gli affari del mondo per la correzione e per l'elevazione
morale d’ogni membro obbediente della razza, facendo da mediatori tra
Dio e l'uomo, e stabilendo tra gli uomini un regno di [69] rettitudine
d'accordo con il programma divino per l'istruzione e la restaurazione
dell'uomo.
Si vedrà
immediatamente che non si può trovare nessun’altra classe d’esseri
così ben adeguata all'intenzione divina di governare e di benedire il
mondo. Il loro essere originariamente identici all'umanità, quali "figliuoli
d'ira come gli altri", li rende completamente familiari con le
debolezze, le imperfezioni, le contrarietà e le prove alle quali l'umanità
è esposta mediante il peccato e le debolezze costituzionali: e ciò li
prepara ad essere governanti moderati e sacerdoti misericordiosi, poiché
la loro completa perfezione nella natura divina darà loro i requisiti
necessari per essere assolutamente giusti come pure affettuosi in tutte le
loro decisioni quali giudici per il mondo nel giorno del giudizio del
mondo*.
__________
*Vedere
Vol. I, Cap. viii, Il Giorno del Giudizio.
__________
Ma
mentre questa grande ed importante opera d’elevazione morale, di governo,
di benedizione e di giudizio del mondo dell'umanità e degli angeli caduti
sarà, quale opera, specialmente affidata a queste Nuove Creature della
natura divina, e mentre nessun altro essere nell'universo intero sarà così
ben preparato come lo sono costoro per svolgere quest’opera (per la
quale essi sono stati addestrati e preparati in modo speciale sotto la
guida divina), nondimeno, questa non è in nessun modo la loro intera
missione od opera. Anzi, i mille anni del regno Millenaristico
costituiranno soltanto l'inizio dell'esercizio della gloria, dell'onore e
dell'immortalità di queste Nuove Creature. Alla conclusione di esso
quando il Regno sarà consegnato a "Dio, vale a dire al Padre" e
all'umanità quali agenti glorificati del Padre per governare la terra, si
aprirà di fronte alla Nuova Creazione una sfera ancora maggiore per
l'esercizio della loro gloria, del loro onore e della loro immortalità;
poiché non sta scritto che il Padre Celeste non ha fatto suo Figlio
soltanto partecipe della sua natura divina ma anche co-erede del suo trono,
e che il Figlio è seduto sul trono con il Padre (Apoc. 3:21)? Ed anche se
in un senso lascia quella posizione ufficiale durante l'era Millenaristica
per poter amministrare in modo speciale gli affari [70] di
quest’acquisto della terra e del suo dominio, non significa di sicuro
che avendo finito nel senso più compiuto del termine l'opera che il Padre
gli ha assegnato di fare, sarà meno ripieno di gloria od occuperà una
posizione meno dignitosa di quella a lui accordata quando salì verso
l'alto dopo aver pagato per noi, con il sacrificio di se stesso, la
punizione del peccato.
Per
quanto riguarda il futuro, non sappiamo che grandi opere il nostro
Creatore può avere in vista per il suo Figlio Unigenito e tanto amato,
che "ha designato erede di tutte le cose"; ma sappiamo dalle
labbra del nostro Maestro che è nostra la promessa per cui una volta
glorificati noi saremo come lui e lo vedremo così com'è, e parteciperemo
alla sua gloria, "e così saremo sempre con il Signore".
Pertanto qualunque saranno le attività dell'Unigenito quale "erede
di tutte le cose", saremo con lui e parteciperemo alla sua opera e
parteciperemo alla sua gloria poiché parteciperemo anche alla sua natura.
Mentre questo è fin dove ci porta la Parola di Dio scritta, può non
essere sacrilego per noi scrutare il libro della natura alla luce del
piano divino, e, usando la Parola divina come fosse il telescopio,
discernere che i vari pianeti o mondi tutt’intorno a noi in ogni
direzione non si stanno neppure essi formando invano. E che un giorno o
l'altro ci saranno opere di creazione in questi, e che quando il tempo
verrà chi ha avuto preminenza su tutte le cose continuerà ad avere la
preminenza e sarà ancora il capo nella direzione di tutte le forze
divine. Non c'è bisogno di supporre che sugli altri pianeti ci sia una
ripetizione delle esperienze di peccato del nostro mondo, la terra; ma,
invece, potremo stare sicuri che questa sola esibizione della "peccaminosità
eccessiva del peccato" e dei suoi terribili risultati potrà essere,
e sarà, usata dal Signore come una lezione perpetua per gli esseri che
ancora devono essere creati a sua immagine in altri mondi, i quali
impareranno attraverso l'osservazione e l'istruzione anziché attraverso
l'esperienza.
