Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 2

LA NUOVA CREAZIONE

LA NUOVA CREAZIONE SEPARATA E DISTINTA DA TUTTE LE ALTREPERCHÉ SCELTA FRA LA CREAZIONE UMANA PIUTTOSTO CHE FRA LE ALTREL'OGGETTO DELLA SUA ELEZIONEMISSIONI PRESENTI E FUTURECOME GENERATI E NATI ALLA NUOVA NATURALO STRETTO RAPPORTO DI TUTTI I SUOI MEMBRI FRA LORO E CON IL LORO CAPITANO, CAPO E SPOSOSVILUPPO ED ESAMI PER DIVENTARE MEMBRIIL SESTO SENSO, O SENSO SPIRITUALE, DELLA NUOVA CREAZIONE PER IL DISCERNIMENTO DELLE COSE SPIRITUALICON QUALE NOME DOVREBBE ESSERE CONOSCIUTA LA NUOVA CREAZIONE PER ESSERE FEDELE AL CAPO E NON SEPARARCI DA NESSUNO DEI FRATELLI?

LA CHIESA dell'età del Vangelo è chiamata frequentemente nelle Scritture una Nuova Creazione: i suoi membri finali, coloro che avranno vinto, sono specificamente menzionati come "Nuove Creature" in Gesù Cristo (II Cor. 5:17). Sfortunatamente è diventato consueto tra cristiani pienamente consacrati, come pure tra altri, leggere le parole d’ispirazione divina in una maniera intricata, confusa, che finisce per non dare alle sue espressioni il loro vero significato e priva il lettore di molta di quella benedizione, di quel conforto e di quell’istruzione che potrebbe diventare suoi se solo seguisse un modo più ragionevole e fosse più completamente pieno dello spirito di discepolato, con desiderio di comprendere la rivelazione divina. La difficoltà sembra risiedere in gran parte nel fatto che lettori normali della Parola non si aspettano di essere ammaestrati da essa, ma la leggono piuttosto in una maniera superficiale come un dovere da compiere, o come un riposo; e quando desiderano informazioni riguardo al piano divino si rivolgono ai commenti e ai catechismi. Questi e i maestri esistenti dovrebbero essere delle mani che vengono in aiuto per guidare i pellegrini di Sion verso una conoscenza più chiara del [60] carattere e del piano divino; ma, sfortunatamente, sono spesso l'opposto. Frequentemente offuscano e confondono il giudizio e fraintendono la Parola divina, e quelli che si fidano di costoro sono allontanati dalla luce invece di essere portati verso di essa.

Questo trarre in inganno non è intenzionale sia per i maestri che per gli autori, dobbiamo supporre, preparato per i loro lettori, il meglio possibile. La sorgente del problema è molto lontana. Più di 1.800 anni fa, quando gli apostoli "si addormentarono", il nemico, Satana, ebbe campo libero nella Chiesa, il campo di grano del Signore; e, come fu profetizzato nella parabola di nostro Signore, egli seminò abbondantemente la zizzania dell'errore (Mat. 13:24, 36-43). Quegli errori più o meno distorsero e contorsero tutta la verità della rivelazione divina, con il risultato che prima che sorgesse il quarto secolo, il campo di grano del Signore era diventato in sostanza un campo di zizzania contenente in proporzione soltanto una piccola minoranza di grano vero. Il buio dell'errore si stabilì sempre di più nella Chiesa e per dieci secoli il "Mistero dell'Iniquità" prevalse e un gran buio coprì le persone. Quei dieci secoli sono denominati oggi "Secoli Bui" da una gran porzione delle persone più intelligenti del "mondo Cristiano" e ci dobbiamo ricordare che fu in mezzo a questo gran buio che nacque il Movimento della Riforma. La luce dei Riformatori cominciò a splendere in mezzo al buio e, grazie a Dio, da allora ha continuato a diventare sempre più luminosa! Non possiamo stupirci del fatto che i Riformatori stessi, educati in quel gran buio, furono più o meno contaminati da esso, e che non siano riusciti in un istante a liberarsi dai suoi errori contaminanti: anzi l'avremmo considerato non meno di un miracolo se fossero sfuggiti dal gran buio e fossero entrati nella luce piena, chiara del carattere e del piano divino.

La difficoltà tra i seguaci dei Riformatori nei tre secoli scorsi è consistita nel fatto che hanno considerato meritorio accettare i credi formulati in quel periodo della riforma, si sono glorificati in essi e hanno considerato non ortodosso qualsiasi successivo [61] progresso verso la luce. Invece, loro e noi, mentre onoriamo i Riformatori e gioiamo per la loro fedeltà, dovremmo ricordare che non sono stati loro le luci della Chiesa, che essi non sono stati dati alla Chiesa per essere sue guide, e che sono stati, al massimo, semplicemente aiuti. Le guide designate da Dio sono state, prima fra tutte, nostro Signore, in secondo luogo i suoi apostoli ispirati, protetti e guidati, e in terzo luogo i santi uomini di Dio dell'antichità, che parlarono e scrissero ogniqualvolta furono mossi dallo Spirito Santo, per nostro ammonimento. È stato perché ai Riformatori fu concesso dal Signore uno sguardo della vera luce che fu loro possibile discernere parzialmente quanto era grande il buio che li circondava, e di fare lo sforzo eroico che fecero per scappare via e ritornare nella luce della conoscenza di Dio, che brilla sul volto di Gesù Cristo nostro Signore, e che, attraverso le sue parole e le parole degli apostoli, c’è data quale lampada per i nostri piedi e lanterna per i nostri passi, facendo in modo che il sentiero del giusto risplenda "sempre più fino al giorno perfetto". Chiunque ora è seguace del Signore e seguace della luce deve prestare attenzione al fatto che, mentre non ignora gli strumenti e i loro ministeri, a voce e mediante le pagine stampate, deve accettare da loro soltanto quell’assistenza che lo può aiutare ad apprezzare il messaggio ispirato documentato nelle Scritture: "Se non parlano secondo questa Parola, è perché non hanno in loro la luce".

In studi precedenti abbiamo visto che nostro Signor Gesù, molto prima di diventare "l'uomo Gesù Cristo" fu "il principio della creazione di Dio"; abbiamo visto uno sviluppo progressivo tra le creazioni di Dio portate a compimento da e mediante l’unigenito Figliuolo: cherubini, serafini, angeli, i vari ordini di esseri spirituali riguardo ai quali ci è stato rivelato ben poco. Abbiamo appena terminato un esame della creazione terrena e attraverso la luce della rivelazione divina, abbiamo osservato quanto sarà grande la sua consumazione durante i "tempi della restaurazione di tutte le cose dette". Le [62] Scritture, però, ci presentano la Nuova Creazione, ora presa in considerazione, come completamente separata e distinta dagli ordini angelici e dall'uomo. Il Padre Celeste fu soddisfatto d’ogni aspetto della sua opera, poiché "tutta la sua opera è perfetta", ed ogni classe, od ordine, è perfetta in se stessa, o lo sarà per il tempo in cui sarà introdotto il grande Giubileo, al quale abbiamo fatto riferimento in un capitolo precedente. La creazione di questi vari ordini, allora, non deve essere intesa con il significato di un'insoddisfazione da parte del Creatore e un tentativo di rendere migliore o più soddisfacente qualcosa, ma piuttosto dobbiamo vedere in ciò un'illustrazione della "molto diversificata sapienza di Dio". La varietà che vediamo in natura nei fiori, nei prati, negli alberi e tra gli animali lo illustra: ciascuno è perfetto nel suo genere e nel suo piano. Non è stata l'insoddisfazione per la rosa che ha dato luogo alla produzione del garofano o della viola del pensiero, ma le varietà in forma, in bellezza e in odore ci offrono un rapido sguardo sulla lunghezza, la larghezza, l'altezza e la profondità della mente divina, diversità in armonia; bellezza e perfezione espresse in varie forme, vari disegni e colori. Così accade anche per le creazioni intelligenti: figli di Dio in vari piani dell'esistenza.

