Studies in the Scriptures

Tabernacle Shadows

 The PhotoDrama of Creation

 

Studi Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione

 

 STUDIO 3

LA CHIAMATA DELLA NUOVA CREAZIONE

NESSUN ALTRO SE NON I "CHIAMATI" ELEGGIBILI—QUANDO È INIZIATA QUESTA CHIAMATA ALLA "GRANDE SALVEZZA"—UNA CHIAMATA AL PENTIMENTO NON UNA CHIAMATA ALLA NATURA DIVINA—LA CHIAMATA DEGLI EBREI—LA CHIAMATA DEL VANGELO—PERCHÉ NON MOLTI "GRANDI", "SAGGI" O "POTENTI" SONO CHIAMATI—ESALTAZIONE IL PREMIO PER LA VERA UMILTÀ—CARATTERE UNA CONDIZIONE DELLA CHIAMATA—IL MONDO DURANTE IL MILLENNIO NON DA CHIAMARE, MA DA COMANDARE—TEMPO LIMITATO DELLA CHIAMATA DEL VANGELO—LA NUOVA CREAZIONE CHIAMATA O ATTRATTA DAL PADRE—CRISTO NOSTRA SAPIENZA—CRISTO NOSTRA GIUSTIFICAZIONE—GIUSTIFICAZIONE EFFETTIVA E MESSA IN CONTO DIFFERENZIATE—HA BISOGNO DI GIUSTIFICAZIONE LA "NUOVA CREAZIONE"?—I MOTIVI DELLA GIUSTIFICAZIONE—LA GIUSTIFICAZIONE DEGLI ANTICHI DIGNITARI DIVERSA DALLA NOSTRA—GIUSTIFICAZIONE DELL’ETÀ MILLENARISTICA—CRISTO FATTO SANTIFICAZIONE PER NOI—SANTIFICAZIONE DURANTE L’ETÀ MILLENARISTICA—DUE CONSACRAZIONI DISTINTE NEI TIPI LEVITICI—NESSUNA DELLE DUE HA EREDITÀ NELLA TERRA—LA GRANDE COMPAGNIA—SANTIFICAZIONE DI DUE PARTI—LA PARTE DELL’UOMO—LA PARTE DI DIO— LE ESPERIENZE VARIANO CON I TEMPERAMENTI— SANTIFICAZIONE NON PERFEZIONE NÉ EMOZIONE—"COLUI CHE SANA TUTTE LE TUE INFERMITÀ"—NECESSITÀ DEL TRONO DELLA GRAZIA—COME LA GIUSTIFICAZIONE SI FONDE CON LA SANTIFICAZIONE—CONSACRAZIONE DALLA FINE DELLA "SOMMA VOCAZIONE"—LA SALVEZZA O LIBERAZIONE DELLA CHIESA.

L’opportunità di diventare membri della Nuova Creazione e di partecipare alle sue possibilità, ai suoi privilegi, alle sue benedizioni e glorie, non è stata spalancata al mondo dell’umanità in genere, ma solamente ad una classe "chiamata". Ciò è espresso molto chiaramente nelle Scritture. Israele secondo la carne fu chiamato dal Signore ad essere il suo popolo particolare, distinto dagli altri popoli o dalle altre nazioni della terra.  Come sta scritto: "Voi soli ho conosciuto [riconosciuto] fra tutte le famiglie della terra.” (Amos 3:2) La vocazione d’Israele, tuttavia, non fu la "somma vocazione" o la "vocazione celeste" e di conseguenza non troviamo nessun riferimento delle cose celesti in nessuna delle promesse che concernono quel popolo. La loro chiamata fu una chiamata ad una condizione preparatoria, che alla fine rese una rimanenza di quella nazione pronta a [86] ricevere e a trarre profitto dalla somma vocazione alla "grande salvezza, la quale prima cominciò ad essere annunziata dal Signore, e ci è stata confermata da quelli che l’hanno udita". (Ebr. 2:3) I termini della somma vocazione o della vocazione celeste non sono perciò da essere ricercati nel Vecchio Testamento ma nel Nuovo, sebbene, man mano che gli occhi della nostra comprensione si aprono per discernere "le cose profonde di Dio" possiamo vedere nelle sue relazioni con Israele nella carne e negli atti d’intervento divino fra esso certe tipiche lezioni proficue per la discendenza spirituale che è stata chiamata con una vocazione celeste; perché , come l’Apostolo ci mette in evidenza, Israele nella carne e le sue leggi e le relazioni di Dio con esso erano delle ombre o dei tipi delle cose migliori che appartengono a coloro che sono chiamati a diventare membri della Nuova Creazione.

Dato che nel piano divino Cristo doveva avere la preminenza in tutto ed era perciò necessario che fosse il primo, il capo, il Sommo Sacerdote, che sarebbe dovuto diventare il leader di questa Nuova Creazione di figli di Dio, il Capitano della loro salvezza e il loro modello, alla cui linea di condotta si sarebbero potuti conformare, nelle cui orme avrebbero potuto camminare, vediamo una ragione molto convincente per cui gli antichi dignitari non abbiano potuto avere nessuna parte o porzione in questa Nuova Creazione. Le parole di nostro Signore riguardo a Giovanni Battista attestano questo, "In verità vi dico, che fra i nati di donna non è sorto alcun maggiore di Giovanni Battista: però il minimo nel regno dei cieli è maggiore di lui.”. (Mat. 11:11) Così anche l’Apostolo dichiara, mentre parla in termini di altissima lode della fede e del nobile carattere di quei fratelli dell’ordinamento passato: "Perché Iddio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi." Ebr. 11:40

Inoltre, dobbiamo ricordarci che nessuno può essere chiamato mentre si trova ancora sotto la condanna a causa del peccato d’Adamo. Per essere chiamati a questa "somma vocazione", è necessario che prima sia assicurata la giustificazione dalla sentenza di Adamo e ciò non poté essere concesso neanche ad Israele nella carne mediante il sangue dei buoi e delle capre, perché questi non possono mai togliere il peccato e furono semplicemente tipi dei sacrifici migliori che effettivamente [87] soddisfano alle richieste della Giustizia contro la nostra razza. Quindi, non è stato possibile che la chiamata cominciasse finché nostro Signore non avesse pagato il prezzo della redenzione, finché "non ci avesse comprato con il suo sangue prezioso". Persino gli Apostoli furono chiamati e accettati nella Nuova Creazione solo in modo provvisorio finché il Redentore non avesse pagato il prezzo e fosse asceso in alto e l’avesse presentato a nome loro. Allora, e non prima di allora, il Padre, nel giorno di Pentecoste, riconobbe direttamente quei credenti e li generò mediante il suo Spirito Santo quali "Nuove Creature". Vero, nostro Signore disse ai Farisei durante il suo ministero: "Non sono venuto a chiamare al pentimento dei giusti, ma dei peccatori.”. (Mat. 9:13) Ma dobbiamo renderci conto di una gran differenza tra chiamare gli uomini al pentimento e chiamarli alla somma vocazione della natura divina e della coeredità con Cristo. Nessun peccatore vi è accettato; quindi si tratta del fatto che noi, essendo "per natura figli d’ira", abbiamo prima bisogno di essere giustificati liberamente da tutte le cose mediante il sangue prezioso di Cristo.