Con
Satana e tutti i suoi emissari ed ogni male ed ogni influsso malefico
distrutto, con la Chiesa glorificata che dopo aver imparato bene la
lezione dell'esperienza istruisce queste creature perfette d’altri mondi,
con maestri, se possibile portati a loro da questa terra, con il possesso
della conoscenza e dell'esperienza a contatto con il peccato, e con
l'elevazione morale e la benedizione del Signore, quanto saggi non
diverranno questi riguardo a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato
e riguardo alle loro ricompense! I loro maestri sapranno dire i
particolari della grande ribellione di Satana, il grande ingannatore
dell'umanità; della terribile caduta dell'umanità nel peccato e nella
miseria; della grande redenzione da essa, della grande ricompensa del
Redentore e dei suoi co-eredi, dei privilegi benedetti della restaurazione
concessi agli uomini, e che tutti questi furono esempi e lezioni per
l'intera creazione di Dio per sempre. Queste istruzioni dovrebbero essere
onnipotenti nel frenare dal peccato, e nell'insegnare tutto ciò che
occorre per formare il carattere secondo la legge divina dell'amore.
L'opera
di queste "Creature Nuove" nel tempo presente, com’è già
stato dimostrato*, è duplice, l'essere generati dallo Spirito Santo li
costituisce sacerdoti ma sono solo le loro menti che sono generate, i loro
corpi sono ancora fatti di terra, terreni, e pertanto, come l'Apostolo
dichiara: "Noi abbiamo questo tesoro [la nuova natura] in vasi di
terra affinché la gloria sia di Dio e non venga da noi" (II Cor.
4:7). La mente, o la volontà, rigenerata è tutto ciò che esiste nel
presente per rappresentare la nuova natura, ed è tutto quello che ci sarà
finché nella Prima Resurrezione quella nuova volontà, sviluppata in
carattere, sarà fornita di un corpo idoneo, un corpo celeste, un corpo
spirituale, perfetto e completo e in assoluta armonia con la volontà
divina. Frattanto la potenza divina, lo Spirito Santo, che sta operando
così nelle nostre menti e che ci costituisce "Nuove Creature" e
sacerdoti, ci conduce verso la direzione del sacrificio, e ci mette nella
direzione dei nostri interessi umani naturali, delle nostre ambizioni,
preferenze, ecc. come le cose giuste da essere sacrificate, qualora
entrino in conflitto in qualsiasi grado con le ambizioni e le condizioni
offerte da Dio alle "Nuove Creature". Così la vittoria della
Nuova Creatura è raggiunta con il sacrificio della sua stessa natura
umana, e questa vittoria glorifica Dio e la sua potenza che "opera in
noi nel volere e nel fare" mediante le sue promesse, in un modo in
cui non potrebbe essere glorificato se tutte [72] le nostre condizioni
naturali fossero in accordo con i suoi requisiti, così che non sarebbe
necessario nessun sacrificio. Ma per quanto concerne la fede, la
consacrazione e il sacrificio delle "Nuove Creature" nella vita
presente rispondono a, o corrispondono a, e furono caratterizzati dal,
sacerdozio di Aronne in Israele e dai loro tipici sacrifici, così, come
spiega l'Apostolo, il sacerdozio futuro di queste Nuove Creature è
rappresentato in, o caratterizzato dal, sacerdozio glorioso di Melchisedec.
__________
*Vedere
Tabernacle Shadows of the Better
Sacrifices [ovvero: Ombre del Tabernacolo dei Migliori Sacrifici], pp.
20-23.
__________
Melchisedec
non era un sacerdote che offriva sacrifici indossando vesti di lino; era
un sacerdote che allo stesso tempo era un re: "Un sacerdote sul suo
trono". Come tale la sua posizione, per quanto riguarda il tipo, era
più alta della posizione di Aronne; poiché Aronne era figlio di Abramo e
Abramo, grande com’era, pagava le decime a Melchisedec e riceveva una
benedizione dalle sue mani, caratterizzando, come spiega l'Apostolo, che
il sacerdozio inferiore di sacrificio rappresenta un piano, o una
condizione, inferiore a quella del sacerdozio superiore del regno, della
gloria e dell'onore. Queste Nuove Creature, allora, nell'opera gloriosa
del Regno Millenaristico (Cristo, la loro Testa, ed essi considerati
membra del suo corpo), furono caratterizzate da Melchisedec. Con questi
l'aspetto del sacrificio nell'opera sarà finito, s’inizierà il regnare,
il governare, il benedire, l'assistere ed essi saranno completamente
competenti nel portare a compimento la promessa divina, vale a dire che
"tutte le famiglie della terra saranno benedette" attraverso
costoro, agenti di Dio, attraverso i quali "chiunque vorrà"
potrà ritornare alla piena armonia con il Creatore e le sue leggi. Gen.
22:18; Gal. 3:16,29.