Da questo punto di vista abbiamo la percezione che a prescindere dal numero delle creazioni cui Dio darà vita, non ci sarà spazio per gelosie fra loro, perché ciascun essere perfetto nel suo proprio piano e nella sua propria sfera sarà soddisfatto completamente della propria condizione e preferirà proprio quella anziché qualsiasi altra; così come il pesce è più soddisfatto d’essere pesce piuttosto che uccello, e viceversa, l'uccello è soddisfattissimo della sua natura: così l'umanità, una volta restaurata alla perfezione umana in condizioni Edeniche, sarà assolutamente soddisfatta di quelle condizioni, a tal punto da non bramare d’essere angeli di qualsiasi grado o posizione, né brameranno la natura più alta di tutte quelle concesse alla nuova creazione, in altre parole "la natura divina" (II Piet. 1:4). Né gli angeli brameranno la natura e le condizioni dei cherubini, dei serafini o dell'uomo e nemmeno della natura divina. Tutti capiranno alla fine che la natura divina è la più alta di tutte, che ha qualità e condizioni che superano in importanza quelle di tutte le altre nature, eppure, per ordinamento divino ciascuna natura [63] sarà così d'accordo con le sue condizioni e con il suo ambiente e con la sua perfezione che ciascuna sarà soddisfatta del proprio stato.

Quando l'Eterno Iddio si propose di dare vita alla Nuova Creazione, partecipi della natura divina (II Piet. 1:4), partecipi della sua stessa "gloria, del suo stesso onore e della sua stessa immortalità" (Rom. 2:7), stabilì che nessuno sarebbe potuto essere creato per una posizione così alta e poi essere fatto passare per una prova; ma che, invece, chiunque fosse costituito membro di questa Nuova Creazione doveva sottostare alla prova prima e doveva provare la propria lealtà al Creatore e ai princìpi del suo giusto governo in maniera sommamente eminente prima di poter essere elevati a quest’alto stato: a questa Nuova Creazione della natura divina. Abbiamo appena visto come sono stati predisposti la prova e l'esame per quanto riguarda il merito della vita eterna: la perfezione umana originaria nella quale fu creato, la sua caduta, la sua redenzione, il ristabilimento e la restaurazione di tutti quelli della sua razza trovati degni. Abbiamo appena visto anche che gli angeli furono creati nella santità e perfezione della loro natura e furono successivamente provati ed esaminati, ma è evidente che un procedimento simile in connessione con le Nuove Creature di natura divina (vale a dire, la loro creazione fino alla perfezione di questa natura e la loro prova successiva) non sarebbe stato sufficiente. Perché? Perché un elemento molto importante della natura divina è l'immortalità, e quando arriviamo a capire che questa parola significa una condizione a prova di morte*, possiamo facilmente constatare che aver creato qualsiasi essere sul piano divino, immortale, a prova di morte e poi in un momento successivo averli messi alla prova, averli esaminati, avrebbe significato che se qualcuno non fosse riuscito a raggiungere lo standard dell'assoluta lealtà a Dio, essi sarebbero stati trasgressori immortali che non sarebbero potuti essere distrutti, e la cui continua esistenza per l'eternità come trasgressori, peccatori, sarebbe risultata come molte imperfezioni, come molte macchie sulla bella creazione dell'universo, come Dio intende che sia alla fine. Quindi, percepiamo la sapienza profonda del piano che Dio ha adottato verso questa classe che è [64] la più grandemente prediletta di tutte le sue creature, nell'esaminarle severamente, in modo cruciale, mentre sono ancora mortali, membri di un'altra creazione di natura mortale.

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*Vedere Vol. V, p. 389
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Se mentalmente ci poniamo dalla parte del grande Creatore, come suoi intimi amici, ed immaginiamo la filosofia dell'ordinamento divino per questa Nuova Creazione, possiamo immaginare l'Eterno Iddio riflettere fra sé e sé su questa Nuova Creazione così: A quale classe dei figli di Dio offrirò questo privilegio onorevole di essere trasformati in quest’ordine supremo, o in questa classe suprema delle mie creature? Ogni ordine è già a mia immagine: l'uomo, gli angeli, i cherubini, i serafini e gli arcangeli. Tutti saranno estremamente contenti, ciascuno nella sua perfezione e nel suo stato, quando il mio piano avrà raggiunto il culmine e le prove saranno tutte terminate: ma a quale di loro offrirò questa che è la più grande delle benedizioni e delle opportunità, di diventare "partecipi della natura divina"? Naturalmente il Primogenito verrebbe immediatamente in mente al Padre come colui che era già l'altissimo, il più importante di tutte le grandi moltitudini, già vicino a lui stesso; il dio, il potente attraverso cui aveva creato tutte le cose, e che, in ogni particolare, aveva mostrato la sua fedeltà e lealtà al suo Creatore e Padre. A lui per primo, quindi, sarebbe concessa l'opportunità di raggiungere la natura divina e la sua gloria, il suo onore e la sua immortalità. "In lui si compiacque il Padre di far abitare tutta la pienezza" - "onde in ogni cosa abbia il primato" (Col. 1:18,19). Egli già aveva il primato su tutti gli altri, e avendolo usato fedelmente, fu naturalmente primo nell'ordine d’avanzamento verso qualsiasi onore e dignità più grandi che il Padre avesse da elargire. A chi ha, sarà dato in abbondanza; la fedeltà avrà la sua ricompensa anche se ciò vorrà dire che il fedele deve essere soggetto a prove, esperienze e discipline del tipo più cruciale. Anche se figlio, figlio sommamente leale, sommamente devoto, non gli sarebbe potuta essere concessa una partecipazione alla vita divina se, prima di tutto, non fossero state sottoposte agli esami più cruciali la sua fede e la sua lealtà. [65] 

Questa descrizione a grandi linee della Nuova Creazione e questa selezione del Figlio Unigenito ad essere la testa e il capo della Nuova Creazione, soggetto alle prove, alle discipline, alle umiliazioni e alle altre esperienze necessarie per provare il suo merito, era già stato stabilito nella decisione divina prima che l'uomo fosse creato. Dio già era a conoscenza del fatto che la sua creatura umana sarebbe caduta. Aveva stabilito che la sua pena sarebbe stata la morte e aveva preordinato che la prova alla quale avrebbe sottoposto il suo Figlio Unigenito sarebbe stata che egli, di sua spontanea volontà, sarebbe diventato il Redentore dell'umanità, e, mediante un tale gran sacrificio come ciò avrebbe implicato, avrebbe manifestato la sua lealtà al Padre e la fede che aveva in lui. Così, nel piano divino egli fu "L'agnello ucciso prima della fondazione del mondo". Da questo punto di vista percepiamo che ben lontano dall'essere obbligato ad essere il redentore dell'uomo, ben lontano il Padre dal commettere ingiustizia verso il Figlio rivolgendogli questa richiesta, si trattò di una preparazione per il Figlio da parte del Padre alla grand’esaltazione: ben più in alto degli angeli, dei principati, delle potestà e d’ogni nome che è nominato, come partecipe della sua stessa natura e compartecipe del suo trono (Ebr. 1:4; Efes. 1:21).