È in perfetta sintonia con ciò quanto leggiamo nell’introduzione dell’Epistola ai Romani (1:7) in altre parole, che l’epistola si rivolge a "quanti sono a Roma, amati da Dio, chiamati ad esser santi", chiamati ad essere sacri, partecipi della natura divina, ecc. L’introduzione dell’Epistola ai Corinzi dice: "Alla Chiesa di Dio che è a Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati ad esser santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome di Gesù Cristo." (I Cor. 1:2) Il carattere esclusivo di questa chiamata è ulteriormente sottolineato in un versetto successivo (9), che dichiara l’autore della nostra vocazione, con le parole: "Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del suo Figliuolo Cristo Gesù, nostro Signore." Ciò implica un’associazione, un essere una cosa sola; e, quindi, il pensiero è che la chiamata è in vista di un reperimento tra gli uomini di alcuni che diventino uno con il Redentore quali Nuove Creature; coeredi con lui della gloria, dell’onore e dell’immortalità a lui concessi come ricompensa per la sua fedeltà.

Qui ci vengono richiamate alla memoria le parole dell’Apostolo nel senso che saremo costituiti quali coeredi con Cristo solo a certe condizioni, vale a dire: "Se soffriamo con  [88] lui, che siamo anche glorificati con lui." (Rom. 8:17) Nello stesso capitolo ai Corinzi (versetto 24) l’Apostolo dimostra che la chiamata di cui sta discutendo non è assolutamente la stessa chiamata che per un certo periodo era stata limitata agli Ebrei; e le sue parole, inoltre, indicano che non tutti sono chiamati. Dice: "Per coloro che sono chiamati, sia Ebrei che Greci, Cristo [è] la potenza di Dio e la sapienza di Dio", anche se per gli Ebrei che non sono chiamati egli è stato un ostacolo e per i Greci che non sono chiamati è stato stoltezza. Nella sua lettera agli Ebrei (9:14, 15) l’Apostolo richiama l’attenzione sul fatto che la chiamata di quest’età del Vangelo non sarebbe potuta essere stata promulgata finché prima nostro Signore non fosse diventato con la sua morte "garanzia" del Nuovo Patto. Le sue parole sono: "Per questa causa egli è il mediatore del Nuovo Testamento [patto], che mediante la morte, per la redenzione delle trasgressioni commesse quando era in vigore il primo testamento [l’Antico Patto], coloro che sono chiamati potessero ricevere la promessa dell’eredità eterna." Ebr. 7:22

Non molti grandi, saggi o dotti chiamati

Naturalmente potremmo supporre che questa chiamata speciale, se dovesse essere riservata ad una cerchia ristretta, dovrebbe essere riservata agli esemplari più raffinati della razza caduta: i più nobili, i più virtuosi, coloro che sono dotati di più talenti; ma l’Apostolo contraddice questa idea con le parole: "Guardate, fratelli, la vostra vocazione: non ci sono tra i chiamati molti saggi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i saggi; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le potenti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al nulla le cose che sono affinché nessuna carne si glori nel cospetto di Dio." (I Cor. 1:26-29) La ragione per cui esiste tale condizione è spiegata dall’Apostolo attribuendola all’intenzione di Dio di non permettere a nessuno poter vantarsi di aver meritato in alcun senso o in alcun grado le grandi benedizioni da concedere. Tutta la questione va intesa come un’illustrazione agli angeli e agli uomini della potenza di Dio nel trasformare i caratteri da ignobili e [89] disprezzati a nobili e puri, non con la forza ma con la potenza trasformatrice della verità che opera, in coloro che sono chiamati, mediante le promesse e le speranze poste davanti a loro, sia nel volere che nel compiere il suo buon desiderio. Questa disposizione divina avrà come risultato non solo la gloria del Padre, ma anche l’umiltà e il bene eterno di quanti egli benedirà. Troviamo varie affermazioni, ripetute nel Nuovo Testamento, del fatto che questa chiamata e la salvezza ad essa vincolata non provengono dall’uomo, né dal suo potere, ma dalla grazia di Dio. Né è difficile vedere come mai la chiamata sia, normalmente, meno attraente per i nobili e più per gli ignoranti.

L’orgoglio è un elemento importante nella natura caduta e bisogna continuamente tenerlo presente. Coloro i quali sono meno caduti rispetto a quanto lo sia la maggior parte dei loro simili e i quali, pertanto, sono per natura più nobili in media delle creature simili a loro, sono propensi ad accorgersi di questa condizione e a sentire una certa superiorità e ad inorgoglirsi per via di essa. Tali individui, sebbene cerchino il Signore ed aspirino alla sua benedizione e al suo favore, sarebbero portati ad aspettarsi di essere ricevuti dal Signore su una base diversa da quella riservata ai propri simili che sono più caduti, meno nobili. Tuttavia, lo standard di Dio è la perfezione, ed egli dichiara che tutto ciò che non raggiunge questo standard è condannato, ed ognuno che è condannato è orientato verso lo stesso Redentore e verso lo stesso sacrificio per i peccati, sia che abbia sofferto molto o relativamente di meno per via della caduta. Tali condizioni d’accettazione sono risultate di sicuro più attraenti per i membri della famiglia umana miserabili e più caduti piuttosto che per i membri più nobili; i deboli, coloro che sono caduti, si rendono conto più chiaramente di quanto hanno bisogno di un Salvatore, perché si rendono molto più conto delle proprie imperfezioni. Coloro, invece, che sono meno caduti, possedendo una certa autosoddisfazione, non sono molto portati ad inchinarsi di fronte alla croce di Cristo, ad accettare la giustificazione come un dono gratuito e ad avvicinarsi, basandosi su ciò, e solo su ciò, al trono della grazia celeste per ottenere misericordia e trovare l’aiuto della grazia. Sono più propensi ad appoggiarsi alla loro comprensione e ad avere quel [90] sentimento di completo compiacimento che impedirà loro di entrare dalla porta bassa e dalla via stretta.

Evidentemente Dio dà un premio all’umiltà con riferimento a tutti quelli che egli invita a diventare membri di questa Nuova Creazione. L’Apostolo richiama l’attenzione su ciò, dicendo: "Umiliatevi, dunque, sotto la potente mano di Dio, affinché Egli v’innalzi a suo tempo." (I Piet. 5:6) Paolo li orienta al modello, Gesù Cristo: come si è umiliato e non ha procurato fama per se stesso, cercando una natura inferiore e soffrendo la morte, perfino la morte di croce, ecc.; e proprio in virtù di tale obbedienza e di tale umiltà Dio lo ha esaltato immensamente. Poi Pietro indica la lezione dicendo: "Dio resiste ai superbi e dà la grazia agli umili." (I Piet. 5:5) Vedete la vostra chiamata, fratelli, come mai non molti grandi o saggi o istruiti sono chiamati, ma principalmente i poveri di questo mondo, ricchi nella fede. Insieme al fatto che Dio dà un premio all’umiltà, c’è anche quello che egli dà un premio alla fede. Preferisce avere per Nuove Creature coloro che hanno imparato a confidare incondizionatamente in lui, che accettano la sua grazia come sufficiente per loro e nella forza che egli elargisce arrivano, in connessione con la loro esaltazione, alla vittoria alla quale egli li chiama.