Tutte
le varie figure mediante cui il Signore rappresenta l'intima relazione tra
il suo Unigenito, il Salvatore, e la Chiesa eletta, chiamata e preparata
ad essere "Nuove Creature" e membri con lui della natura divina,
mostrano nel modo più straordinario la vicinanza, l'intimità, l'unità
che esisterà fra loro. Sebbene il Signore si sia reso conto che le sue
creature umane di mente umile vacillerebbero necessariamente nella fede al
pensiero di tale interesse e amore sconfinato per loro da parte del
Creatore poiché le [73] invita alla posizione più alta di tutta la
creazione accanto a suo Figlio e accanto a se stesso, pensiamo che
l'argomento sia presentato ripetutamente e sotto varie figure, come se
fosse per dar risposta il più completamente possibile a tutte le nostre
domande, dubbi e timori riguardo alla sua fedeltà, riguardo alla genuinità
di questa "suprema vocazione". Rinfreschiamo la memoria su
alcune di esse: in una nostro Signore è presentato come la "pietra
superiore" di una piramide, e la Chiesa eletta come le pietre viventi
attirate a lui e sagomate, preparate in armonia con i lineamenti del suo
carattere, perché siano membri con lui nella grande struttura della
piramide che Dio sta ergendo durante quest’età del Vangelo, e che
nell'età che sta per venire benedirà il mondo, e attraverso cui sarà
glorificato per tutta l'eternità.
Questa
struttura piramidale è strettamente collegata alla figura del tempio; e
siamo sicuri che il tempio costruito da Salomone era tipico di questo
grande tempio spirituale che Dio sta costruendo con ancora più grande
sapienza (I Piet. 2:5). Ci viene mostrato che come nella figura ogni trave
e ogni pietra era contrassegnata all'inizio per individuarne il posto ed
era sagomata perché vi entrasse, così è con la Chiesa della Nuova
Creazione: ciascuno dei suoi membri sarà reso idoneo e preparato per il
suo posto. Come ciò permise la costruzione del tempio tipico "senza
rumore di martello", senza stridore o commozione o frastuono, così
sotto il divino Architetto la Chiesa completa quale Nuova Creazione alla
fine di quest’età del Vangelo nascerà dai morti come il Signore, Capo
di questo tempio, fu il "primogenito dai morti" nella sua
resurrezione all'inizio dell'età (I Re 6:7).
Un'altra
di queste figure che ricordiamo è quella di un corpo umano con le sue
varie membra. È l'apostolo Paolo che così chiaramente e distintamente ci
indica quest’illustrazione della stretta relazione che gli eletti hanno
con il Signore, Capo della Chiesa, che è il suo corpo (Rom. 12:4, 5; I
Cor. 12:12). Come la testa controlla il corpo, pensa per lui, pianifica
per lui, controlla i suoi affari e li dirige, oppure usa, uno o l'altro
[74] membro del corpo per l'assistenza ad altri, così il Signore
controlla nella sua Chiesa e regola le varie membra del corpo come a lui
piace; e per quanto riguarda gli interessi di coloro che cercano di "rendere
sicura la loro vocazione e la loro elezione" governa a tal punto che
essi hanno la sua garanzia che fintanto che restano in questa giusta
disposizione d'animo, umile e fedele, "tutte le cose avverranno per
il loro bene", perché essi "amano Dio e sono chiamati secondo
il suo scopo".
Un'altra
figura che mostra l'intimo rapporto tra Cristo e la sua Chiesa, è quella
del capitano e dei suoi soldati; un'altra è quella del pastore e delle
pecore; e sebbene tutte queste figure ci portino dei pensieri preziosi sul
rapporto consacrato del Capo della Nuova Creazione con i suoi fratelli, la
Chiesa, nessuno forse ci dà una visione più piena e più completa
dell'interesse del Maestro in noi e dell'amore verso di noi che la figura
dello Sposo e della Sposa. Sicuramente è un nobile Sposo l'Unigenito per
tutti coloro i cui occhi della comprensione sono aperti per vedere la sua
grandezza d'animo e la sua fedeltà! È ben espresso profeticamente il
sentimento della sua Chiesa, suo corpo, per cui egli è "Il più
importante fra diecimila, chi è completamente amabile". L'Apostolo
usando questa figura e rivolgendosi alla Chiesa, dichiara: "Vi ho
fidanzati ad un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a
Cristo" (II Cor. 11:2). Si riferisce qui al costume ebraico del
matrimonio, molto diverso dagli usi del tempo odierno nella "Cristianità".