Da questo punto di vista non ci dobbiamo meravigliare se l'Apostolo parla dell'impegno di nostro Signore ad essere il nostro Redentore "per la gioia che gli era stata posta dinanzi" (Ebr. 12:2). La gioia non era semplicemente l'anticipazione del posto più alto nella Nuova Creazione, ben più in alto di tutte le altre creazioni; ma possiamo supporre ragionevolmente che ne costituisse parte. Ciò nonostante, notiamo nella preghiera del nostro Redentore al Padre mentre sta attraversando le prove che, con la modestia che lo caratterizzava, non fece riferimento alla gran dignità, gloria e immortalità a lui promesse e attese; ma con una bella semplicità e umiltà chiese semplicemente di essere restaurato alla sua posizione precedente, come se considerasse onore sufficiente l'essere stato scelto dal Padre quale suo agente per portare avanti altri aspetti del piano divino, com’era già stato l'agente onorato nella creazione di tutte le cose che furono fatte (Giov. 1:3). Le sue semplici parole furono: "Padre, glorificami con la gloria che avevo [66] presso di te avanti che il mondo fosse" (Giov. 17:5). La risposta del Padre, però, fu piena di significato quando disse: “E l'ho glorificato [onorato], e lo glorificherò [onorerò] di nuovo" Giov. 12:28, Vatican MS.

Ma, piuttosto, il Padre si ripropose che la Nuova Creazione dovesse consistere, non semplicemente di un individuo, ma che egli dovesse avere "fratelli" (Ebr. 2:17). Chi dovevano essere questi fratelli? Da quale classe dovevano essere scelti? Dai cherubini? Dai serafini? Dagli angeli? O dall'uomo? Da qualsiasi classe vengono, devono essere sottoposti precisamente agli stessi esami richiesti al Figlio Unigenito; per la stessa ragione, perché essi devono partecipare alla sua gloria, al suo onore e alla sua immortalità. L'esame cui fu sottoposto fu quello dell'obbedienza: "fino alla morte" (Fil. 2:8), e pertanto tutti quelli che condivideranno con lui la natura divina, quali Nuove Creature, devono condividere con lui anche le prove e le sofferenze e gli esami, e devono provare d’esseri fedeli fino alla morte. Se l'offerta fosse stata fatta ai membri di qualsiasi classe o natura angelica, ciò avrebbe significato un programma divino diverso da quello che vediamo ora attuato. Abbiamo visto che i santi angeli hanno continuato a ricevere esperienza e conoscenza attraverso l'osservazione, piuttosto che mediante il contatto con il peccato e la morte, e supporre che sia stata questa condizione tra gli angeli a permettere che alcuni di loro morissero, implicherebbe una condizione di peccato attuale tra gli angeli, la persecuzione l'uno dell'altro, ecc. per dar luogo a tali condizioni di morte; o implicherebbe che alcuni angeli debbano fare come ha fatto il nostro Signore Gesù, metter da parte la loro natura superiore e diventare uomini "per la sofferenza della morte". Dio non ha adottato questo piano; ma siccome nel suo scopo il peccato e la sua pena, la morte, sarebbero state illustrate nell'umanità, stabilì di scegliere il resto della Nuova Creazione prendendolo tra gli uomini. Così non soltanto l'esame del Figlio Unigenito solo sarebbe connesso con l'umanità e il peccato e la morte che prevalgono tra gli uomini, ma similmente tutti quelli che saranno co-eredi con lui nella Nuova Natura [67] avrebbero simili opportunità, esperienze ed esami. Così il Figlio Unigenito, chiamato Gesù, poi il Cristo, l’Unto, sarebbe diventato un modello e un esempio per gli altri membri della Nuova Creazione, ai quali sarebbe richiesto d’essere conformi tutti all'immagine del suo carattere: diventare "copie dell'immagine del suo Figliuolo" (Rom. 8:29, Diaglott). Qui, come dovunque, vediamo una manifestazione dell'economia nei vari aspetti del piano divino: l'operazione del peccato e della morte in un dipartimento della creazione sarebbe sufficiente; sarebbe non solo una gran lezione e un grande esame per gli uomini, e un gran tema per una lezione agli angeli, ma anche un esame cruciale per coloro che sarebbero considerati meritevoli di una partecipazione alla Nuova Creazione.

Il fatto che gli scritti del Nuovo Testamento - gli insegnamenti di Gesù e degli apostoli - siano rivolti a questa classe della "Nuova Creatura" o a quelli che contemplano i passi della fede e dell'obbedienza necessari per includerli in questa classe, ha fatto sì che molti deducessero, al contrario di quanto dicono le Scritture, che gli scopi di Dio siano gli stessi riguardo a tutta l'umanità. Ha fatto sì che essi tralasciassero di osservare che la vocazione di quest’età attuale del Vangelo è definita in modo speciale una "vocazione suprema", una "vocazione celeste" (Fil. 3:14; Ebr. 3:1). Il non riconoscere che Dio ha avuto, ed ha ancora, un piano di salvezza per il mondo intero, e un piano in qualche modo diverso di salvezza speciale per la Chiesa di quest’età del Vangelo, ha portato ad una confusione d’idee tra i commentatori, che non discernono la differenza tra la classe eletta e le sue benedizioni, e la classe molto più numerosa non eletta e le benedizioni che cadono su di essa al momento giusto proprio attraverso quella eletta. Costoro hanno supposto che il piano di Dio sarebbe finito quando la scelta fosse completata, invece di vedere che essa sarà, allora, solo all'inizio per quanto riguarda la natura umana e la restaurazione che la salvezza ha inteso per il mondo a largo: tanti quanti la riceveranno secondo i termini dettati dal Signore.

Questa incertezza di pensiero, e il fallimento nel riconoscere la differenza tra le due salvezze (quella della Chiesa ad una nuova natura, la divina, e quella del mondo  [68] mediante la restaurazione alla completa perfezione della natura umana) hanno portato a molta confusione e ad un gran guazzabuglio, nelle menti di questi maestri delle Scritture per quanto si riferisce a queste due salvezze, a tal punto che essi pensano ai salvati, ora da un punto di vista ora da un altro. Alcuni pensano e parlano di loro come esseri spirituali, ma confondono questi esseri spirituali in gloria, onore e immortalità con gli esseri umani, e li immaginano come se avessero carne, ossa, ecc. nella condizione spirituale. Altri prendono la restaurazione umana quale centro dei loro pensieri ed immaginano una terra-paradiso restaurata con il Signore e i santi che vi risiedono in quello che loro chiamano corpi spirituali, senza discernere il vero significato della parola spirituale; altrimenti saprebbero che mentre un corpo spirituale è adatto ad una condizione spirituale e sarebbe soltanto ostacolato dalle condizioni o dagli elementi carnali, così, allo stesso modo, il corpo umano, o terreno è opportunamente uno adattato alle condizioni terrene, e se fosse spiritualizzato in qualsiasi maniera sarebbe una mostruosità, non adatto in ugual modo all'intenzione divina e alla natura umana.

