Studi
Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
3
LA
CHIAMATA DELLA NUOVA CREAZIONE
NESSUN ALTRO SE NON I "CHIAMATI"
ELEGGIBILI—QUANDO È INIZIATA QUESTA CHIAMATA ALLA "GRANDE SALVEZZA"—UNA
CHIAMATA AL PENTIMENTO NON UNA CHIAMATA ALLA NATURA DIVINA—LA CHIAMATA
DEGLI EBREI—LA CHIAMATA DEL VANGELO—PERCHÉ NON MOLTI "GRANDI",
"SAGGI" O "POTENTI" SONO CHIAMATI—ESALTAZIONE IL
PREMIO PER LA VERA UMILTÀ—CARATTERE UNA CONDIZIONE DELLA CHIAMATA—IL
MONDO DURANTE IL MILLENNIO NON DA CHIAMARE, MA DA COMANDARE—TEMPO
LIMITATO DELLA CHIAMATA DEL VANGELO—LA NUOVA CREAZIONE CHIAMATA O
ATTRATTA DAL PADRE—CRISTO NOSTRA SAPIENZA—CRISTO NOSTRA
GIUSTIFICAZIONE—GIUSTIFICAZIONE EFFETTIVA E MESSA IN CONTO DIFFERENZIATE—HA
BISOGNO DI GIUSTIFICAZIONE LA "NUOVA CREAZIONE"?—I MOTIVI
DELLA GIUSTIFICAZIONE—LA GIUSTIFICAZIONE DEGLI ANTICHI DIGNITARI DIVERSA
DALLA NOSTRA—GIUSTIFICAZIONE DELL’ETÀ MILLENARISTICA—CRISTO FATTO
SANTIFICAZIONE PER NOI—SANTIFICAZIONE DURANTE L’ETÀ MILLENARISTICA—DUE
CONSACRAZIONI DISTINTE NEI TIPI LEVITICI—NESSUNA DELLE DUE HA EREDITÀ
NELLA TERRA—LA GRANDE COMPAGNIA—SANTIFICAZIONE DI DUE PARTI—LA PARTE
DELL’UOMO—LA PARTE DI DIO— LE ESPERIENZE VARIANO CON I TEMPERAMENTI—
SANTIFICAZIONE NON PERFEZIONE NÉ EMOZIONE—"COLUI CHE SANA TUTTE LE
TUE INFERMITÀ"—NECESSITÀ DEL TRONO DELLA GRAZIA—COME LA
GIUSTIFICAZIONE SI FONDE CON LA SANTIFICAZIONE—CONSACRAZIONE DALLA FINE
DELLA "SOMMA VOCAZIONE"—LA SALVEZZA O LIBERAZIONE DELLA CHIESA.
L’opportunità
di diventare membri della Nuova Creazione e di partecipare alle sue
possibilità, ai suoi privilegi, alle sue benedizioni e glorie, non è
stata spalancata al mondo dell’umanità in genere, ma solamente ad una
classe "chiamata". Ciò è espresso molto chiaramente nelle
Scritture. Israele secondo la carne fu chiamato dal Signore ad essere il
suo popolo particolare, distinto dagli altri popoli o dalle altre nazioni
della terra. Come sta scritto: "Voi soli ho conosciuto [riconosciuto]
fra tutte le famiglie della terra.” (Amos 3:2) La vocazione d’Israele,
tuttavia, non fu la "somma vocazione" o la "vocazione
celeste" e di conseguenza non troviamo nessun riferimento delle cose
celesti in nessuna delle promesse che concernono quel popolo. La loro
chiamata fu una chiamata ad una condizione preparatoria, che alla fine
rese una rimanenza di quella nazione pronta a [86] ricevere e a trarre
profitto dalla somma vocazione alla "grande salvezza, la quale prima cominciò
ad essere annunziata dal Signore, e ci è stata confermata da quelli
che l’hanno udita". (Ebr. 2:3) I termini della somma vocazione o
della vocazione celeste non sono perciò da essere ricercati nel Vecchio
Testamento ma nel Nuovo, sebbene, man mano che gli occhi della nostra
comprensione si aprono per discernere "le cose profonde di Dio"
possiamo vedere nelle sue relazioni con Israele nella carne e negli atti
d’intervento divino fra esso certe tipiche lezioni proficue per la
discendenza spirituale che è stata chiamata con una vocazione celeste;
perché , come l’Apostolo ci mette in evidenza, Israele nella carne e le
sue leggi e le relazioni di Dio con esso erano delle ombre o dei tipi
delle cose migliori che appartengono a coloro che sono chiamati a
diventare membri della Nuova Creazione.
Dato
che nel piano divino Cristo doveva avere la preminenza in tutto ed era
perciò necessario che fosse il primo, il capo, il Sommo Sacerdote, che
sarebbe dovuto diventare il leader di questa Nuova Creazione di figli di
Dio, il Capitano della loro salvezza e il loro modello, alla cui linea di
condotta si sarebbero potuti conformare, nelle cui orme avrebbero potuto
camminare, vediamo una ragione molto convincente per cui gli antichi
dignitari non abbiano potuto avere nessuna parte o porzione in questa
Nuova Creazione. Le parole di nostro Signore riguardo a Giovanni Battista
attestano questo, "In verità vi dico, che fra i nati di donna non è
sorto alcun maggiore di Giovanni Battista: però il minimo nel regno dei
cieli è maggiore di lui.”. (Mat. 11:11) Così anche l’Apostolo
dichiara, mentre parla in termini di altissima lode della fede e del
nobile carattere di quei fratelli dell’ordinamento passato: "Perché
Iddio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, ond’essi non
giungessero alla perfezione senza di noi." Ebr. 11:40
Inoltre,
dobbiamo ricordarci che nessuno può essere chiamato mentre si trova
ancora sotto la condanna a causa del peccato d’Adamo. Per essere
chiamati a questa "somma vocazione", è necessario che prima sia
assicurata la giustificazione dalla sentenza di Adamo e ciò non poté
essere concesso neanche ad Israele nella carne mediante il sangue dei buoi
e delle capre, perché questi non possono mai togliere il peccato e furono
semplicemente tipi dei sacrifici migliori che effettivamente [87]
soddisfano alle richieste della Giustizia contro la nostra razza. Quindi,
non è stato possibile che la chiamata cominciasse finché nostro Signore
non avesse pagato il prezzo della redenzione, finché "non ci avesse
comprato con il suo sangue prezioso". Persino gli Apostoli furono
chiamati e accettati nella Nuova Creazione solo in modo provvisorio finché
il Redentore non avesse pagato il prezzo e fosse asceso in alto e
l’avesse presentato a nome loro. Allora, e non prima di allora, il
Padre, nel giorno di Pentecoste, riconobbe direttamente quei credenti e li
generò mediante il suo Spirito
Santo quali "Nuove Creature". Vero, nostro Signore disse ai
Farisei durante il suo ministero: "Non sono venuto a chiamare al
pentimento dei giusti, ma dei peccatori.”. (Mat. 9:13) Ma dobbiamo
renderci conto di una gran differenza tra chiamare gli uomini al
pentimento e chiamarli alla somma vocazione della natura divina e della
coeredità con Cristo. Nessun peccatore vi è accettato; quindi si tratta
del fatto che noi, essendo "per natura figli d’ira", abbiamo
prima bisogno di essere giustificati liberamente da tutte le cose mediante
il sangue prezioso di Cristo.
È in
perfetta sintonia con ciò quanto leggiamo nell’introduzione
dell’Epistola ai Romani (1:7) in altre parole, che l’epistola si
rivolge a "quanti sono a Roma, amati da Dio, chiamati
ad esser santi", chiamati ad essere sacri, partecipi della natura
divina, ecc. L’introduzione dell’Epistola ai Corinzi dice: "Alla
Chiesa di Dio che è a Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati
ad esser santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome di Gesù
Cristo." (I Cor. 1:2) Il carattere esclusivo di questa chiamata è
ulteriormente sottolineato in un versetto successivo (9), che dichiara
l’autore della nostra vocazione, con le parole: "Fedele è Dio dal
quale siete stati chiamati alla comunione del suo Figliuolo Cristo Gesù, nostro
Signore." Ciò implica un’associazione, un essere una cosa sola; e,
quindi, il pensiero è che la chiamata è in vista di un reperimento tra
gli uomini di alcuni che diventino uno con il Redentore quali Nuove
Creature; coeredi con lui della gloria, dell’onore e dell’immortalità
a lui concessi come ricompensa per la sua fedeltà.
Qui ci
vengono richiamate alla memoria le parole dell’Apostolo nel senso che
saremo costituiti quali coeredi con Cristo solo a certe condizioni, vale a
dire: "Se soffriamo con [88]
lui, che siamo anche glorificati con lui." (Rom. 8:17) Nello stesso
capitolo ai Corinzi (versetto 24) l’Apostolo dimostra che la chiamata di
cui sta discutendo non è assolutamente la stessa chiamata che per un
certo periodo era stata limitata agli Ebrei; e le sue parole, inoltre,
indicano che non tutti sono chiamati. Dice: "Per coloro che sono
chiamati, sia Ebrei che Greci, Cristo [è] la potenza di Dio e la sapienza
di Dio", anche se per gli Ebrei che non sono chiamati egli è stato
un ostacolo e per i Greci che non sono chiamati è stato stoltezza. Nella
sua lettera agli Ebrei (9:14, 15) l’Apostolo richiama l’attenzione sul
fatto che la chiamata di quest’età del Vangelo non sarebbe potuta
essere stata promulgata finché prima nostro Signore non fosse diventato
con la sua morte "garanzia" del Nuovo Patto. Le sue parole sono:
"Per questa causa egli è il mediatore del Nuovo Testamento [patto],
che mediante la morte, per la redenzione delle trasgressioni commesse
quando era in vigore il primo testamento [l’Antico Patto], coloro che
sono chiamati potessero ricevere la promessa dell’eredità eterna."
Ebr. 7:22
Non molti grandi, saggi o dotti chiamati
Naturalmente
potremmo supporre che questa chiamata speciale, se dovesse essere
riservata ad una cerchia ristretta, dovrebbe essere riservata agli
esemplari più raffinati della razza caduta: i più nobili, i più
virtuosi, coloro che sono dotati di più talenti; ma l’Apostolo
contraddice questa idea con le parole: "Guardate, fratelli, la vostra
vocazione: non ci sono tra i chiamati molti saggi secondo la carne, non
molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo
per svergognare i saggi; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per
svergognare le potenti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le
cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al nulla le cose
che sono affinché nessuna carne si glori nel cospetto di Dio." (I
Cor. 1:26-29) La ragione per cui esiste tale condizione è spiegata
dall’Apostolo attribuendola all’intenzione di Dio di non permettere a
nessuno poter vantarsi di aver meritato in alcun senso o in alcun grado le
grandi benedizioni da concedere. Tutta la questione va intesa come
un’illustrazione agli angeli e agli uomini della potenza di Dio nel
trasformare i caratteri da ignobili e [89] disprezzati a nobili e puri,
non con la forza ma con la potenza trasformatrice della verità che opera,
in coloro che sono chiamati, mediante le promesse e le speranze poste
davanti a loro, sia nel volere che nel compiere il suo buon desiderio.
Questa disposizione divina avrà come risultato non solo la gloria del
Padre, ma anche l’umiltà e il bene eterno di quanti egli benedirà.
Troviamo varie affermazioni, ripetute nel Nuovo Testamento, del fatto che
questa chiamata e la salvezza ad essa vincolata non provengono dall’uomo,
né dal suo potere, ma dalla grazia di Dio. Né è difficile vedere come
mai la chiamata sia, normalmente, meno attraente per i nobili e più per
gli ignoranti.
L’orgoglio
è un elemento importante nella natura caduta e bisogna continuamente
tenerlo presente. Coloro i quali sono meno caduti rispetto a quanto lo sia
la maggior parte dei loro simili e i quali, pertanto, sono per natura più
nobili in media delle creature simili a loro, sono propensi ad accorgersi
di questa condizione e a sentire una certa superiorità e ad inorgoglirsi
per via di essa. Tali individui, sebbene cerchino il Signore ed aspirino
alla sua benedizione e al suo favore, sarebbero portati ad aspettarsi di
essere ricevuti dal Signore su una base diversa da quella riservata ai
propri simili che sono più caduti, meno nobili. Tuttavia, lo standard di
Dio è la perfezione, ed egli
dichiara che tutto ciò che non raggiunge questo standard è condannato,
ed ognuno che è condannato è orientato verso lo stesso Redentore e verso
lo stesso sacrificio per i peccati, sia che abbia sofferto molto o
relativamente di meno per via della caduta. Tali condizioni
d’accettazione sono risultate di sicuro più attraenti per i membri
della famiglia umana miserabili e più caduti piuttosto che per i membri
più nobili; i deboli, coloro che sono caduti, si rendono conto più
chiaramente di quanto hanno bisogno di un Salvatore, perché si rendono
molto più conto delle proprie imperfezioni. Coloro, invece, che sono meno
caduti, possedendo una certa autosoddisfazione, non sono molto portati ad
inchinarsi di fronte alla croce di Cristo, ad accettare la giustificazione
come un dono gratuito e ad avvicinarsi, basandosi su ciò, e solo su ciò,
al trono della grazia celeste per ottenere misericordia e trovare
l’aiuto della grazia. Sono più propensi ad appoggiarsi alla loro
comprensione e ad avere quel [90] sentimento di completo compiacimento che
impedirà loro di entrare dalla porta bassa e dalla via stretta.
Evidentemente
Dio dà un premio all’umiltà con riferimento a tutti quelli che egli
invita a diventare membri di questa Nuova Creazione. L’Apostolo richiama
l’attenzione su ciò, dicendo: "Umiliatevi, dunque, sotto la
potente mano di Dio, affinché Egli v’innalzi a suo tempo." (I Piet.
5:6) Paolo li orienta al modello, Gesù Cristo: come si è umiliato e non
ha procurato fama per se stesso, cercando una natura inferiore e soffrendo
la morte, perfino la morte di croce, ecc.; e proprio in virtù di tale
obbedienza e di tale umiltà Dio lo ha esaltato immensamente. Poi Pietro
indica la lezione dicendo: "Dio resiste ai superbi e dà la grazia
agli umili." (I Piet. 5:5) Vedete la vostra chiamata, fratelli, come
mai non molti grandi o saggi o istruiti sono chiamati, ma principalmente i
poveri di questo mondo, ricchi nella fede. Insieme al fatto che Dio dà un
premio all’umiltà, c’è anche quello che egli dà un premio alla fede.
Preferisce avere per Nuove Creature coloro che hanno imparato a confidare
incondizionatamente in lui, che accettano la sua grazia come sufficiente
per loro e nella forza che egli elargisce arrivano, in connessione con la
loro esaltazione, alla vittoria alla quale egli li chiama.
Il carattere, tuttavia, una condizione della
chiamata
Sebbene
Dio non chiami i saggi o i grandi o i dotti, non dobbiamo dedurre da ciò
che il suo popolo sia ignobile o ignorante, nel senso d’essere malvagio
o corrotto o degradato. Tutt’altro. Il Signore pone lo standard più
alto che esiste davanti a coloro che egli chiama; essi sono chiamati alla
santità, alla purezza, alla fedeltà e ai principi di giustizia, ad un
riconoscimento nei loro cuori del valore di queste cose e al metterle in
vista nelle loro vite per la gloria di colui che li ha chiamati dalle
tenebre alla sua luce meravigliosa. (II Piet. 1:3; I Piet. 2:9) Può darsi
che il mondo li conosca solo nella carne e può darsi che secondo la carne
non siano più nobili o raffinati di altri (spesso lo sono meno) ma
l’essere accettati dal Signore non è secondo la carne, bensì secondo
lo spirito, [91] secondo i loro menti, le loro intenzioni, i loro "cuori".
Di conseguenza, dal momento in cui accettano la grazia di Dio in Cristo e
il perdono dei loro peccati e fanno di se stessi una consacrazione al
Signore, sono considerati liberati da quelle imperfezioni che erano loro
per via naturale quali figli d’Adamo; sono considerati come se la loro
carne fosse rivestita dei meriti di Cristo, che ne nascondono tutti i
difetti. È la nuova mente, la nuova volontà, in pratica la "Nuova
Creatura" accettata da Dio e chiamata, e solo di questa si sta
trattando.
Vero,
la nuova mente man mano che si sviluppa dimostrerà d’essere nobile,
onorabile, integra e gradualmente giungerà ad avere sempre più potere e
sempre più controllo sulla carne, così che coloro i quali non
riconoscono le Nuove Creature, come non hanno riconosciuto neanche il
Signore, possano infine rimanere stupiti delle loro buone opere e del loro
vivere santo e del loro spirito di mente sana, sebbene a volte si possa
dare il caso che attribuiscano anche ciò a qualche motivo ignobile. E
nonostante la crescita graduale della mente nuova nell’armonia sempre
maggiore con la mente del Signore, può succedere che costoro non arrivino
mai ad avere completo controllo sui corpi mortali con i quali sono
connessi, sebbene sia sicuramente loro l’obiettivo e lo sforzo di
glorificare Dio nei loro corpi come nei loro spiriti, nelle loro menti,
che sono le sue. I Cor. 6:20
Osserviamo
alcune di queste caratteristiche e di queste limitazioni che concernono il
carattere della "Nuova Creazione". L’esortazione
dell’Apostolo ad uno di questi chiamati (ma che si può applicare a
tutti loro) è: "Combatti il buon combattimento della fede, afferra
la vita eterna alla quale sei anche chiamato.”. (I Tim. 6:12) Queste
nuove Creature non si devono aspettare di guadagnare la vittoria e la
grande ricompensa senza una battaglia con l’avversario, come pure con il
peccato che abbonda in tutti i loro rapporti d’amicizia e nella
debolezza della loro carne, sebbene quest’ultima sia ricoperta dal
merito della rettitudine di Cristo secondo i termini nel Patto di Grazia.
L’Apostolo esorta ancora questo gruppo a "Condursi in modo degno di
Dio che vi ha chiamato nel suo
Regno e nella sua gloria." (I Tess. 2:12) La Nuova Creatura non solo
deve riconoscere la sua vocazione e la ricompensa finale nel Regno e nella
gloria, ma deve ricordarsi che [92] nella vita presente egli è diventato
un rappresentante di Dio e della sua giustizia e deve cercare di camminare
in conformità con questo. Così leggiamo: "Come Colui che vi ha
chiamato è santo, anche voi siate santi in tutti i sensi della parola;
poiché sta scritto: "Siate santi; perché io sono santo." (I
Piet. 1:15, 16) Ancora, si legge nella stessa epistola (2:9): "Dovreste
proclamare le virtù di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua
meravigliosa luce."
Gli
Israeliti spirituali della Nuova Creazione non sono stati sottomessi a
specifiche leggi, come lo sono stati gli Israeliti nella carne; invece
sono stati sottoposti alla "legge della libertà", così che il
loro amore per il Signore potesse essere reso manifesto, non solo per
quanto riguarda l’evitare di propria volontà le cose riconosciute come
disapprovate dal Signore, ma anche per quanto riguarda il sacrificare di
propria volontà i diritti e gli interessi umani nel servizio della verità
e della giustizia, per il Signore e per i fratelli. È in conformità a ciò
che l’Apostolo dichiara: "Iddio ci ha chiamati non ad impurità ma
a santificazione." (I Tess. 4:7) Egli dichiara ancora: "Voi
siete stati chiamati a libertà, solo non fate della libertà
un’occasione per la carne" (Gal. 5:13), un’occasione per fare il
male: usate piuttosto la vostra libertà nel sacrificio di diritti
presenti a favore della giustizia e del suo servizio; che così possiate
essere sacerdoti del sacerdozio regale che offrono il sacrificio e che,
tra breve, regneranno nel Regno di Dio quali coeredi con Cristo per
dispensare benedizioni divine al mondo.
Molte
sono le scritture che fanno notare che la chiamata ad essere "Nuove
Creature" è una chiamata alla gloria, all’onore e all’immortalità
(Fil. 3:14; II Piet. 1:3, ecc.), ma dappertutto il Signore indica che il
sentiero che conduce a questa gloria è un sentiero stretto di prova,
d’esame, di sacrificio, in tal modo che solo coloro che sono nati da
questo spirito, sì, ripieni di esso, saranno capaci di uscirne alla fine
conquistatori e di raggiungere le cose gloriose alle quali sono chiamati,
il cui cammino è stato reso possibile ai chiamati mediante colui che ha
promesso, "Vi basti la mia grazia; poiché la mia forza è resa
perfetta nella vostra debolezza."
Né
dobbiamo pensare a chiamate diverse, ma dobbiamo ricordare la
dichiarazione [93] dell’Apostolo (Efes. 4:4): "Voi siete chiamati
nell’unica speranza della vostra vocazione." È uno sbaglio,
pertanto, per chiunque pensare di avere una scelta in questa materia. In
verità, per quanto riguarda il mondo, nella prossima età non ci sarà
nessuna chiamata: durante quell’età Dio non cercherà di selezionare
una classe speciale separata e distinta dalle altre e destinata ad una
posizione speciale. Durante l’età Millenaristica anziché chiamare
il mondo, il Signore li comanderà: comanderà obbedienza alle leggi e ai
princìpi di giustizia e si esigerà
(non: si richiederà) da ogni creatura di prestare obbedienza a quel
governo Millenaristico, altrimenti riceverà sferzate per la sua
disobbedienza e alla fine sarà distrutta e tolta di mezzo dal popolo,
come sta scritto: "Chi non ascolterà (obbedirà) quel profeta sarà
tagliato fuori dal popolo"; egli morirà la Seconda Morte, dalla
quale non ci sarà speranza di recupero.
Né ci
sarà una seconda chiamata durante l’età del Vangelo, anche se, come
abbiamo visto in precedenza, c’è una seconda classe di salvati scelti
durante quest’età: la Grande Compagnia (Apoc. 7:9-14) "il cui
numero nessun uomo conosce, di tutte le nazioni, tribù e lingue,"
che servirà Dio nel suo tempio
e davanti al trono in antitesi alla Sposa, che sarà sul
trono e i membri, o pietre viventi, del
tempio. Ma questi di codesta seconda compagnia non hanno una chiamata
separata e distinta. Costoro avrebbero potuto altrettanto facilmente, e
con molta più soddisfazione, raggiungere le glorie della natura divina se
avessero prestato obbedienza in modo immediato e spontaneo. Essi ne
vengono fuori vincitori alla fine, com’è dimostrato dal fatto che sono
loro concessi i rami di palma; ma la loro mancanza di zelo li ha
ostacolati negli esseri accettati come parte della classe vincitrice,
impedendo così la loro coeredità eterna e la loro gloria quali
partecipanti alla Nuova Creazione, come pure privandoli di gran parte
della gioia, della pace e della soddisfazione che è propria di coloro che
prevalgono e che è goduta da essi anche in questa vita attuale. Il posto
che raggiungeranno, come abbiamo visto prima, sarà apparentemente uno
simile per molti versi allo stato o al piano degli angeli. [94]
Un
altro pensiero connesso con la chiamata è che il suo tempo è limitato,
come dichiara l’Apostolo: "Ora è il tempo accettabile; guardate,
ora è il giorno della salvezza.”. "Oggi, se udite la sua voce, non
indurite i vostri cuori." (II Cor. 6:2; Ebr. 3:15) Questo giorno
accettabile, o anno accettabile o periodo o epoca accettabile, è iniziato
con nostro Signor Gesù e la sua consacrazione. Egli fu chiamato.
Non si è assunto l’onore da sé ed ha continuato così sin d’allora:
"Nessuno si prenda da sé quest’onore." (Ebr. 5:4) Sarebbe
davvero impudente quell’uomo che si assumesse il diritto ad un
cambiamento della natura da umana a divina e dall’essere un membro della
famiglia di Adamo e coerede nel suo stato perduto e confiscato
all’essere un coerede con Cristo in tutte le ricchezze e nella gloria e
nell’onore di cui egli, rispondendo alla sua chiamata, divenne l’erede
legittimo per l’eternità.