Oggi una promessa di matrimonio è semplicemente un fidanzamento
provvisorio soggetto a cambiamenti in caso una delle parti concluda che il
fidanzamento non sia stato saggio o non sia stato redditizio; ma l'impegno
di matrimonio ebraico evidentemente fu inteso dal Signore quale figura del
fidanzamento tra Cristo, lo Sposo, e la Chiesa, sua Sposa. Nel costume
ebraico la promessa di matrimonio è un vero matrimonio; è accompagnato
da un contratto definito, di solito per iscritto, nel quale i
rappresentanti dello sposo e della sposa si accordano a vicenda sulla
dote, ecc., e la cosa diventa [75] assolutamente vincolante subito,
sebbene sia solito il costume di differire le celebrazioni del matrimonio
e l'unione effettiva di circa un anno. Così è l'accordo, o il contratto,
tra il Signore, lo Sposo celeste, e chi sono accettati da lui nella
promessa di matrimonio. Né da parte sua né nostra si tratta di un
contratto debole; ma di un'unione vera e propria di cuore, d’interesse,
d'amore, di devozione; e qualsiasi abrogazione di questo nostro patto,
sarebbe una questione seria, e per quanto riguarda lo Sposo, l'Apostolo ci
assicura: "Fedele è chi vi chiama, ed egli farà anche questo"
(I Tess. 5:24). Pertanto, tutto il peso della questione ricade su di noi.
Alla
conclusione dell'età, nostro Signore viene come lo Sposo a ricevere la
Sposa ma riceverà soltanto le "vergini avvedute". Quelle che,
avendo fatto un patto, sono state stolte nel senso che hanno vissuto
negligentemente, non saranno considerate degne di essere accettate; non
saranno riconosciute in connessione con lo sposalizio; la porta sarà
chiusa contro di loro come mostrato nella parabola (Mat. 25:1-12); saranno
escluse dai grandi privilegi e dalle grandi benedizioni di cui avrebbero
potuto godere se fossero state fedeli. Ma rigioiamo perché sebbene la
loro mancanza di fedeltà le possa portare nel gran periodo di travaglio e
possa dar luogo ad una mancata partecipazione al Regno e alla natura
divina, pur tuttavia non significherà che per questo rimarranno escluse e
relegate ad un'eternità di tortura. No, grazie a Dio, la luce della sua
Parola sta risplendendo più chiaramente ora! Rendere la nostra "vocazione
ed elezione sicure" vorrà dire grandi ed eterne ricchezze di grazia
per quelli di noi che l'otterranno; e la perdita di tali benedizioni di
per sé non sarà una piccola punizione per la negligenza riguardo al
rapporto con il patto e riguardo al diventare contaminati con il mondo e
il suo spirito.
Sebbene
per la maggior parte queste "Nuove Creature in Gesù Cristo"
siano scelte dagli strati più bassi della società, piuttosto che dallo
strato più alto, e sebbene a questo riguardo il mondo non ci conosca come
neppure ha conosciuto lui, nondimeno le Scritture ci assicurano che Dio
che guarda ai cuori e non all'apparenza esterna, apprezza [76] grandemente
i fedeli di questa classe ora scelti e preparati per la Nuova Creazione.
Non solo parla della supervisione divina dei loro affari, facendo sì che
tutte le cose servano insieme per il bene ultimo, ma spiega anche in certa
misura come viene eseguita questa supervisione dei loro interessi, che gli
angeli stanno "servendo gli spiriti mandati a servire coloro che
saranno eredi della salvezza", e che "gli angeli del Signore si
accampano tutt’intorno a coloro che sono suoi e li liberano", ed
anche che questi angeli custodi per questo piccolo gregge hanno sempre
accesso al volto del Padre e, parlando figurativamente, che neppure un
capello del capo potrebbe subire danno senza che il Padre ne sia a
conoscenza. È in piena armonia con tutte queste tenere assicurazioni
della cura divina che ci venga detto nella parola ispirata: "Il
Signore conosce quelli che son suoi" e "Essi saranno miei, nel
giorno ch'io preparo, saranno la mia proprietà particolare" (II Tim.
2:19; Mal. 3:17).
È
pertinente al nostro soggetto considerare che la Nuova Creazione, a causa
della sua vocazione alla novità di vita, è ammaestrata dal Signore:
"Voi dovete nascere di nuovo". Qui la nascita naturale come
creature terrene della natura umana, è usata per farci pensare ad una
nuova nascita per la Nuova Creazione. La nascita naturale è preceduta da
una procreazione, poi da movimenti fetali ed infine dalla nascita. Così
nell'ordinamento in vista della Nuova Creazione: (1) dobbiamo essere
generati dalla Parola e dallo Spirito di Dio; (2) dobbiamo essere
sottoposti agli stimoli, all'energia da parte dello spirito della verità
ricevuta; (3) se il processo di sviluppo continua, se la Parola di Dio
abita intensamente dentro di noi e in abbondanza, facendo sì che non
siamo né sterili [inoperosi] né infruttuosi, arriveremo tra breve alla
nascita, in altre parole ad una partecipazione alla Prima Resurrezione
come membra nel corpo di Cristo. Riguardo a quella resurrezione e a quel
completo cambiamento da esseri naturali, terreni, umani ad esseri
spirituali, celesti di natura divina, avremo molto di più da dire tra
breve*, ma qui [77] sottolineiamo più particolarmente la procreazione. La
Parola ci indica in modo distinto che la procreazione di questi figli di
Dio "non è da sangue, né da volontà di carne, né da volontà
d'uomo, ma da Dio" (Giov. 1:13). Anche l'Apostolo Paolo sottolinea ciò
quando, scrivendo della classe eletta delle "Nuove Creature" e
del loro Capo, Gesù Cristo, e dell'onorifica condizione cui sono stati
chiamati, dice: "Nessuno si prende da sé quell’onore; ma lo prende
quando sia chiamato da Dio, come nel caso d'Aronne" (Ebr. 5:4).