Il carattere, tuttavia, una condizione della chiamata

Sebbene Dio non chiami i saggi o i grandi o i dotti, non dobbiamo dedurre da ciò che il suo popolo sia ignobile o ignorante, nel senso d’essere malvagio o corrotto o degradato. Tutt’altro. Il Signore pone lo standard più alto che esiste davanti a coloro che egli chiama; essi sono chiamati alla santità, alla purezza, alla fedeltà e ai principi di giustizia, ad un riconoscimento nei loro cuori del valore di queste cose e al metterle in vista nelle loro vite per la gloria di colui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. (II Piet. 1:3; I Piet. 2:9) Può darsi che il mondo li conosca solo nella carne e può darsi che secondo la carne non siano più nobili o raffinati di altri (spesso lo sono meno) ma l’essere accettati dal Signore non è secondo la carne, bensì secondo lo spirito, [91] secondo i loro menti, le loro intenzioni, i loro "cuori". Di conseguenza, dal momento in cui accettano la grazia di Dio in Cristo e il perdono dei loro peccati e fanno di se stessi una consacrazione al Signore, sono considerati liberati da quelle imperfezioni che erano loro per via naturale quali figli d’Adamo; sono considerati come se la loro carne fosse rivestita dei meriti di Cristo, che ne nascondono tutti i difetti. È la nuova mente, la nuova volontà, in pratica la "Nuova Creatura" accettata da Dio e chiamata, e solo di questa si sta trattando.

Vero, la nuova mente man mano che si sviluppa dimostrerà d’essere nobile, onorabile, integra e gradualmente giungerà ad avere sempre più potere e sempre più controllo sulla carne, così che coloro i quali non riconoscono le Nuove Creature, come non hanno riconosciuto neanche il Signore, possano infine rimanere stupiti delle loro buone opere e del loro vivere santo e del loro spirito di mente sana, sebbene a volte si possa dare il caso che attribuiscano anche ciò a qualche motivo ignobile. E nonostante la crescita graduale della mente nuova nell’armonia sempre maggiore con la mente del Signore, può succedere che costoro non arrivino mai ad avere completo controllo sui corpi mortali con i quali sono connessi, sebbene sia sicuramente loro l’obiettivo e lo sforzo di glorificare Dio nei loro corpi come nei loro spiriti, nelle loro menti, che sono le sue. I Cor. 6:20

Osserviamo alcune di queste caratteristiche e di queste limitazioni che concernono il carattere della "Nuova Creazione". L’esortazione dell’Apostolo ad uno di questi chiamati (ma che si può applicare a tutti loro) è: "Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna alla quale sei anche chiamato.”. (I Tim. 6:12) Queste nuove Creature non si devono aspettare di guadagnare la vittoria e la grande ricompensa senza una battaglia con l’avversario, come pure con il peccato che abbonda in tutti i loro rapporti d’amicizia e nella debolezza della loro carne, sebbene quest’ultima sia ricoperta dal merito della rettitudine di Cristo secondo i termini nel Patto di Grazia. L’Apostolo esorta ancora questo gruppo a "Condursi in modo degno di Dio che vi ha chiamato nel suo Regno e nella sua gloria." (I Tess. 2:12) La Nuova Creatura non solo deve riconoscere la sua vocazione e la ricompensa finale nel Regno e nella gloria, ma deve ricordarsi che [92] nella vita presente egli è diventato un rappresentante di Dio e della sua giustizia e deve cercare di camminare in conformità con questo. Così leggiamo: "Come Colui che vi ha chiamato è santo, anche voi siate santi in tutti i sensi della parola; poiché sta scritto: "Siate santi; perché io sono santo." (I Piet. 1:15, 16) Ancora, si legge nella stessa epistola (2:9): "Dovreste proclamare le virtù di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua meravigliosa luce."

Gli Israeliti spirituali della Nuova Creazione non sono stati sottomessi a specifiche leggi, come lo sono stati gli Israeliti nella carne; invece sono stati sottoposti alla "legge della libertà", così che il loro amore per il Signore potesse essere reso manifesto, non solo per quanto riguarda l’evitare di propria volontà le cose riconosciute come disapprovate dal Signore, ma anche per quanto riguarda il sacrificare di propria volontà i diritti e gli interessi umani nel servizio della verità e della giustizia, per il Signore e per i fratelli. È in conformità a ciò che l’Apostolo dichiara: "Iddio ci ha chiamati non ad impurità ma a santificazione." (I Tess. 4:7) Egli dichiara ancora: "Voi siete stati chiamati a libertà, solo non fate della libertà un’occasione per la carne" (Gal. 5:13), un’occasione per fare il male: usate piuttosto la vostra libertà nel sacrificio di diritti presenti a favore della giustizia e del suo servizio; che così possiate essere sacerdoti del sacerdozio regale che offrono il sacrificio e che, tra breve, regneranno nel Regno di Dio quali coeredi con Cristo per dispensare benedizioni divine al mondo.

Molte sono le scritture che fanno notare che la chiamata ad essere "Nuove Creature" è una chiamata alla gloria, all’onore e all’immortalità (Fil. 3:14; II Piet. 1:3, ecc.), ma dappertutto il Signore indica che il sentiero che conduce a questa gloria è un sentiero stretto di prova, d’esame, di sacrificio, in tal modo che solo coloro che sono nati da questo spirito, sì, ripieni di esso, saranno capaci di uscirne alla fine conquistatori e di raggiungere le cose gloriose alle quali sono chiamati, il cui cammino è stato reso possibile ai chiamati mediante colui che ha promesso, "Vi basti la mia grazia; poiché la mia forza è resa perfetta nella vostra debolezza."

Né dobbiamo pensare a chiamate diverse, ma dobbiamo ricordare la dichiarazione [93] dell’Apostolo (Efes. 4:4): "Voi siete chiamati nell’unica speranza della vostra vocazione." È uno sbaglio, pertanto, per chiunque pensare di avere una scelta in questa materia. In verità, per quanto riguarda il mondo, nella prossima età non ci sarà nessuna chiamata: durante quell’età Dio non cercherà di selezionare una classe speciale separata e distinta dalle altre e destinata ad una posizione speciale. Durante l’età Millenaristica anziché chiamare il mondo, il Signore li comanderà: comanderà obbedienza alle leggi e ai princìpi di giustizia e si esigerà (non: si richiederà) da ogni creatura di prestare obbedienza a quel governo Millenaristico, altrimenti riceverà sferzate per la sua disobbedienza e alla fine sarà distrutta e tolta di mezzo dal popolo, come sta scritto: "Chi non ascolterà (obbedirà) quel profeta sarà tagliato fuori dal popolo"; egli morirà la Seconda Morte, dalla quale non ci sarà speranza di recupero.