La
conclusione di questa chiamata, o "giorno della salvezza", o
"tempo accettabile" verrà non meno certamente del suo inizio.
Un numero definito, effettivo è stato destinato da Dio per la
costituzione della Nuova Creazione e non appena si raggiungerà quel
numero l’opera di quest’età del Vangelo sarà terminata. Potremmo
osservare anche che non appena sarà stato chiamato il numero giusto, la
chiamata stessa cesserà; poiché non sarebbe da Dio chiamare neppure un
individuo in più di quelli che egli ha predestinato, anche se sapeva già
in anticipo quanti di coloro che sono stati chiamati sarebbero venuti meno
all’obbedienza, non ce l’avrebbero fatta a rendere sicura la loro
vocazione e la loro elezione, e, pertanto, sarebbero dovuti essere
sostituiti da altri. La coerenza sembra richiedere che l’Onnipotente non
sembri neppure prendere alla leggera le sue creature estendendo un solo
invito che potrebbe non raggiungere il successo una volta accettato. Le
Scritture offrono l’idea che per questo numero limitato, eletto, del
Sacerdozio Regale è stata stabilita una corona per ciascuno; e che man
mano che ognuno accetta la chiamata del Signore e fa la sua consacrazione
in conformità ad essa, è messa da parte per lui una delle corone. Non
sta bene, pertanto, supporre che il Signore chiami qualcuno il quale,
presentandosi e accettando la chiamata, abbia bisogno di essere informato
sul fatto che non sarà ancora messa da parte per lui nessuna corona, ma
che [95] dovrà aspettare finché qualcuno si riveli infedele e perda con
ciò il suo diritto. L’esortazione di nostro Signore: "Tieni
fermamente,...affinché nessuno ti tolga la tua corona" sembra
implicare non solo il numero limitato di corone, ma che alla fine, al
termine di quest’età, verrà un tempo in cui coloro che non avranno
vissuto fedelmente secondo il loro patto saranno respinti e ci saranno
altri in quel momento che staranno aspettando le loro corone. Apoc. 3:11
Per
quanto capiamo la chiamata generale a questa coeredità con il nostro
Redentore quali membri della Nuova Creazione di Dio, è terminata nel
1881. Ma comprendiamo che un vasto numero (in tutte le varie denominazioni
della Cristianità, probabilmente venti o trentamila) che a quel tempo
aveva fatto la completa consacrazione di se stesso, non si è dimostrato
fedele al patto del sacrificio di sé. Costoro, uno per uno, man mano che
è raggiunta la misura completa dell’esame, se trovati infedeli, sono
respinti dalla fraternità con la compagnia dei chiamati: di modo che
altri che nel frattempo hanno fatto la consacrazione, sebbene non secondo
la chiamata, possano essere ammessi al rapporto completo in questa
fraternità con Cristo e i suoi coeredi, di modo che essi, a loro volta,
possano sottostare all’esame e, se trovati indegni, possano essere
respinti in modo simile e il loro posto possa essere assunto da altri
ancora che staranno nell’attesa in un atteggiamento di consacrazione.
Evidentemente, mediante tale ordinamento, non è esistita nessuna necessità
di una chiamata generale dal 1881. A coloro che ora sono ammessi possono
benissimo essere concessi i loro privilegi e le loro opportunità senza
rientrare nella chiamata generale o nell’invito generale il qual è
terminato nel 1881: sono ammessi su richiesta, man mano che l’opportunità
lo permette, per riempire i posti di chi escono. Ci aspettiamo che
quest’attività di uscire ed entrare continui finché non sia trovato
degno l’ultimo membro del nuovo ordine della creazione e finché tutte
le corone non siano state assegnate per l’eternità.
L’Apostolo
dichiara: "Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel
giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro." (I Tess. 5:4) In armonia
con tutti i vari precedenti della Scrittura, siamo propensi a credere che
in questo tempo di mietitura dell’età del Vangelo sarà portata
all’attenzione per tutti i consacrati del Signore, una conoscenza della
verità [96] riguardo al piano divino delle età, riguardo alla presenza
del Figlio dell’Uomo e all’attività della mietitura. Comprendiamo che
così la "verità presente" sarà proprio un bell’esame o una
bella evidenza delle giuste condizioni idonee del cuore fra i consacrati
qui, proprio come il messaggio della presenza di nostro Signore e la
mietitura dell’età Ebraica servì a provare l’Israele terreno nel
primo avvento. È parte della nostra attesa che quelli che in questo tempo
arrivano ad una conoscenza chiara della verità e danno segno di sincerità
di fede nel sangue prezioso e nella profondità della loro consacrazione
al servizio del Signore e ai quali è concesso di riuscire a vedere a
fondo il piano divino, dovrebbero essere considerati come se avessero
quest’evidenza di essere stati accettati dal Signore come eredi
potenziali con Gesù Cristo, anche se hanno fatto la consacrazione a
partire dal 1881. Se la loro consacrazione è stata fatta molto tempo fa,
prima che terminasse la chiamata, possiamo capire che dopo un tempo così
lungo stanno raggiungendo l’atteggiamento idoneo della consacrazione e
che, pertanto, la conoscenza della verità presente è stata loro concessa
come una benedizione e come evidenza della loro fraternità dello spirito
con il Signore. Se non sono stati tra i consacrati nel 1881, o prima, la
deduzione sarebbe che sono stati accettati ora nell’associazione con la
classe dei chiamati perché è stato dato loro il posto di qualcuno che
era stato chiamato in precedenza, ma che ha dato prova di mancare nello
zelo (né freddo né caldo e quindi è stato vomitato) per avere la sua
porzione adeguatamente nel tempo dell’afflizione, per imparare lì,
sotto discipline e punizioni, preziose lezioni che egli avrebbe dovuto
imparare dalla Parola di Dio e per arrivare attraverso un periodo di gran
tribolazione ad un posto nella "Grande Compagnia", mentre
sarebbe dovuto arrivare volontariamente e gioiosamente attraverso la
tribolazione ad un posto con Cristo sul trono.
Come chiama Dio
"E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù,
il quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia [giustificazione]
e santificazione, e redenzione." I Cor. 1:30
Cristo nostra sapienza
Alla
Sapienza è dato il primo, e in quel senso il più importante, posto fra
le tappe della salvezza. La testimonianza dell’Uomo Saggio è
d’accordo con ciò, dichiarando:
[97]
"La
Sapienza è la cosa principale...con tutti i tuoi averi ottieni la
comprensione." Per quanto ben disposti possiamo essere, per quanto
deboli o forti, la sapienza è la prima cosa essenziale per intraprendere
il nostro giusto cammino. E ciò è riconosciuto generalmente tra gli
uomini. Tutti, qualsiasi intelligenza abbiano, sono alla ricerca di
maggiore conoscenza e sapienza; anche chi intraprende i cammini più
stolti, come norma lo fa per seguire sentieri che in quel momento non
sembrano loro essere sventati. Fu così per madre Eva, ella desiderava la
conoscenza, la sapienza, e il fatto stesso che l’albero proibito
sembrava essere la porta che conduceva alla sapienza costituì la
tentazione a disobbedire al suo Creatore. Com’è necessario, quindi, un
consigliere saggio che ci guidi nelle vie della gradevolezza proprie della
sapienza e per i suoi sentieri di pace.
E se
madre Eva, anche nella sua perfezione, aveva bisogno di una guida saggia,
molto più abbiamo bisogno di tale guida noi, i suoi figli caduti,
imperfetti. Nostro Padre Celeste chiamandoci a far parte della Nuova
Creazione ha previsto tutti i nostri bisogni: che la nostra stessa
sapienza non ci sarebbe stata sufficiente e che la sapienza
dell’Avversario e dei suoi seguaci ingannati sarebbe stata usata a
nostro danno, per far sembrare tenebra la luce e luce la tenebra; da qui
la disposizione del nostro testo che Cristo sarà la nostra sapienza.
Prima ancora di arrivare da Dio, prima ancora di ricevere il merito della
redenzione o mediante esso di raggiungere il rapporto di figli, noi
abbiamo bisogno d’aiuto, di consiglio, di sapienza, di aprire gli occhi
del nostro intelletto per poter discernere ciò che Dio ha provveduto a
dare in dotazione a suo Figlio.
Per
avere un orecchio che sappia ascoltare la sapienza che viene dall’alto,
è necessaria una seria condizione del cuore. Dobbiamo possedere una dose
d’umiltà, altrimenti ci crederemo d’essere di più di ciò che
dovremmo crederci e non sapremo discernere le nostre stesse debolezze,
imperfezioni, indegnità, dal punto di vista divino. Dobbiamo avere anche
una certa dose d’onestà o di candore, per essere pronti ad ammettere, a
riconoscere, i difetti visti dalla mente umile. Guardando da questo punto
di vista, coloro che aspirano alla rettitudine e all’armonia con Dio
sono orientati dagli atti di [98] intervento del Signore verso Gesù come
il Salvatore. Per quanto imperfettamente qualcuno possa capire
all’inizio la filosofia della redenzione compiuta per noi, costoro
devono almeno cogliere il fatto che "sono stati per natura figli del
giusto castigo proprio come gli altri": peccatori, che il sacrificio
di Cristo è stato un sacrificio giusto e che Dio lo ha predisposto e lo
ha accettato a nome nostro; che mediante le sue frustate potessimo essere
sanati, mediante la sua obbedienza potessimo essere accettati dal Padre,
essendo i nostri peccati considerati come messi in conto su di lui e
portati da lui e la sua giustizia e il suo merito considerati come da
applicare a noi per un rivestimento di giustizia. Dobbiamo vedere ciò
(Cristo si deve quindi fare sapienza
per noi) prima di poter agire in base alla conoscenza e con accettazione
sincera del suo merito essere giustificati davanti al Padre ed essere
accettati e santificati, e, fra poco, essere liberati e glorificati. Ma
Cristo non cessa d’essere la nostra sapienza quando si fa il passo
successivo ed egli diventa la nostra giustificazione. No: noi abbiamo
ancora bisogno di lui, quale nostra Sapienza, nostro saggio Consigliere.
Sotto la sua guida dobbiamo vedere la sapienza che c’è nel fare una
consacrazione completa e la sapienza che c’è nel far seguire a questa
consacrazione una vita di santificazione, per fare la volontà del Padre.
In ogni passo che facciamo, la cosa principale è la sapienza; e durante
tutta la vita di consacrazione, o santificazione, ad ogni passo del
cammino verso la Città Celeste, abbiamo bisogno della sapienza che viene
dall’alto, che l’Apostolo descrive, "prima pura, poi pacifica,
mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza
parzialità e senza ipocrisia". (Giac. 3:17) La sapienza terrena
opera secondo i criteri dell’egoismo, dell’ostinatezza,
dell’autostima, dell’ipocrisia, dell’autosufficienza; e, come
l’Apostolo rileva, queste cose portano ad invidia e discordia, perché
questa sapienza, anziché provenire dall’alto, è "terrena,
sensuale, diabolica". La sapienza celeste, invece, è in armonia col
carattere divino dell’amore, che "non si vanta di se stesso, non si
gonfia, non si comporta sconvenientemente, non gode dell’iniquità, ma
gioisce della verità".
C’è
anche ordine nell’operato di questa sapienza; poiché mentre acquista
[99] influenza su tutte le condizioni indicate sopra dall’Apostolo
Giacomo, c’è una differenza nel grado che assegna a ciascuna. Mentre lo
spirito di sapienza che viene dall’alto è pacifico, desidera pace e
cerca di promuoverla, nondimeno non pone la pace per prima, ma la purezza:
"prima pura, poi pacifica". È la sapienza terrena che
suggerisce: "pace ad ogni costo" e ordina alla coscienza di
stare ferma di modo che si possa promuovere una pace egoista. La sapienza
che è pura è semplice, è schietta, onorabile, aperta: ama la luce; non
appartiene alle tenebre, al peccato, né favorisce alcuna cosa che debba
essere nascosta: riconosce le opere nascoste come opere generalmente delle
tenebre, le cose segrete come generalmente cose malvagie. È pacifica in
tanto in quanto è coerente con l’onestà e la purezza; desidera pace,
armonia, unità. Ma dato che la pace non viene prima, quindi può essere
solo moralmente in pace e completamente in armonia con quelle cose che
sono oneste, pure e buone.
Questa
sapienza celeste è mite: non grezza, rozza, sia nei suoi piani che nei
metodi. La sua mitezza, nondimeno, viene dopo la sua purezza e pacificità.
Coloro che la possiedono non sono principalmente miti e poi puri e
pacifici, ma prima, o principalmente, puri, santificati con la verità.
Sono desiderosi di pace e disposti a promuoverla; pertanto sono miti e
arrendevoli. Ma possono essere arrendevoli solo in armonia con la purezza,
la pace e la mitezza; non possono essere arrendevoli per assistere in
qualche opera malvagia, poiché lo spirito della sapienza celeste
proibisce una tale linea di condotta.
La
sapienza celeste è piena di misericordia e di frutti buoni: gode della
misericordia che vede come un elemento essenziale del carattere divino che
tenta di copiare. La misericordia e tutti i buoni frutti dello Spirito
santo del Signore procedono sicuramente da, e si maturano e si sviluppano
nel, cuore che è illuminato dalla sapienza che viene dall’alto; ma
questa misericordia, mentre, con compassione e con un senso di voler
soccorrere, invade coloro che fanno il male non intenzionalmente e senza
consapevolezza, non può avere compassione o un senso d’associazione
verso chi intenzionalmente fa il male, poiché lo spirito di sapienza non
è prima misericordia, ma prima purezza. Quindi la misericordia di questa
sapienza si può solo esercitare pienamente verso chi fa del male non
intenzionalmente o senza consapevolezza.
[100]
Questa sapienza celeste è dichiarata " senza parzialità". La
parzialità comporterebbe ingiustizia; e la purezza, la pace, la mitezza,
la misericordia e i buoni frutti dello Spirito di sapienza che vengono
dall’alto non ci fanno più portare rispetto per le persone a meno che
il carattere non dimostri il loro vero valore. Le caratteristiche esterne
dell’uomo naturale, il colore della pelle, ecc. sono ignorate dallo
Spirito del Signore, lo Spirito di sapienza che viene dall’alto: esso è
imparziale e desidera ciò che è puro, pacifico, mite, vero, ovunque si
trovi e in qualsiasi circostanza appaia.
Questa
sapienza che viene dall’alto è inoltre "priva d’ipocrisia",
è così pura, così pacifica, così mite, così misericordiosa verso
tutti che non c’è bisogno d’ipocrisia quando è essa in controllo. Ma
con tutto ciò che è peccaminoso essa è destinata ad essere al di fuori
dell’armonia, al di fuori della simpatia, al di fuori della fraternità,
perché è in fraternità, in simpatia con tutto ciò che è puro o che va
in direzione della purezza, pace e mitezza; e in queste condizioni non
c’è spazio per l’ipocrisia.
La
sapienza celeste riguardo a tutte queste questioni Dio ce l’ha data
attraverso suo Figlio, non solo nel messaggio della sua opera redentrice,
ma anche nel mostrare le grazie dello Spirito e la sua obbedienza al
Padre, istruendoci in tal modo sia con la parola che con l’esempio.
Inoltre, questa sapienza che viene dall’alto giunge a noi attraverso gli
apostoli, quali rappresentanti di Cristo, attraverso i suoi insegnamenti,
come pure attraverso tutti quelli che hanno ricevuto questo Spirito di
sapienza dall’alto e che cercano ogni giorno di far risplendere la loro
luce in modo tale da glorificare il loro Padre nei Cieli.
Cristo nostra giustificazione
Abbiamo
già discusso, fino ad un certo punto, la riconciliazione tra Dio e
l’uomo, nella quale nostro Signore Gesù è stato fatto Giustificazione
per tutti quelli che lo accettano.* Ma vogliamo esaminare qui più
particolarmente il significato di questa parola comune, Giustificazione,
che sembra essere solo imperfettamente capita dalla [101] maggioranza del
popolo del Signore. Il pensiero principale nella parola Giustificazione è
(1) la giustizia, oppure uno standard di ciò che è retto; (2) che
qualcosa è al di fuori dell’accordo con questo standard, non in
sintonia con i suoi requisiti; (3) il portare la persona o la cosa che è
mancante allo standard adeguato o giusto. Un’illustrazione di ciò è un
paio di bilance o di piatti della bilancia: su un lato un peso rappresenta
la Giustizia; sull’altro lato si dovrebbe riscontrare qualcosa che stia
rappresentando l’obbedienza umana di ugual peso, in modo da
controbilanciare la Giustizia. Questa è più o meno mancante in tutti e
la mancanza richiede che sia compensata aggiungendovi qualcosa, per
portarla alla sua giustificazione o al suo bilanciamento. Se applichiamo
quest’illustrazione in modo più particolare, vediamo Adamo, nella sua
creazione originaria, perfetto; in armonia con Dio e obbediente a lui.
Questa era la condizione appropriata, adeguata, giusta, nella quale egli
avrebbe dovuto continuare. Ma attraverso il peccato è stato sottoposto
alla sentenza divina ed è stato subito respinto, come non più
all’altezza dello standard divino. Da allora la sua discendenza "nata
nel peccato e formata nell’iniquità" è venuta alla luce su un
piano ancora più basso di quello del loro padre Adamo, ancora più
lontano dallo standard richiesto dalla Giustizia divina. Ammesso ciò, è
inutile che chiunque faccia parte della discendenza d’Adamo chieda al
Creatore un nuovo bilanciamento, o una nuova prova, per vedere se riesce o
no ad essere all’altezza dello standard della Giustizia infinita.
Riconosciamo che una tale prova sarebbe assolutamente inutile; che se
l’uomo perfetto ha perso la sua posizione per via della disobbedienza,
noi che siamo imperfetti, caduti, pervertiti, non potremo avere nessuna
speranza di adempiere ai requisiti della Giustizia, o di bilanciarci, di
giustificarci, davanti a Dio: "Noi abbiamo tutti peccato e non siamo
stati all’altezza della gloria di Dio" nella quale la nostra razza
era stata originalmente creata, in modo rappresentativo, nel padre Adamo.
__________
*Vol.
V, Cap. XV.
__________
Se,
poi, vediamo che come razza, noi siamo tutti ingiusti, tutti non retti,
tutti imperfetti e se vediamo anche che nessuno, con nessun’opera, può
soddisfare i requisiti della Giustizia, vediamo sicuramente che "nessuno
può dare a Dio il prezzo del riscatto di suo fratello". (Sal. 49:7)
Nessuno può compensare la mancanza di un altro, perché non solo egli non
ha nessun soprappiù di merito o di peso o di virtù da applicare ad un
altro, [102] ma non ne ha nemmeno a sufficienza per se stesso "perché
tutti hanno peccato e non sono stati all’altezza". Pertanto
chiediamo: "Può Dio accettare e occuparsi degli ingiusti, dei caduti,
lui che li ha già condannati e ha dichiarato che sono indegni del suo
favore e che moriranno quali indegni della vita?" Ci mostra che egli
ha un modo per farlo, una via per la quale egli può ancora essere giusto
ed essere al tempo stesso il giustificatore di chi crede in Gesù. Egli
mostra che ha designato Cristo il Mediatore del Nuovo Patto e che Cristo
ha acquistato il mondo con il suo stesso sangue - sacrificio - prezioso e
che al tempo opportuno, durante l’età Millenaristica, Cristo farà uso
della sua grande potenza e regnerà quale Re della terra e benedirà tutte
le famiglie della terra con una conoscenza della verità e con
un’opportunità di restaurazione all’immagine di Dio come
rappresentata nel padre Adamo e fortificata dall’esperienza della caduta
e del ristabilimento. Quest’opera di riportare l’umanità alla
perfezione sarà l’opera della Giustificazione: effettivamente rendere perfetto, poiché distinta
dalla nostra giustificazione, una "giustificazione per fede"
attribuita alla Chiesa durante l’età del Vangelo. La giustificazione
effettiva comincerà con l’inizio del regno Millenaristico di nostro
Signore e continuerà passo dopo passo fino a che "ogni uomo"
avrà avuto la più completa opportunità di ritornare a tutto ciò che è
andato perduto mediante padre Adamo, con esperienze in più che saranno
utili. Grazie a Dio per tale periodo di giustificazione effettiva, di
rimedio effettivo, in cui si portano effettivamente quelli della razza che
lo vogliono e che sono obbedienti dall’imperfezione alla perfezione:
fisicamente, mentalmente, moralmente!
Ma ora
stiamo considerando in modo speciale la Nuova Creazione e quali passi Dio
ha fatto per la giustificazione di questa piccola classe d’umanità che
egli ha chiamato alla natura divina, alla gloria e all’immortalità.
Costoro, come pure il mondo, hanno bisogno della giustificazione, perché
per natura "figli del giusto castigo proprio come gli altri";
perché come Dio non poteva avere relazioni con gli uomini nel mondo
durante la sentenza di morte in quanto peccatori, così, su questa base,
non poteva avere neanche relazioni con coloro che egli chiama ad essere
parte della Nuova Creazione. Se il mondo deve essere giustificato, portato
alla perfezione, prima che Dio possa essere di nuovo [103] in armonia con
esso, come può ammettere egli la Chiesa nella fraternità, accettarla
nella coeredità con suo Figlio, senza che sia prima giustificata? Si deve
ammettere che la giustificazione per noi è un prerequisito necessario per
diventare Nuove Creature, ma come si può compiere la giustificazione per
noi? Dobbiamo essere ripristinati alla perfezione assoluta, effettiva dal
punto di vista fisico, mentale, morale? Rispondiamo: "No", Dio
non ha provveduto per noi ad una tale giustificazione effettiva, bensì ha
provveduto ad una giustificazione di un altro tipo, che è chiamata nelle
Scritture "giustificazione
mediante la fede", non una giustificazione effettiva, ma
nondimeno vitale. Dio è d’accordo sul fatto che tutti quelli che
ascolteranno il messaggio della sua grazia e della sua misericordia
attraverso Cristo, durante questo periodo di persistenza del regno del
peccato e della morte, e che concorderanno con la sapienza che viene
dall’alto di confessare la loro condizione errata e, credendo al
messaggio del Signore, di arrendersi a lui, pentendosi del peccato e per
quanto possibile facendo riparazione del male da essi compiuto, questi,
invece di tornare alla perfezione umana attuale, saranno considerati da
lui come se avessero le loro imperfezioni coperte con i meriti di Cristo.
Trattando con loro li considererà giusti e retti, giustificandoli
mediante la fede.