__________
*Capitolo
vi.
__________
Le
Scritture distinguono continuamente in modo chiaro tra queste "Nuove
Creature" elette e la famiglia umana generale; ma qui possiamo dare
brevemente solo due illustrazioni. (1) Parlando della redenzione del mondo,
l'Apostolo divide chiaramente il sacrificio di redenzione in due parti,
una per la Chiesa, l'altra per il mondo, dicendo: "Egli è una
propiziazione per i nostri peccati [i peccati della Chiesa], e non solo
per i nostri, ma anche per i peccati del mondo intero" (I Giov. 2:2).
(2) Lo stesso Apostolo distingue tra le prove e le difficoltà della
Chiesa nella vita presente e quelle del mondo, ed anche tra le speranze
della Chiesa eletta e le speranze del mondo. Egli dice: "Anche noi
stessi, che abbiamo le primizie dello spirito, ...gemiamo in noi medesimi,
aspettando l'adozione, vale a dire, la redenzione [liberazione] del nostro
corpo", il corpo tutto intero, la Chiesa, della quale Cristo è il
Capo, la cui liberazione è promessa nella Prima Resurrezione al suo
secondo avvento (Rom. 8:23). Non gemiamo esteriormente come fa il mondo,
perché abbiamo ricevuto dal Signore, mediante la nostra generazione dal
suo spirito, un antidoto contro le delusioni, le prove e le difficoltà
del tempo presente, anche le promesse e le speranze gloriose, che servono
da àncora alle nostre anime, entrando in quello che si trova nell'ignoto
dell'aldilà. Nelle varie difficoltà e prove, noi non gemiamo come altri
che non hanno speranza. Nello stesso ambiente l'Apostolo si riferisce al
mondo e alla sua speranza, dicendo: "La creazione intera geme insieme
ed è in travaglio fino ad ora"; essi hanno poco da mitigare o
alleviare le piaghe, i dolori e i bruciori che appartengono a [78] questo
tempo di travagli, in cui stanno semplicemente imparando la lezione della
peccaminosità eccessiva del peccato e della severità di ciò che ci si
merita: l'agonia e la morte. Ma richiamando la nostra attenzione più in là
sulla speranza del mondo, l'Apostolo dichiara che essi stanno "aspettando
la manifestazione dei figli di Dio" (Rom. 8:19, 22). Non stanno
aspettando nella speranza che essi possano essere trovati tra quei figli
di Dio, ma stanno aspettando le benedizioni che quei figli della Nuova
Creazione, investiti della gloria e della potenza del Regno Millenaristico,
porteranno su questa terra secondo la promessa divina, per la benedizione
di tutte le famiglie della terra.
L'esame
per l'appartenenza alla Nuova Creazione non sarà l’essere membro di una
qualsiasi organizzazione terrena, ma l'unione con il Signore quale membro
del suo corpo mistico; come dice l'Apostolo: "Se uno è in Cristo,
egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco tutte le
cose sono diventate nuove" (II Cor. 5:17). Per essere contato pur
minimamente come membro del corpo di Cristo, è necessario che le vecchie
cose, o le cose terrene (ambizioni, speranze, orgogli, vanità e stoltezze)
se ne siano andate via dalla volontà, anche se fino ad un certo punto
queste ci possono molestare perché attraenti in qualche modo per la
nostra carne. È la nuova mente che il Signore riconosce quale "Nuova
Creatura"; è il progresso e lo sviluppo della nuova mente ciò di
cui è interessato e che promette di ricompensare.