La bellezza e la simmetria del piano divino possono essere osservate chiaramente soltanto mediante il riconoscimento della Nuova Creazione, che i suoi membri potenziali sono chiamati da Dio ad essere separati, distinti dalla natura umana, che c'è una "vocazione celeste" o "vocazione suprema", e che oltre a rendere sicura la loro vocazione e la loro elezione, hanno un compito duplice da svolgere in connessione con la famiglia umana dalla quale essi sono scelti. (1) Essere gli agenti di Dio nel radunare la classe eletta, consegnando allo stesso tempo al mondo un messaggio-testimonianza, quali membri del sacerdozio di redenzione, soffrendo per le mani del mondo a causa della loro fedeltà e della cecità del mondo. (2) Costoro, con il loro Signore e Capo, costituiscono un sacerdozio divino, regale, spirituale nelle cui mani saranno affidati gli interessi e gli affari del mondo per la correzione e per l'elevazione morale d’ogni membro obbediente della razza, facendo da mediatori tra Dio e l'uomo, e stabilendo tra gli uomini un regno di [69] rettitudine d'accordo con il programma divino per l'istruzione e la restaurazione dell'uomo.

Si vedrà immediatamente che non si può trovare nessun’altra classe d’esseri così ben adeguata all'intenzione divina di governare e di benedire il mondo. Il loro essere originariamente identici all'umanità, quali "figliuoli d'ira come gli altri", li rende completamente familiari con le debolezze, le imperfezioni, le contrarietà e le prove alle quali l'umanità è esposta mediante il peccato e le debolezze costituzionali: e ciò li prepara ad essere governanti moderati e sacerdoti misericordiosi, poiché la loro completa perfezione nella natura divina darà loro i requisiti necessari per essere assolutamente giusti come pure affettuosi in tutte le loro decisioni quali giudici per il mondo nel giorno del giudizio del mondo*.

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*Vedere Vol. I, Cap. viii, Il Giorno del Giudizio.
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Ma mentre questa grande ed importante opera d’elevazione morale, di governo, di benedizione e di giudizio del mondo dell'umanità e degli angeli caduti sarà, quale opera, specialmente affidata a queste Nuove Creature della natura divina, e mentre nessun altro essere nell'universo intero sarà così ben preparato come lo sono costoro per svolgere quest’opera (per la quale essi sono stati addestrati e preparati in modo speciale sotto la guida divina), nondimeno, questa non è in nessun modo la loro intera missione od opera. Anzi, i mille anni del regno Millenaristico costituiranno soltanto l'inizio dell'esercizio della gloria, dell'onore e dell'immortalità di queste Nuove Creature. Alla conclusione di esso quando il Regno sarà consegnato a "Dio, vale a dire al Padre" e all'umanità quali agenti glorificati del Padre per governare la terra, si aprirà di fronte alla Nuova Creazione una sfera ancora maggiore per l'esercizio della loro gloria, del loro onore e della loro immortalità; poiché non sta scritto che il Padre Celeste non ha fatto suo Figlio soltanto partecipe della sua natura divina ma anche co-erede del suo trono, e che il Figlio è seduto sul trono con il Padre (Apoc. 3:21)? Ed anche se in un senso lascia quella posizione ufficiale durante l'era Millenaristica per poter amministrare in modo speciale gli affari [70] di quest’acquisto della terra e del suo dominio, non significa di sicuro che avendo finito nel senso più compiuto del termine l'opera che il Padre gli ha assegnato di fare, sarà meno ripieno di gloria od occuperà una posizione meno dignitosa di quella a lui accordata quando salì verso l'alto dopo aver pagato per noi, con il sacrificio di se stesso, la punizione del peccato.

Per quanto riguarda il futuro, non sappiamo che grandi opere il nostro Creatore può avere in vista per il suo Figlio Unigenito e tanto amato, che "ha designato erede di tutte le cose"; ma sappiamo dalle labbra del nostro Maestro che è nostra la promessa per cui una volta glorificati noi saremo come lui e lo vedremo così com'è, e parteciperemo alla sua gloria, "e così saremo sempre con il Signore". Pertanto qualunque saranno le attività dell'Unigenito quale "erede di tutte le cose", saremo con lui e parteciperemo alla sua opera e parteciperemo alla sua gloria poiché parteciperemo anche alla sua natura. Mentre questo è fin dove ci porta la Parola di Dio scritta, può non essere sacrilego per noi scrutare il libro della natura alla luce del piano divino, e, usando la Parola divina come fosse il telescopio, discernere che i vari pianeti o mondi tutt’intorno a noi in ogni direzione non si stanno neppure essi formando invano. E che un giorno o l'altro ci saranno opere di creazione in questi, e che quando il tempo verrà chi ha avuto preminenza su tutte le cose continuerà ad avere la preminenza e sarà ancora il capo nella direzione di tutte le forze divine. Non c'è bisogno di supporre che sugli altri pianeti ci sia una ripetizione delle esperienze di peccato del nostro mondo, la terra; ma, invece, potremo stare sicuri che questa sola esibizione della "peccaminosità eccessiva del peccato" e dei suoi terribili risultati potrà essere, e sarà, usata dal Signore come una lezione perpetua per gli esseri che ancora devono essere creati a sua immagine in altri mondi, i quali impareranno attraverso l'osservazione e l'istruzione anziché attraverso l'esperienza.

Con Satana e tutti i suoi emissari ed ogni male ed ogni influsso malefico distrutto, con la Chiesa glorificata che dopo aver imparato bene la lezione dell'esperienza istruisce queste creature perfette d’altri mondi, con maestri, se possibile portati a loro da questa terra, con il possesso della conoscenza e dell'esperienza a contatto con il peccato, e con l'elevazione morale e la benedizione del Signore, quanto saggi non diverranno questi riguardo a ciò che è giusto e a ciò che è sbagliato e riguardo alle loro ricompense! I loro maestri sapranno dire i particolari della grande ribellione di Satana, il grande ingannatore dell'umanità; della terribile caduta dell'umanità nel peccato e nella miseria; della grande redenzione da essa, della grande ricompensa del Redentore e dei suoi co-eredi, dei privilegi benedetti della restaurazione concessi agli uomini, e che tutti questi furono esempi e lezioni per l'intera creazione di Dio per sempre. Queste istruzioni dovrebbero essere onnipotenti nel frenare dal peccato, e nell'insegnare tutto ciò che occorre per formare il carattere secondo la legge divina dell'amore.

L'opera di queste "Creature Nuove" nel tempo presente, com’è già stato dimostrato*, è duplice, l'essere generati dallo Spirito Santo li costituisce sacerdoti ma sono solo le loro menti che sono generate, i loro corpi sono ancora fatti di terra, terreni, e pertanto, come l'Apostolo dichiara: "Noi abbiamo questo tesoro [la nuova natura] in vasi di terra affinché la gloria sia di Dio e non venga da noi" (II Cor. 4:7). La mente, o la volontà, rigenerata è tutto ciò che esiste nel presente per rappresentare la nuova natura, ed è tutto quello che ci sarà finché nella Prima Resurrezione quella nuova volontà, sviluppata in carattere, sarà fornita di un corpo idoneo, un corpo celeste, un corpo spirituale, perfetto e completo e in assoluta armonia con la volontà divina. Frattanto la potenza divina, lo Spirito Santo, che sta operando così nelle nostre menti e che ci costituisce "Nuove Creature" e sacerdoti, ci conduce verso la direzione del sacrificio, e ci mette nella direzione dei nostri interessi umani naturali, delle nostre ambizioni, preferenze, ecc. come le cose giuste da essere sacrificate, qualora entrino in conflitto in qualsiasi grado con le ambizioni e le condizioni offerte da Dio alle "Nuove Creature". Così la vittoria della Nuova Creatura è raggiunta con il sacrificio della sua stessa natura umana, e questa vittoria glorifica Dio e la sua potenza che "opera in noi nel volere e nel fare" mediante le sue promesse, in un modo in cui non potrebbe essere glorificato se tutte [72] le nostre condizioni naturali fossero in accordo con i suoi requisiti, così che non sarebbe necessario nessun sacrificio. Ma per quanto concerne la fede, la consacrazione e il sacrificio delle "Nuove Creature" nella vita presente rispondono a, o corrispondono a, e furono caratterizzati dal, sacerdozio di Aronne in Israele e dai loro tipici sacrifici, così, come spiega l'Apostolo, il sacerdozio futuro di queste Nuove Creature è rappresentato in, o caratterizzato dal, sacerdozio glorioso di Melchisedec.