Questa
giustificazione che è messa in conto, o giustificazione mediante la fede,
rimane in vigore fintanto che la fede continua e fintanto che è sostenuta
da sforzi per adempiere la volontà del Signore. (Se la fede e
l’obbedienza vengono meno, immediatamente si smette di attribuire la
giustificazione.) Ma man mano che l’opera della Santificazione
va avanti, la fede-giustificazione non smette. Continua con noi quali
Nuove Creature, non solo coprendoci dalla condanna d’Adamo, ma da tutte
le debolezze e imperfezioni in parole, pensieri, azioni che sono nostre
per via delle debolezze della carne, per via dell’eredità (non
volontarie). Continua in tal modo a coprire il popolo del Signore quali
Nuove Creature fino alla fine del loro cammino, in tutti gli esami e le
prove che devono affrontare quali candidati, e membri in prova, della
Nuova Creazione. È in armonia con ciò che l’Apostolo dichiara: "Pertanto
non c’è ora nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, che camminano
non secondo la carne ma secondo lo Spirito" nonostante il fatto che
il tesoro della nuova natura sia in vasi di terra e che a [104] causa di
ciò ci siano continuamente imperfezioni involontarie, la più piccola
delle quali ci condannerebbe come indegni delle ricompense della vita
eterna in qualsiasi piano se non fossero coperte dai meriti del nostro
abito nuziale, il manto della giustizia di Cristo, giustificazione
calcolata a nostro favore, giustificazione mediante la fede. Avremo
bisogno di questa giustificazione e continuerà ad essere il nostro manto
fintanto che rimaniamo in Cristo e siamo nella carne; ma essa cesserà
completamente nel momento in cui la nostra prova finirà con la nostra
accettazione quali quelli che hanno superato la prova e ci sarà concessa
una parte nella Prima Risurrezione. Come l’Apostolo spiega: si semina
nella corruzione, nel disonore e nella debolezza, ma si risusciterà
nell’incorruttibilità, nella potenza, nella gloria, ad immagine
completa di nostro Signore, lo Spirito Vivificante, che è l’immagine
esplicita della persona del Padre. Quando si raggiungerà questa
perfezione non sarà nessun bisogno di una giustizia da attribuire, giacché
allora saremo effettivamente giusti, effettivamente perfetti. Non importa
se la perfezione della Nuova Creazione sarà su un piano più alto di
quella del mondo; es., per quanto riguarda la giustificazione non importa;
quelli che riceveranno la grazia di Dio nella restaurazione alla natura
umana, nella perfezione, saranno giusti o perfetti
quando quell’opera sarà completata, ma perfetti o giusti su un piano
inferiore a quello dello spirito. Coloro i quali sono chiamati ora alla
natura divina e sono giustificati mediante la fede in anticipo, in tal
modo da permettere la loro chiamata e l’essere messi alla prova quali
figli di Dio, non saranno giustificati o resi perfetti effettivamente fino
a che alla Prima Risurrezione non raggiungeranno in tutti i dettagli
quella pienezza di vita e quella perfezione nella quale non ci sarà nulla
dell’imperfezione presente: la perfezione ora soltanto messa in conto o
attribuita ad essi.
La causa o il motivo della nostra giustificazione
In
molte menti si è verificata confusione su questo punto per aver
tralasciato di mettere a confronto le dichiarazioni della Parola di Dio.
Alcuni, ad esempio, notando l’espressione dell’Apostolo secondo cui
noi siamo "giustificati mediante la fede"
(Rom. 5:1; 3:28; Gal. 3:24), credono che la fede sia talmente preziosa
agli occhi di Dio da coprire le
nostre imperfezioni. Altri, notando l’affermazione dell’Apostolo per
cui noi [105] siamo "giustificati mediante la grazia
di Dio"(Rom. 3:24; Tito 3:7), ritengono che Dio giustifichi o
riscatti chiunque egli voglia arbitrariamente, senza tener conto delle
qualità o dei meriti o della fede o delle opere che si possano
riscontrare in loro. Altri ancora notano la dichiarazione della Scrittura
secondo cui noi siamo "giustificati mediante il suo
sangue" (Rom. 5:9; Ebr. 9:14; I Giov. 1:7) e deducono da ciò che
la morte di Cristo abbia avuto come effetto una giustificazione per tutti
gli uomini, a prescindere dalla loro fede e dalla loro obbedienza. Altri
ancora prendono la frase della Scrittura che dice che Cristo è stato
"risuscitato dai morti per la nostra giustificazione" (Rom.
4:25) e, facendosi forti di ciò, asseriscono che la giustificazione ci
viene attraverso la risurrezione di Cristo. Altri, poi, riferendosi alla
Scrittura che afferma "un uomo è giustificato mediante le sue opere"
(Giac. 2:24), sostengono che alla fin fine sono le nostre opere che
decidono la questione del favore o della disapprovazione presso Dio.
La
realtà delle cose è che queste espressioni sono tutte vere e
rappresentano semplicemente lati diversi di una grande questione,
esattamente come un grande edificio può essere visto dalla facciata
anteriore, da quella posteriore, dai lati e da vari angoli. Nell’offrire
le espressioni suddette, gli apostoli trattavano fasi diverse del soggetto
in questione in momenti diversi. È compito nostro metterle tutte insieme
e vedere in questa combinazione la verità intera sull’argomento della
giustificazione.
Prima
di tutto, noi siamo giustificati mediante la grazia di Dio. Il nostro Creatore non aveva nessun obbligo di fare
assolutamente nulla per la nostra riabilitazione dalla punizione giusta
che ci aveva imposto. È solo per il suo favore o la sua grazia che,
prevedendo la caduta anche prima che fossimo creati, ebbe compassione di
noi e nel suo piano stabilì prima della fondazione del mondo che
l’Agnello fosse ucciso per la nostra redenzione. Risolviamo questa
questione della nostra riconciliazione con il Padre, in altre parole che
essa è avvenuta completamente per grazia sua mediante i mezzi che ha
preferito usare per compierla.
In
secondo luogo noi siamo giustificati dal
sangue di Cristo, dalla sua opera redentrice, dalla sua morte, vale a
dire, la grazia del Creatore nei nostri confronti è stata manifestata
nell’aver stabilito questo per
noi: che "Gesù Cristo per la grazia di Dio avrebbe sperimentato la
morte per ciascun uomo" e in tal modo avrebbe pagato la punizione per
Adamo. E dato che tutto il mondo ha subito la condanna attraverso Adamo,
[106] l’effetto finale sarà la cancellazione del peccato del mondo
intero. Togliamoci tutti i dubbi anche su questo punto, come abbiamo fatto
per il primo, cioè che la grazia di Dio opera soltanto attraverso
quest’unico canale, in tal modo che "chi ha il Figlio ha la vita, e
chi non ha il Figlio non ha la vita" ma continua ad essere sotto la
pena di morte. I Giov. 5:12
In
terzo luogo, è ugualmente vero che Gesù Cristo sia stato risuscitato dai
morti per la nostra giustificazione; poiché faceva parte del piano divino,
non solo che il Messia fosse il redentore del popolo, ma che egli sarebbe
stato il santificatore e il restauratore di tutti quelli che avrebbero
desiderato ritornare all’armonia con il Padre. Pertanto, mentre la morte
di Gesù è stata di primaria importanza quale base per la nostra
riconciliazione, egli non sarebbe potuto essere mai il canale della nostra
benedizione e della nostra restaurazione se egli fosse rimasto nella morte.
Quindi il Padre, che ha stabilito la sua morte quale prezzo della nostra
redenzione, ha anche stabilito la sua risurrezione dai morti, così che al
tempo opportuno potesse essere l’agente per la giustificazione
dell’uomo, per il ritorno dell’umanità ad una condizione appropriata
o giusta, in armonia con Dio.
In
quarto luogo, noi (la Chiesa) siamo giustificati mediante la fede nel
senso che ciò che il Signore ha stabilito non è per una giustificazione
o una restaurazione effettive di qualcuno durante quest’età, ma per una
restaurazione semplicemente messa in conto, o mediante la fede; e ciò,
naturalmente, può riguardare solo coloro che esercitano la fede. Né la
nostra fede, né la mancanza di fede, può avere nulla a che fare con le
disposizioni divine che Dio si è proposto e che sta portando avanti e
porterà a termine a suo tempo; ma la nostra partecipazione a questi
favori che ci sono offerti prima del mondo dipende dalla nostra fede.
Durante l’età Millenaristica le lunghezze e le vastità del piano
divino della salvezza saranno manifestate a tutti: il Regno di Dio sarà
stabilito nel mondo e colui che ha redento l’umanità, colui che ha
ricevuto il potere di benedire tutti con una conoscenza della verità,
giustificherà effettivamente,
oppure ristabilirà alla perfezione, tutti quelli che desidereranno e
accetteranno il favore divino nei termini divini.
Vero,
si può anche dire che la fede
sia essenziale per il progresso della [107]
restaurazione verso la giustificazione
effettiva, poiché "senza la fede è impossibile riuscire graditi
a Dio" e perché le benedizioni e le ricompense della restaurazione
saranno conferite con criteri che richiedono la fede; ma la fede che si
richiederà allora per il progresso della restaurazione sarà molto
diversa dalla fede richiesta ora a coloro che sono "chiamati ad
essere santi", "coeredi con Gesù", "Nuove
Creature". Quando il Regno di Dio sarà in controllo e Satana
incatenato e si sarà lasciata la conoscenza del Signore riempire la
terra, questi compimenti delle promesse divine saranno riconosciuti da
tutti e quindi la visione o la conoscenza
afferrerà effettivamente molto di quello che ora è riconoscibile solo
dall’occhio della fede. Ma, nondimeno, servirà la fede, perché si
proceda fino alla perfezione; e così la giustificazione effettiva che si
potrebbe ottenere per la fine del Millennio sarà raggiunta soltanto da
coloro che eserciteranno in modo persistente la fede e le opere. Sebbene
sia scritto a proposito di questo periodo: "I morti saranno giudicati
dai libri secondo le loro OPERE",
come in antitesi al giudizio presente della Chiesa "secondo
la vostra FEDE", tuttavia le loro opere non saranno senza fede,
come anche la nostra fede non deve essere senza opere per quanto ci è
possibile.
La
dichiarazione dell’Apostolo secondo cui Dio giustificherà i gentili
attraverso la fede (Gal. 3:38),
è rivelata dal contesto come avente il significato che la riconciliazione
per restaurazione non verrà come risultato dell’Antico Patto, ma
mediante la grazia secondo i termini del Nuovo Patto, nel quale tutti
quelli che ne beneficheranno dovranno credere, accettare e al quale
dovranno conformarsi. Una differenza tra la giustificazione presente e
futura, è che ai consacrati del tempo presente, una volta esercitata una
fede corretta, sarà concessa istantaneamente, mediante la fede, la fraternità con il Padre,
attraverso la giustificazione messa
in conto; mentre l’esercizio della fede obbediente nelle condizioni
più favorevoli della prossima età non porterà per niente la
giustificazione messa in conto e darà luogo alla giustificazione
effettiva e alla fraternità con Dio soltanto alla fine del Millennio. Il
mondo nel frattempo sarà nelle mani del grande Mediatore, la cui opera
consisterà nell’indicare agli uomini la volontà divina e
nell’occuparsi di loro, correggendo e restaurando coloro che obbediscono,
finché non li avrà [108] effettivamente giustificati e, quando ciò avverrà, egli li
presenterà senza colpa davanti al Padre, al momento in cui si appresterà
a rimettere il suo Regno a Dio, nelle mani del Padre. I Cor. 15:24
Ora il
Signore sta cercando una classe speciale per costituire la sua Nuova
Creazione e nessuno è stato chiamato a questa vocazione celeste eccetto
coloro che sono stati portati ad una conoscenza della grazia di Dio in
Cristo e sono stati capaci di accettare questa divina disposizione
mediante la fede, a fidarsi totalmente del grande esito del piano di Dio
che la loro fede in esso influenzerà e darà un’impronta al corso delle
loro vite nel tempo presente e farà loro stimare la vita che verrà come
un valore così preminente che, al confronto, la vita presente e i suoi
interessi non appariranno altro che spreco e materiale di scarto.
Esercitando la fede in questo tempo tenebroso, quando la prevalenza del
male sembra mettere in dubbio la sapienza, l’amore e la potenza del
Creatore, la Chiesa è considerata da Dio come se avesse vissuto durante
l’età Millenaristica e avesse sperimentato la sua restaurazione alla
perfezione umana; e questa posizione, in cui è considerata, è concessa
con l’intento che essa possa presentare in sacrificio quella perfezione
umana che, seconde disposizioni divine, raggiungerà tra poco, con
l’intento che essa possa così presentare il suo corpo (considerato
perfetto) e tutti i suoi privilegi della restaurazione, tutte le speranze,
gli scopi e gli interessi terreni, un sacrificio vivente, dando questi in
cambio delle speranze e delle promesse celesti della natura divina e della
coeredità con Cristo, alle quali si uniscono, quali prove della nostra
sincerità, le condizioni di sofferenza e di perdita per quanto riguarda
gli interessi e gli onori terreni dell’uomo.
In
quinto luogo, questa classe, ora giustificata mediante la sua fede, non
deve pensare di negare la sua fede compiendo volontariamente opere
contrarie. Deve sapere che mentre Dio sta occupandosi di loro in modo
benigno dal punto di vista della fede, senza imputare a loro le loro
trasgressioni, ma calcolandole come già ripagate dal loro Redentore sul
Calvario, senza imputare a loro le loro colpe, ma occupandosi di loro
secondo il loro spirito o la loro volontà o intenzione, e non secondo la
carne o ciò che hanno compiuto effettivamente, nondimeno, si aspetterà
che la carne sia soggiogata alla nuova mente il più possibile, "per
quanto sta in noi" e che essa cooperi in tutte le opere buone fino al
limite delle sue opportunità e possibilità. In questo senso e in questo
[109] grado le nostre opere hanno a che fare con la nostra giustificazione,
come testimonianza corroborativa, che prova la sincerità della nostra
devozione. Nondimeno, il nostro giudizio da parte del Signore non è
secondo le opere ma secondo la fede: se giudicati secondo le nostre opere
sarebbero tutti trovati "non all’altezza della gloria di Dio";
però, se giudicati secondo i nostri cuori, le nostre intenzioni, le Nuove
Creature possono essere approvate secondo lo standard divino in conformità
con i termini del Patto di Grazia, mediante il quale il merito del
sacrificio di Cristo copre le imperfezioni involontarie. E sicuramente
nessuno potrebbe avere da obiettare riguardo al fatto che il Signore si
aspetti da noi che produciamo quanti più frutti di giustizia possibili
nelle condizioni presenti imperfette. Non ci chiede più di questo e non
ci dovremmo aspettare che egli accetti e ricompensi meno di questo.
Come
illustrazione di questa generale operazione di giustificazione mediante la
grazia, mediante il sangue e mediante la nostra fede e il rapporto delle
opere con essi, considerate il servizio del trasporto tranviario elettrico.
L’unica centrale elettrica in certo modo illustrerà la sorgente della
nostra giustificazione: la grazia di Dio. Il filo che porta la corrente
rappresenterà imperfettamente nostro Signore Gesù, l’Agente del Padre
nella nostra giustificazione; le vetture tranviarie rappresenteranno i
credenti e le prese ad asta rappresenteranno la fede che deve essere
esercitata e che deve premere contro il filo. (1) Tutto dipende dalla
corrente elettrica. (2) Il prossimo in ordine d’importanza è il filo
che ci porta la corrente. (3) Senza il braccio della fede che tocca e
preme sul Signore Gesù, il canale della nostra giustificazione, non
riceveremmo nessuna benedizione. (4) La benedizione ricevuta da noi e che
deriva dal contatto con il Signore Gesù corrisponderebbe
all’illuminazione con la corrente elettrica della vettura, ad indicare
che l’elettricità c’è e può essere usata; ma (5) il conducente e la
sua leva rappresentano la volontà umana, mentre (6) il motore stesso
rappresenta le nostre attività o energie soggette alla forza che ci viene
attraverso la fede. Tutte queste forze in combinazione sono necessarie per
il nostro progresso, di modo che possiamo fare il percorso e alla fine
[110] arrivare al capolinea che, in quest’illustrazione,
corrisponderebbe al nostro posto quale Nuova Creazione nella casa del
nostro Padre dove ci sono molte mansioni, o condizioni per i tanti figli
di molte nature.
Giustificazione e gli Antichi Dignitari
Guardando
al passato, possiamo vedere dai documenti apostolici che nel lontano
passato, prima che fosse sparso il sangue prezioso per la nostra
giustificazione, c’erano degli antichi dignitari: Enoch, Noè, Abramo,
Isacco, Giacobbe, Davide e vari altri santi profeti che furono
giustificati mediante la fede. Dato che essi non potevano aver avuto fede
nel sangue prezioso, che fede c’era in loro che li giustificasse?
Rispondiamo come sta scritto: "Hanno creduto in Dio e questo fu
considerato per loro quale giustizia [giustificazione]." Vero, Dio
non rivelò a loro, come ha rivelato a noi, la filosofia del suo piano,
perché possiamo vedere come ha potuto essere giusto e al tempo stesso
essere colui che giustifica chi crede in Gesù, e, quindi, essi non furono
responsabili per non aver creduto ciò che non era stato rivelato. Ma essi
credettero in ciò che Dio aveva rivelato e quella rivelazione conteneva
tutto ciò che ora abbiamo, solo in un modo molto condensato, come una
ghianda contiene una quercia. Enoch profetizzò la venuta del Messia e le
benedizioni che ne sarebbero scaturite, Abramo credette in Dio riguardo al
fatto che la sua discendenza sarebbe stata grandemente favorita da Dio a
tal punto che attraverso di essa tutte le nazioni sarebbero state
benedette. Ciò implicava una risurrezione dai morti, perché molte delle
nazioni della terra erano già morte. Abramo credette che Dio sarebbe
stato capace di far risorgere i morti, a tal punto che quando fu messo
alla prova fu pronto perfino a staccarsi da Isacco, attraverso il quale si
sarebbe dovuta compiere la promessa, contando sul fatto che Dio sarebbe
stato capace di farlo risorgere dalla morte. Non possiamo sapere con
certezza quanto chiaramente egli e gli altri abbiano capito i metodi
esatti con i quali Dio avrebbe stabilito il suo Regno nel mondo e vi
avrebbe portato la giustizia eterna giustificando tutti quelli che
avrebbero obbedito al Messia; ma abbiamo le parole stesse di nostro
Signore a questo riguardo, che Abramo, almeno, con considerevole chiarezza,
afferrò il concetto del giorno Millenaristico che stava arrivando e,
forse, anche in certo modo afferrò il concetto [111] del sacrificio che
nostro Signore stava per compiere per i peccati quando disse: "Abramo
ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno e l’ha veduto e se
n’è rallegrato." Giov. 8:56
Non
tutti vedono chiaramente la differenza che c’è tra la giustificazione fraterna
con Dio di Abramo e altri del passato prima che Dio completasse la base di
quella fraternità nel sacrificio di Cristo e la giustificazione a
vita durante quest’età del Vangelo. C’è una bella differenza,
tuttavia, tra queste benedizioni, sebbene sia necessaria la fede per
entrambe. Tutti erano giustamente sotto la pena di morte e, quindi,
nessuno si poteva ritenere escluso da quella sentenza: "giustificati
a vita" (Rom. 5:18), finché non fosse compiuto il grande sacrificio
per i peccati non fosse stato compiuto dal nostro Redentore; come dichiara
l’Apostolo, quel sacrificio fu necessario prima di tutto "perché
Dio potesse essere giusto" in questa questione. (Rom. 3:26) Ma la Giustizia,
prevedendo il compimento del piano redentore, non poteva sollevare
nessun’obiezione al fatto che esso fosse annunciato in anticipo
semplicemente, quale evidenza del favore divino, a coloro che possedevano
la fede che era richiesta, giustificando costoro a questo livello e a
questa dimostrazione di fraternità con Dio.
L’Apostolo
si riferisce alla "giustificazione a
vita" (Rom. 5:18) come alla predisposizione divina mediante
Cristo, che alla fine sarà aperta a tutti gli uomini, ed è questa
giustificazione a vita che si ritiene che raggiungano ora, primi al mondo,
coloro che sono chiamati alla Nuova Creazione mediante l’esercizio della
fede, essi attuano una giustificazione non solo in termini di fraternità
con Dio quali suoi amici e non estranei, sconosciuti, stranieri, nemici,
ma inoltre è possibile per loro mediante la stessa fede di afferrare i
diritti della restaurazione alla
vita assicurati loro dal sacrificio del Redentore e poi di sacrificare
quei diritti della vita terrena come cosacrificatori e
"under-priest" [ovvero sacerdoti subordinati] associati al Sommo
Sacerdote della nostra professione, Gesù Cristo.
Mentre
gli antichi dignitari potettero arrivare all’armonia con Dio mediante la
fede nell’operazione di un piano non completamente rivelato a loro e
neanche iniziato, sembra che sarebbe stato impossibile per la giustizia
divina andare più in là di così con [112] chiunque finché non si fosse
compiuta effettivamente l’espiazione del peccato mediante il sacrificio
di Cristo. Questo va perfettamente d’accordo con la dichiarazione
dell’Apostolo secondo la quale: "Dio...aveva in vista qualcosa di
meglio per noi [la Chiesa del Vangelo, la Nuova Creazione], onde essi [gli
antichi dignitari umili e fedeli] non giungessero alla perfezione senza di
noi. " (Ebr. 11:40) Va d’accordo anche con la dichiarazione di
nostro Signore riguardo a Giovanni Battista perciò, sebbene non fosse
nato nessun altro profeta più grande di lui, nondimeno, essendo morto
prima che il sacrificio d’espiazione fosse effettivamente compiuto, il
più piccolo nella classe del Regno dei cieli, la Nuova Creazione,
giustificato a vita (dopo il
compimento effettivo del sacrificio per il peccato) e chiamato a soffrire
e a regnare con Cristo, sarebbe stato più grande di lui. Matt. 11:11
Abbiamo
già preso nota del fatto che Cristo e la Chiesa in gloria eseguiranno
un’opera giustificatrice (restauratrice) sul mondo durante l’età
Millenaristica e che non si tratterà di giustificazione mediante la fede
(o messa in conto così), com’è la nostra, ma una giustificazione effettiva,
una giustificazione mediante le opere nel senso che sebbene insieme alla
fede la prova finale sarà "secondo le loro opere" . (Apoc.
20:12) Ora la Nuova Creazione deve camminare mediante la fede e non
mediante quello che vede, e la loro fede è messa alla prova e le è
richiesto di "perseverare nel vedere colui che è invisibile",
nel credere cose che, per quanto si può vedere dalle testimonianze
esterne, sono improbabili per la mente naturale, irragionevoli. E questa
fede, sostenuta dalle nostre opere imperfette, ha anche il sostegno delle opere perfette del Signore fatte a nome nostro ed è accettabile a Dio per
il principio secondo cui se continuiamo a sforzarci in queste condizioni
così imperfette, al massimo della nostra capacità, per essere graditi al
Signore e per partecipare così allo Spirito di Cristo, per cui godiamo di
soffrire per la giustizia, questa è la prova che in condizioni favorevoli
non saremmo sicuramente meno leali al principio. Quando la conoscenza del Signore riempirà la terra e le tenebre e le foschie
che ora avvolgono i fedeli del Signore saranno scomparse e il grande Sole
della Giustizia inonderà il mondo con la verità, con l’assoluta
conoscenza di Dio, del suo [113] carattere, del suo piano, quando gli
uomini vedranno le evidenze del favore, dell’amore e della
riconciliazione di Dio mediante Cristo nel sollevamento graduale che
avverrà in tutti quelli che allora cercheranno l’armonia con lui,
quando la restaurazione mentale, fisica e morale sarà manifesta,
allora la fede sarà in misura considerevole diversa dalla fede cieca ora
necessaria. Essi allora non "vedranno oscuramente [indistintamente]
attraverso un vetro"; l’occhio della fede non sarà affaticato per
vedere le evidenze delle cose gloriose ora in serbo per coloro che amano
Dio, poiché quelle cose gloriose saranno più o meno distintamente
manifestate agli uomini. Mentre gli uomini allora crederanno in Dio e
avranno fede in lui, ci sarà un’enorme differenza tra credere in questo
modo alle evidenze dei loro sensi e la fede che la Nuova Creazione deve
esercitare ora riguardo alle cose che non vediamo. La fede che Dio ora
cerca nel suo popolo è preziosa ai suoi occhi e contraddistingue una
classe piccola, particolare; pertanto egli ha disposto per essa un premio,
o una tale ricompensa. Quando l’età Millenaristica sarà stata
completamente introdotta, sarà impossibile dubitare dei fatti che sono
sotto gli occhi di tutti e quindi sarà fuori luogo continuare ad offrire
una ricompensa speciale a chi non dubiterà.