Per
dimorare in Cristo, le Scritture ci mostrano chiaramente che è necessario
di più che il semplice fare una consacrazione. La consacrazione apre la
porta e ci dà la condizione, ci dà il rapporto, ci dà il sostegno e
l'incoraggiamento delle promesse divine, e, pertanto, ci mette sulla via
di coltivare i vari frutti dello Spirito, e di raggiungere finalmente
l'essere co-eredi con il Signore nella gloria celeste. Mantenere, però,
questa condizione nel corpo di Cristo ora richiede che si producano frutti,
evidenze d’amore e di devozione, proprio come il Maestro ha espresso
nella parabola della vite, dicendo: "Ogni tralcio che in me non dà
frutto, egli lo toglie via: e ogni tralcio che dà frutto, lo rimonda [pota]
affinché ne dia di più" (Giov. 15:2). Essere stati accettati dal
Signore come una [79] Nuova Creatura in Gesù Cristo alcuni anni fa
sembrerebbe, perciò, implicare una crescita più o meno regolare nella
grazia, nel sapere e nei frutti dello Spirito; altrimenti il nostro
rapporto con lui andrebbe perduto e un altro prenderebbe il nostro posto
fra gli eletti, e la corona che originariamente era stata considerata e
messa da parte per noi passerebbe ad un altro più grato dei privilegi, più
zelante nel raggiungimento delle cose gloriose che Dio ha promesso a
coloro che lo amano, e che sono più desiderosi, quindi, di considerare
tutte le cose terrene soltanto spreco e rifiuto per poter guadagnare
Cristo, per poter guadagnare un posto nella compagnia dei consacrati. Non
solo questo essere in Cristo è illustrato da tale crescita nei frutti
dello Spirito, ma, come dice l'Apostolo Pietro: "Voi facendo queste
cose, non inciamperete giammai, poiché così vi sarà largamente
provveduta l'entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù
Cristo" (II Piet. 1:10,11). Tuttavia, ciò significa, come espresso
dall'Apostolo Paolo, che la nuova mente, la "Nuova Creatura",
deve essere così interamente uniformata alla volontà di Dio che cercherà
ogni giorno di liberarsi dell'uomo vecchio con tutti i suoi affetti e
desideri". Ed è così poiché la Nuova Creazione è rappresentata
figurativamente come un uomo nuovo (Cristo Capo, la Chiesa membra del suo
corpo) che deve edificare o costruire se stesso ed arrivare,
figurativamente, ad avere la statura completa di un uomo in Gesù Cristo,
in cui ogni membro è completo e pienamente sviluppato, completi non nella
nostra forza propria, nella carne, ma completi in lui che è il nostro
Capo vivo, la cui rettitudine compensa le nostre imperfezioni.
L'umanità
giudica i suoi affari mediante i cinque sensi: la vista, l'udito, il tatto,
l'odorato e il gusto, che le Nuove Creature possono usare tutti
liberamente a patto che abbiano la mente nuova nei vasi di terra. Ma
questi non sono sufficienti per la Nuova Creazione, che ha bisogno
d’altri sensi attraverso cui comprendere le cose spirituali che non
possono essere viste, tastate, gustate, udite o odorate dall'organismo
umano. E il Signore ha supplito a questa mancanza mediante lo Spirito
Santo, come spiega l'Apostolo: "L'uomo naturale non riceve le cose
dello Spirito di Dio,...né può conoscerle, [80] perché esse sono comprese
spiritualmente". "Le cose che occhio non ha vedute, e che
orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d'uomo
[mediante qualsiasi altro senso o potere di percezione], sono quelle che
Dio ha preparato per coloro che l'amano. Ma Dio le
ha rivelate a noi [la "Nuova Creazione"] per mezzo dello
Spirito; perché lo Spirito investiga [scoprendo] ogni cosa, anche le cose
profonde di Dio" (I Cor. 2:9, 10, 14).
Questo
senso spirituale si può chiamare il sesto
senso di coloro che sono nati alla Nuova Creazione; o si può considerare
che abbiano una serie completa di sensi spirituali: cinque altri sensi
corrispondenti ai loro sensi terreni. Gradualmente "gli occhi
della loro comprensione" si aprono sempre di più sulle cose che non
sono viste dall'occhio naturale; l'udito
della fede aumenta di grado in grado fino a che ogni promessa della Parola
Divina si fa vigorosa e rilevante; con il passar del tempo vengono in contatto
con il Signore e i suoi poteri invisibili; a poco a poco gustano che il Signore è molto benigno; dopo un certo periodo
apprezzano quei sacrifici e quelle preghiere accompagnate dall'uso
dell'incenso che sono di un odore dolce
per il Signore. Però, come si possono coltivare i sensi naturali, così
si può anche fare per quelli spirituali; e la coltivazione di questi
sensi spirituali (o, almeno, gli sforzi per coltivarli) costituiscono le
indicazioni della nostra crescita nella grazia, del nostro sviluppo quali
Nuove Creature in embrione per la nascita che avverrà alla resurrezione,
fino alla completezza dei nuovi noi stessi nella gloria, nell'onore e
nell'immortalità della natura divina.
Con quale nome dovrebbe essere conosciuta
la Nuova Creazione?