Né ci sarà una seconda chiamata durante l’età del Vangelo, anche se, come abbiamo visto in precedenza, c’è una seconda classe di salvati scelti durante quest’età: la Grande Compagnia (Apoc. 7:9-14) "il cui numero nessun uomo conosce, di tutte le nazioni, tribù e lingue," che servirà Dio nel suo tempio e davanti al trono in antitesi alla Sposa, che sarà sul trono e i membri, o pietre viventi, del tempio. Ma questi di codesta seconda compagnia non hanno una chiamata separata e distinta. Costoro avrebbero potuto altrettanto facilmente, e con molta più soddisfazione, raggiungere le glorie della natura divina se avessero prestato obbedienza in modo immediato e spontaneo. Essi ne vengono fuori vincitori alla fine, com’è dimostrato dal fatto che sono loro concessi i rami di palma; ma la loro mancanza di zelo li ha ostacolati negli esseri accettati come parte della classe vincitrice, impedendo così la loro coeredità eterna e la loro gloria quali partecipanti alla Nuova Creazione, come pure privandoli di gran parte della gioia, della pace e della soddisfazione che è propria di coloro che prevalgono e che è goduta da essi anche in questa vita attuale. Il posto che raggiungeranno, come abbiamo visto prima, sarà apparentemente uno simile per molti versi allo stato o al piano degli angeli. [94]

Un altro pensiero connesso con la chiamata è che il suo tempo è limitato, come dichiara l’Apostolo: "Ora è il tempo accettabile; guardate, ora è il giorno della salvezza.”. "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori." (II Cor. 6:2; Ebr. 3:15) Questo giorno accettabile, o anno accettabile o periodo o epoca accettabile, è iniziato con nostro Signor Gesù e la sua consacrazione. Egli fu chiamato. Non si è assunto l’onore da sé ed ha continuato così sin d’allora: "Nessuno si prenda da sé quest’onore." (Ebr. 5:4) Sarebbe davvero impudente quell’uomo che si assumesse il diritto ad un cambiamento della natura da umana a divina e dall’essere un membro della famiglia di Adamo e coerede nel suo stato perduto e confiscato all’essere un coerede con Cristo in tutte le ricchezze e nella gloria e nell’onore di cui egli, rispondendo alla sua chiamata, divenne l’erede legittimo per l’eternità.

La conclusione di questa chiamata, o "giorno della salvezza", o "tempo accettabile" verrà non meno certamente del suo inizio. Un numero definito, effettivo è stato destinato da Dio per la costituzione della Nuova Creazione e non appena si raggiungerà quel numero l’opera di quest’età del Vangelo sarà terminata. Potremmo osservare anche che non appena sarà stato chiamato il numero giusto, la chiamata stessa cesserà; poiché non sarebbe da Dio chiamare neppure un individuo in più di quelli che egli ha predestinato, anche se sapeva già in anticipo quanti di coloro che sono stati chiamati sarebbero venuti meno all’obbedienza, non ce l’avrebbero fatta a rendere sicura la loro vocazione e la loro elezione, e, pertanto, sarebbero dovuti essere sostituiti da altri. La coerenza sembra richiedere che l’Onnipotente non sembri neppure prendere alla leggera le sue creature estendendo un solo invito che potrebbe non raggiungere il successo una volta accettato. Le Scritture offrono l’idea che per questo numero limitato, eletto, del Sacerdozio Regale è stata stabilita una corona per ciascuno; e che man mano che ognuno accetta la chiamata del Signore e fa la sua consacrazione in conformità ad essa, è messa da parte per lui una delle corone. Non sta bene, pertanto, supporre che il Signore chiami qualcuno il quale, presentandosi e accettando la chiamata, abbia bisogno di essere informato sul fatto che non sarà ancora messa da parte per lui nessuna corona, ma che [95] dovrà aspettare finché qualcuno si riveli infedele e perda con ciò il suo diritto. L’esortazione di nostro Signore: "Tieni fermamente,...affinché nessuno ti tolga la tua corona" sembra implicare non solo il numero limitato di corone, ma che alla fine, al termine di quest’età, verrà un tempo in cui coloro che non avranno vissuto fedelmente secondo il loro patto saranno respinti e ci saranno altri in quel momento che staranno aspettando le loro corone. Apoc. 3:11

Per quanto capiamo la chiamata generale a questa coeredità con il nostro Redentore quali membri della Nuova Creazione di Dio, è terminata nel 1881. Ma comprendiamo che un vasto numero (in tutte le varie denominazioni della Cristianità, probabilmente venti o trentamila) che a quel tempo aveva fatto la completa consacrazione di se stesso, non si è dimostrato fedele al patto del sacrificio di sé. Costoro, uno per uno, man mano che è raggiunta la misura completa dell’esame, se trovati infedeli, sono respinti dalla fraternità con la compagnia dei chiamati: di modo che altri che nel frattempo hanno fatto la consacrazione, sebbene non secondo la chiamata, possano essere ammessi al rapporto completo in questa fraternità con Cristo e i suoi coeredi, di modo che essi, a loro volta, possano sottostare all’esame e, se trovati indegni, possano essere respinti in modo simile e il loro posto possa essere assunto da altri ancora che staranno nell’attesa in un atteggiamento di consacrazione. Evidentemente, mediante tale ordinamento, non è esistita nessuna necessità di una chiamata generale dal 1881. A coloro che ora sono ammessi possono benissimo essere concessi i loro privilegi e le loro opportunità senza rientrare nella chiamata generale o nell’invito generale il qual è terminato nel 1881: sono ammessi su richiesta, man mano che l’opportunità lo permette, per riempire i posti di chi escono. Ci aspettiamo che quest’attività di uscire ed entrare continui finché non sia trovato degno l’ultimo membro del nuovo ordine della creazione e finché tutte le corone non siano state assegnate per l’eternità.

L’Apostolo dichiara: "Voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno abbia a cogliervi a guisa di ladro." (I Tess. 5:4) In armonia con tutti i vari precedenti della Scrittura, siamo propensi a credere che in questo tempo di mietitura dell’età del Vangelo sarà portata all’attenzione per tutti i consacrati del Signore, una conoscenza della verità [96] riguardo al piano divino delle età, riguardo alla presenza del Figlio dell’Uomo e all’attività della mietitura. Comprendiamo che così la "verità presente" sarà proprio un bell’esame o una bella evidenza delle giuste condizioni idonee del cuore fra i consacrati qui, proprio come il messaggio della presenza di nostro Signore e la mietitura dell’età Ebraica servì a provare l’Israele terreno nel primo avvento. È parte della nostra attesa che quelli che in questo tempo arrivano ad una conoscenza chiara della verità e danno segno di sincerità di fede nel sangue prezioso e nella profondità della loro consacrazione al servizio del Signore e ai quali è concesso di riuscire a vedere a fondo il piano divino, dovrebbero essere considerati come se avessero quest’evidenza di essere stati accettati dal Signore come eredi potenziali con Gesù Cristo, anche se hanno fatto la consacrazione a partire dal 1881. Se la loro consacrazione è stata fatta molto tempo fa, prima che terminasse la chiamata, possiamo capire che dopo un tempo così lungo stanno raggiungendo l’atteggiamento idoneo della consacrazione e che, pertanto, la conoscenza della verità presente è stata loro concessa come una benedizione e come evidenza della loro fraternità dello spirito con il Signore. Se non sono stati tra i consacrati nel 1881, o prima, la deduzione sarebbe che sono stati accettati ora nell’associazione con la classe dei chiamati perché è stato dato loro il posto di qualcuno che era stato chiamato in precedenza, ma che ha dato prova di mancare nello zelo (né freddo né caldo e quindi è stato vomitato) per avere la sua porzione adeguatamente nel tempo dell’afflizione, per imparare lì, sotto discipline e punizioni, preziose lezioni che egli avrebbe dovuto imparare dalla Parola di Dio e per arrivare attraverso un periodo di gran tribolazione ad un posto nella "Grande Compagnia", mentre sarebbe dovuto arrivare volontariamente e gioiosamente attraverso la tribolazione ad un posto con Cristo sul trono.