Ma
sebbene la conoscenza del Signore riempia tutta la terra e non ci sia più
la necessità di dire ad un vicino: "Conosci il tuo Signore!",
nondimeno ci sarà per l’uomo una prova diversa dell’obbedienza, non
nella fede ma nelle opere; poiché "E avverrà che ogni anima che non
avrà ascoltato [obbedito a] codesto profeta, sarà del tutto tagliata via
dal popolo". (Atti 3:23) È durante il tempo presente delle tenebre
per quanto riguarda il compimento del piano divino, quando il peccato
abbonda e Satana è il principe di questo mondo, che il nostro Signore
pone un premio per la fede, con le parole: "Ti sia fatto secondo la
tua fede" (Matt. 9:29); ed ancora: "Questa è la vittoria che
vince il mondo, proprio la vostra fede." (I Giov. 5:4) Ma per quanto
riguarda la prova del mondo, o il giudizio nell’età Millenaristica, o
il Giorno del Giudizio, leggiamo che tutti saranno giudicati secondo le
loro opere, sostenute dalla fede;
sarà fatto a loro secondo le loro opere ed essi staranno diritti alla
fine dell’età Millenaristica approvati oppure respinti. Apoc. 20:12
[114]
La
giustificazione, come abbiamo già visto, significa portare il peccatore
in pieno accordo con il suo Creatore. Non leggiamo in nessun luogo della
necessità per il peccatore di essere giustificato davanti a Cristo, ma
che attraverso il merito di Cristo egli deve essere giustificato davanti
al Padre e ci potrebbe essere utile esaminare perché ciò sia così per
comprendere tutto quest’argomento. È perché il Creatore si erge a
rappresentante della sua stessa legge e perché ha posto padre Adamo e la
sua stirpe sotto il giogo di quella legge all’inizio, dichiarando che il
loro godere del suo favore e della sua benedizione e della vita eterna
dipendeva dall’obbedienza e che la disobbedienza avrebbe fatto perdere
tutti questi favori. Non si può mettere da parte questa posizione.
Pertanto, prima che l’umanità possa avere fraternità con Dio e la sua
benedizione per la vita eterna, essa deve in qualche modo ritornare al
pieno accordo con il suo Creatore e, quindi, ritornare a quella perfezione
che resisterà alla piena luce dell’ispezione divina e alla prova
completa dell’obbedienza. Così il mondo, per così dire, giaceva
lontano dall’Onnipotente, che di proposito aveva disposto le sue leggi
di modo che esso fosse lontano dalla Giustizia e rendesse necessario il
suo piano di redenzione e di restaurazione, o di giustificazione, o di
ritorno alla perfezione, di coloro che lo avrebbero voluto e sarebbero
stati obbedienti, attraverso il Redentore, che, frattanto, si sarebbe
posto quale Mediatore o intermediario.
Il
Mediatore, sebbene perfetto, non aveva nessuna legge da difendere, non
aveva pronunciato contro Adamo e la sua stirpe nessuna sentenza che gli
avrebbe impedito di riconoscerli e d’essere misericordioso riguardo alle
loro imperfezioni. Al contrario, egli acquistò il mondo nel peccato e
nell’imperfezione, rendendosi pienamente conto della sua condizione
rovinata. Egli prende l’umanità così come la trova e durante l’età
Millenaristica si occuperà di ciascun individuo del mondo secondo la sua
particolare condizione, con misericordia per i deboli e aspettandosi di più
dai più forti, adattando in tal modo se stesso e le leggi del suo Regno a
tutte le varie originalità, imperfezioni, debolezze, ecc. così come le
trova, poiché il "Padre...ha dato tutto il giudizio al Figlio."
(Giov. 5:22) Il Figlio illustrerà all’umanità lo standard perfetto
della legge divina che essi devono raggiungere alla fine prima di poter
essere giusti ed accettabili agli occhi di Dio, [115] alla fine dell’età
Millenaristica; ma egli non insisterà su quello standard e non riterrà
coloro che non lo raggiungono violatori di esso, bisognosi di
un’appropriazione di grazia per coprire tutte le trasgressioni, siano
esse intenzionali o involontarie. Al contrario, tutta quest’espiazione delle violazioni della legge perfetta e immutabile di Dio
sarà terminata prima ancora che egli prenda le redini del governo.
Cristo
ha già pagato il prezzo nel sacrificio di se stesso. Egli ha già
attribuito benignamente quel merito alla famiglia della fede e per la fine
di quest’età del Vangelo applicherà definitivamente l’intera offerta
per i peccati a favore di "tutto il popolo", il mondo intero
dell’umanità. Dio ha mostrato attraverso il tipo di Giorno
dell’Espiazione che essa sarà accettata e che sarà come stato di
quest’accettazione che Cristo e la sua Chiesa allora assumeranno il
governo del mondo sotto ciò che può essere definita legge marziale, o un
governo dispotico, che mette da parte le leggi e gli standard ordinari a
motivo delle esigenze del caso e amministra la legge in maniera adatta,
non nei confronti di coloro che sono in una condizione perfetta o
appropriata (come sono le leggi dell’impero di Geova), ma adattate alla
condizione di ribellione e di anarchia che si è prodotta nel mondo quale
risultato del peccato. Questo dominio d’emergenza, nel quale il Re
regnerà non solo come re ma anche come giudice e sacerdote supremo, è
ideato, come abbiamo appena visto, per giustificare effettivamente il
mondo, non in termini di messa in conto, mediante le opere quale standard
o esame finale, sostenute dalla fede. Questa giustificazione effettiva sarà
effettuata non all’inizio del regno Millenaristico, ma come risultato
del regno, alla sua fine.
La
giustificazione del tempo presente mediante la fede esiste tenendo di
vista di permettere a pochi, quelli che Dio ha designato alla chiamata per
il suo servizio speciale, di partecipare al Patto d’Abramo quale Seme
della promessa, come cosacrificatori
e quindi coeredi con Gesù. Perfino con questo Dio non può stipulare un
contratto diretto, ma, per così dire, anche dopo essere giustificati
mediante la fede e mediante il merito del loro Redentore essi sono
trattati come incompetenti e sono informati che sono accettati soltanto
nel Diletto, in Cristo e che tutti i loro contratti per il patto di
sacrificio non [116] saranno validi, se non avallati da lui.
Com’è
evidente che l’unico obiettivo di quest’età del Vangelo è chiamare
in azione un piccolo gregge dall’umanità per costituire i membri della
Nuova Creazione e che il provvedimento di giustificare a
vita i credenti, mediante la fede, è preso tenendo di vista di dar
loro una buona reputazione presso Dio per mezzo della quale possano
assumersi gli impegni del patto richiesti ai candidati per la Nuova
Creazione. Come già notato la condizione alla quale saranno accettati
nella Nuova Creazione è quella del sacrificio di se stessi, e giacché
Dio non è disposto a ricevere nulla d’imperfetto come sacrificio, noi,
membri della razza imperfetta e condannata, non saremmo potuti essere
accettabili finché non fossimo giustificati effettivamente da tutto il
peccato, affinché quindi, come l’Apostolo lo esprime, potessimo "presentare
i nostri corpi in sacrificio vivente, santi,
accettabili a Dio, nostro culto spirituale". Rom. 12:1
Coloro che sono giustificati provvisoriamente
In
vista di ciò, che dire di coloro che arrivano alla prospettiva di fede in
Dio e ad una misura di
giustificazione e che, vedendo che un successivo progresso nella via del
Signore significa sacrificio di se stessi, abnegazione, ecc. nondimeno si
tirano indietro, rifiutandosi di entrare per la porta stretta e la via
angusta di una consacrazione così completa, perfino sino alla morte?
Dovremo dire che Dio è adirato contro di essi? No: dobbiamo supporre che
fino ad un certo punto, avanzando nelle vie della rettitudine, sono stati
graditi a Dio. E che essi ricevano una benedizione, sembra che
l’Apostolo lo dichiari dicendo*: "Essendo giustificati mediante la
fede noi abbiamo la pace con Dio attraverso nostro Signor Gesù Cristo." Questa
pace implica un certo discernimento del piano divino con riguardo alla
cancellazione in futuro dei peccati dei credenti (Atti 3:19); implica
anche un buon grado d’armonia con i principi di giustizia, perché la
fede in Cristo ha sempre un’azione riformatrice. Godiamo per tutti
quelli che sono arrivati fino a questo punto, ci rallegriamo del fatto che
essi hanno questo vantaggio sulle masse dell’umanità che il dio di
questo mondo ha accecato completamente e che, pertanto, nel momento [117]
presente non possono vedere ed apprezzare la grazia di Dio in Cristo. Noi
li esortiamo a rimanere nel favore di Dio continuando ad andare avanti
fino alla completa obbedienza.
*Il
pensiero più recente dell’autore è che questo testo possa essere
considerato come riferentesi a quelli che sono giustificati vitalmente.
"Non ricevete la grazia di Dio invano"
Ma per
quanto possiamo rigioire con costoro e per quanta pace e gioia possano
giungere a tali credenti, cercando di camminare per la via della
rettitudine ma evitando la via angusta del sacrificio, con franchezza
dobbiamo richiamare l’attenzione sul fatto che costoro "ricevono la
grazia di Dio invano" (II Cor. 6:1), perché la grazia di Dio nella
giustificazione che hanno ricevuto, era da intendersi come il gradino
verso ancora maggiori privilegi e benedizioni della somma vocazione della
Nuova Creazione. La grazia di Dio è ricevuta invano da costoro, perché
non usano questa grande opportunità, che simile a questa non è stata mai
offerta prima a nessuno e, per quanto ne dicono le Scritture, non sarà
mai più offerta. Essi ricevono la grazia di Dio invano, perché le
opportunità di restaurazione che saranno loro concesse nell’età che
sta per venire saranno concesse a tutta la razza redenta. La grazia di Dio
in quest’età consiste semplicemente nel fatto che essi sono stati resi
coscienti della sua bontà prima del mondo, con l’intenzione che questi
potessero procedere attraverso la giustificazione fino al raggiungimento
della chiamata e alla partecipazione al premio glorioso che sarà dato al
corpo eletto di Cristo, il Sacerdozio Regale.
Dando
uno sguardo sul "mondo Cristiano" solo di nome, sembra evidente
che la gran massa perfino dei credenti sinceri
non è mai andata più in là di questo gradino preliminare della
giustificazione: essi "hanno gustato che il Signore è buono" e
ciò li ha appagati. Essi, invece, dopo aver avuto quest’assaggio, si
sarebbero dovuti rendere conto di avere un’altra fame e un’altra sete
ben più grandi di giustizia, di verità, di conoscenza del carattere e
del piano divino, di crescita in grazia, conoscenza e amore e di
raggiungere una nuova comprensione della volontà divina riguardo ad essi,
argomento che tratteremo più avanti, nel capitolo sulla Santificazione.
Per
quanto possiamo discernere, il vantaggio di coloro che sono giustificati
[118] provvisoriamente si riferisce semplicemente a questa vita
presente e al sollievo che sperimentano riguardo al carattere benigno di
Dio e ai suoi rapporti futuri con loro. Eppure la conoscenza che hanno in
questo rispetto è così scarsa che a volte cantano:
"Spesso
provoca un pensiero angoscioso:
Sono o non sono suo."
Il
fatto è che, sebbene Cristo sia stato la loro sapienza fino al punto di
mostrar loro che avevano bisogno di un Salvatore e inoltre, fino al punto
di mostrar loro qualcosa della salvezza che era stata predisposta in lui
stesso, non rientra nel piano divino che egli debba continuare ad essere
la loro sapienza e a guidarli nelle "cose profonde di Dio" a
meno che essi, mediante la consacrazione e la devozione, non diventino
seguaci nelle sue orme. Il credente che non è consacrato non è
assolutamente in alcun senso una Nuova Creatura, anche se, vedendo
qualcosa delle vie di Dio e di ciò che egli richiede, costui cerchi di
vivere nel mondo una vita morale, spirituale, onesta. Egli appartiene
ancora alla terra, è ancora terreno; non ha mai progredito fino a
scambiare i suoi diritti umani, terreni (assicurati attraverso Gesù) con
le cose del cielo alle quali il Signore mediante il suo Sacrificio ha
aperto la porta. Come nel tipo ai Leviti non era permesso di andare nei
luoghi Santi del Tabernacolo oppure di vedere le cose che vi erano dentro,
così nell’antitipo, ai credenti non è permesso di entrare nelle cose
profonde di Dio o di vedere ed apprezzare le loro grandezze, senza
diventar prima membri del Sacerdozio Regale mediante completa
consacrazione di se stessi.
Aspettarsi
preferenze e favori speciali per opera del Signore durante l’età
Millenaristica perché è stato ricevuto invano il suo favore nella vita
presente sembrerebbe un buon affare come aspettarsi una benedizione
speciale perché non è stata usata bene una benedizione precedente o
perché le è stato dato poco valore. Se scoprissimo che ad alcuni che non
hanno ricevuto favori durante quest’età del Vangelo saranno concessi
nell’età che sta per venire i favori più importanti, non sarebbe ciò
in armonia con quanto avvenuto in passato nei rapporti divini? Non sarebbe
ciò considerevolmente d’accordo con le parole del Signore: "Ci
saranno ultimi che saranno primi e primi che saranno ultimi?" In
verità, l’Apostolo indica chiaramente che una volta che la Nuova
Creazione [119] sarà completata e sarà introdotta l’età
Millenaristica, il favore speciale di Dio passerà di nuovo al naturale
Israele, dal quale fu tolto all’inizio dell’età del Vangelo. Rom.
11:25-32
Coloro
che sono giustificati fraternamente con Dio prima di quest’età, che
hanno mantenuto la loro giustificazione e che, quale ricompensa, saranno
fatti "prìncipi su tutta la terra" durante il Regno celeste,
hanno mantenuto ciò a costo delle abnegazioni terrene. (Ebr. 11:35)
Coloro dell’età presente che faranno uso e manterranno la loro
giustificazione in modo giusto devono farlo a costo della carne. Il
piccolo gregge, fedele fino ad un grado eccezionale, darà la sua vita al
servizio della verità e dei fratelli e quindi costoro saranno copie del
Capitano della nostra Salvezza. Anche la seconda classe, considerata in
altro luogo col nome di "Grande Compagnia", deve raggiungere la
propria ricompensa a costo della carne, sebbene a motivo del minor zelo
nel sacrificarsi perdano la gran ricompensa della Nuova Creazione e dei
privilegi del suo Regno. Queste tre classi sembrano essere le uniche a
trarre vantaggio, di là della vita presente, dalle opportunità speciali
di quest’età di giustificazione mediante la fede.
Le
operazioni del Regno, alla luce della conoscenza completa e secondo
l’aspetto delle opere, per varie ragioni, attrarranno per primo
evidentemente in maniera più marcata Israele nella carne, che, una volta
tolta di mezzo la sua cecità, diventerà eminentemente zeloso per
l’Unto del Signore e dirà, come dichiarato nella profezia: "Questo
è il nostro Dio; abbiamo sperato in lui ed egli ci ha salvati." (Is.
25:9) Ma mentre Israele sarà il primo a rientrare nel nuovo ordine delle
cose, le benedizioni e le opportunità del Regno saranno rapidamente
estese - ringraziamo Dio! - in tutto il mondo con lo scopo che tutte le
nazioni possano diventare figli d’Abramo nel senso che essi
parteciperanno alle benedizioni promesse a lui, come sta scritto: "Ti
ho fatto padre di molte nazioni; nel tuo seme saranno benedette tutte le
famiglie della terra."
Cristo fatto per noi Santificazione
Come la
sapienza o la conoscenza di Dio è arrivata fino a noi quale risultato del
sacrificio di nostro Signore Gesù a nostro favore e come la
giustificazione poi è arrivata a [120] noi attraverso il suo merito,
quando abbiamo accettato la sua espiazione e quando abbiamo consacrato
completamente tutti noi stessi a Dio, così è anche per la nostra
santificazione attraverso di lui. Nessun uomo può santificare se stesso
nel senso di farsi accettare e adottare nella famiglia di Dio della Nuova
Creazione, generata dal suo Spirito. (Giov. 1:13; Ebr. 5:4) Come il merito
di Cristo è stato necessario per la nostra giustificazione, così
l’accettarci come membra del suo corpo, "under-royal
priesthood" [ovvero sacerdozio regale subordinato] e il suo continuo
soccorso sono indispensabili per rendere sicure la nostra vocazione e la
nostra elezione. L’Apostolo condanna alcuni per "non attenersi al
Capo" (Col. 2:19) e noi intuiamo che un tale riconoscimento di Gesù
Cristo, non solo come Redentore dal peccato ma anche come Capo,
rappresentante, guida, istruttore e protettore del corpo (la Chiesa) è
essenziale ad ogni suo membro. Nostro Signore richiama l’attenzione su
questo bisogno di permanere sotto le sue cure, dicendo ripetutamente:
"Dimorate in me; ...come il tralcio non può da sé portar frutto, se
non rimane nella vite; così neppure voi se non dimorate in me." (Giov.
15:4) "Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate
quel che volete e vi sarà fatto." (Giov. 15:7) L’Apostolo mette in
evidenza questo stesso bisogno di dimorare in Cristo, dicendo: "È
cosa spaventevole cadere nelle mani del Dio vivente." (Ebr. 10:31)
Procede ad indicare ciò che vuol dire citando le parole della profezia:
"Poiché il nostro Dio è un fuoco che consuma." L’amore di
Dio, non meno della sua giustizia, brucia alla presenza di tutto il
peccato e "tutta l’ingiustizia è peccato"; "egli non può
guardare [o riconoscere] il peccato"; quindi, ha provveduto non alla
protezione dei peccatori ma al loro salvataggio dalle malattie e dalla
pena della distruzione.
Questo
ci assicura, d’accordo con varie dichiarazioni della Scrittura, che sta
venendo il tempo in cui il peccato e i peccatori, con i fattori
concomitanti del peccato, del dolore, della sofferenza e della morte,
saranno eliminati. Ringraziamo Dio! Possiamo rigioire anche di questo
tratto distintivo del carattere divino, che Dio è un fuoco che consuma,
quando sappiamo che egli ci ha procurato un rifugio in Gesù Cristo per il
periodo delle nostre imperfezioni involontarie e che ha predisposto in lui
anche per [121] la nostra liberazione finale dal peccato, dalla morte e da
ogni debolezza, rendendoci ad immagine perfetta di lui stesso, per la
Nuova Creazione, la perfezione della natura divina e della sua pienezza,
per la "Grande Compagnia" la perfezione su un piano in certo
modo corrispondente a quello degli angeli; per essere i ministri, i
compagni della Chiesa glorificata: "le vergini, le sue compagne che
la seguono". (Sal. 45:14) Gli antichi dignitari, poi, saranno
perfezionati nella natura umana, immagini di Dio nella carne e
rappresentanti glorificati del Regno celeste e canali della benedizione
divina a tutte le famiglie della terra. Infine, una volta che tutte le
prove, le opportunità e gli esami dell’età Millenaristica avranno
portato tutti i volonterosi e gli obbedienti alla perfezione ed avranno
dimostrato la loro lealtà a Dio, costoro avranno raggiunto anche la
perfezione umana, l’immagine di Dio nella carne; e la volontà di Dio
fra tutti costoro sarà allora così ben capita e ben obbedita - e ciò
sarà fatto di cuore - che egli non sarà più per loro come il fuoco che
consuma perché tutte le loro scorie saranno state rimosse sotto la
disciplina del grande Mediatore, alle cui cure erano stati affidati
dall’amore e dalla sapienza del Padre. Allora Cristo "vedrà il
travaglio della sua anima e sarà soddisfatto" dei risultati.
La
santificazione vuol dire mettere da parte per il santo culto. I peccatori
non sono chiamati alla santificazione, ma al pentimento; e ai peccatori
che si sono pentiti non s’impone la consacrazione, ma s’impone di credere nel Signore Cristo Gesù fino alla giustificazione. Soltanto
la classe dei giustificati è spronata alla santificazione, coloro che
credono nelle promesse di Dio centrati in Cristo e rassicurati dal suo
sacrificio-riscatto. Ciò non vuol dire che la santificazione o la santità
non sia cosa adatta per tutta l’umanità: vuol dire semplicemente che
Dio ha previsto che finché un uomo occupa la posizione di peccatore non
pentito, sia inutile invitarlo a mettere se stesso da parte per avviarsi
ad una vita di santità; deve prima rendersi conto della sua peccaminosità
e diventare penitente. Non significa che il penitente non dovrà diventare
santificato, non dovrà essere distinto per una santità di vita, ma
significa che una santificazione che lascia fuori la giustificazione
sarebbe assolutamente inutile. Nell’ordine di Dio, noi dobbiamo venire a
[122] conoscenza per prima cosa della bontà divina nei provvedimenti
presi per i nostri peccati e accettare la sua disposizione quale dono
gratuito mediante Cristo, prima di essere nell’atteggiamento adatto per
consacrarci o per santificarci al suo servizio. Inoltre, l’obiettivo per
tutta questa disposizione nell’età del Vangelo (la chiamata al
pentimento, la dichiarazione delle buone notizie sulla giustificazione e
l’invito a tutti i credenti di santificarsi o di consacrarsi a Dio, sono
tutti elementi o parti del grande unico piano che Dio sta compiendo ora)
è lo sviluppo della Nuova Creazione. Dio ha preordinato che tutti quelli
che faranno parte della Nuova Creazione devono essere sacrificatori, del
"Sacerdozio Regale", e ciascuno di essi deve avere qualcosa da
offrire a Dio, proprio come il nostro Sommo Sacerdote che "ha offerto
se stesso a Dio". (Ebr. 7:27; 9:14) L’“under-priesthood” [ovvero
il sacerdozio subordinato], anche, deve
offrirsi tutto a Dio, come esorta l’Apostolo, "Vi esorto,
fratelli [fratelli: perché giustificati e quindi portati nella fraternità
con Dio], per le compassioni di Dio [il perdono dei peccati già
sperimentato], a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo,
accettabile a Dio e il vostro culto spirituale." (Rom. 12:1) Ora,
allora, osservate che giacché i nostri corpi non sono effettivamente
"santi", essi devono essere resi tali secondo il criterio del
mettere in conto prima di poter diventare "accettabili a Dio",
prima di poter essere calcolati "santi"; vale a dire, dobbiamo
essere giustificati mediante la fede in Cristo prima
di avere qualcosa di santo e accettabile da deporre sull’altare di Dio;
e deve essere deposto sull’altare di Dio, sacrificato e accettato da lui
per le mani del nostro Sommo Sacerdote, prima di poter essere contati come
suo "Sacerdozio Regale".
La
santificazione sarà il requisito del grande Re durante l’età
Millenaristica. Il mondo intero sarà chiamato alla santificazione, ad
essere messi da parte lontani dall’impurità, dal peccato d’ogni sorta
e a rendere obbedienza alla volontà divina, come rappresentata nel Regno
e nei suoi prìncipi. Allora, alcuni può darsi che si conformino ad una
santificazione o ad una santità di vita esteriore senza santificarsi nel
cuore, costoro può darsi che progrediscano mentalmente, moralmente e
fisicamente, fino al limite estremo della restaurazione, fino alla
perfezione completa e, facendo così, godranno, [123] frattanto, delle
benedizioni e delle ricompense di quel glorioso periodo, fin proprio alla
sua fine. Ma a meno che per quel tempo la loro santificazione non si
estenda proprio ai pensieri e alle intenzioni che hanno in cuore, non
saranno idonei per le condizioni eterne al di là dell’età
Millaneristica, in cui non entrerà nulla che non sia in conformità con
la volontà divina in pensieri, parole e opere.
Ma
mentre approfondiamo in tal modo la santificazione come principio generale
e le sue operazioni sul mondo nel futuro, non perdiamo di vista il fatto
che le Scritture sono state scritte specialmente "per il nostro ammonimento", per l’ammonimento della Nuova Creazione.
Quando giungerà per il mondo il momento di essere istruito secondo i
criteri della santificazione, esso avrà il Grande Maestro: il Sole della
Giustizia inonderà allora tutta la terra con la conoscenza di Dio. Non ci
sarà più una Babele d’idee e di dottrine confusionarie; poiché il
Signore ha fatto una promessa riguardo a quel giorno, dicendo: "Io
muterò il linguaggio per il popolo in un linguaggio [messaggio] puro,
affinché possano invocare il nome del Signore per servirlo con un solo
consenso." (Sof. 3:9) L’Apostolo si sta rivolgendo soltanto alla
Nuova Creazione quando dichiara che Cristo "di Dio si è fatto per noi
giustizia, giustificazione, santificazione e liberazione". Pertanto,
prestiamo la più seria attenzione a queste cose scritte per la nostra istruzione e che ci sono evidentemente necessarie per rendere
sicure la nostra vocazione ed elezione alla partecipazione alla Nuova
Creazione.