Da un
punto di vista questa è una domanda singolare, una strana domanda. Quando
consideriamo che la Chiesa è sposata al Signore, promessa in matrimonio a
lui quale Sposa, sembra singolare chiedere che nome dovrà avere. Nessun
nome sicuramente sarà adatto alla Sposa se non il nome dello Sposo, e
proprio suggerire qualche altro nome implica una concezione erronea del
rapporto che esiste fra il Signore e i suoi consacrati, le "membra
del suo corpo", "la Sposa, la Moglie dell'Agnello". Il nome
Scritturale sembra del tutto sufficiente; vale a dire la Chiesa; in altre
parole il Corpo, la Chiesa di [81] Cristo. Se si desidera una nuova
designazione, le Scritture la forniscono in quest’espressione: "L’Ecclesia
di Cristo", o Chiesa di
Cristo, "L’Ecclesia di Dio",
o Chiesa di Dio (Rom. 16:16; Atti 20:28). I due nomi sono sinonimi, perché
nostro Signore e il Padre hanno un unico interesse per noi. Come la Chiesa
è il corpo di Cristo, del quale egli è Capo, così l'intera Chiesa, Capo
e Corpo, è la compagnia, o il gruppo, o i consacrati del Padre,
attraverso i quali si compiace di portare a termine tutti gli aspetti
grandi e meravigliosi della sua opera redentiva già descritti a grandi
linee nelle promesse eccezionalmente grandi e preziose della sua Parola.
L'Apostolo elabora ulteriormente il nome designando i fedeli quali
"La Chiesa del Dio Vivente", come se in tal modo mettesse in
contrapposizione questa Chiesa o questo corpo o queste persone, di cui
Cristo è Capo, con altri corpi o sistemi religiosi che non riconoscono
correttamente il vero Dio o che non sono riconosciuti dal vero Dio quale
sua Ecclesia, o Chiesa.
La tendenza verso altri nomi diversi da quelli
stabiliti per noi dal Signore e dagli apostoli è stata chiara sin dal
periodo iniziale. Come oggi alcuni sono disposti a dire: "Sono di
Lutero", "Sono di Calvino", "Sono di Wesley",
oppure: "Sono di Knox", ed eppure tutti sostengono di essere di
Cristo, così vediamo che la stessa disposizione era chiara nella Chiesa
primitiva, poiché l'Apostolo ci richiama l'attenzione su questo fatto
nella sua lettera ai Corinzi (I Cor. 3:4-6). Lo spirito di fazione o di
setta era scoppiato tra i fratelli di Corinto; e non soddisfatti dei nomi
di Cristo e di Dio, cercavano di farvi delle aggiunte, ed erano Cristiani
di Paolo, Cristiani di Pietro e Cristiani d’Apollo. L'Apostolo, sotto
ispirazione, disapprova questo spirito e richiama l'attenzione sul fatto
che non è lo Spirito Santo, ma uno spirito carnale, che li spinge a
questa divisione del corpo e a porsi al seguito dell'uno o dell'altro
servo del Signore. Il punto su cui l'Apostolo richiamò l'attenzione è
ugualmente valido oggi. La sua domanda: "È diviso Cristo?" vuol
dire: Ci sono molti corpi di Cristo? Ci sono molte chiese di Cristo,
oppure solo una? E se solo una, perché dovrebbe essere divisa? "Chi
è allora Paolo? Chi è Apollo? Chi è Pietro?". [82]
Costoro
erano semplicemente servi del Capo della Chiesa, che egli usò per la
benedizione del suo corpo: la sua Ecclesia. Se non avessero voluto, egli
avrebbe potuto trovare altri per fare il lavoro che fecero. Pertanto la
lode e l'onore per tutte le benedizioni che sono venute attraversi gli
apostoli, appartengono principalmente, specialmente, al Capo della Chiesa,
che ha provveduto in tal modo alle necessità del suo corpo. Ciò non vuol
dire che non dobbiamo riconoscere ed onorare opportunamente tutti quelli
che il Signore riconosce ed onora, ma vuol dire che non dobbiamo in nessun
senso della parola riconoscerli come capi della Chiesa, né dobbiamo
dividere la Chiesa in sette e partiti: seguaci di diversi uomini. Nella
misura in cui gli apostoli o qualunque servo del Signore è stato usato da
lui, è avvenuto non per dividere la Chiesa, ma per raccogliere i suoi
membri insieme, per unire i vari credenti consacrati ancor più saldamente
all'unico Capo, l'unico Signore, attraverso l'unica fede e l'unico
battesimo.
Quale
pensiamo sarebbe il linguaggio dell'Apostolo se fosse qui con noi in carne
ed ossa oggi e vedesse la divisione attuale in varie denominazioni?