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*Vedere Tabernacle Shadows of the Better Sacrifices [ovvero: Ombre del Tabernacolo dei Migliori Sacrifici], pp. 20-23.
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Melchisedec non era un sacerdote che offriva sacrifici indossando vesti di lino; era un sacerdote che allo stesso tempo era un re: "Un sacerdote sul suo trono". Come tale la sua posizione, per quanto riguarda il tipo, era più alta della posizione di Aronne; poiché Aronne era figlio di Abramo e Abramo, grande com’era, pagava le decime a Melchisedec e riceveva una benedizione dalle sue mani, caratterizzando, come spiega l'Apostolo, che il sacerdozio inferiore di sacrificio rappresenta un piano, o una condizione, inferiore a quella del sacerdozio superiore del regno, della gloria e dell'onore. Queste Nuove Creature, allora, nell'opera gloriosa del Regno Millenaristico (Cristo, la loro Testa, ed essi considerati membra del suo corpo), furono caratterizzate da Melchisedec. Con questi l'aspetto del sacrificio nell'opera sarà finito, s’inizierà il regnare, il governare, il benedire, l'assistere ed essi saranno completamente competenti nel portare a compimento la promessa divina, vale a dire che "tutte le famiglie della terra saranno benedette" attraverso costoro, agenti di Dio, attraverso i quali "chiunque vorrà" potrà ritornare alla piena armonia con il Creatore e le sue leggi. Gen. 22:18; Gal. 3:16,29.

Tutte le varie figure mediante cui il Signore rappresenta l'intima relazione tra il suo Unigenito, il Salvatore, e la Chiesa eletta, chiamata e preparata ad essere "Nuove Creature" e membri con lui della natura divina, mostrano nel modo più straordinario la vicinanza, l'intimità, l'unità che esisterà fra loro. Sebbene il Signore si sia reso conto che le sue creature umane di mente umile vacillerebbero necessariamente nella fede al pensiero di tale interesse e amore sconfinato per loro da parte del Creatore poiché le [73] invita alla posizione più alta di tutta la creazione accanto a suo Figlio e accanto a se stesso, pensiamo che l'argomento sia presentato ripetutamente e sotto varie figure, come se fosse per dar risposta il più completamente possibile a tutte le nostre domande, dubbi e timori riguardo alla sua fedeltà, riguardo alla genuinità di questa "suprema vocazione". Rinfreschiamo la memoria su alcune di esse: in una nostro Signore è presentato come la "pietra superiore" di una piramide, e la Chiesa eletta come le pietre viventi attirate a lui e sagomate, preparate in armonia con i lineamenti del suo carattere, perché siano membri con lui nella grande struttura della piramide che Dio sta ergendo durante quest’età del Vangelo, e che nell'età che sta per venire benedirà il mondo, e attraverso cui sarà glorificato per tutta l'eternità.

Questa struttura piramidale è strettamente collegata alla figura del tempio; e siamo sicuri che il tempio costruito da Salomone era tipico di questo grande tempio spirituale che Dio sta costruendo con ancora più grande sapienza (I Piet. 2:5). Ci viene mostrato che come nella figura ogni trave e ogni pietra era contrassegnata all'inizio per individuarne il posto ed era sagomata perché vi entrasse, così è con la Chiesa della Nuova Creazione: ciascuno dei suoi membri sarà reso idoneo e preparato per il suo posto. Come ciò permise la costruzione del tempio tipico "senza rumore di martello", senza stridore o commozione o frastuono, così sotto il divino Architetto la Chiesa completa quale Nuova Creazione alla fine di quest’età del Vangelo nascerà dai morti come il Signore, Capo di questo tempio, fu il "primogenito dai morti" nella sua resurrezione all'inizio dell'età (I Re 6:7).

Un'altra di queste figure che ricordiamo è quella di un corpo umano con le sue varie membra. È l'apostolo Paolo che così chiaramente e distintamente ci indica quest’illustrazione della stretta relazione che gli eletti hanno con il Signore, Capo della Chiesa, che è il suo corpo (Rom. 12:4, 5; I Cor. 12:12). Come la testa controlla il corpo, pensa per lui, pianifica per lui, controlla i suoi affari e li dirige, oppure usa, uno o l'altro [74] membro del corpo per l'assistenza ad altri, così il Signore controlla nella sua Chiesa e regola le varie membra del corpo come a lui piace; e per quanto riguarda gli interessi di coloro che cercano di "rendere sicura la loro vocazione e la loro elezione" governa a tal punto che essi hanno la sua garanzia che fintanto che restano in questa giusta disposizione d'animo, umile e fedele, "tutte le cose avverranno per il loro bene", perché essi "amano Dio e sono chiamati secondo il suo scopo".

Un'altra figura che mostra l'intimo rapporto tra Cristo e la sua Chiesa, è quella del capitano e dei suoi soldati; un'altra è quella del pastore e delle pecore; e sebbene tutte queste figure ci portino dei pensieri preziosi sul rapporto consacrato del Capo della Nuova Creazione con i suoi fratelli, la Chiesa, nessuno forse ci dà una visione più piena e più completa dell'interesse del Maestro in noi e dell'amore verso di noi che la figura dello Sposo e della Sposa. Sicuramente è un nobile Sposo l'Unigenito per tutti coloro i cui occhi della comprensione sono aperti per vedere la sua grandezza d'animo e la sua fedeltà! È ben espresso profeticamente il sentimento della sua Chiesa, suo corpo, per cui egli è "Il più importante fra diecimila, chi è completamente amabile". L'Apostolo usando questa figura e rivolgendosi alla Chiesa, dichiara: "Vi ho fidanzati ad un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a Cristo" (II Cor. 11:2). Si riferisce qui al costume ebraico del matrimonio, molto diverso dagli usi del tempo odierno nella "Cristianità". Oggi una promessa di matrimonio è semplicemente un fidanzamento provvisorio soggetto a cambiamenti in caso una delle parti concluda che il fidanzamento non sia stato saggio o non sia stato redditizio; ma l'impegno di matrimonio ebraico evidentemente fu inteso dal Signore quale figura del fidanzamento tra Cristo, lo Sposo, e la Chiesa, sua Sposa. Nel costume ebraico la promessa di matrimonio è un vero matrimonio; è accompagnato da un contratto definito, di solito per iscritto, nel quale i rappresentanti dello sposo e della sposa si accordano a vicenda sulla dote, ecc., e la cosa diventa [75] assolutamente vincolante subito, sebbene sia solito il costume di differire le celebrazioni del matrimonio e l'unione effettiva di circa un anno. Così è l'accordo, o il contratto, tra il Signore, lo Sposo celeste, e chi sono accettati da lui nella promessa di matrimonio. Né da parte sua né nostra si tratta di un contratto debole; ma di un'unione vera e propria di cuore, d’interesse, d'amore, di devozione; e qualsiasi abrogazione di questo nostro patto, sarebbe una questione seria, e per quanto riguarda lo Sposo, l'Apostolo ci assicura: "Fedele è chi vi chiama, ed egli farà anche questo" (I Tess. 5:24). Pertanto, tutto il peso della questione ricade su di noi.