Come ha
detto il Signore agli Israeliti tipici: "Santificatevi"e
"Io vi santificherò" (Lev. 20:7,8; Es. 31:13), così ordina
all’Israelita spirituale di consacrare se stesso, di presentare il suo
corpo in sacrificio vivente, di offrire se stesso a Dio nel e per il
merito dell’espiazione di Cristo; e il Signore accetta e mette da parte
come santi solo coloro che fanno ciò durante il "tempo accettabile"
e scrive i loro nomi nel libro della vita dell’Agnello (Apoc. 3:5) e
distribuisce loro le corone della gloria, dell’onore e dell’immortalità
che saranno loro se si mostreranno fedeli a tutti i loro impegni, la qual
cosa, siamo assicurati, è soltanto un "culto spirituale". (Apoc.
3:11)
[124]
Come la consacrazione dei Leviti nel tipo è stata una consacrazione
ragionevole a seguire la rettitudine, ma non una consacrazione al
sacrificio, così questo gradino ulteriore di santificazione che
appartiene a coloro che accettano la chiamata di Dio al Sacerdozio Regale
è stata simboleggiata nel tipo dalla consacrazione di Aronne e dei suoi
figli nell’ufficio sacerdotale: una consacrazione al sacrificio. È
stata simboleggiata dai vestiti di lino bianco a rappresentare la
rettitudine, la giustificazione e dall’olio per l’unzione e dal
sacrificio a cui tutti i sacerdoti hanno partecipato. Ebr. 8:3
Nei
tipi del Levitico s’individuano chiaramente due consacrazioni: (1) la
consacrazione generale di tutti i Leviti; (2) una consacrazione speciale
dei pochi Leviti che furono sacrificatori
o sacerdoti. I primi rappresentano la consacrazione generale al vivere
santo e all’obbedienza a Dio che fanno tutti i credenti e che, per
grazia di Dio, attraverso Cristo, realizza per loro, in modo provvisorio,
la "giustificazione a
vita" e la pace con Dio. Questo è ciò che tutti i veri credenti
capiscono e sperimentano in quest’età. Ma, come spiega l’Apostolo:
"il fine del comandamento è l’amore che procede da un cuore puro"
(I Tim. 1:5); vale a dire, Dio prevede che la nostra adesione alla nostra
prima consacrazione, la nostra adesione ai termini della nostra
giustificazione durante l’età presente, nel suo fine,
ci porterà alla seconda consacrazione come sacerdoti per il sacrificio.
In che
modo? Perché il vivere in modo santo e l’obbedienza a Dio comprende
"l’amore che procede da un cuore puro" per Dio e per i nostri
simili. L’amore per Dio significa "con tutto il cuore, la mente,
l’essere e la forza"; e tale amore non aspetterà i comandi ma
cercherà il servizio, dicendo: "Signore, cosa vuoi che faccia?"
Ogni fedele "Israelita veramente" al primo avvento ha avuto
questa consacrazione primaria, tipizzata nei Leviti e a costoro il Signore
dette la chiamata speciale del Vangelo, di consacrare alla morte, di
sacrificare i loro interessi terreni per quelli celesti, per allinearsi
come seguaci nelle orme di Gesù, il Capitano della nostra Salvezza, nella
via angusta che porta alla gloria, all’onore e all’immortalità.
Costoro man mano che obbedivano all’invito erano accettati come sacerdoti, membra del corpo
del Sommo Sacerdote della nostra Professione: "figli di Dio".
Giov. 1:12
[125]
Per tutta l’età del Vangelo prevale lo stesso piano di procedura: (1)
la consacrazione all’obbedienza e alla giustizia, come antitipici Leviti;
poi una scoperta che la giustizia significa amore supremo per Dio e un
desiderio di conoscere e di fare la sua volontà; poi, più tardi, un
accorgersi che ora tutta la creazione è così deformata e distorta e
fuori dell’armonia con Dio che l’armonia con lui significa disarmonia
con tutta la mancanza di rettitudine nella nostra carne come in quella
altrui; poi uno sguardo e un pianto rivolto verso il Signore per sapere
perché ci ha chiamato e perché ha accettato la nostra consacrazione
mentre apparentemente non ha reso ciò possibile se non attraverso il
sacrificio di se stessi. Come risposta a questo grido il Signore ci
istruisce dicendo che: "Siete stati chiamati ad un’unica speranza,
quella della vostra vocazione" (Efes. 4:4) e che la vocazione è alla
coeredità con nostro Signore nella gloria, nell’onore e
nell’immortalità del Regno (Luca 12:32; Rom. 2:7) e che la strada è
angusta e difficile perché riuscire a continuare ad affrontare questi
esami è indispensabile per coloro che egli onorerà così. (Mat. 7:14;
Rom. 8:17) È stato quando abbiamo sentito la chiamata mediante
l’Apostolo: "Vi esorto, fratelli...presentate i vostri corpi in
sacrificio vivente, santo ed accettabile a Dio, e il vostro culto
spirituale" e quando l’abbiamo accettata e quando ci siamo
consacrati fino alla morte, che
siamo stati considerati sacerdoti,
del "Sacerdozio Regale", membra del Sommo Sacerdote della nostra
professione (od ordine) Gesù Cristo: Nuove Creature.
Tali
credenti, una volta presa coscienza che "il fine del comandamento è
l’amore che procede da un cuore puro", se si rifiutano di
progredire fino alla fine, si rifiutano di accettare la chiamata al
sacrificio e in tal modo si rifiutano di uniformarsi all’obiettivo di
Dio nella loro giustificazione messa in conto, non sono all’altezza del
patto d’obbedienza alla rettitudine a causa della strettezza della
strada e così rifiutano "l’unica speranza, quella della nostra
vocazione". Costoro non "ricevono la grazia di Dio [la
giustificazione a vita messa in conto] invano?".
Dando uno sguardo indietro agli antichi dignitari e notando quanto è
costato loro ottenere "buona testimonianza per la fede" e "piacere
a Dio" e mantenere così la loro giustificazione fraterna (Ebr. 11:5,
32-39), possiamo aspettarci che la giustificazione
a vita, concessa durante quest’età del Vangelo a coloro [126] che
diventano antitipici Leviti, si possa mantenere mediante un grado
inferiore di lealtà del cuore verso il Signore e nei confronti della
giustizia? Certamente si deve concludere che quei credenti giustificati
provvisoriamente (antitipici Leviti) i quali quando "calcolano il
costo" (Luca 14:27, 28) dell’essere discepoli (a cui la loro
consacrazione, già fatta, porta) e i quali in seguito declinano di
esercitare la fede nel soccorso del Signore promesso e rifiutano o
trascurano di prestare il loro "culto spirituale", rendendo la
loro consacrazione completa, anche fino alla morte, costoro hanno ricevuto
il favore del Signore invano. Certamente non si possono considerare
realmente in possesso della giustificazione a vita; o neppure della
giustificazione fraterna speciale con Dio ; pertanto essi decadono dalla
posizione di favore goduta dagli antitipici Leviti e non si devono
ritenere più tali.
Ma fra
chi apprezzano il favore di Dio e i cui cuori rispondono lealmente ai
privilegi e al "culto spirituale" della consacrazione completa e
che s’impegnano a rispettare il patto d’obbedienza a Dio e alla
giustizia anche fino alla morte, vi sono queste due classi:
(1)
Quegli antitipici Leviti che con gioia "danno
la propria vita" volontariamente, cercando modi e mezzi per servire
il Signore, i fratelli e la Verità, e considerando pertanto un piacere e
un onore sacrificare le comodità terrene, gli agi, il tempo, l’influenza,
i mezzi e tutto ciò che forma la vita
presente. Questi sacrificatori gioiosi, che lo sono volontariamente, i
sacerdoti antitipici che entro breve tempo saranno glorificati e, con il
loro Signore, costituiranno il "Sacerdozio Regale"
che, una volta terminati i loro sacrifici, non saranno più tipizzati da
Aronne e i suoi figli che facevano i sacrifici per il popolo, ma da
Melchisedec, un sacerdote sul trono, che distribuisce al mondo, durante il
Millennio, le benedizioni assicurate dai "migliori sacrifici"
durante l’antitipico Giorno dell’Espiazione: quest’età del Vangelo.
(2)
Un’altra classe di credenti nel cuore risponde lealmente e,
gioiosamente, si consacra completamente al Signore e al suo "culto
spirituale" dimostrando così la propria dignità nell’essere gli
antitipici Leviti, perché non riceve la grazia di Dio invano. Ma, ahimè,
sebbene rispondano alla chiamata ed entrino così nella "sola
speranza, quella [127] della nostra vocazione" e in tutti quei
privilegi degli eletti, nondimeno il loro amore e il loro zelo non sono
tali da spingerli a compiere il sacrificio che si sono impegnati a fare.
Costoro, poiché il loro amore e la loro fede non sono abbastanza intensi,
non riescono a portare, o a mantenere, i loro sacrifici sull’altare; per
questo, non si possono considerare "copie" complete del nostro
Sommo Sacerdote, che si è dilettato a fare la volontà del Padre; non
riescono a vincere e pertanto non possono essere contati tra i "vincitori"
che parteciperanno con il Signore al Regno dei cieli quali membri del
"Sacerdozio Regale"; non riescono a rendere sicure la loro
vocazione ed elezione mediante il completo rispetto del loro patto.
Ma che
ne è di questi? Hanno perso tutto per aver partecipato alla corsa per il
premio e per non avercela fatta a passare l’esame dello zelo e
dell’amore necessario per vincere? No, grazie a Dio; anche se sotto
esami cruciali la loro fede e il loro zelo non si sono rivelati
sufficienti per la loro classificazione tra i sacerdoti, nondimeno la loro
sufficienza di fede e di zelo nel fare la consacrazione fino alla morte ha
dimostrato la sincerità di cuore che hanno come Leviti. Tuttavia, non
basta che abbiano fatto la consacrazione completa; deve essere data dimostrazione
che essi amano il Signore nel loro cuore e che non lo rinnegherebbero a nessun costo, anche se non sono abbastanza
fedeli da cercare il sacrificio al suo servizio. Qual è quest’esame che
confermerà costoro come degni della sorte dei Leviti nel Regno? E come
sarà applicato?
Abbiamo
già fatto riferimento a questa "grande compagnia" del popolo
del Signore veramente consacrato la cui figura è tratteggiata
nell’Apocalisse 7:13-15. "Questi sono coloro che vengono dalla
grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel
sangue dell’Agnello. Perciò essi sono di fronte [e non sul]
trono di Dio e lo servono giorno e notte [continuamente] nel suo tempio
[la Chiesa]: e colui che siede sul trono spiegherà su loro il suo
tabernacolo" [li assocerà a sé e alla sua Sposa glorificata nella
condizione spirituale e nei suoi servizi]. "Vergini stolte!" Si
sono lasciate sfuggire l’opportunità di diventare membra della Sposa;
ma sono, nondimeno, vergini,
pure nelle intenzioni che hanno in cuore. Perdono il premio,
ma guadagnano, più tardi, mediante [128] prove rigorose, una porzione
alla festa nuziale con lo Sposo e la Sposa come "le vergini sue
compagne che la seguono"; esse saranno anche avvicinate di fronte al
Re. "Con letizia e giubilo esse saranno condotte; esse entreranno nel
palazzo del Re". (Sal. 45:14,15) Come Leviti non sono riusciti ad
ottenere il prezzo del Sacerdozio Regale, ma sono ancora Leviti e possono
servire Dio nel suo tempio glorificato, la Chiesa, sebbene non possano
essere né "colonne" né "pietre vive" di quel tempio.
(Apoc. 3:12; 19:6,7; Sal. 45:14,15) Il verso che fa seguito all’ultima
citazione richiama alla nostra attenzione i Leviti antitipici del periodo
precedente, noti ad Israele nella carne come "padri"; e ci
assicura che essi saranno ricompensati essendo fatti : "prìncipi di
tutta la terra".
Allo
stesso modo, i tre figli di Levi (Kehath, Gherson e Merari) sembrano
rappresentare quattro classi. (1) Mosè, Aronne e tutta la famiglia
sacerdotale di Amran (figlio di Kehath) le cui tende erano di fronte [est]
al Tabernacolo. Costoro avevano la completa responsabilità di tutte le
cose religiose, i loro fratelli, anche tutti i Leviti, essendo i loro
assistenti o servi onorati. (2) Accampati a sud c’era la famiglia Kehath,
i loro parenti più prossimi, e costoro avevano la responsabilità degli
articoli più sacri: gli Altari, il Candeliere (supporto per la lampada),
la Tavola e l’Arca. (3) Accampati a nord del Tabernacolo c’erano i
Leviti della famiglia di Merari, prossimi nell’onore del culto, che
avevano la responsabilità dei pali ricoperti d’oro e dei pilastri,
delle incassature, ecc. (4) Accampati nella parte posteriore, c’era la
famiglia Gherson di Leviti, con la responsabilità dei servizi di minore
importanza: facchinaggio, ecc., delle corde, delle tende esterne, della
porta d’accesso, ecc.
Queste
famiglie distinte di Leviti possono rappresentare appropriatamente quattro
classi distinte dell’umanità giustificata,
allorché la riconciliazione è completata: i santi, o il Sacerdozio
Regale, gli antichi dignitari, la "grande compagnia" e coloro
che nel mondo sono stati salvati. Come non è insolito quando si tratta di
tipi, i nomi sembrano essere significativi. (1) La famiglia di Amram
scelta per essere sacerdoti: il nome AMRAM significa popolo
alto, oppure popolo eminente.
Che nome appropriato per il tipo di "piccolo gregge" il
cui capo è Gesù Cristo! "Sommamente eminente", "molto
alto", sono le dichiarazioni Scritturistiche di codesti sacerdoti.
(2) KEHATH significa alleato, o
[129] compagno. È stato dalla famiglia di Kehath che furono
scelti i figli di Amram per essere una nuova casa di sacerdoti. La
famiglia di Kehath di Leviti, potrebbe, perciò, rappresentare
adeguatamente gli antichi dignitari la cui fede, obbedienza, lealtà a Dio
e la buona volontà di soffrire per la giustizia è stata attestata così
in pieno e con la quale sentiamo un’affinità così intima. Essi erano
veramente gli alleati del Signore e nostri; e sotto alcuni punti di vista
sono in tutti i sensi più vicini a Cristo che qualsiasi altro. (3) MERARI
significa amarezza; pertanto, la
famiglia Merari di Leviti sembrerebbe rappresentare la "grande
compagnia" di coloro che sono stati generati dallo spirito che non
riescono a vincere il premio del Sacerdozio Regale e sono "salvati
come fosse dal fuoco", venendo fuori attraverso "grande
tribolazione" ed esperienze amare
fino alla posizione d’onore e di culto che essi occuperanno. (4) GHERSON
significa rifugiati o salvati; pertanto la famiglia Gherson di Leviti sembra rappresentare
bene il mondo salvato dell’umanità, i quali saranno tutti rifugiati
soccorsi e liberati, salvati dalla cecità e dalla schiavitù di Satana.
Così,
dunque, primo in ordine come pure in rango fra questi antitipici Leviti, o
giustificati, sarà il Sacerdozio Regale, alle cui cure sarà affidato il
Regno Millenaristico ed ogni autorità. Alla loro destra vi saranno i
parenti più stretti, gli antichi dignitari, che essi "faranno prìncipi
su tutta la terra". Vicino alla loro sinistra vi saranno i loro
fratelli fedeli della Grande Compagnia.* E ultimi di tutti saranno quelli
salvati dal peccato e dalla morte durante il Millennio, la cui lealtà sarà
stata attestata completamente nella grande prova con cui si terminerà
l’età Millenaristica. Apoc. 20:7-9
__________
* Il
pensiero più recente dell’Autore è che alcuni brani scritturali
sembrano insegnarci che gli Antichi
Dignitari non precedano, ma siano di rango inferiore a quello della Grande Compagnia durante il Millennio, ma che essi saranno ricevuti
nella natura dello spirito e fra gli onori più grandi, alla conclusione
di esso.
__________
Tutte
queste classi di Leviti saranno tali man mano che saranno esaminati e man
mano che avranno passato le prove di lealtà dei loro cuori. Ciò non significa che coloro che sono giustificati ora, nel
senso provvisorio, mediante la fede e che tralasciano o si rifiutano di
andare avanti e di portare a compimento la fine
del comandamento, [130] (in altre parole amare con un amore che scaturisce
da un cuore puro) e che perciò ricevono questa grazia di Dio invano
non abbiano altre opportunità. Se al momento in cui "calcolano il
costo" della partecipazione al servizio sacerdotale del sacrificio
declinano l’offerta, la loro valutazione del "servizio spirituale"
a Dio non è certamente da elogiare e da ricompensare, ma la loro mancanza
di saggezza non dovrebbe neppure meritare, dal punto di vista della
giustizia, un castigo; altrimenti la chiamata alla gloria, all’onore e
all’immortalità non viene dalla grazia, ma dalla necessità (non un
invito, ma un comando), non un sacrificio, ma un obbligo. La lacuna nella
loro giustificazione o l’annullamento di quest’ultima li lascia ancora
parte del mondo redento, proprio com’erano prima di aver accettato
Cristo mediante la fede, con l’eccezione che il loro aumento di
conoscenza fa accrescere la responsabilità che hanno di fare il bene. In
altre parole, nel tempo presente la prova per la vita o la morte eterna
coinvolge soltanto coloro che volontariamente fanno una consacrazione
completa di se stessi al Signore "anche fino alla morte". Il
resto della razza non è ancora giudicato per la vita o la morte eterna e
non lo sarà finché non si sia stabilito il Regno Millenaristico.
Frattanto, comunque, ogni membro del mondo in proporzione alla sua luce o
sta edificando o sta distruggendo il carattere e pertanto sta rendendo
migliori o peggiori le sue condizioni Millenaristiche e le sue prospettive,
concernenti la vita eterna, a seconda che obbedisca o non rispetti la
conoscenza e la coscienza che possiede.
Tuttavia
con coloro che sono completamente consacrati la questione è diversa.
Mediante la loro consacrazione più piena, fino
alla morte, essi rinunciano alla vita terrena in toto, scambiandola
con quella spirituale, che dovrà essere loro se fedeli fino alla morte,
ma non altrimenti. Quindi, la slealtà vorrà dire morte, per l’eternità;
come di sicuro per gli infedeli del mondo alla conclusione del Millennio.
I
Leviti non avevano, nessuno di essi, alcun’eredità nella terra di
Canaan. Ciò è indicativo del fatto che avendo consacrato tutti se stessi
al Signore, ed essendo nel profondo del cuore completamente d’accordo
con la sua giustizia, le condizioni imperfette del tempo presente di
peccato non sono la loro eredità. Canaan ha rappresentato la condizione di
conflitto nello stato di prova, la conquista dei nemici, la vittoria sui
mali, ecc., specialmente durante il Millennio; ma Dio ha provveduto ad
un’eredità migliore, senza peccato e perfetta per tutti quelli che egli
giustifica
[131]
completamente come Leviti antitipici. I primi a ricevere quest’eredità
migliore saranno i Sacerdoti, che costituiranno la Prima Risurrezione e
saranno resi perfetti fino alla natura divina; gli "Antichi Dignitari"
saranno i prossimi e riceveranno l’eredità perfetta mediante la
risurrezione come esseri umani perfetti*, la "Grande Compagnia"
verrà dopo in ordine e sarà resa perfetta sul piano spirituale, e ultima
di tutti, la classe di Gherson, istruita ed elevata e messa alla prova
durante il Millennio riceverà la sua eredità mediante quella
risurrezione graduale, o elevazione dalla morte alla vita, che sarà
raggiunta completamente alla conclusione del Millennio.
__________
*Vedere
nota in calce, pagina 129.
__________
Come
soltanto quei credenti che effettuano la consacrazione fino al massimo,
"fino alla morte", sono generati dallo Spirito Santo e contati
come membra del Sommo Sacerdote, così i tipi illustrati; poiché i Leviti
in generale non hanno ricevuto l’olio santo dell’unzione, tipico dello
Spirito santo, ma soltanto i sacrificatori, i sacerdoti. Costoro furono
tutti aspersi con l’olio mescolato al sangue, per mostrare che lo
Spirito Santo elargito alle membra di Cristo è loro solo in virtù dello
spargimento del sangue: (1) il sacrificio di Gesù Cristo a loro favore,
che li giustifica; e (2) il loro impegno ad unirsi a Cristo nel sacrificio,
dando la propria vita al suo servizio. Es.
29:21
L’unzione
del sommo Sacerdote è stata ancora un’altra questione e ha
rappresentato l’essere uno, la solidarietà, della Chiesa eletta; poiché
quest’unzione è avvenuta soltanto su chi doveva ufficiare in qualità
di sacerdote principale: su Aronne soltanto, all’inizio; ma su ciascuno
dei suoi figli man mano che successero all’ufficio di sacerdote
principale "perché mi esercitino l’ufficio
di sacerdoti". (Es. 28:41; 40:13, 15) Gesù Cristo nostro
Signore, in qualità di Capo della Chiesa che è il suo corpo "fu
unto con l’olio della letizia [lo Spirito santo] al
di sopra dei [il capo sopra] suoi simili" o coeredi, gli
"under member" [membri subordinati] del "Sacerdozio
Regale". È stato versato tutto su di lui e "tutti noi abbiamo
ricevuto dalla sua pienezza [abbondanza], e favore su favore". È
stato un "dono indescrivibile" quello di essere perdonati e
giustificati per il merito del suo sacrificio; sì, è quasi impossibile
credere che noi saremmo [132] stati chiamati ad essere suoi coeredi nel
Regno e ad avere la nostra consacrazione "sigillata" con
l’aspersione del sangue e dell’olio e ad essere inclusi nell’unzione
del nostro Capo.
Il
profeta Davide è stato guidato dal Signore nel darci una descrizione
rapida e sommaria dell’Unzione e di com’è stata versata tutta sul
nostro Capo e di come deve scendere su di noi partendo da lui. (Sal.
133:1-3; 45:7; Luca 4:18) I membri della Chiesa sono i "fratelli"
il cui spirito li spinge a "dimorare insieme in unità". Tutti
quelli che sono uno con il Capo, devono essere d’accordo con le altre
membra del suo Corpo, la Chiesa, e solo in modo proporzionato riceveranno
essi lo Spirito Santo dell’Unzione.* Questo santo olio per l’unzione
rappresentava lo Spirito Santo e l’illuminazione che dà a tutti quelli
che Dio accetta come membri in prova del suo Sacerdozio Regale, la Nuova
Creazione, ciascuno dei quali è "sigillato" o contrassegnato, o
denotato dallo Spirito Santo conferitogli, come già mostrato.†
__________
*Vol.
V, Cap. ix.
†Ibid.