Sicuramente ci direbbe che indica una gran quantità di carnalità: una
gran quantità di spirito del mondo. Ciò non vuol dire che tutto ciò che
è connesso a questi sistemi sia carnale e completamente privo dello
spirito del Signore. Tuttavia significherebbe che in proporzione di quanto
abbiamo lo Spirito del Signore, e in proporzione di quanto siamo liberati
dalla mente carnale, dai suoi comandi e dal suo influsso, in queste stesse
proporzioni smetteremo di essere d'accordo con le divisioni che vediamo
attorno a noi, sotto i vari nomi delle sette; e in proporzione di quanto
aumenta lo Spirito santo del Signore e di quanto sempre più abbonda in
noi, ci sentiremo sempre più insoddisfatti di tutti gli altri nomi che
non siano il nome di nostro Signore, finché alla fine, guidati dallo
Spirito, arriveremo al luogo dove riconosceremo soltanto l'unica Chiesa e
l'unico esserne membri, vale a dire "la Chiesa dei Primogeniti, i cui
nomi sono scritti in cielo"; e l'unico metodo d’iniziazione in
quella Chiesa, vale a dire mediante l’essere battezzati nel corpo del
nostro Maestro, la sua Ecclesia, e mediante l'essere battezzati nella sua
morte, [83] diventando così uniti a lui e a tutti gli altri membri
attraverso l'unico Spirito.
Non
spetta a noi cambiare l'intero sentimento della Cristianità su questo
soggetto: è un compito troppo grande per qualsiasi essere umano. A noi
spetta di essere personalmente fedeli allo Sposo, a ciascuno di noi che ha
nominato il nome di Cristo per allontanarsi da tutte le iniquità, da
tutto ciò che è sbagliato riguardo alla nostra fede, alla nostra
condotta e ai nostri costumi. Costui non vorrà essere conosciuto con
nessun altro nome che quello dello Sposo e, se gli si chiedesse, avrebbe
piacere di portare il suo nome e il suo soltanto, l'unico nome dato sotto
il cielo o tra gli uomini per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati.
In obbedienza a questo spirito di verità, noi saremo separati da tutti i
nomi delle sette, come pure da tutte le istituzioni delle sette, in modo
da poter rimanere liberi nel Signore. Ciò non vuol dire che dobbiamo
ripudiare coloro che hanno lo Spirito del Signore ma sono ancora connessi
con sistemi settari. Dobbiamo, invece, riconoscere che le parole di nostro
Signore: "Esci da lei, mio popolo, affinché non siate partecipi del
suo peccato, e non riceviate le sue piaghe", implicano che una parte
del suo popolo è a Babilonia e, quindi, sta faticando sotto il peso di
concezioni errate riguardo alle istituzioni e ai nomi settari. Spetta a
noi di far risplendere la nostra luce e lasciare i risultati al Signore.
Non
solo biasimiamo l'assumere qualsiasi nome umano, ma biasimiamo ogni nome
che è o può diventare un nome settario o di partito, e quindi un nome
che separi parte del popolo del Signore dagli altri che sono suoi. Noi
evitiamo l'uso speciale del termine "Chiesa Cristiana" o il
termine "Chiesa di Dio", poiché tali nomi sono usati per
identificare fedi e comunioni particolari tra il popolo del Signore.
Piuttosto usiamo e rispondiamo a tutti
i vari nomi Scritturali: Discepoli, Chiesa di Dio, Chiesa di Cristo, Chiesa
del Dio Vivente, Chiesa di Corinto, Chiesa della regione degli Allegheny,
ecc. Non possiamo evitare che molti ci fraintenderanno su questo punto; né
ci dovremmo offendere contro di loro se, in qualche modo, essi ci
designano con nomi particolari, come succede di consueto tra cristiani.
Per esempio, ci possono chiamare "Ripristinatori", [84] oppure
"Dawnist" [ovvero Albeggiatori] oppure "Popolo della Torre
di Guardia", ecc. Non dobbiamo riconoscere
nessuno di questi nomi, per quanto riguarda l'applicarli a noi stessi; ma
lo spirito di mitezza, di pazienza, di pace e d'amore ci indica che non
dovremmo offenderci se ci sono applicati questi nomi, e dovremmo presumere
invece caritativamente che il motivo non sia stato cattivo, o, almeno, non
sia stato maligno; e dovremmo rispondere a tali nomi gentilmente e non in
modo combattivo, implicando che capiamo che siamo coloro dei quali parlano,
e il più brevemente e gentilmente possibile dovremmo indicare che
preferiamo riconoscere nomi non settari o di partito, ma che insistiamo
sul nome di Cristiani, nel senso più vasto e più pieno della parola, con
il significato che non abbiamo altro capo che nostro Signore Gesù Cristo
e che non riconosciamo nessun’altra organizzazione che quella che ha
organizzato lui: l'unica Chiesa del Dio Vivente, l’Ecclesia o il Corpo
di Cristo, i cui nomi sono scritti in cielo.