Come chiama Dio

"E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia [giustificazione] e santificazione, e redenzione." I Cor. 1:30

Cristo nostra sapienza

Alla Sapienza è dato il primo, e in quel senso il più importante, posto fra le tappe della salvezza. La testimonianza dell’Uomo Saggio è d’accordo con ciò, dichiarando:

[97] "La Sapienza è la cosa principale...con tutti i tuoi averi ottieni la comprensione." Per quanto ben disposti possiamo essere, per quanto deboli o forti, la sapienza è la prima cosa essenziale per intraprendere il nostro giusto cammino. E ciò è riconosciuto generalmente tra gli uomini. Tutti, qualsiasi intelligenza abbiano, sono alla ricerca di maggiore conoscenza e sapienza; anche chi intraprende i cammini più stolti, come norma lo fa per seguire sentieri che in quel momento non sembrano loro essere sventati. Fu così per madre Eva, ella desiderava la conoscenza, la sapienza, e il fatto stesso che l’albero proibito sembrava essere la porta che conduceva alla sapienza costituì la tentazione a disobbedire al suo Creatore. Com’è necessario, quindi, un consigliere saggio che ci guidi nelle vie della gradevolezza proprie della sapienza e per i suoi sentieri di pace.

E se madre Eva, anche nella sua perfezione, aveva bisogno di una guida saggia, molto più abbiamo bisogno di tale guida noi, i suoi figli caduti, imperfetti. Nostro Padre Celeste chiamandoci a far parte della Nuova Creazione ha previsto tutti i nostri bisogni: che la nostra stessa sapienza non ci sarebbe stata sufficiente e che la sapienza dell’Avversario e dei suoi seguaci ingannati sarebbe stata usata a nostro danno, per far sembrare tenebra la luce e luce la tenebra; da qui la disposizione del nostro testo che Cristo sarà la nostra sapienza. Prima ancora di arrivare da Dio, prima ancora di ricevere il merito della redenzione o mediante esso di raggiungere il rapporto di figli, noi abbiamo bisogno d’aiuto, di consiglio, di sapienza, di aprire gli occhi del nostro intelletto per poter discernere ciò che Dio ha provveduto a dare in dotazione a suo Figlio.

Per avere un orecchio che sappia ascoltare la sapienza che viene dall’alto, è necessaria una seria condizione del cuore. Dobbiamo possedere una dose d’umiltà, altrimenti ci crederemo d’essere di più di ciò che dovremmo crederci e non sapremo discernere le nostre stesse debolezze, imperfezioni, indegnità, dal punto di vista divino. Dobbiamo avere anche una certa dose d’onestà o di candore, per essere pronti ad ammettere, a riconoscere, i difetti visti dalla mente umile. Guardando da questo punto di vista, coloro che aspirano alla rettitudine e all’armonia con Dio sono orientati dagli atti di [98] intervento del Signore verso Gesù come il Salvatore. Per quanto imperfettamente qualcuno possa capire all’inizio la filosofia della redenzione compiuta per noi, costoro devono almeno cogliere il fatto che "sono stati per natura figli del giusto castigo proprio come gli altri": peccatori, che il sacrificio di Cristo è stato un sacrificio giusto e che Dio lo ha predisposto e lo ha accettato a nome nostro; che mediante le sue frustate potessimo essere sanati, mediante la sua obbedienza potessimo essere accettati dal Padre, essendo i nostri peccati considerati come messi in conto su di lui e portati da lui e la sua giustizia e il suo merito considerati come da applicare a noi per un rivestimento di giustizia. Dobbiamo vedere ciò (Cristo si deve quindi fare sapienza per noi) prima di poter agire in base alla conoscenza e con accettazione sincera del suo merito essere giustificati davanti al Padre ed essere accettati e santificati, e, fra poco, essere liberati e glorificati. Ma Cristo non cessa d’essere la nostra sapienza quando si fa il passo successivo ed egli diventa la nostra giustificazione. No: noi abbiamo ancora bisogno di lui, quale nostra Sapienza, nostro saggio Consigliere. Sotto la sua guida dobbiamo vedere la sapienza che c’è nel fare una consacrazione completa e la sapienza che c’è nel far seguire a questa consacrazione una vita di santificazione, per fare la volontà del Padre. In ogni passo che facciamo, la cosa principale è la sapienza; e durante tutta la vita di consacrazione, o santificazione, ad ogni passo del cammino verso la Città Celeste, abbiamo bisogno della sapienza che viene dall’alto, che l’Apostolo descrive, "prima pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità e senza ipocrisia". (Giac. 3:17) La sapienza terrena opera secondo i criteri dell’egoismo, dell’ostinatezza, dell’autostima, dell’ipocrisia, dell’autosufficienza; e, come l’Apostolo rileva, queste cose portano ad invidia e discordia, perché questa sapienza, anziché provenire dall’alto, è "terrena, sensuale, diabolica". La sapienza celeste, invece, è in armonia col carattere divino dell’amore, che "non si vanta di se stesso, non si gonfia, non si comporta sconvenientemente, non gode dell’iniquità, ma gioisce della verità".

C’è anche ordine nell’operato di questa sapienza; poiché mentre acquista [99] influenza su tutte le condizioni indicate sopra dall’Apostolo Giacomo, c’è una differenza nel grado che assegna a ciascuna. Mentre lo spirito di sapienza che viene dall’alto è pacifico, desidera pace e cerca di promuoverla, nondimeno non pone la pace per prima, ma la purezza: "prima pura, poi pacifica". È la sapienza terrena che suggerisce: "pace ad ogni costo" e ordina alla coscienza di stare ferma di modo che si possa promuovere una pace egoista. La sapienza che è pura è semplice, è schietta, onorabile, aperta: ama la luce; non appartiene alle tenebre, al peccato, né favorisce alcuna cosa che debba essere nascosta: riconosce le opere nascoste come opere generalmente delle tenebre, le cose segrete come generalmente cose malvagie. È pacifica in tanto in quanto è coerente con l’onestà e la purezza; desidera pace, armonia, unità. Ma dato che la pace non viene prima, quindi può essere solo moralmente in pace e completamente in armonia con quelle cose che sono oneste, pure e buone.

Questa sapienza celeste è mite: non grezza, rozza, sia nei suoi piani che nei metodi. La sua mitezza, nondimeno, viene dopo la sua purezza e pacificità. Coloro che la possiedono non sono principalmente miti e poi puri e pacifici, ma prima, o principalmente, puri, santificati con la verità. Sono desiderosi di pace e disposti a promuoverla; pertanto sono miti e arrendevoli. Ma possono essere arrendevoli solo in armonia con la purezza, la pace e la mitezza; non possono essere arrendevoli per assistere in qualche opera malvagia, poiché lo spirito della sapienza celeste proibisce una tale linea di condotta.