Alla conclusione dell'età, nostro Signore viene come lo Sposo a ricevere la Sposa ma riceverà soltanto le "vergini avvedute". Quelle che, avendo fatto un patto, sono state stolte nel senso che hanno vissuto negligentemente, non saranno considerate degne di essere accettate; non saranno riconosciute in connessione con lo sposalizio; la porta sarà chiusa contro di loro come mostrato nella parabola (Mat. 25:1-12); saranno escluse dai grandi privilegi e dalle grandi benedizioni di cui avrebbero potuto godere se fossero state fedeli. Ma rigioiamo perché sebbene la loro mancanza di fedeltà le possa portare nel gran periodo di travaglio e possa dar luogo ad una mancata partecipazione al Regno e alla natura divina, pur tuttavia non significherà che per questo rimarranno escluse e relegate ad un'eternità di tortura. No, grazie a Dio, la luce della sua Parola sta risplendendo più chiaramente ora! Rendere la nostra "vocazione ed elezione sicure" vorrà dire grandi ed eterne ricchezze di grazia per quelli di noi che l'otterranno; e la perdita di tali benedizioni di per sé non sarà una piccola punizione per la negligenza riguardo al rapporto con il patto e riguardo al diventare contaminati con il mondo e il suo spirito.

Sebbene per la maggior parte queste "Nuove Creature in Gesù Cristo" siano scelte dagli strati più bassi della società, piuttosto che dallo strato più alto, e sebbene a questo riguardo il mondo non ci conosca come neppure ha conosciuto lui, nondimeno le Scritture ci assicurano che Dio che guarda ai cuori e non all'apparenza esterna, apprezza [76] grandemente i fedeli di questa classe ora scelti e preparati per la Nuova Creazione. Non solo parla della supervisione divina dei loro affari, facendo sì che tutte le cose servano insieme per il bene ultimo, ma spiega anche in certa misura come viene eseguita questa supervisione dei loro interessi, che gli angeli stanno "servendo gli spiriti mandati a servire coloro che saranno eredi della salvezza", e che "gli angeli del Signore si accampano tutt’intorno a coloro che sono suoi e li liberano", ed anche che questi angeli custodi per questo piccolo gregge hanno sempre accesso al volto del Padre e, parlando figurativamente, che neppure un capello del capo potrebbe subire danno senza che il Padre ne sia a conoscenza. È in piena armonia con tutte queste tenere assicurazioni della cura divina che ci venga detto nella parola ispirata: "Il Signore conosce quelli che son suoi" e "Essi saranno miei, nel giorno ch'io preparo, saranno la mia proprietà particolare" (II Tim. 2:19; Mal. 3:17).

È pertinente al nostro soggetto considerare che la Nuova Creazione, a causa della sua vocazione alla novità di vita, è ammaestrata dal Signore: "Voi dovete nascere di nuovo". Qui la nascita naturale come creature terrene della natura umana, è usata per farci pensare ad una nuova nascita per la Nuova Creazione. La nascita naturale è preceduta da una procreazione, poi da movimenti fetali ed infine dalla nascita. Così nell'ordinamento in vista della Nuova Creazione: (1) dobbiamo essere generati dalla Parola e dallo Spirito di Dio; (2) dobbiamo essere sottoposti agli stimoli, all'energia da parte dello spirito della verità ricevuta; (3) se il processo di sviluppo continua, se la Parola di Dio abita intensamente dentro di noi e in abbondanza, facendo sì che non siamo né sterili [inoperosi] né infruttuosi, arriveremo tra breve alla nascita, in altre parole ad una partecipazione alla Prima Resurrezione come membra nel corpo di Cristo. Riguardo a quella resurrezione e a quel completo cambiamento da esseri naturali, terreni, umani ad esseri spirituali, celesti di natura divina, avremo molto di più da dire tra breve*, ma qui [77] sottolineiamo più particolarmente la procreazione. La Parola ci indica in modo distinto che la procreazione di questi figli di Dio "non è da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio" (Giov. 1:13). Anche l'Apostolo Paolo sottolinea ciò quando, scrivendo della classe eletta delle "Nuove Creature" e del loro Capo, Gesù Cristo, e dell'onorifica condizione cui sono stati chiamati, dice: "Nessuno si prende da sé quell’onore; ma lo prende quando sia chiamato da Dio, come nel caso d'Aronne" (Ebr. 5:4).

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*Capitolo vi.
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Le Scritture distinguono continuamente in modo chiaro tra queste "Nuove Creature" elette e la famiglia umana generale; ma qui possiamo dare brevemente solo due illustrazioni. (1) Parlando della redenzione del mondo, l'Apostolo divide chiaramente il sacrificio di redenzione in due parti, una per la Chiesa, l'altra per il mondo, dicendo: "Egli è una propiziazione per i nostri peccati [i peccati della Chiesa], e non solo per i nostri, ma anche per i peccati del mondo intero" (I Giov. 2:2). (2) Lo stesso Apostolo distingue tra le prove e le difficoltà della Chiesa nella vita presente e quelle del mondo, ed anche tra le speranze della Chiesa eletta e le speranze del mondo. Egli dice: "Anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello spirito, ...gemiamo in noi medesimi, aspettando l'adozione, vale a dire, la redenzione [liberazione] del nostro corpo", il corpo tutto intero, la Chiesa, della quale Cristo è il Capo, la cui liberazione è promessa nella Prima Resurrezione al suo secondo avvento (Rom. 8:23). Non gemiamo esteriormente come fa il mondo, perché abbiamo ricevuto dal Signore, mediante la nostra generazione dal suo spirito, un antidoto contro le delusioni, le prove e le difficoltà del tempo presente, anche le promesse e le speranze gloriose, che servono da àncora alle nostre anime, entrando in quello che si trova nell'ignoto dell'aldilà. Nelle varie difficoltà e prove, noi non gemiamo come altri che non hanno speranza. Nello stesso ambiente l'Apostolo si riferisce al mondo e alla sua speranza, dicendo: "La creazione intera geme insieme ed è in travaglio fino ad ora"; essi hanno poco da mitigare o alleviare le piaghe, i dolori e i bruciori che appartengono a [78] questo tempo di travagli, in cui stanno semplicemente imparando la lezione della peccaminosità eccessiva del peccato e della severità di ciò che ci si merita: l'agonia e la morte. Ma richiamando la nostra attenzione più in là sulla speranza del mondo, l'Apostolo dichiara che essi stanno "aspettando la manifestazione dei figli di Dio" (Rom. 8:19, 22). Non stanno aspettando nella speranza che essi possano essere trovati tra quei figli di Dio, ma stanno aspettando le benedizioni che quei figli della Nuova Creazione, investiti della gloria e della potenza del Regno Millenaristico, porteranno su questa terra secondo la promessa divina, per la benedizione di tutte le famiglie della terra.