__________
In tal
modo, tutti quelli contrassegnati
dallo Spirito Santo come membri potenziali della Nuova Creazione sono
assicurati dal Signore: "Essi non sono del mondo, proprio come
anch’io non sono del mondo." "Vi ho scelti [dal mondo] e vi ho
ordinati perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto sia
permanente." "Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è
suo; ma dato che voi non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo,
perciò vi odia il mondo." (Giov. 15:16, 19; 17:16) Sebbene questi contrassegni
di santificazione possano, in certo modo, essere scorti dal mondo, non ci
aspettiamo per questo che ci attirino l’ammirazione o l’approvazione
del mondo, ma, piuttosto, che il mondo consideri queste evidenze dello
Spirito santo nelle Nuove Creature come evidenze di debolezza ed
effeminatezza. Il mondo apprezza e approva quello che definisce una vita
robusta e vigorosa, non troppo retta. Nostro Signore ci spiega perché il
mondo non approva i suoi seguaci, specificamente, perché le tenebre [133]
odiano la luce, perché lo standard del suo Sacerdozio Regale in pensieri,
parole ed azioni è più alto dello standard dell’umanità in generale
e, pertanto, sembra condannare più o meno il loro corso. Il mondo
desidera più volentieri essere approvato, essere adulato; e qualunque
cosa lo critichi in qualsiasi grado è evitato in ugual modo, se non
contrastato. Questa disapprovazione della Cristianità per ciò che è
mondano costituisce parte della prova del Sacerdozio Regale; e se la loro
consacrazione non fosse più che sincera sentirebbero così tanto la
mancanza d’associazione con il mondo e desidererebbero così tanto
l’approvazione del mondo che verrebbero meno all’adempimento, nello
spirito giusto, del sacrificio intrapreso, degli interessi terreni: non
riuscirebbero ad essere sacerdoti; quindi, non riuscirebbero ad essere
parte della Nuova Creazione. Tuttavia, in conseguenza delle loro buone
intenzioni, il Signore può far loro superare le prove di fuoco, per la distruzione
della carne che non hanno avuto lo zelo di sacrificare:
in tal modo possono essere annoverati degni di una porzione delle
benedizioni e delle ricompense della Grande Compagnia che sorgerà dalla
gran tribolazione per servire davanti al trono sul quale sederà il
piccolo gregge con il Signore.
La
santificazione non ha soltanto due parti, in altre parole la parte
dell’uomo, fatta tutta di consacrazione, e la parte di Dio, fatta tutta
d’accettazione, ma ha in aggiunta un elemento di progressione. La nostra
consacrazione al Signore, mentre deve essere sincera e intera,
perché sia accettata del tutto da lui, si accompagna nondimeno ad una
parte relativamente piccola di conoscenza ed esperienza; perciò dobbiamo
crescere ogni giorno nella santificazione, man mano che cresciamo in
conoscenza. All’inizio i nostri cuori erano ripieni, scacciando tutta
l’ostinatezza, ma la capacità dei nostri cuori era piccola: man mano
che crescono, man mano che si allargano, la santificazione deve tener loro
il passo, riempiendo ogni parte: in tal modo esorta l’Apostolo: "Siate
ripieni dello Spirito"; ed ancora: "Lasciate che l’amore di
Dio trabocchi nei vostri cuori e abbondi sempre di più." Il
provvedimento preso per quest’allargamento dei nostri cuori è espresso
nelle parole della preghiera del nostro Redentore per noi: "Santificali
nella verità; la tua Parola è verità." Giov. 17:17
È
stata la Parola, o il messaggio di Dio, la "sapienza"
di Dio attraverso Cristo, che ha cominciato a manifestare verso di noi il
favore divino e che ci ha portato passo passo [134] fino al punto della
consacrazione; ed ora è la medesima Parola, o messaggio di Dio,
attraverso Cristo, che deve allargare i nostri cuori come pure riempirli.
Ma mentre è compito di Dio provvedere alla verità che deve riempirci e
santificarci, è compito nostro manifestare quella condizione consacrata
del cuore nella quale avremo fame e sete di quella verità santificante:
ci nutriremo di essa ogni giorno e così ci sarà data la possibilità di
crescere forti nel Signore e nella forza della sua potenza. Non è
sufficiente per noi fare una consacrazione al Signore; egli non desidera
dei semplici candidati per la Nuova Creazione. Costoro devono essere
addestrati, educati alla disciplina ed essere messi alla prova per
estrarre e sviluppare i vari tratti distintivi del carattere e perché
ogni tratto distintivo sia sottoposto ad una prova minuziosa di lealtà
verso Dio, assicurando in tal modo che, essendo esaminate e messe alla
prova sotto tutti i punti, queste Nuove Creature siano trovate fedeli a
chi le ha "chiamate" e siano giudicate degne di entrare nelle
gloriose gioie del loro Signore mediante la partecipazione alla Prima
Risurrezione.
Come
questa giustificazione fraterna ha portato pace con Dio, così questo
prossimo passo di una piena consacrazione al Signore di tutti gli
interessi ed affari della vita, di tutte le speranze e ambizioni,
scambiando le speranze, le ambizioni e le benedizioni terrene con quelle
celesti offerte alla Nuova Creazione, porta un sollievo grande e vasto,
una grande tranquillità d’animo, mentre ci rendiamo conto sempre di più
e ci appropriamo delle promesse eccezionalmente grandi e preziose che Dio
ha fatto alla Nuova Creazione. Queste promesse sono incluse in breve in
quella che dice: "Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano
Dio, di [coloro che sono] chiamati secondo la sua intenzione." (Rom.
8:28) Questa è la seconda Benedizione nel vero senso dell’espressione.
Non in ogni caso, nel senso di essere accompagnata da manifestazioni
esterne della carne, ma nel senso che introduce i nostri cuori in una
profonda tranquillità, in una fiducia piena in Dio e permette
un’applicazione esuberante delle promesse eccezionalmente grandi e
preziose delle Scritture nei nostri confronti.
A causa
delle differenze di temperamento, ci saranno necessariamente differenze
d’esperienza per quanto concerne questa piena consacrazione. Per alcuni
un arrendersi [135] completamente al Signore e un rendersi conto della sua
speciale attenzione nei loro riguardi quali membri della potenziale Chiesa
eletta, arrecherà semplicemente una pace soddisfacente, li farà stare
tranquilli; mentre per altri che hanno una natura più esuberante arrecherà
un’effervescenza di gioia, di lode e di giubilazione. Ci dobbiamo
ricordare di queste differenze del temperamento naturale e dobbiamo essere
comprensivi nei riguardi di coloro le cui esperienze sono diverse dalle
nostre, rammentando che differenze simili erano esibite tra i dodici
apostoli; che alcuni, specialmente Pietro, Giacomo e Giovanni, erano più
espansivi degli altri per quanto concerneva tutte le loro esperienze,
incluse quelle della Pentecoste. Che i fratelli dalla disposizione
esuberante ed effervescente imparino la moderazione che l’Apostolo ha
imposto; e che i fratelli i quali per natura sono più volentieri troppo
freddi e prosaici, preghino e cerchino un maggiore apprezzamento di, e una
maggiore libertà nel, mostrare esternamente le lodi di colui che ci ha
chiamati dalle tenebre nella sua luce meravigliosa. Ricordiamoci che per
Giacomo e Giovanni, due di coloro che erano prediletti in special modo dal
Signore, chiamati i "figli del tuono" a motivo del loro zelo e
della loro impetuosità, si richiese almeno in un’occasione, ammonimento
e correzione in questo rispetto, per richiamare alla loro memoria a quale
spirito appartenevano. (Luca 9:54, 55) L’Apostolo Pietro, un altro di
coloro che erano prediletti e pieni di zelo, da una parte fu benedetto per
aver riconosciuto senza indugio il Messia; eppure in un’altra occasione
fu rimproverato come fosse un avversario a motivo dell’uso errato del
suo zelo. Nondimeno, il Signore mostrò chiaramente il suo apprezzamento
per il temperamento caldo, ardente di questi tre, nel fatto che furono
essi i suoi compagni intimi, gli unici che egli prese con sé sul Monte
della Trasfigurazione e nella stanza dove giaceva la fanciulla, figlia di
Giairo, che nostro Signore risvegliò dal sonno della morte; ed anche
furono essi i suoi compagni speciali, un po’ più vicini a lui degli
altri, nel giardino del Getsemani. La lezione che possiamo trarne è che
lo zelo è gradito al Signore ed esprime la vicinanza a lui; ma che deve
sempre rispettare profondamente il Capo ed essere guidato dalla sua Parola
e dal suo Spirito.
[136]
La santificazione non vuol dire la perfezione umana, come alcuni
erroneamente hanno interpretato: non cambia la qualità o l’ordine dei
nostri cervelli, né toglie di mezzo le imperfezioni dei nostri corpi in
modo miracoloso. È una consacrazione o devozione della volontà,
che è accettata dal Signore attraverso Cristo come perfetta: è una
consacrazione del corpo al sacrificio, "anche fino alla morte",
e questo corpo, come abbiamo visto, non è reso perfetto in modo effettivo
mediante la giustificazione per fede, ma reso perfetto semplicemente
giacché messo in conto così secondo la nostra volontà, il nostro cuore,
la nostra intenzione. La nuova volontà, come ci esorta l’Apostolo,
dovrebbe cercare di portare tutti i poteri, tutti i talenti, tutte le
opportunità che il suo corpo possiede in pieno accordo con il Signore e
dovrebbe cercare di esercitare un’influenza nella stessa direzione su
tutti gli uomini con i quali viene in contatto. Ciò non vorrà dire che
nei brevi cinque, dieci, venti, cinquanta anni della vita presente, sarà
capace di portare il suo povero corpo imperfetto (o i corpi imperfetti
degli altri, di cui è un esemplare) alla perfezione. Al contrario,
l’Apostolo ci assicura in connessione con la Chiesa, che nella morte è
"seminato nella corruzione, seminato nella debolezza, seminato nel
disonore, seminato quale corpo umano naturale [imperfetto]"; e che
non fin quando alla Risurrezione ci saranno dati nuovi corpi, forti,
perfetti, gloriosi, immortali, onorabili, noi avremo raggiunto la
perfezione che cerchiamo e che il Signore promette che alla fine sarà
nostra, se nel tempo di debolezza e d’imperfezione presente gli
manifestiamo la lealtà dei nostri cuori.
Tuttavia,
la lealtà sincera al Signore vorrà dire continuo sforzo per assoggettare
tutta la condotta delle nostre vite, sì, i pensieri stesi e le stesse
intenzioni dei nostri cuori, alla volontà divina. (Ebr. 4:12) Questo è
il nostro primo dovere, il dovere continuo che abbiamo e questo sarà il
fine del nostro dovere, "Questa è la volontà di Dio, proprio la
vostra santificazione." "Siate santi; poiché io [il Signore]
sono santo." (I Tess. 4:3; I Piet. 1:16) La santità assoluta deve
essere lo standard che le nostre menti
possono sottoscrivere lietamente e completamente e secondo il quale
possono vivere ma che non potremo mai raggiungere effettivamente e
fisicamente fintanto che siamo soggetti alle fragilità delle [137] nostre
nature cadute, alle contrarietà del mondo e all’Avversario. Ma giorno
per giorno man mano che siamo "istruiti su Dio", man mano che
giungiamo ad una conoscenza più piena del suo carattere glorioso e man
mano che l’apprezzamento di esso ci riempie sempre di più i cuori, la
Nuova Mente guadagnerà sempre più influenza, forza, potere sulle
debolezze della carne, qualsiasi esse siano, e queste debolezze variano
secondo le diverse membra del corpo.
La vera
santificazione del cuore al Signore vorrà dire diligenza nel suo servizio;
vorrà dire dichiarazione di buone notizie agli altri; vorrà dire
l’edificazione vicendevole nella fede più santa; vorrà dire che
dovremmo fare del bene a tutti gli uomini quando ne abbiamo l’opportunità,
specialmente alla famiglia nella fede; vorrà dire che in queste varie
strade le nostre vite, consacrate al Signore, saranno date per i nostri
fratelli (I Giov. 3:16) giorno dopo giorno, opportunità dopo opportunità,
man mano che ci si presenteranno; vorrà dire che l’amore che abbiamo
per il Signore, per i fratelli, per le nostre famiglie e, con sentimenti
di comprensione, per il mondo dell’umanità riempirà sempre di più i
nostri cuori man mano che cresciamo in grazia, conoscenza e obbedienza
all’esempio e alla Parola Divini. Nondimeno, tutte queste applicazioni
delle nostre energie per gli altri sono semplicemente molti modi in cui,
mediante gli interventi provvidenziali del Signore, si
può realizzare la nostra propria santificazione. Come il ferro affila
il ferro, così le nostre energie spese a favore degli altri ci arrecano
benedizioni. Inoltre, mentre ci dovremmo avvicinare sempre di più a
quell’importante condizione di amare il nostro prossimo come noi stessi,
in special modo la nostra famiglia nella fede, la molla principale che
sottostà a tutto ciò dovrebbe essere nondimeno il nostro amore supremo
per il nostro Creatore e Redentore e il nostro desiderio d’essere e di
fare quello che piacerebbe a lui. La nostra santificazione, pertanto, deve
essere soprattutto verso Dio e deve toccare dapprima i nostri cuori e le
nostre volontà e, come risultato di tale devozione verso Dio, deve
trovare la sua applicazione nell’interesse dei fratelli e di tutti gli
uomini.
Santificati mediante la verità
Da
quanto precede è chiaro che la santificazione che Dio desidera, la
santificazione essenziale per il raggiungimento di un posto nella Nuova
Creazione, non [138] sarà possibile a nessuno se non a coloro che sono
alla scuola di Cristo e che imparano da lui, che sono "santificati
mediante la verità". L’errore non santificherà, neppure
l’ignoranza lo farà. Per di più, non dobbiamo fare l’errore di
supporre che tutta la verità tende alla santificazione: al contrario,
sebbene la verità in genere sia da ammirare per tutti quelli che amano la
verità e che in modo corrispondente odiano l’errore, la parola del
Signore riguardo a ciò è che è soltanto la "Tua verità" che santifica. Vediamo tutto il mondo secolare
chiaramente alla ricerca, rincorrendosi l’un l’altro e contendendosi
la verità. I geologi hanno una parte del campo, gli Astronomi un’altra,
i Chimici un’altra, i Fisici un’altra, gli Statisti un’altra, ecc.;
ma non ci risulta che queste varie branche di ricerca della verità
conducano alla santificazione. Al contrario, ci risulta che, di regola,
portino nella direzione opposta; ed è in sintonia con ciò la
dichiarazione dell’Apostolo secondo cui "il mondo non ha conosciuto
Dio con la sapienza. "(I Cor. 1:21) Il fatto è che nei pochi brevi
anni della vita presente e nella nostra condizione degradata, imperfetta e
depravata, la nostra capacità è assolutamente troppo piccola perché ci
sia d’utilità il tentativo di assorbire l’intera sfera di verità su
ciascuna materia; quindi, vediamo che le persone che hanno successo nel
mondo sono specialisti. L’uomo che dedica la sua attenzione
all’astronomia avrà più di quanto potrà fare per essere all’altezza
della sua posizione; poco tempo per geologia o chimica o botanica o
medicina o la più eminente fra tutte le scienze: la "Tua
verità", il piano divino delle ere. È in vista di ciò che
l’Apostolo, uomo molto erudito lui stesso ai suoi tempi, consiglia
Timoteo a "fare attenzione alle filosofie umane" (teorie e
scienze) chiamate così in modo falso. La parola scienza significa verità
e l’Apostolo, ne possiamo essere certi, non intendeva impugnare la
sincerità degli scienziati del suo tempo, né insinuare che fossero dei
falsificatori intenzionalmente; ma le sue parole ci danno il concetto, che
il corso delle scienze conferma pienamente, che, sebbene ci sia della
verità connessa con tutte queste scienze, le teorie umane chiamate
scienze non sono però la verità, non sono assolutamente corrette. Sono
semplicemente le migliori supposizioni che gli studenti più attenti che
queste facoltà di studio sono stati capaci di esprimere; e queste, come
la storia [139] mostra chiaramente, di tanto in tanto si contraddicono a
vicenda. Come gli scienziati di cinquant’anni fa hanno ripudiato la
scienza di tempi precedenti, così le deduzioni e i metodi di ragionamento
di costoro sono a loro volta ripudiati dagli scienziati d’oggi.
L’Apostolo
Paolo non solo fu un saggio, un uomo pienamente consacrato e un membro del
Sacerdozio Regale, più qualificato naturalmente di tanti suoi simili a
correre bene sulle orme del Sommo Sacerdote, ma per di più, come uno
degli eletti "dodici apostoli dell’Agnello", che prese il
posto di Giuda, fu oggetto della guida divina, specialmente per quanto
riguarda i suoi insegnamenti, pensato dal Signore quale un istruttore per
la famiglia della fede durante tutta l’età del Vangelo. Le parole di un
tale nobile esemplare della fede, non meno dell’esempio della sua
consacrazione, dovrebbero avere per noi un certo peso in questo studio che
abbiamo intrapreso, quali membri consacrati e accettati del Sacerdozio
Spirituale. Ci esorta a mettere da parte ogni peso e ogni peccato che ci
avvolge, trattenendoci, e a correre con pazienza la corsa che è di fronte
a noi, guardando a Gesù, l’autore della nostra fede, finché non
diventi colui che la porterà a compimento. (Ebr. 12:2) E a mo’
d’ammonimento c’espone le sue esperienze, dicendo: "Questa sola
cosa faccio." Ho scoperto che la mia piena consacrazione al Signore
non permetterà la diffusione dei miei talenti in tutte le direzioni e
neanche per lo studio di tutte le verità. La verità della rivelazione di
Dio, com’è entrata nel mio cuore e dirige sempre di più i talenti di
esso già santificati e consacrati, mi ha mostrato chiaramente che se
voglio vincere il gran premio devo prestare la mia completa attenzione ad
essa, proprio come ccoloro che cercano i premi terreni prestano di
conseguenza completa attenzione. "Questa sola cosa faccio:
dimenticando le cose che stanno dietro [dimenticando le mie ambizioni
precedenti da studente, le mie speranze precedenti da cittadino romano e
da uomo con un’istruzione maggiore della media; dimenticando il fascino
delle varie scienze e gli allori che conferiscono a quelli che corrono per
queste vie] e protendendomi verso quelle cose che stanno davanti [tenendo
[140] l’occhio della mia fede, della speranza, dell’amore e della
devozione fisso sulla grandiosa offerta della coeredità con il mio
Signore nella natura divina e nella grande opera del Regno per la
benedizione del mondo] proseguo il corso verso la meta per ottenere il
premio della somma vocazione." Fil. 3:13, 14
Emozione non santificazione
Nel
popolo cristiano c’è molta confusione di pensiero riguardo alle
evidenze o alle prove dell’accettazione del Signore concessa ai fedeli
sacrificatori di quest’età. Erroneamente alcuni si aspettano una
manifestazione esteriore come quella che fu concessa alla Chiesa agli
inizi nella benedizione della Pentecoste.* Altri si aspettano qualche
sensazione interna, gioiosa, e quest’aspettativa, se non si concretizza,
provoca delusione e un dubbio per tutta la vita sulla loro accettazione
presso il Signore. Le loro aspettative sono fondate soprattutto sulle
testimonianze di fratelli che hanno sperimentato tale esuberanza. Perciò
è importante che tutti apprendano che in nessun punto le Scritture ci
autorizzano ad avere tali aspettative, che noi siamo "tutti chiamati
nell’unica speranza della nostra vocazione" e che le stesse
promesse di perdono dei peccati passati, del sorriso al volto del Padre,
anche suo favore nell’assisterci nella corsa per raggiungere il premio
che ci offre (grazia sufficiente per ogni momento di bisogno) appartengono
in ugual misura a tutti quelli che si vengono a trovare nelle condizioni
della chiamata. Il popolo del Signore è vastamente diverso, tuttavia, nel
modo in cui riceve tutte le promesse, temporali o spirituali, siano esse
provenienti dall’uomo o da Dio. Alcuni sono più incostanti ed emotivi
di altri e, quindi, più espansivi sia nelle maniere che nelle parole nel
descrivere le medesime esperienze. Inoltre, il rapporto del Signore con i
suoi figli varia ovviamente in certa misura. Al grande Capo della Chiesa,
nostro Signore Gesù Cristo, quando a trent’anni d’età fece piena
consacrazione di tutto se stesso, fino alla morte, per fare la volontà
del Padre, e quando fu unto senza misura con lo Spirito Santo, non fu
concessa, per quanto ne sappiamo noi, nessun’esperienza esuberante.
Tuttavia, senza alcun dubbio aveva piena comprensione del fatto che il suo
corso era quello giusto [141] e appropriato; che il Padre l’aveva
approvato e che avrebbe avuto la benedizione divina, a prescindere da
qualsiasi esperienza cui ciò potesse dar luogo. Nondimeno, invece di
essere portato sulla cima della montagna della gioia, nostro Signore fu
condotto dallo Spirito nel deserto; e le sue prime esperienze quale Nuova
Creatura, generata dallo Spirito, furono quelle di una seria tentazione.
Fu permesso all’Avversario di assalirlo e costui cercò di allontanarlo
dalla devozione verso la volontà del Padre suggerendogli altri piani ed
esperienze per compiere l’opera che era venuto a fare: piani che non lo
avrebbero coinvolto in una morte sacrificale. E così crediamo che accada
per alcuni seguaci del Signore al momento della loro consacrazione e per
un certo tempo dopo di essa. Essi sono assaliti da dubbi e paure,
ispirazioni dell’Avversario, contestando la sapienza divina o l’amore
divino riguardo alla necessità del nostro sacrificio delle cose terrene.
Non giudichiamoci a vicenda su tali questioni, ma se uno riesce a gioire
in un’estasi di sentimento, che tutti gli altri i quali hanno fatto la
consacrazione in modo simile gioiscano con lui nella sua esperienza. Se un
altro, avendo fatto la consacrazione, si ritrova nella prova e
dolorosamente tormentato, che gli altri siano comprensivi verso di lui e
che si rallegrino, anche, nella realizzazione di quanto sia simile la sua
esperienza a quella del nostro Leader.
__________
*Vedere Vol. V, Cap. ix.
__________
Quei
cari uomini di Dio, John e Charles Wesley, sicuramente erano essi stessi
consacrati; eppure le loro concezioni dei risultati della consacrazione
non hanno fatto solo del bene ad alcuni, ma, in certa misura, hanno recato
danno ad altri, creando un’aspettativa non fondata sulle Scritture che
non ha potuto realizzarsi per tutti e, perciò, attraverso lo
scoraggiamento ha fatto loro del male. È stato un grande sbaglio da parte
loro supporre ed insegnare che la consacrazione al Signore desse luogo in
tutti i casi allo stesso grado d’esperienza esuberante. Coloro che sono
nati da genitori cristiani e sono stati allevati con l’influenza sacra
di una casa cristiana, istruiti su tutte le faccende della vita in
sintonia con la fede dei loro genitori e l’istruzione della Parola di
Dio e che, in queste circostanze, hanno sempre cercato di conoscere e di
fare la volontà divina, non dovrebbero aspettarsi, dopo aver raggiunto
anni di saggezza e dopo aver fatto una consacrazione di se stessi
individualmente al Signore, di sperimentare la stessa gioia [142]
sovrabbondante che potrebbe essere sperimentata da un altro che fino a
quel momento è stato uno scialacquatore, un estraneo e uno straniero per
le cose sante.
La
conversione di questi ultimi significherebbe un cambiamento radicale e il
ridirigere verso Dio di tutte le correnti e le forze della vita che prima
scorrevano in senso contrario allontanandosi da Dio nella direzione del
peccato e dell’egoismo; ma i primi, i cui sentimenti, la cui riverenza e
devozione sin dalla primissima infanzia sono stati diretti adeguatamente
verso il Signore e la sua giustizia da genitori devoti non hanno potuto
sentire tale cambiamento o rivoluzione di sentimenti e non dovrebbero
aspettarsi niente del genere. Costoro dovrebbero rendersi conto che, come
figli di genitori credenti, sono stati sotto il favore divino fino
all’ora della loro responsabilità personale e che la loro accettazione
in quel momento ha significato un’adesione completa alla loro fedeltà
passata nei confronti di Dio e una piena consacrazione di tutti i loro
talenti, poteri e influenze per il Signore, la sua verità e il suo popolo.
Costoro dovrebbero rendersi conto che la loro consacrazione è stata
soltanto il loro "culto spirituale"; e dovrebbero essere
istruiti dalla Parola sul fatto che, avendo presentato in tal modo la loro
umanità già giustificata a Dio, ora possono appropriarsi in grado
maggiore di prima delle promesse eccezionalmente grandi e preziose delle
Scritture, che appartengono soltanto ai consacrati e ai loro figli. Se,
oltre a questo, è poi concesso loro di riuscire a vedere a fondo nel
piano divino, o perfino nel suo inizio, essi dovrebbero ritenere ciò
un’evidenza del favore divino nei loro confronti in connessione con
l’eminente vocazione di quest’età del Vangelo e dovrebbero
rallegrarsene.