La sapienza celeste è piena di misericordia e di frutti buoni: gode della misericordia che vede come un elemento essenziale del carattere divino che tenta di copiare. La misericordia e tutti i buoni frutti dello Spirito santo del Signore procedono sicuramente da, e si maturano e si sviluppano nel, cuore che è illuminato dalla sapienza che viene dall’alto; ma questa misericordia, mentre, con compassione e con un senso di voler soccorrere, invade coloro che fanno il male non intenzionalmente e senza consapevolezza, non può avere compassione o un senso d’associazione verso chi intenzionalmente fa il male, poiché lo spirito di sapienza non è prima misericordia, ma prima purezza. Quindi la misericordia di questa sapienza si può solo esercitare pienamente verso chi fa del male non intenzionalmente o senza consapevolezza.

[100] Questa sapienza celeste è dichiarata " senza parzialità". La parzialità comporterebbe ingiustizia; e la purezza, la pace, la mitezza, la misericordia e i buoni frutti dello Spirito di sapienza che vengono dall’alto non ci fanno più portare rispetto per le persone a meno che il carattere non dimostri il loro vero valore. Le caratteristiche esterne dell’uomo naturale, il colore della pelle, ecc. sono ignorate dallo Spirito del Signore, lo Spirito di sapienza che viene dall’alto: esso è imparziale e desidera ciò che è puro, pacifico, mite, vero, ovunque si trovi e in qualsiasi circostanza appaia.

Questa sapienza che viene dall’alto è inoltre "priva d’ipocrisia", è così pura, così pacifica, così mite, così misericordiosa verso tutti che non c’è bisogno d’ipocrisia quando è essa in controllo. Ma con tutto ciò che è peccaminoso essa è destinata ad essere al di fuori dell’armonia, al di fuori della simpatia, al di fuori della fraternità, perché è in fraternità, in simpatia con tutto ciò che è puro o che va in direzione della purezza, pace e mitezza; e in queste condizioni non c’è spazio per l’ipocrisia.

La sapienza celeste riguardo a tutte queste questioni Dio ce l’ha data attraverso suo Figlio, non solo nel messaggio della sua opera redentrice, ma anche nel mostrare le grazie dello Spirito e la sua obbedienza al Padre, istruendoci in tal modo sia con la parola che con l’esempio. Inoltre, questa sapienza che viene dall’alto giunge a noi attraverso gli apostoli, quali rappresentanti di Cristo, attraverso i suoi insegnamenti, come pure attraverso tutti quelli che hanno ricevuto questo Spirito di sapienza dall’alto e che cercano ogni giorno di far risplendere la loro luce in modo tale da glorificare il loro Padre nei Cieli.

Cristo nostra giustificazione

Abbiamo già discusso, fino ad un certo punto, la riconciliazione tra Dio e l’uomo, nella quale nostro Signore Gesù è stato fatto Giustificazione per tutti quelli che lo accettano.* Ma vogliamo esaminare qui più particolarmente il significato di questa parola comune, Giustificazione, che sembra essere solo imperfettamente capita dalla [101] maggioranza del popolo del Signore. Il pensiero principale nella parola Giustificazione è (1) la giustizia, oppure uno standard di ciò che è retto; (2) che qualcosa è al di fuori dell’accordo con questo standard, non in sintonia con i suoi requisiti; (3) il portare la persona o la cosa che è mancante allo standard adeguato o giusto. Un’illustrazione di ciò è un paio di bilance o di piatti della bilancia: su un lato un peso rappresenta la Giustizia; sull’altro lato si dovrebbe riscontrare qualcosa che stia rappresentando l’obbedienza umana di ugual peso, in modo da controbilanciare la Giustizia. Questa è più o meno mancante in tutti e la mancanza richiede che sia compensata aggiungendovi qualcosa, per portarla alla sua giustificazione o al suo bilanciamento. Se applichiamo quest’illustrazione in modo più particolare, vediamo Adamo, nella sua creazione originaria, perfetto; in armonia con Dio e obbediente a lui. Questa era la condizione appropriata, adeguata, giusta, nella quale egli avrebbe dovuto continuare. Ma attraverso il peccato è stato sottoposto alla sentenza divina ed è stato subito respinto, come non più all’altezza dello standard divino. Da allora la sua discendenza "nata nel peccato e formata nell’iniquità" è venuta alla luce su un piano ancora più basso di quello del loro padre Adamo, ancora più lontano dallo standard richiesto dalla Giustizia divina. Ammesso ciò, è inutile che chiunque faccia parte della discendenza d’Adamo chieda al Creatore un nuovo bilanciamento, o una nuova prova, per vedere se riesce o no ad essere all’altezza dello standard della Giustizia infinita. Riconosciamo che una tale prova sarebbe assolutamente inutile; che se l’uomo perfetto ha perso la sua posizione per via della disobbedienza, noi che siamo imperfetti, caduti, pervertiti, non potremo avere nessuna speranza di adempiere ai requisiti della Giustizia, o di bilanciarci, di giustificarci, davanti a Dio: "Noi abbiamo tutti peccato e non siamo stati all’altezza della gloria di Dio" nella quale la nostra razza era stata originalmente creata, in modo rappresentativo, nel padre Adamo.

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*Vol. V, Cap. XV.
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Se, poi, vediamo che come razza, noi siamo tutti ingiusti, tutti non retti, tutti imperfetti e se vediamo anche che nessuno, con nessun’opera, può soddisfare i requisiti della Giustizia, vediamo sicuramente che "nessuno può dare a Dio il prezzo del riscatto di suo fratello". (Sal. 49:7) Nessuno può compensare la mancanza di un altro, perché non solo egli non ha nessun soprappiù di merito o di peso o di virtù da applicare ad un altro, [102] ma non ne ha nemmeno a sufficienza per se stesso "perché tutti hanno peccato e non sono stati all’altezza". Pertanto chiediamo: "Può Dio accettare e occuparsi degli ingiusti, dei caduti, lui che li ha già condannati e ha dichiarato che sono indegni del suo favore e che moriranno quali indegni della vita?" Ci mostra che egli ha un modo per farlo, una via per la quale egli può ancora essere giusto ed essere al tempo stesso il giustificatore di chi crede in Gesù. Egli mostra che ha designato Cristo il Mediatore del Nuovo Patto e che Cristo ha acquistato il mondo con il suo stesso sangue - sacrificio - prezioso e che al tempo opportuno, durante l’età Millenaristica, Cristo farà uso della sua grande potenza e regnerà quale Re della terra e benedirà tutte le famiglie della terra con una conoscenza della verità e con un’opportunità di restaurazione all’immagine di Dio come rappresentata nel padre Adamo e fortificata dall’esperienza della caduta e del ristabilimento. Quest’opera di riportare l’umanità alla perfezione sarà l’opera della Giustificazione: effettivamente rendere perfetto, poiché distinta dalla nostra giustificazione, una "giustificazione per fede" attribuita alla Chiesa durante l’età del Vangelo. La giustificazione effettiva comincerà con l’inizio del regno Millenaristico di nostro Signore e continuerà passo dopo passo fino a che "ogni uomo" avrà avuto la più completa opportunità di ritornare a tutto ciò che è andato perduto mediante padre Adamo, con esperienze in più che saranno utili. Grazie a Dio per tale periodo di giustificazione effettiva, di rimedio effettivo, in cui si portano effettivamente quelli della razza che lo vogliono e che sono obbedienti dall’imperfezione alla perfezione: fisicamente, mentalmente, moralmente!