L'esame per l'appartenenza alla Nuova Creazione non sarà l’essere membro di una qualsiasi organizzazione terrena, ma l'unione con il Signore quale membro del suo corpo mistico; come dice l'Apostolo: "Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco tutte le cose sono diventate nuove" (II Cor. 5:17). Per essere contato pur minimamente come membro del corpo di Cristo, è necessario che le vecchie cose, o le cose terrene (ambizioni, speranze, orgogli, vanità e stoltezze) se ne siano andate via dalla volontà, anche se fino ad un certo punto queste ci possono molestare perché attraenti in qualche modo per la nostra carne. È la nuova mente che il Signore riconosce quale "Nuova Creatura"; è il progresso e lo sviluppo della nuova mente ciò di cui è interessato e che promette di ricompensare.

Per dimorare in Cristo, le Scritture ci mostrano chiaramente che è necessario di più che il semplice fare una consacrazione. La consacrazione apre la porta e ci dà la condizione, ci dà il rapporto, ci dà il sostegno e l'incoraggiamento delle promesse divine, e, pertanto, ci mette sulla via di coltivare i vari frutti dello Spirito, e di raggiungere finalmente l'essere co-eredi con il Signore nella gloria celeste. Mantenere, però, questa condizione nel corpo di Cristo ora richiede che si producano frutti, evidenze d’amore e di devozione, proprio come il Maestro ha espresso nella parabola della vite, dicendo: "Ogni tralcio che in me non dà frutto, egli lo toglie via: e ogni tralcio che dà frutto, lo rimonda [pota] affinché ne dia di più" (Giov. 15:2). Essere stati accettati dal Signore come una [79] Nuova Creatura in Gesù Cristo alcuni anni fa sembrerebbe, perciò, implicare una crescita più o meno regolare nella grazia, nel sapere e nei frutti dello Spirito; altrimenti il nostro rapporto con lui andrebbe perduto e un altro prenderebbe il nostro posto fra gli eletti, e la corona che originariamente era stata considerata e messa da parte per noi passerebbe ad un altro più grato dei privilegi, più zelante nel raggiungimento delle cose gloriose che Dio ha promesso a coloro che lo amano, e che sono più desiderosi, quindi, di considerare tutte le cose terrene soltanto spreco e rifiuto per poter guadagnare Cristo, per poter guadagnare un posto nella compagnia dei consacrati. Non solo questo essere in Cristo è illustrato da tale crescita nei frutti dello Spirito, ma, come dice l'Apostolo Pietro: "Voi facendo queste cose, non inciamperete giammai, poiché così vi sarà largamente provveduta l'entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo" (II Piet. 1:10,11). Tuttavia, ciò significa, come espresso dall'Apostolo Paolo, che la nuova mente, la "Nuova Creatura", deve essere così interamente uniformata alla volontà di Dio che cercherà ogni giorno di liberarsi dell'uomo vecchio con tutti i suoi affetti e desideri". Ed è così poiché la Nuova Creazione è rappresentata figurativamente come un uomo nuovo (Cristo Capo, la Chiesa membra del suo corpo) che deve edificare o costruire se stesso ed arrivare, figurativamente, ad avere la statura completa di un uomo in Gesù Cristo, in cui ogni membro è completo e pienamente sviluppato, completi non nella nostra forza propria, nella carne, ma completi in lui che è il nostro Capo vivo, la cui rettitudine compensa le nostre imperfezioni.

L'umanità giudica i suoi affari mediante i cinque sensi: la vista, l'udito, il tatto, l'odorato e il gusto, che le Nuove Creature possono usare tutti liberamente a patto che abbiano la mente nuova nei vasi di terra. Ma questi non sono sufficienti per la Nuova Creazione, che ha bisogno d’altri sensi attraverso cui comprendere le cose spirituali che non possono essere viste, tastate, gustate, udite o odorate dall'organismo umano. E il Signore ha supplito a questa mancanza mediante lo Spirito Santo, come spiega l'Apostolo: "L'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio,...né può conoscerle, [80] perché esse sono comprese spiritualmente". "Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d'uomo [mediante qualsiasi altro senso o potere di percezione], sono quelle che Dio ha preparato per coloro che l'amano. Ma Dio le ha rivelate a noi [la "Nuova Creazione"] per mezzo dello Spirito; perché lo Spirito investiga [scoprendo] ogni cosa, anche le cose profonde di Dio" (I Cor. 2:9, 10, 14).

Questo senso spirituale si può chiamare il sesto senso di coloro che sono nati alla Nuova Creazione; o si può considerare che abbiano una serie completa di sensi spirituali: cinque altri sensi corrispondenti ai loro sensi terreni. Gradualmente "gli occhi della loro comprensione" si aprono sempre di più sulle cose che non sono viste dall'occhio naturale; l'udito della fede aumenta di grado in grado fino a che ogni promessa della Parola Divina si fa vigorosa e rilevante; con il passar del tempo vengono in contatto con il Signore e i suoi poteri invisibili; a poco a poco gustano che il Signore è molto benigno; dopo un certo periodo apprezzano quei sacrifici e quelle preghiere accompagnate dall'uso dell'incenso che sono di un odore dolce per il Signore. Però, come si possono coltivare i sensi naturali, così si può anche fare per quelli spirituali; e la coltivazione di questi sensi spirituali (o, almeno, gli sforzi per coltivarli) costituiscono le indicazioni della nostra crescita nella grazia, del nostro sviluppo quali Nuove Creature in embrione per la nascita che avverrà alla resurrezione, fino alla completezza dei nuovi noi stessi nella gloria, nell'onore e nell'immortalità della natura divina.

Con quale nome dovrebbe essere conosciuta
la Nuova Creazione?

Da un punto di vista questa è una domanda singolare, una strana domanda. Quando consideriamo che la Chiesa è sposata al Signore, promessa in matrimonio a lui quale Sposa, sembra singolare chiedere che nome dovrà avere. Nessun nome sicuramente sarà adatto alla Sposa se non il nome dello Sposo, e proprio suggerire qualche altro nome implica una concezione erronea del rapporto che esiste fra il Signore e i suoi consacrati, le "membra del suo corpo", "la Sposa, la Moglie dell'Agnello". Il nome Scritturale sembra del tutto sufficiente; vale a dire la Chiesa; in altre parole il Corpo, la Chiesa di [81] Cristo. Se si desidera una nuova designazione, le Scritture la forniscono in quest’espressione: "L’Ecclesia di Cristo", o Chiesa di Cristo, "L’Ecclesia di Dio", o Chiesa di Dio (Rom. 16:16; Atti 20:28). I due nomi sono sinonimi, perché nostro Signore e il Padre hanno un unico interesse per noi. Come la Chiesa è il corpo di Cristo, del quale egli è Capo, così l'intera Chiesa, Capo e Corpo, è la compagnia, o il gruppo, o i consacrati del Padre, attraverso i quali si compiace di portare a termine tutti gli aspetti grandi e meravigliosi della sua opera redentiva già descritti a grandi linee nelle promesse eccezionalmente grandi e preziose della sua Parola. L'Apostolo elabora ulteriormente il nome designando i fedeli quali "La Chiesa del Dio Vivente", come se in tal modo mettesse in contrapposizione questa Chiesa o questo corpo o queste persone, di cui Cristo è Capo, con altri corpi o sistemi religiosi che non riconoscono correttamente il vero Dio o che non sono riconosciuti dal vero Dio quale sua Ecclesia, o Chiesa.