L’espressione
dell’Apostolo: "Camminiamo mediante la fede e non mediante ciò che
vediamo" si può applicare a tutta la Chiesa di quest’età del
Vangelo. Il desiderio del Signore è sviluppare la nostra fede nel senso
che dovremmo avere fiducia in lui laddove non riusciamo ad intravederlo.
Con la speranza che ciò avvenga, lascia parzialmente oscure molte cose,
per quanto concerne la vista o il giudizio umano, affinché la fede si
sviluppi in un modo e fino ad un grado che sarebbe impossibile raggiungere
se fossero concessi ai nostri sensi terreni segni e prodigi. Gli occhi
della nostra comprensione devono essere aperti verso Dio mediante le
promesse della sua Parola, mediante un [143] discernimento e una
comprensione della verità, per portarci la gioia della fede nelle cose
che ancora non si vedono e che non sono naturalmente riconosciute da noi.
Anche
questo aprire gli occhi della nostra comprensione è un fatto graduale,
come spiega l’Apostolo. Egli prega per chi sono già nella Chiesa di Dio,
che sono chiamati "santi" o consacrati, perché i loro occhi si
aprano, perché possano comprendere sempre più insieme a tutti i santi
(come nessun altro può capire) la lunghezza, il respiro, l’altezza e la
profondità della conoscenza e dell’amore di Dio. Questo pensiero, che
le benedizioni spirituali della Nuova Creatura, che fanno seguito alla sua
consacrazione, non sono tangibili ai suoi sensi terreni, ma semplicemente
alla sua fede, è illustrato nelle figure del Tabernacolo: il velo esterno
del primo "Santo" che nasconde il suo contenuto, tipico di verità
più profonde, perfino ai Leviti (tipi dei giustificati). Questo contenuto
può essere conosciuto, o apprezzato, solo da coloro che sono entrati
dentro il Santo, che sono membri del Sacerdozio Reale.*
__________
__________
L’esuberanza
di sentimento che viene ad alcuni a causa del temperamento, non è raro
che sia perso da costoro per la medesima ragione; ma l’esperienza, la
benedizione e la gioia che essi possono avere per l’eternità se
continuano a dimorare nel Signore, cercando di camminare nelle sue orme,
sono le gioie della fede che le nuvole e gli affanni terreni non possono
attenuare e che è volontà divina che non si oscurino mai per quanto
riguarda questioni spirituali, se non, forse, per un momento, come nel
caso di nostro Signore quando gridò sulla croce: "Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato!". Com’è stato necessario che il nostro
Maestro, nel prendere il posto di Adamo condannato, provasse tutte le
esperienze di Adamo quale peccatore, così deve passare per queste
esperienze anche se solo per un momento. E chi dirà che non possa essere
permesso un tale momento di tenebra perfino ai più degni dei seguaci
dell’Agnello? Tuttavia, tali esperienze non saranno sicuramente permesse
per molto tempo e l’anima che ha avuto fiducia nel Signore nel momento
tenebroso sarà ripagata abbondantemente [144] per l’esercizio della
fede e per la fiducia una volta passata la nuvola e quando il sole della
presenza del Signore avrà brillato nuovamente.
Nelle
righe del poeta è suggerita una causa diversa di notevoli tenebre:
"Oh!
Che nessuna nube nata dalla terra s’innalzi
a nasconderti dagli occhi del tuo servo!"
Le nubi
che si frappongono tra i figli di Dio completamente consacrati e il loro
Padre Celeste e il loro Fratello più grande generalmente sono nate dalla
terra, il risultato dell’aver lasciato che gli affetti gravitino verso
le cose terrene invece di riporli nelle cose celesti; il risultato
dell’aver trascurato il voto della consacrazione; l’aver trascurato di
consumare ed essere consumato al servizio del Signore; di dare le nostre
vite per i fratelli o di fare del bene a tutti gli uomini man mano che ne
abbiamo l’opportunità. In tali momenti, quando i nostri occhi sono
attratti in direzione lontana dal Signore e dalla sua guida, velocemente
si cominciano ad addensare le nubi e in breve tempo il sole della
comunione, della fede, della fiducia e della speranza si oscura
notevolmente. Questo è un periodo di alterazione per l’anima, di
tensione. Il Signore permette tale afflizione in modo benigno, ma non ci
taglia fuori dal suo favore. Il fatto che nasconda il suo volto da noi non
è altro che per permetterci di accorgerci quanto sarebbe sola e
insoddisfacente la nostra condizione se non fosse per il sole della sua
presenza, che illumina il nostro cammino e fa sembrare leggeri tutti i
pesi della vita; come il poeta ha espresso nuovamente questo punto:
"Contento
di guardare il suo volto,
Tutto me stesso abbandonato al suo piacere,
Nessun cambiamento di stagione o di luogo
Può cambiare nulla nella mia mente;
Mentre benedetto con il senso del suo amore,
Un palazzo sembrerebbe un giocattolo;
E le prigioni si rivelerebbero palazzi,
Se Gesù rimanesse ad abitarci con me."
"Colui che sana tutte le tue infermità"
"Benedici, o anima mia, il Signore e non
dimenticare alcuno dei suoi benefici; egli è quello che ti perdona tutte
le tue iniquità; che sana tutte le tue infermità;che redime la tua vita
dalla distruzione; che ti corona di benignità e di compassioni; che sazia
di beni la tua bocca; così da farti ringiovanire come l’aquila."
Sal. 103:2-5
[145]
Mentre
il Signore permette che tali infermità vengano alle Nuove Creature come
abbiamo appena detto, rimane pronto a sanarle quando esse raggiungono
l’atteggiamento giusto del cuore. Per tali malattie dell’anima (tali
esilità della Nuova Creatura) ci si deve avvicinare al trono della grazia
celeste affinché la vita e vitalità spirituali e la salute possano
ritornare alla luce del favore divino. L’esortazione dell’Apostolo è
che noi "ci accostiamo con piena fiducia [con coraggio, con
confidenza] al trono della grazia affinché otteniamo misericordia e
troviamo grazia per essere soccorsi al momento del bisogno". (Ebr.
4:16) Tutte le Nuove Creature hanno esperienze del genere; e quelle che
sono formate in modo giusto da tali esperienze crescono sempre più forti
nel Signore e nella forza della sua potenza, al punto che persino
l’inciampare e le debolezze (il bisogno che hanno di invocare aiuto e
afferrare con fede il braccio del Signore) sono per loro mezzi di
benedizione spirituale mediante i quali esse crescono in una maniera in
cui non potrebbero farlo se fossero prive di prove e difficoltà e se il
Signore non ritirasse il suo volto splendente dai loro cuori quando
diventano fredde o sopraffatte o noncuranti dei loro privilegi spirituali.
Ogni volta che la Nuova Creatura vede necessario cercare misericordia e
aiuto, egli ha un ulteriore richiamo alla memoria sulla necessità
dell’opera espiatrice del Redentore, acquistando coscienza del fatto che
il sacrificio di Cristo non è stato soltanto sufficiente per
l’espiazione dei peccati passati (per il peccato di Adamo e per le
nostre imperfezioni personali fino al momento in cui siamo giunti al Padre
mediante il merito del Figlio) ma che, oltre a questi, la sua giustizia
mediante il suo unico sacrificio per tutti, copre tutte le nostre
imperfezioni mentali, morali e fisiche, che non sono nostre perché le
abbiamo desiderate o volute. Così la Nuova Creatura durante tutta la sua
dimora temporanea nella via stretta ha un ricordo costante del fatto che
egli è stato acquistato per un prezzo, addirittura con il sangue prezioso
di Cristo; e le sue esperienze, anche nei fallimenti, lo attraggono sempre
più vicino al Signore in apprezzamento sia della sua opera passata di
Redentore che della sua opera presente d’Aiutante e Liberatore.
Molte
Creature Nuove, tuttavia, non hanno imparato come affrontare queste
malattie o infermità e sono propense piuttosto a dire a se stesse: "Sono
caduto di nuovo. Non posso accostarmi al trono della grazia celeste finché
non abbia dimostrato al Signore [146] le mie buone intenzioni guadagnando
una vittoria." In tal modo rimandano ciò che dovrebbe essere proprio
il loro primo passo da compiere. Cercando in se stessi la forza per
raggiungere la vittoria e con le loro menti esauste per via della
debolezza sperimentata in precedenza, non si trovano in nessuna condizione
giusta per "combattere una buona battaglia per la fede" sia con
la loro stessa carne che con l’Avversario e la sconfitta è quasi sicura;
e con ciò si arriverà pian piano a cessare di fare appello al Signore e
a sottomettersi sempre più alle nubi che giungono ad oscurar loro il sole
del favore divino. E arriveranno pian piano a pensare, come nel
loro caso, che queste nubi siano inevitabili.
Si
dovrebbe seguire esattamente il cammino opposto: appena si riconosce lo
sbaglio in parole, azioni o fatti e appena si è riparato per quanto
possibile il danno fatto ad un altro, si dovrebbe subito cercare il trono
della grazie: cercarlo con fede, senza dubitare di nulla. Non dobbiamo
pensare che il Signore desideri trovare occasioni per mettersi contro di
noi e che sia propenso a giudicarci severamente; ma, d’altra parte,
dobbiamo ricordarci che la sua bontà e misericordia sono tali da averlo
spinto a provvedere alla nostra redenzione mentre
noi eravamo ancora peccatori. Sicuramente, dopo essere diventati i
suoi figli ed essere stati generati dallo spirito, e perché stiamo
cercando di camminare nelle sue vie, per quanto possano essere esitanti i
nostri migliori sforzi, seguendo lo spirito e non la carne, in tali
circostanze il suo amore deve abbondare nei nostri confronti ancora di più
di quando eravamo "figliuoli d’ira come gli altri". Dobbiamo
ricordarci che come un buon padre terreno compatisce i suoi figli, così
il Signore compatisce coloro che lo rispettano profondamente. Dobbiamo
considerare i nostri amici terreni migliori, la loro simpatia, il loro
amore e la loro compassione e dobbiamo trarne un’analogia; dobbiamo
considerare che Dio sarebbe molto più gentile e fedele della migliore
delle sue creature. Egli invita ad avere questa fede, questa fiducia, ed
egli la ricompensa. Tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da andare
dal Signore all’inizio, hanno anche abbastanza fede da andare da lui
giorno per giorno con le loro prove, difficoltà e difetti, se vogliono.
Se sopportano che le nubi si frappongano e rifiutano l’invito della
Parola ad avvicinarsi al trono della grazia in cerca di pace e d’armonia
ristabilita, saranno alla fine considerati indegni di occupare un posto
tra la [147] classe speciale che il Signore si sta scegliendo: "Tali
sono gli adoratori che il Padre richiede", coloro che lo amano e
hanno fiducia in lui. "Senza fede è impossibile piacergli."
"Questa è la vittoria che ha vinto il mondo, proprio la nostra fede."
Giov. 4:23; Ebr. 11:6; I Giov. 5:4
Logicamente,
ci sono difficoltà sul cammino, ma il Signore provvede agli aiuti e ai
consigli necessari, sia nella sua Parola che in quei fratelli che egli
"colloca" nel corpo proprio con questo scopo. (I Cor. 12:18) È
un aiuto, ad esempio, vedere proprio dove giace l’errore del percorso
cui abbiamo accennato, vedere che rimandando la nostra visita al trono
della grazia per ottenere misericordia, finché non portiamo qualcosa in
mano per giustificarci, è mostrare che non apprezziamo completamente la
grande lezione che Dio ci è andato insegnando per secoli; vale a dire che
siamo tutti imperfetti e che non riusciamo a fare le cose che vorremmo;
pertanto è stato necessario che il Redentore venisse a sollevarci. Chi va
in giro a giustificarsi cerca di fare l’impossibile e prima impara
questa cosa, meglio è. Giorno per giorno dovremmo rendere conto al
Signore del nostro operato; e se la difficoltà è notevole o solo leggera
e se il cuore del consacrato è molto tenero e abituato alla comunione e
fraternità continua con il Signore, troverà una benedizione nel
ritirarsi subito presso il trono
della grazia appena sorge la difficoltà, senza aspettare neppure la fine
del giorno. Certamente, però, nulla dovrebbe essere portato oltre la
notte, dal momento che il trono della grazia è a nostra disposizione in
ogni momento; tralasciare di farlo sarebbe mostrare una disposizione
contraria a quella che ci inculca la Parola del Signore.
La
difficoltà che alcuni sperimentano è che, dopo essersi recati al trono
della grazia, essi non si rendono conto della benedizione che stanno
cercando: il perdono dei peccati e la riconciliazione con il Padre. La
loro difficoltà potrebbe essere una di queste tre: (1) A loro può
mancare la fede, e poiché il modo di agire del Signore nel tempo presente
è secondo la fede, non si può ottenere nulla senza la fede. "Sarà
fatto per voi secondo la vostra fede." (2) La loro difficoltà può
consistere nel fatto che essi non hanno disfatto il male che hanno
compiuto e che stanno confessando; che non hanno fatto [148] ammenda per
il danno arrecato ad un altro; o che, se la trasgressione è stata fatta
contro il Signore, stanno cercando la pace senza fare una confessione a
lui e senza chiedere il suo perdono. (3) In non pochi casi di questo
genere che abbiamo osservato, la difficoltà è stata che i supplicanti
non avevano mai fatto una vera consacrazione
al Signore; stavano cercando la pace e la gioia divina e il sole del
favore, stavano cercando le benedizioni rappresentate nella luce del
Candeliere d’Oro e nei Pani della Proposizione del Tabernacolo mentre
essi erano ancora in realtà al di fuori dei limiti di queste cose, oltre
i limiti della consacrazione, al di fuori dei limiti, pertanto, del
Sacerdozio Regale, semplicemente Leviti che fino a quel punto avevano
ricevuto invano la grazia speciale o il privilegio speciale del tempo
presente.
Il
rimedio adeguato per la mancanza di fede sarà coltivarla mediante lo
studio della Parola di Dio, riflettendo sulla sua bontà passata e
presente, e sforzarsi di rendersi conto che egli è benigno, "abbondantemente
eccezionale" più di quanto avremmo potuto chiedere o pensare. Il
rimedio per la seconda difficoltà sarà presentare le proprie scuse
immediatamente, completamente, interamente e, per quanto è possibile,
smontare ciò che si è fatto di male oppure risarcire i danni e in
seguito ritornare al trono della grazia con piena fiducia nella fede. Il
rimedio per la terza difficoltà sarà fare la consacrazione completa
richiesta dal Signore a tutti quelli che godranno dei privilegi e delle
disposizioni speciali di quest’età del Vangelo.
Bisogna
considerare un’altra classe di consacrati, ma spiritualmente infermi.
Costoro, apparentemente giustificati mediante la fede e sinceri nella loro
consacrazione, sembra che facciano poco progresso o che non lo facciano
affatto nel controllare la carne. In verità, in alcuni casi, sembrerebbe
che la loro fede nella bontà e nella misericordia di Dio, togliendo di
mezzo i freni del timore, li abbia lasciati soggetti alla tentazione
mediante la debolezza della carne più di quanto non fossero all’inizio,
quando avevano meno conoscenza del Signore. Costoro hanno esperienze che
sono molto logoranti, non solo per loro stessi, ma per l’intera famiglia
della fede con la quale vengono in contatto, le loro vite sembrano una
successione di fallimenti e di pentimenti, alcuni di questi [149]
riguardanti inconseguenze finanziarie, altri reati morali e sociali.
Qual è
il rimedio per questo stato di cose? Rispondiamo che dovrebbero essere
portati chiaramente a conoscenza del fatto che la Nuova Creazione non sarà
formata da coloro che pattuiscono semplicemente abnegazioni e sacrifici di
se stessi nelle cose terrene e il cammino non secondo la carne ma secondo
lo Spirito; ma da coloro che, a causa della loro fedeltà nell’impresa
volontaria di mantenere questo
Patto, saranno considerati vincitori da colui che legge i cuori. Si
dovrebbe insegnar loro che il metodo giusto per tutti i consacrati di
procedere è che, resi liberi dal Figlio, dovrebbero essere così
apprensivi nel raggiungere tutte le benedizioni inerenti al favore divino,
che di loro spontanea volontà si vincolano come schiavi, imponendo su se
stessi certe restrizioni, limitazioni, sottomissione, per quanto riguarda
le loro parole, la loro condotta, i loro pensieri, desiderando seriamente
dal Signore nella preghiera l’aiuto che egli ha promesso loro, espresso
nelle parole dell’Apostolo: "La mia grazia ti è sufficiente; la
mia forza è resa perfetta nella debolezza." Ogni volta che si
ritrovano ad aver commesso una trasgressione, non dovrebbero fare soltanto
ammenda per quei danni, ma dovrebbero anche fare una confessione al
Signore e, mediante la fede, ottenere il suo perdono. Dovrebbero
promettere maggiore diligenza per il futuro e dovrebbero aumentare
le limitazioni delle libertà che si prendono rispetto alla debolezza
accertata dal loro fallimento più recente.
In tal
modo stando in guardia, pregando, disponendo la guardia alle azioni e alle
parole della vita e mettendo "ogni pensiero in prigione" per
portarlo alla volontà di Dio in Cristo (II Cor. 10:5), non passerà
sicuramente molto tempo prima che essi rassicurino se stessi e i fratelli
anche riguardo alla sincerità dei loro cuori
e prima che possano camminare nella vita in modo così circospetto che
tutti potranno discernere non solo che costoro sono stati con Gesù, ma
che hanno anche appreso da lui ed hanno cercato e usato la sua assistenza
nel guadagnare vittorie sulle loro debolezze. I casi di tali fratelli e
sorelle rientrerebbero nella categoria definita dall’Apostolo "cammino
disordinato", che non segue l’esempio del Signore e degli apostoli.
In un altro capitolo vedremo la direttiva del [150] Signore riguardo al
modo in cui dovrebbero essere trattati dai fratelli coloro che sono deboli
nella carne e che recano disonore e discredito alla causa del Signore.
Qui
osserviamo, tuttavia, che purché diano prova di essersi pentiti per aver
camminato per la strada sbagliata e di desiderare sinceramente di
intraprendere quella giusta e purché diano prova di fede e fiducia
incessante nel Signore, devono essere reputati come fratelli, per quanto
possa essere necessario limitare la fraternità con loro finché non
abbiano dato dimostrazione esterna, tangibile del potere della grazia nei
loro cuori nel contenimento delle loro debolezze carnali. Nondimeno,
devono essere ancora incoraggiati a credere che il Signore è molto
misericordioso verso chi ripone fiducia in lui e che sinceramente desidera
le sue vie, sebbene non possano essere incoraggiati ad aspettarsi di
essere mai considerati degni di appartenere alla classe vincitrice a meno
che non diventino così seri nel loro zelo per la giustizia che la loro
carne mostri qualche evidenza notevole della sua sottomissione alla Nuova
Mente.
Noi
abbiamo visto alcune persone del popolo consacrato del Signore in
condizioni d’esilità e di mal nutrizione, desiderosi seriamente di una
pienezza di fraternità con lui, ma senza l’istruzione necessaria per
sapere come si dovrebbe raggiungerla e mantenerla. Vero, avevano la Bibbia;
ma la loro attenzione è stata deviata da essa e hanno imparato a guardare
di più ai maestri e ai catechismi, ecc., correndo dietro alle tradizioni
di uomini e non dietro alla Mente o allo Spirito di Dio, e pertanto è
venuto a mancar loro il giusto nutrimento spirituale. Il risultato è
stato che non si sono sentiti soddisfatti del formalismo, ma non sapevano
come fare ad avvicinarsi al Signore con tutto il cuore, perché non erano
a conoscenza della sua bontà e delle ricchezze della sua grazia in Gesù
Cristo e, tra breve, del piano grandioso di salvezza per il mondo né
della chiamata della Chiesa alla Nuova Natura. Questa condizione di mal
nutrizione necessita, prima di tutto, del puro "latte sincero della
Parola" e in seguito della "carne forte" della rivelazione
divina. Non si devono disdegnare questi cari, né non curarsene anche se,
essendosi resi conto del vuoto [151] che esiste in genere nel persistere
nella devozione alla Chiesa piuttosto che alla Cristianità stessa, sono
stati propensi a cercare qualcos’altro per soddisfare la loro fame
interiore, qualcosa dei divertimenti del mondo, ecc. Abbiamo conosciuto
alcuni di questa classe che si sono sistemati in una vita apparentemente
indifferente alle cose spirituali dopo aver tentato invano in varie
direzioni di trovare qualche soddisfazione per l’anima; ma ricevendo la
"Verità Presente" sono fioriti nelle grazie spirituali e nella
conoscenza in un modo straordinario. Noi crediamo che ce ne sono molti di
più nelle varie denominazioni e che sia il privilegio di coloro che hanno
ricevuto la luce della Verità Presente di dar loro una mano che li aiuti
a venir fuori dalle tenebre e ad entrare nella luce meravigliosa; fuori
dalla fame spirituale e ad entrare nella sovrabbondanza della grazia e
della verità. Ma per essere usati dal Signore per benedire costoro, è
necessario che sia la sapienza che la grazia dall’alto vengano cercate
nella Parola e che queste siano messe in atto con mitezza, fedeltà e
persistenza.
La giustificazione provvisoria precede la
santificazione
Abbiamo
osservato che la giustificazione provvisoria non è solo un assenso
mentale al fatto che Cristo sia morto come Redentore dell’uomo e che
certe benedizioni di riconciliazione a Dio siano state assicurate per la
razza, ma che, inoltre, diventare un credente giustificato comporta una
certa misura di consacrazione.
Questa giustificazione implica un riconoscimento che il peccato è
estremamente peccaminoso (Rom. 7:13) e un desiderio di cessare di
compierlo, d’essere libero dal suo potere come pure libero dalle sue
pene, un desiderio, pertanto, d’essere giusti in armonia con il giusto
Creatore e in accordo con tutte le leggi della giustizia. Questo comporta,
per di più, che il credente abbia rivolto la sua mente, la sua volontà
nel seguire la giustizia in
tutte le faccende della sua vita. La fede in Gesù, accompagnata da tale
consacrazione, dà la giustificazione provvisoria, ma non implica il
sacrificio. Dio ha diritto di chiedere che tutte le sue creature approvino
la giustizia e odino l’iniquità, altrimenti che si considerino estranei
a lui, suoi nemici. Ma Dio non chiede che sacrifichiamo
le nostre vite al suo servizio, [152] né per alcun’altra causa. Il
sacrificio, perciò, è espresso nelle Scritture come un atto volontario,
non chiesto dalla legge, anche se è, come dichiara l’Apostolo, un
"culto spirituale" e ci esorta: "Vi esorto, dunque,
fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in
sacrificio vivente, santo, accettabile a Dio, il vostro culto spirituale."
Rom. 12:1
Per
alcuni, una consacrazione al sacrificio può far seguito molto presto dopo
che si sono raggiunti la fede nel Signore e il desiderio di camminare
nelle sue vie di rettitudine; ma essa deve far seguito, non può precedere,
perché, come abbiamo già visto, dobbiamo essere giustificati almeno
provvisoriamente mediante la fede prima di poter intrattenere qualsiasi
rapporto con Dio o godere in alcun senso della fraternità con lui. Per
altri, questa condizione di giustificati è raggiunta e seguita qualche
tempo, prima che sia persino contemplato qualsiasi pensiero di una
consacrazione completa, o di sacrificio degli interessi terreni per il Signore e
la sua causa. Ma, date le condizioni presenti, coloro che cominciano a
camminare per il sentiero della giustificazione, per il sentiero della
rettitudine, per il sentiero dell’armonia con Dio, non andranno molto
lontano per questo sentiero, prima di incontrare opposizione, o
dall’interno, o dal mondo o dall’Avversario.