Ma ora stiamo considerando in modo speciale la Nuova Creazione e quali passi Dio ha fatto per la giustificazione di questa piccola classe d’umanità che egli ha chiamato alla natura divina, alla gloria e all’immortalità. Costoro, come pure il mondo, hanno bisogno della giustificazione, perché per natura "figli del giusto castigo proprio come gli altri"; perché come Dio non poteva avere relazioni con gli uomini nel mondo durante la sentenza di morte in quanto peccatori, così, su questa base, non poteva avere neanche relazioni con coloro che egli chiama ad essere parte della Nuova Creazione. Se il mondo deve essere giustificato, portato alla perfezione, prima che Dio possa essere di nuovo [103] in armonia con esso, come può ammettere egli la Chiesa nella fraternità, accettarla nella coeredità con suo Figlio, senza che sia prima giustificata? Si deve ammettere che la giustificazione per noi è un prerequisito necessario per diventare Nuove Creature, ma come si può compiere la giustificazione per noi? Dobbiamo essere ripristinati alla perfezione assoluta, effettiva dal punto di vista fisico, mentale, morale? Rispondiamo: "No", Dio non ha provveduto per noi ad una tale giustificazione effettiva, bensì ha provveduto ad una giustificazione di un altro tipo, che è chiamata nelle Scritture "giustificazione mediante la fede", non una giustificazione effettiva, ma nondimeno vitale. Dio è d’accordo sul fatto che tutti quelli che ascolteranno il messaggio della sua grazia e della sua misericordia attraverso Cristo, durante questo periodo di persistenza del regno del peccato e della morte, e che concorderanno con la sapienza che viene dall’alto di confessare la loro condizione errata e, credendo al messaggio del Signore, di arrendersi a lui, pentendosi del peccato e per quanto possibile facendo riparazione del male da essi compiuto, questi, invece di tornare alla perfezione umana attuale, saranno considerati da lui come se avessero le loro imperfezioni coperte con i meriti di Cristo. Trattando con loro li considererà giusti e retti, giustificandoli mediante la fede.

Questa giustificazione che è messa in conto, o giustificazione mediante la fede, rimane in vigore fintanto che la fede continua e fintanto che è sostenuta da sforzi per adempiere la volontà del Signore. (Se la fede e l’obbedienza vengono meno, immediatamente si smette di attribuire la giustificazione.) Ma man mano che l’opera della Santificazione va avanti, la fede-giustificazione non smette. Continua con noi quali Nuove Creature, non solo coprendoci dalla condanna d’Adamo, ma da tutte le debolezze e imperfezioni in parole, pensieri, azioni che sono nostre per via delle debolezze della carne, per via dell’eredità (non volontarie). Continua in tal modo a coprire il popolo del Signore quali Nuove Creature fino alla fine del loro cammino, in tutti gli esami e le prove che devono affrontare quali candidati, e membri in prova, della Nuova Creazione. È in armonia con ciò che l’Apostolo dichiara: "Pertanto non c’è ora nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù, che camminano non secondo la carne ma secondo lo Spirito" nonostante il fatto che il tesoro della nuova natura sia in vasi di terra e che a [104] causa di ciò ci siano continuamente imperfezioni involontarie, la più piccola delle quali ci condannerebbe come indegni delle ricompense della vita eterna in qualsiasi piano se non fossero coperte dai meriti del nostro abito nuziale, il manto della giustizia di Cristo, giustificazione calcolata a nostro favore, giustificazione mediante la fede. Avremo bisogno di questa giustificazione e continuerà ad essere il nostro manto fintanto che rimaniamo in Cristo e siamo nella carne; ma essa cesserà completamente nel momento in cui la nostra prova finirà con la nostra accettazione quali quelli che hanno superato la prova e ci sarà concessa una parte nella Prima Risurrezione. Come l’Apostolo spiega: si semina nella corruzione, nel disonore e nella debolezza, ma si risusciterà nell’incorruttibilità, nella potenza, nella gloria, ad immagine completa di nostro Signore, lo Spirito Vivificante, che è l’immagine esplicita della persona del Padre. Quando si raggiungerà questa perfezione non sarà nessun bisogno di una giustizia da attribuire, giacché allora saremo effettivamente giusti, effettivamente perfetti. Non importa se la perfezione della Nuova Creazione sarà su un piano più alto di quella del mondo; es., per quanto riguarda la giustificazione non importa; quelli che riceveranno la grazia di Dio nella restaurazione alla natura umana, nella perfezione, saranno giusti o perfetti quando quell’opera sarà completata, ma perfetti o giusti su un piano inferiore a quello dello spirito. Coloro i quali sono chiamati ora alla natura divina e sono giustificati mediante la fede in anticipo, in tal modo da permettere la loro chiamata e l’essere messi alla prova quali figli di Dio, non saranno giustificati o resi perfetti effettivamente fino a che alla Prima Risurrezione non raggiungeranno in tutti i dettagli quella pienezza di vita e quella perfezione nella quale non ci sarà nulla dell’imperfezione presente: la perfezione ora soltanto messa in conto o attribuita ad essi.

La causa o il motivo della nostra giustificazione

In molte menti si è verificata confusione su questo punto per aver tralasciato di mettere a confronto le dichiarazioni della Parola di Dio. Alcuni, ad esempio, notando l’espressione dell’Apostolo secondo cui noi siamo "giustificati mediante la fede" (Rom. 5:1; 3:28; Gal. 3:24), credono che la fede sia talmente preziosa agli occhi di Dio da coprire le nostre imperfezioni. Altri, notando l’affermazione dell’Apostolo per cui noi [105] siamo "giustificati mediante la grazia di Dio"(Rom. 3:24; Tito 3:7), ritengono che Dio giustifichi o riscatti chiunque egli voglia arbitrariamente, senza tener conto delle qualità o dei meriti o della fede o delle opere che si possano riscontrare in loro. Altri ancora notano la dichiarazione della Scrittura secondo cui noi siamo "giustificati mediante il suo sangue" (Rom. 5:9; Ebr. 9:14; I Giov. 1:7) e deducono da ciò che la morte di Cristo abbia avuto come effetto una giustificazione per tutti gli uomini, a prescindere dalla loro fede e dalla loro obbedienza. Altri ancora prendono la frase della Scrittura che dice che Cristo è stato "risuscitato dai morti per la nostra giustificazione" (Rom. 4:25) e, facendosi forti di ciò, asseriscono che la giustificazione ci viene attraverso la risurrezione di Cristo. Altri, poi, riferendosi alla Scrittura che afferma "un uomo è giustificato mediante le sue opere" (Giac. 2:24), sostengono che alla fin fine sono le nostre opere che decidono la questione del favore o della disapprovazione presso Dio.

La realtà delle cose è che queste espressioni sono tutte vere e rappresentano semplicemente lati diversi di una grande questione, esattamente come un grande edificio può essere visto dalla facciata anteriore, da quella posteriore, dai lati e da vari angoli. Nell’offrire le espressioni suddette, gli apostoli trattavano fasi diverse del soggetto in questione in momenti diversi. È compito nostro metterle tutte insieme e vedere in questa combinazione la verità intera sull’argomento della giustificazione.