La tendenza verso altri nomi diversi da quelli stabiliti per noi dal Signore e dagli apostoli è stata chiara sin dal periodo iniziale. Come oggi alcuni sono disposti a dire: "Sono di Lutero", "Sono di Calvino", "Sono di Wesley", oppure: "Sono di Knox", ed eppure tutti sostengono di essere di Cristo, così vediamo che la stessa disposizione era chiara nella Chiesa primitiva, poiché l'Apostolo ci richiama l'attenzione su questo fatto nella sua lettera ai Corinzi (I Cor. 3:4-6). Lo spirito di fazione o di setta era scoppiato tra i fratelli di Corinto; e non soddisfatti dei nomi di Cristo e di Dio, cercavano di farvi delle aggiunte, ed erano Cristiani di Paolo, Cristiani di Pietro e Cristiani d’Apollo. L'Apostolo, sotto ispirazione, disapprova questo spirito e richiama l'attenzione sul fatto che non è lo Spirito Santo, ma uno spirito carnale, che li spinge a questa divisione del corpo e a porsi al seguito dell'uno o dell'altro servo del Signore. Il punto su cui l'Apostolo richiamò l'attenzione è ugualmente valido oggi. La sua domanda: "È diviso Cristo?" vuol dire: Ci sono molti corpi di Cristo? Ci sono molte chiese di Cristo, oppure solo una? E se solo una, perché dovrebbe essere divisa? "Chi è allora Paolo? Chi è Apollo? Chi è Pietro?". [82]

Costoro erano semplicemente servi del Capo della Chiesa, che egli usò per la benedizione del suo corpo: la sua Ecclesia. Se non avessero voluto, egli avrebbe potuto trovare altri per fare il lavoro che fecero. Pertanto la lode e l'onore per tutte le benedizioni che sono venute attraversi gli apostoli, appartengono principalmente, specialmente, al Capo della Chiesa, che ha provveduto in tal modo alle necessità del suo corpo. Ciò non vuol dire che non dobbiamo riconoscere ed onorare opportunamente tutti quelli che il Signore riconosce ed onora, ma vuol dire che non dobbiamo in nessun senso della parola riconoscerli come capi della Chiesa, né dobbiamo dividere la Chiesa in sette e partiti: seguaci di diversi uomini. Nella misura in cui gli apostoli o qualunque servo del Signore è stato usato da lui, è avvenuto non per dividere la Chiesa, ma per raccogliere i suoi membri insieme, per unire i vari credenti consacrati ancor più saldamente all'unico Capo, l'unico Signore, attraverso l'unica fede e l'unico battesimo.

Quale pensiamo sarebbe il linguaggio dell'Apostolo se fosse qui con noi in carne ed ossa oggi e vedesse la divisione attuale in varie denominazioni? Sicuramente ci direbbe che indica una gran quantità di carnalità: una gran quantità di spirito del mondo. Ciò non vuol dire che tutto ciò che è connesso a questi sistemi sia carnale e completamente privo dello spirito del Signore. Tuttavia significherebbe che in proporzione di quanto abbiamo lo Spirito del Signore, e in proporzione di quanto siamo liberati dalla mente carnale, dai suoi comandi e dal suo influsso, in queste stesse proporzioni smetteremo di essere d'accordo con le divisioni che vediamo attorno a noi, sotto i vari nomi delle sette; e in proporzione di quanto aumenta lo Spirito santo del Signore e di quanto sempre più abbonda in noi, ci sentiremo sempre più insoddisfatti di tutti gli altri nomi che non siano il nome di nostro Signore, finché alla fine, guidati dallo Spirito, arriveremo al luogo dove riconosceremo soltanto l'unica Chiesa e l'unico esserne membri, vale a dire "la Chiesa dei Primogeniti, i cui nomi sono scritti in cielo"; e l'unico metodo d’iniziazione in quella Chiesa, vale a dire mediante l’essere battezzati nel corpo del nostro Maestro, la sua Ecclesia, e mediante l'essere battezzati nella sua morte, [83] diventando così uniti a lui e a tutti gli altri membri attraverso l'unico Spirito.

Non spetta a noi cambiare l'intero sentimento della Cristianità su questo soggetto: è un compito troppo grande per qualsiasi essere umano. A noi spetta di essere personalmente fedeli allo Sposo, a ciascuno di noi che ha nominato il nome di Cristo per allontanarsi da tutte le iniquità, da tutto ciò che è sbagliato riguardo alla nostra fede, alla nostra condotta e ai nostri costumi. Costui non vorrà essere conosciuto con nessun altro nome che quello dello Sposo e, se gli si chiedesse, avrebbe piacere di portare il suo nome e il suo soltanto, l'unico nome dato sotto il cielo o tra gli uomini per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati. In obbedienza a questo spirito di verità, noi saremo separati da tutti i nomi delle sette, come pure da tutte le istituzioni delle sette, in modo da poter rimanere liberi nel Signore. Ciò non vuol dire che dobbiamo ripudiare coloro che hanno lo Spirito del Signore ma sono ancora connessi con sistemi settari. Dobbiamo, invece, riconoscere che le parole di nostro Signore: "Esci da lei, mio popolo, affinché non siate partecipi del suo peccato, e non riceviate le sue piaghe", implicano che una parte del suo popolo è a Babilonia e, quindi, sta faticando sotto il peso di concezioni errate riguardo alle istituzioni e ai nomi settari. Spetta a noi di far risplendere la nostra luce e lasciare i risultati al Signore.

Non solo biasimiamo l'assumere qualsiasi nome umano, ma biasimiamo ogni nome che è o può diventare un nome settario o di partito, e quindi un nome che separi parte del popolo del Signore dagli altri che sono suoi. Noi evitiamo l'uso speciale del termine "Chiesa Cristiana" o il termine "Chiesa di Dio", poiché tali nomi sono usati per identificare fedi e comunioni particolari tra il popolo del Signore. Piuttosto usiamo e rispondiamo a tutti i vari nomi Scritturali: Discepoli, Chiesa di Dio, Chiesa di Cristo, Chiesa del Dio Vivente, Chiesa di Corinto, Chiesa della regione degli Allegheny, ecc. Non possiamo evitare che molti ci fraintenderanno su questo punto; né ci dovremmo offendere contro di loro se, in qualche modo, essi ci designano con nomi particolari, come succede di consueto tra cristiani. Per esempio, ci possono chiamare "Ripristinatori", [84] oppure "Dawnist" [ovvero Albeggiatori] oppure "Popolo della Torre di Guardia", ecc. Non dobbiamo riconoscere nessuno di questi nomi, per quanto riguarda l'applicarli a noi stessi; ma lo spirito di mitezza, di pazienza, di pace e d'amore ci indica che non dovremmo offenderci se ci sono applicati questi nomi, e dovremmo presumere invece caritativamente che il motivo non sia stato cattivo, o, almeno, non sia stato maligno; e dovremmo rispondere a tali nomi gentilmente e non in modo combattivo, implicando che capiamo che siamo coloro dei quali parlano, e il più brevemente e gentilmente possibile dovremmo indicare che preferiamo riconoscere nomi non settari o di partito, ma che insistiamo sul nome di Cristiani, nel senso più vasto e più pieno della parola, con il significato che non abbiamo altro capo che nostro Signore Gesù Cristo e che non riconosciamo nessun’altra organizzazione che quella che ha organizzato lui: l'unica Chiesa del Dio Vivente, l’Ecclesia o il Corpo di Cristo, i cui nomi sono scritti in cielo.

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