Essi
trovano il sentiero della rettitudine come un sentiero in salita graduale,
che diventa sempre più ripido, più difficile. Continuare lungo questo
sentiero di rettitudine, in mezzo alle condizioni peccaminose presenti,
costerà alla fine il sacrificio
degli interessi terreni, delle ambizioni terrene, delle amicizie terrene,
ecc. Qui si raggiunge il bivio: uno, il sentiero che va in salita e porta
alla gloria, all’onore all’immortalità, può essere imboccato solo
passando per una porta bassa d’umiltà, abnegazione e sacrificio di se
stessi. Una volta imboccata, si scoprirà che è una strada accidentata,
nella quale, tuttavia, gli spiriti invisibili addetti al servizio
assistono i pellegrini; e in questa strada le promesse benigne di Cristo,
il Leader, brillano qua e là per il loro incoraggiamento, assicurando la
grazia sufficiente e l’assistenza fino alla fine del viaggio; e la
perseveranza mostrerà come tutte le cose concorrono al bene più alto,
all’appartenenza finale alla Nuova Creazione e alla partecipazione
all’opera gloriosa del Regno Millenaristico. A [153] quest’entrata,
che significa consacrazione completa
fino al sacrificio, molti credenti giustificati provvisoriamente rimangono
per un bel po’ a calcolare il costo prima di entrare, ascoltando la voce
dell’invito da parte della Parola e rinforzando i loro cuori per
intraprendere il viaggio con le sue buone promesse.
A parte
questa entrata ci sono numerose vie secondarie, per le quali molti di
coloro che sono arrivati fin lì hanno tentato un percorso più facile
verso la gloria, l’onore, l’immortalità, ma tutto invano. Ci sono
centinaia di queste vie secondarie, alcune che si arrampicano un po’ e
comportano un certo grado di sacrificio di se stessi; altre non ardue e
discendenti sempre più verso le benedizioni e le prospettive del mondo.
In nessuna di queste vie, tuttavia, si trovano le promesse ispiratrici che
appartengono soltanto alla porta bassa del sacrificio, alla "via
stretta" della fraternità con il loro Signore nella rinuncia alle
ambizioni terrene per raggiungere l’intima associazione con Gesù Cristo
nella gloria che verrà in seguito.
La
gioia e la pace vengono dal momento di fede nel Signore,
dell’accettazione della sua espiazione e del proposito di seguire la
rettitudine e sfuggire il peccato. Questa gioia e questa pace sono
complete finché non si arriva alla porta bassa che porta alla via stretta;
ma allorché la ricerca della giustizia comporta abnegazione e sacrificio
di se stessi e questo sacrificio non è fatto e non si entra per la porta
bassa, la gioia e la pace del favore divino si attenuano. Tuttavia queste
non saranno sottratte del tutto per un po’ di tempo, mentre il credente
sincero cerca altri modi di servire la giustizia, dato che ancora la ama e
che ancora tiene in gran conto il favore divino, ma visto che si tira
indietro e li rifiuta col tralasciare di entrarvi. La pienezza della gioia
e della pace non possono spettare a tali individui, poiché durante tutto
il tempo si rendono conto che una piena consacrazione di tutti i loro
poteri al Signore non sarebbe altro se non un "culto spirituale",
un riconoscimento della ragione e un contraccambiare i favori divini già
ricevuti nel perdono dei peccati.
Molti
continuano per lunghi anni in quest’atteggiamento, mentre altri vagano
per le vie del mondo. Nessuno diventa nemmeno candidato alla Nuova
Creazione se non [154] entra per la porta bassa del sacrificio di se
stessi. Il Signore per un periodo considerevole non li taglia fuori dei
privilegi speciali concessi loro semplicemente con lo scopo di condurli
alla porta bassa; nondimeno, nel tralasciare di entrarvi essi virtualmente
confessano di aver "ricevuto invano la grazia di Dio [il perdono dei
peccati e l’essere stati condotti fino a questa porta]"; perché,
essendo giunti a questa condizione, rifiutano o tralasciano di avvalersi
dell’“unica speranza della nostra vocazione”. Il Signore può
giustamente dire a costoro: " Io vi sottraggo subito tutti i
privilegi speciali d’ogni tipo. Non siete stati più degni del mio
favore che il resto del mondo e avrete gli stessi privilegi e le stesse
opportunità che intendo estendere a tutta l’umanità durante l’età
Millenaristica; ma non più privilegi speciali, compassioni, cure,
attenzioni, ecc. da parte mia nella vita presente, né preferenze nella
vita a venire, in ogni modo egli non fa ciò immediatamente ed ha una gran
pazienza con molti.
Le
eccezionali promesse grandi e preziose della Parola del Signore, come
quelle, ad esempio, che ci assicurano che "tutte le cose concorrono
al bene per coloro che amano Dio", riguarderanno soltanto coloro che
sono stati favoriti da Dio e sono stati portati alla porta bassa del
sacrificio di se stessi e con gioia sono entrati attraverso di essa, poiché
solo costoro amano Dio in grado
supremo, più di se stessi. "Tutto appartiene a loro, poiché essi
sono di Cristo e Cristo è di Dio." Sono entrati nella scuola di
Cristo e tutte le istruzioni, tutti gli incoraggiamenti e tutte le
discipline della vita saranno revocati di conseguenza, per la loro
preparazione finale per il regno. Ma tali lezioni, istruzioni e
benedizioni non sono per coloro che si rifiutano di entrare nella scuola,
che si rifiutano di sottomettere la loro volontà a quella del grande
Maestro.
A rigor
di termini, quelli che ricevono la grazia di Dio invano non hanno nessun
fondamento per avvicinarsi al Signore neppure nella preghiera, poiché per
quale ragione uno dovrebbe aspettarsi cure e privilegi speciali presso il
Signore mentre tralascia di contraccambiare adeguatamente le benedizioni
già ricevute? Dovrebbe pensare che, poiché ha già ricevuto una
benedizione dal Signore che gli ha portato sapienza e [155]
giustificazione provvisoria, il Signore dovrebbe essere costretto ad
elargirgli più doni celesti? Non dovrebbe pensare piuttosto che, avendo
ricevuto queste benedizioni del Signore in misura più abbondante del
favore generale conferito finora alla razza redenta, ha già ricevuto più
di quanto gli spetta? Che smettendo di seguitare in armonia con la volontà
del Signore egli dovrebbe piuttosto aspettarsi che altri doni del cielo e
favori dovrebbero andare al di là di lui, a chi non è stato finora molto
avvantaggiato e che, perciò, non disdegneranno nello stesso modo
l’offerta misericordiosa del Signore? Ma il Signore è molto pietoso ed
ha una grande misericordia e, quindi, ci possiamo aspettare che finché
qualcuno rimane nell’atteggiamento di fede il Signore non lo respingerà
completamente.
Quale
sarebbe il rimedio per coloro che si ritrovano in quest’atteggiamento e
desiderano essere completamente del Signore e richiedere in pieno tutti i
suoi favori? Rispondiamo che la loro linea di condotta dovrebbe essere la
completa consacrazione di loro stessi al Signore, cedendogli le loro
volontà riguardo a tutte le cose: i loro scopi, le speranze, le
prospettive, i mezzi e persino i loro amori terreni dovrebbero essere
tutti ceduti al Signore; e in cambio essi dovrebbero accettare, quale
norma del loro essere e regola della condotta futura, la guida della sua
Parola, del suo Spirito e degli Atti d’intervento divino; rassicurati
che questi daranno buoni risultati per loro, non solo più gloriosi
rispetto alla vita a venire, ma anche benedizioni del cuore più grandi
nella vita presente.
Come lo
faranno? Rispondiamo che dovrebbe essere fatto con tutto il cuore, con
riverenza, in preghiera; il contratto si dovrebbe stipulare in maniera ben
definita con il Signore e, se possibile, ad alta voce; e si dovrebbero
chiedere la grazia divina, la misericordia e la benedizione, perché per
portare a compimento questo sacrificio è indispensabile avere assistenza.
E cosa
si dovrebbe fare se qualcuno si "sente secondo Dio", ma non si
sente completamente pronto a fare questo totale abbandono alla sua volontà?
Rispondiamo che dovrebbero rivolgersi al Signore in preghiera riguardo a
questo e chiedere la sua benedizione sullo studio della Verità, così che
sia dato loro di poter rendersi conto sempre di più, dapprima, della
ragionevolezza del suo culto; in secondo luogo, della [156] sicurezza del
risultato buono della benedizione; e, in terzo luogo, della sua fedeltà
nel mantenere tutte le promesse misericordiose d’aiuto e di vigore fatte
alla classe di chi fanno il sacrificio di se stessi. Dovrebbero chiedere
anche che il Signore dia loro la capacità di giudicare e di stimare
rettamente le cose terrene, di dar loro la capacità di rendersi conto e,
se necessario, di sperimentare, quanto sono transitorie e insoddisfacenti
tutte le cose connesse con l’egoismo di questo tempo presente e quelle
cose che la mente umana desidera intensamente, affinché possano riuscire
in tal modo a fare una consacrazione e ad apprezzare il privilegio di
porre i loro affetti nelle cose che sono in alto, e non quelle in basso, e
di sacrificare queste ultime per le prime.
Qui
sorge un altro punto: in vista del fatto che la "somma vocazione"
è chiusa e che, pertanto, chi si consacra non potrebbe essere pienamente
sicuro di avere un’opportunità di raggiungere il premio della nuova
natura e della sua gloria, del suo onore e della sua immortalità, che
differenza farebbe ciò con riferimento alla consacrazione? Rispondiamo
che non dovrebbe fare nessuna differenza, la consacrazione è l’unica
linea di condotta ragionevole, giusta per il popolo di Dio in tutti i casi:
la piena consacrazione sarà richiesta a coloro che vorranno vivere e
godere le benedizioni dell’età Millenaristica, niente di meno. Per
quanto riguarda le opportunità e le ricompense da accumulare: abbiamo già
indicato che, secondo quanto capiamo, molti saranno ancora ammessi ai
privilegi della "somma vocazione", a prendere il posto di alcuni
che si erano già consacrati ma che non "correranno fino a
raggiungere" il premio e, pertanto, saranno esclusi dalla gara. Ma
nessuno, ne possiamo star certi, sarà ammesso a quei privilegi a meno che
non sia entrato prima per questa porta bassa della consacrazione e del
sacrificio.
Probabilmente
è stato vero per tutti quelli che sono entrati per la porta bassa il
fatto di non aver visto chiaramente e di non aver capito completamente le
benedizioni grandi e ricche che Dio ha in serbo per la sua fedele Nuova
Creazione; essi hanno visto semplicemente, dapprima, il culto spirituale
e, poi, hanno appreso di più su quanto concerne la lunghezza,
l’ampiezza, l’altezza e la profondità della bontà di Dio e i loro
privilegi legati alla somma vocazione. Così con chi entrano ora: essi non
possono [157] apprezzare pienamente le cose celesti, spirituali finché
non raggiungano il punto di prestare il loro culto razionale in una
completa consacrazione. E possiamo stare sicuri che chiunque fa una
consacrazione ed effettua un sacrificio completo di se stesso
nell’interesse della causa del Signore una volta che la classe celeste
è completa, scoprirà che il Signore ha molte benedizioni di qualche
altro tipo ancora da elargire; e che tutte le sue benedizioni sono per
tali consacratori, sacrificatori di se stessi. Probabilmente essi possono
essere annoverati con gli antichi dignitari che avevano la disposizione al
sacrificio che è gradita a Dio, prima dell’inizio della "somma
vocazione".
Visioni erronee della santificazione
Considerando
la confusione generale di pensiero prevalente tra i Cristiani riguardo al
piano divino, alla giustificazione e alla santificazione richiesta dalle
Scritture, non c’è da meravigliarsi che regni notevole confusione. Una
visione erronea, sostenuta, tuttavia, da una porzione relativamente
piccola del popolo del Signore, ma sostenuta da costoro a gran danno per
loro stessi, è la pretesa di effettiva santità e perfezione,
rappresentata a volte nell’affermazione dei suoi sostenitori per cui
essi "non hanno peccato per anni", ecc. Costoro trovano i loro
paralleli nei Farisei dei tempi di nostro Signore, i quali si "fidavano
di se stessi pensando d’essere giusti e disprezzavano gli altri" e
i quali, sentendo quest’ipocrisia, non si curavano dei privilegi e dei
doni del cielo predisposti per loro dal Signore nella sua opera redentiva.
Questo
cosiddetto "Popolo della Santità" e "Popolo senza Peccato",
nondimeno, a causa di questo errore ha la sua mente rivolta in notevole
grado lontano dalla fede nel Signore, dalla fede nella sua opera
redentrice, dalla fiducia nel merito del suo sacrificio, ecc.; poiché per
quale ragione dovrebbero contare sul suo merito o sulla sua grazia se sono
in grado di vivere e vivono perfettamente secondo la legge? Una difficoltà
che porta alla loro posizione è la mancanza di riverenza per il Signore e
un’altra è un apprezzamento troppo alto di se stessi. Una riverenza
adeguata per il Signore vedrebbe la [158] sua grandezza, la sua maestà e,
come suo standard di santità, la perfezione del suo carattere; e una
giusta valutazione di se stessi li convincerebbe rapidamente (come
convince altri) che sono ben lungi dallo standard divino in parole, opere
e pensieri.
Un’altra
classe del cosiddetto "Popolo della Santità" non va così
lontano a questo riguardo fino al punto di pretendere di essere senza
peccato, ma, riconoscendo l’imperfezione, pretende di avere la santità,
la santificazione al completo, ecc. sulla base che cerca di evitare il
peccato, di vivere senza peccato, ecc. Come già mostrato, siamo tutti
d’accordo nel pensare che tutti i veri consacrati debbano cercare di
evitare il peccato nella misura in cui sono capaci. L’errore di chi
stiamo criticando è che essi considerano che questo evitare il peccato
sia il solo obiettivo e il solo scopo della loro consacrazione. Hanno
frainteso per intero la questione: nessuna creatura di Dio ha mai avuto il
diritto di peccare; e, quindi, astenersi dal peccato, da ciò che non
aveva diritto di fare, non si potrebbe chiamare, né considerare in alcun
senso vero della parola un "sacrificio".
La Parola di Dio non ci richiama in nessuna parte a sacrificare i peccati.
Questi cari amici sono arrivati soltanto fino al punto in cui dovrebbero
arrivare tutti quelli che sono giustificati; e non sono entrati ancora per
la porta bassa del sacrificio di se stessi, che vuol dire rinunciare a
quelle cose che sono giuste, lecite e proprie,
l’abbandono volontario di esse per poter servire meglio il Signore e la
sua causa.
Cristo fatto redenzione per noi
La
parola redenzione qui è usata nel senso di liberazione, di salvezza, come
l’esito dell’opera redentiva, il risultato di un riscatto o di un
prezzo corrispondente pagato. Il concetto contenuto nella parola ci porta
fino in fondo alla piena conclusione della vittoria della Chiesa, alla
condizione di nascita completa della Nuova Creazione (sebbene nel nostro
testo si possa applicare benissimo anche ai momenti di liberazione
intermedi e fortuiti del fedele lungo il percorso della via stretta) che
culmina nella salvezza "fino al colmo" della gloria,
dell’onore e dell’immortalità della Prima Risurrezione. [159]
L’Apostolo
ci assicura che il sacrificio di nostro Signore ha ottenuto per noi la
"redenzione eterna", ha completato una liberazione perpetua
dalla schiavitù del peccato e dalla sua pena: la morte. (Ebr. 7:25; 9:12)
Vero, questa redenzione è per tutto il mondo, e nostro Signore alla fine
assicurerà per tutti quelli che giungeranno all’armonia con i requisiti
divini e una redenzione perpetua
sia dal peccato che dalla sua pena, la morte. Ma, come abbiamo già visto,*
questa liberazione perpetua, che nella prossima età si potrà applicare a
tutto il mondo, portando tutti ad una conoscenza della verità e sotto il
dominio del Regno di Dio, nel tempo presente si può applicare soltanto
alla famiglia nella fede e, di questa, in modo completo, soltanto a chi
ora cammina con spirito di sacrificio di se stessi nelle orme del Sommo
Sacerdote quali membri del "Sacerdozio Regale". La loro "redenzione
eterna" dal peccato e dalla morte sarà quali membri della Nuova
Creazione, incoronati di gloria, onore, immortalità.
__________
* Ombre
del tabernacolo dei sacrifici migliori, p. 90.
__________
Esaminiamo
qualche altro testo in cui la stessa parola Apolutrosis
(liberazione, salvezza) è resa con redenzione. Nostro Signore,
orientandoci in avanti verso la salvezza che ci sarebbe stata portata
allora attraverso la Prima Risurrezione, dice ad alcuni che vivono alla
fine dell’età, che discernono certi segni dei tempi: "Levate il
capo perché la vostra redenzione
è vicina." (Luca 21:28) L’Apostolo parlando della stessa classe di
Nuove Creature, le esorta, dicendo: "Non contristate lo Spirito Santo
di Dio, col quale siete state suggellati per il giorno della redenzione."
(Efes. 4:30) In questi testi, inoltre, non ci si riferisce all’opera
della redenzione compiuta nel sacrificio di nostro Signore, ma ai
risultati di quelle opere man mano che si verificheranno nel
perfezionamento della Chiesa, che è il suo corpo, nella Prima
Risurrezione. Nella stessa epistola (1:7) l’Apostolo dichiara: "Abbiamo
la redenzione mediante il suo sangue." Egli si riferisce qui
evidentemente alle benedizioni di cui godiamo nel tempo presente
attraverso i meriti del sacrificio di nostro Signore, che coprono le
nostre imperfezioni e ci procurano una misura [160] Questo concetto è
ulteriormente chiarito dallo stesso scrittore, che ci assicura (Rom. 3:24)
che la grazia di Dio ci ha giustificato liberamente (e continua a
mantenere la nostra giustificazione mentre dimoriamo in Cristo) "mediante
la redenzione che è in Gesù Cristo" e che raggiungerà il suo
completamento, per quanto ci concerne, quando saremo fatti uguali a lui e
lo vedremo com’è e avremo parte nella sua gloria il giorno della
redenzione (liberazione). Nella stessa epistola (8:23) l’Apostolo parla
ancora del completamento della nostra redenzione o liberazione e di come
dobbiamo aspettarla fino al momento designato da Dio. Dopo aver richiamato
la nostra attenzione sul fatto che "Tutta la creazione geme ed è in
travaglio insieme... in attesa della manifestazione dei figli di Dio [la
Nuova Creazione glorificata]", egli aggiunge: "non solo essi, ma
anche noi stessi [chiamati e generati alla Nuova Creazione] che abbiamo le
primizie dello Spirito, anche noi stessi gemiamo dentro di noi medesimi,
aspettando l’adozione, vale a dire, la redenzione
[liberazione] del nostro corpo", il corpo di Cristo, la Chiesa, di
cui Gesù è il Capo e noi le membra potenziali. Questa sarà la fine
dell’opera redentrice per quanto riguarda noi; poiché sebbene nel
frattempo condividiamo molte benedizioni e molti vantaggi mediante la
redenzione, non raggiungeremo la nostra redenzione per completo fino a
quel momento. Rom. 8:20-23
Per
quanto riguarda la nostra condizione presente, partecipare alla redenzione
che è già nostra, nostro Signore dichiara, "Chi crede in me ha la
vita eterna" (Giov. 6:47) e l’apostolo dice anche, "Chi ha il
Figlio, ha la vita."(I Giov. 5:12) Non dobbiamo comprendere ciò
credendo che sia semplicemente un assenso mentale ad alcuni fatti connessi
con il piano divino di salvezza, ma una fede nel sacrificio d’espiazione
e nella condotta d’accordo con la sua opposizione al peccato: una fede
viva che si manifesta nell’obbedienza del cuore. Allo stesso modo non
dobbiamo comprendere che il significato sia che i credenti hanno
la vita eterna nel pieno senso della parola, nel senso che alla fine sarà
loro, mediante una partecipazione alla Prima Risurrezione. Dobbiamo
piuttosto capire che i credenti consacrati sono generati alla novità di
vita, hanno la nuova vita iniziata dentro di loro, nel senso che le loro
volontà sono accettate da Dio come inizi di quelle Nuove Creature che
essi saranno nella Prima Risurrezione.
Dobbiamo
intendere queste affermazioni in piena armonia con la dichiarazione
dell’Apostolo secondo cui "noi siamo salvati mediante la speranza",
mediante la fede, messi in conto come salvati, non completamente salvati.
Quindi dobbiamo aspettare con pazienza il completamento dell’opera buona
che Dio ha cominciato in noi, aspettare "la grazia [salvezza] che vi
sarà portata alla rivelazione di Cristo Gesù", "quando verrà
per essere glorificato nei suoi santi". II Tess. 1:10; I Piet. 1:13
La
redenzione (liberazione) che è in Gesù Cristo, quella di cui godiamo ora,
come pure quella che tra breve sarà completata in noi, è identificata
dovunque nella Scrittura con il sacrificio che nostro Signore ha fatto a
nostro favore. Mentre la sua morte ha costituito il prezzo della nostra
pena, la sua risurrezione è stata essenziale; poiché un Salvatore morto
non potrebbe assistere il redento a ritornare a ciò che è stato perduto.
E le stesse esperienze di nostro Signore in connessione con il sacrificio,
siamo assicurati, lo qualificano ancora di più per la grand’opera di
liberazione, acquistata con il suo sangue, della creazione che sta gemendo.
L’Apostolo dichiara: "Poiché egli stesso ha sofferto l’essere
tentato, è capace di soccorrere coloro che sono tentati", capace di liberare
costoro dalle tentazioni che altrimenti potrebbero sopraffarli. "Egli
non sopporterà che noi veniamo tentati al di sopra delle nostre capacità,
ma predisporrà, a fianco della tentazione, una via d’uscita." Egli
sopporterà che inciampiamo, ma fintanto che riponiamo la nostra fiducia
in lui egli non sopporterà che siamo totalmente umiliati, che cadiamo
nella Seconda Morte. Ebr. 2:18; I Cor. 10:13
Permettendoci
di inciampare può essere il suo mezzo, a volte, per insegnarci preziose
lezioni con riguardo alle nostre stesse debolezze e al nostro bisogno di
guardare [162] a lui come nostro Pastore ed anche come nostro
Redentore e di sentire le nostre stesse debolezze, affinché possiamo con
ciò diventare forti nel Signore e nella forza della sua potenza. Egli è
offerto davanti a noi come nostro Sommo Sacerdote, capace di essere
toccato da compassione per le nostre infermità, mentre possiede pieno
potere di soccorrerci nell’ora della tentazione. Si parla di lui in modo
specifico come chi ha "compassione dell’ignorante e di coloro che
sono fuori strada" e come chi è capace di salvare "al massimo"
coloro che si avvicinano al Padre mediante il suo appoggio e che coloro
che continuano a dimorare in lui con fede viva, che comporta obbedienza
fino al limite della propria capacità. Così dobbiamo rigioire nel nostro
Redentore come un Salvatore presente, un Liberatore, come pure tra breve
il Liberatore dalla tomba, mediante una risurrezione, il Capo di nostra
fede. Ebr. 2:17, 18; 4:15, 16; 5:2; 7:25, 26
"O
tu Dio della nostra salvezza,
Nostro Redentore di
tutti i nostri peccati
Tu ci
hai chiamato ad una posizione
Che non potremmo mai conquistare col merito.
Oh! Noi ti lodiamo,
Mentre cerchiamo di entrarvi.
"Nelle
orme di nostro Signore,
ogni giorno cerchiamo di camminare;
E lo sfavore del mondo contrario
Non farà altro che mandarci dalla nostra Roccia.
Come rinfrescano le sue acque
Il tuo gregge affaticato!
"Noi,
con lui, porteremo il messaggio
Della grazia del nostro Padre Celeste;
Mostra come ha redento dalla schiavitù
Tutta la nostra razza rovinata e perduta.
Oh! Che misericordia
Risplende sul suo volto tutto glorioso!"