Prima di tutto, noi siamo giustificati mediante la grazia di Dio. Il nostro Creatore non aveva nessun obbligo di fare assolutamente nulla per la nostra riabilitazione dalla punizione giusta che ci aveva imposto. È solo per il suo favore o la sua grazia che, prevedendo la caduta anche prima che fossimo creati, ebbe compassione di noi e nel suo piano stabilì prima della fondazione del mondo che l’Agnello fosse ucciso per la nostra redenzione. Risolviamo questa questione della nostra riconciliazione con il Padre, in altre parole che essa è avvenuta completamente per grazia sua mediante i mezzi che ha preferito usare per compierla.

In secondo luogo noi siamo giustificati dal sangue di Cristo, dalla sua opera redentrice, dalla sua morte, vale a dire, la grazia del Creatore nei nostri confronti è stata manifestata nell’aver stabilito questo per noi: che "Gesù Cristo per la grazia di Dio avrebbe sperimentato la morte per ciascun uomo" e in tal modo avrebbe pagato la punizione per Adamo. E dato che tutto il mondo ha subito la condanna attraverso Adamo, [106] l’effetto finale sarà la cancellazione del peccato del mondo intero. Togliamoci tutti i dubbi anche su questo punto, come abbiamo fatto per il primo, cioè che la grazia di Dio opera soltanto attraverso quest’unico canale, in tal modo che "chi ha il Figlio ha la vita, e chi non ha il Figlio non ha la vita" ma continua ad essere sotto la pena di morte. I Giov. 5:12

In terzo luogo, è ugualmente vero che Gesù Cristo sia stato risuscitato dai morti per la nostra giustificazione; poiché faceva parte del piano divino, non solo che il Messia fosse il redentore del popolo, ma che egli sarebbe stato il santificatore e il restauratore di tutti quelli che avrebbero desiderato ritornare all’armonia con il Padre. Pertanto, mentre la morte di Gesù è stata di primaria importanza quale base per la nostra riconciliazione, egli non sarebbe potuto essere mai il canale della nostra benedizione e della nostra restaurazione se egli fosse rimasto nella morte. Quindi il Padre, che ha stabilito la sua morte quale prezzo della nostra redenzione, ha anche stabilito la sua risurrezione dai morti, così che al tempo opportuno potesse essere l’agente per la giustificazione dell’uomo, per il ritorno dell’umanità ad una condizione appropriata o giusta, in armonia con Dio.

In quarto luogo, noi (la Chiesa) siamo giustificati mediante la fede nel senso che ciò che il Signore ha stabilito non è per una giustificazione o una restaurazione effettive di qualcuno durante quest’età, ma per una restaurazione semplicemente messa in conto, o mediante la fede; e ciò, naturalmente, può riguardare solo coloro che esercitano la fede. Né la nostra fede, né la mancanza di fede, può avere nulla a che fare con le disposizioni divine che Dio si è proposto e che sta portando avanti e porterà a termine a suo tempo; ma la nostra partecipazione a questi favori che ci sono offerti prima del mondo dipende dalla nostra fede. Durante l’età Millenaristica le lunghezze e le vastità del piano divino della salvezza saranno manifestate a tutti: il Regno di Dio sarà stabilito nel mondo e colui che ha redento l’umanità, colui che ha ricevuto il potere di benedire tutti con una conoscenza della verità, giustificherà effettivamente, oppure ristabilirà alla perfezione, tutti quelli che desidereranno e accetteranno il favore divino nei termini divini.

Vero, si può anche dire che la fede sia essenziale per il progresso della  [107] restaurazione verso la giustificazione effettiva, poiché "senza la fede è impossibile riuscire graditi a Dio" e perché le benedizioni e le ricompense della restaurazione saranno conferite con criteri che richiedono la fede; ma la fede che si richiederà allora per il progresso della restaurazione sarà molto diversa dalla fede richiesta ora a coloro che sono "chiamati ad essere santi", "coeredi con Gesù", "Nuove Creature". Quando il Regno di Dio sarà in controllo e Satana incatenato e si sarà lasciata la conoscenza del Signore riempire la terra, questi compimenti delle promesse divine saranno riconosciuti da tutti e quindi la visione o la conoscenza afferrerà effettivamente molto di quello che ora è riconoscibile solo dall’occhio della fede. Ma, nondimeno, servirà la fede, perché si proceda fino alla perfezione; e così la giustificazione effettiva che si potrebbe ottenere per la fine del Millennio sarà raggiunta soltanto da coloro che eserciteranno in modo persistente la fede e le opere. Sebbene sia scritto a proposito di questo periodo: "I morti saranno giudicati dai libri secondo le loro OPERE", come in antitesi al giudizio presente della Chiesa "secondo la vostra FEDE", tuttavia le loro opere non saranno senza fede, come anche la nostra fede non deve essere senza opere per quanto ci è possibile.

La dichiarazione dell’Apostolo secondo cui Dio giustificherà i gentili attraverso la fede (Gal. 3:38), è rivelata dal contesto come avente il significato che la riconciliazione per restaurazione non verrà come risultato dell’Antico Patto, ma mediante la grazia secondo i termini del Nuovo Patto, nel quale tutti quelli che ne beneficheranno dovranno credere, accettare e al quale dovranno conformarsi. Una differenza tra la giustificazione presente e futura, è che ai consacrati del tempo presente, una volta esercitata una fede corretta, sarà concessa istantaneamente, mediante la fede, la fraternità con il Padre, attraverso la giustificazione messa in conto; mentre l’esercizio della fede obbediente nelle condizioni più favorevoli della prossima età non porterà per niente la giustificazione messa in conto e darà luogo alla giustificazione effettiva e alla fraternità con Dio soltanto alla fine del Millennio. Il mondo nel frattempo sarà nelle mani del grande Mediatore, la cui opera consisterà nell’indicare agli uomini la volontà divina e nell’occuparsi di loro, correggendo e restaurando coloro che obbediscono, finché non li avrà [108] effettivamente giustificati e, quando ciò avverrà, egli li presenterà senza colpa davanti al Padre, al momento in cui si appresterà a rimettere il suo Regno a Dio, nelle mani del Padre. I Cor. 15:24

Ora il Signore sta cercando una classe speciale per costituire la sua Nuova Creazione e nessuno è stato chiamato a questa vocazione celeste eccetto coloro che sono stati portati ad una conoscenza della grazia di Dio in Cristo e sono stati capaci di accettare questa divina disposizione mediante la fede, a fidarsi totalmente del grande esito del piano di Dio che la loro fede in esso influenzerà e darà un’impronta al corso delle loro vite nel tempo presente e farà loro stimare la vita che verrà come un valore così preminente che, al confronto, la vita presente e i suoi interessi non appariranno altro che spreco e materiale di scarto. Esercitando la fede in questo tempo tenebroso, quando la prevalenza del male sembra mettere in dubbio la sapienza, l’amore e la potenza del Creatore, la Chiesa è considerata da Dio come se avesse vissuto durante l’età Millenaristica e avesse sperimentato la sua restaurazione alla perfezione umana; e questa posizione, in cui è considerata, è concessa con l’intento che essa possa presentare in sacrificio quella perfezione umana che, seconde disposizioni divine, raggiungerà tra poco, con l’intento che essa possa così presentare il suo corpo (considerato perfetto) e tutti i suoi privilegi della restaurazione, tutte le speranze, gli scopi e gli interessi terreni, un sacrificio vivente, dando questi in cambio delle speranze e delle promesse celesti della natura divina e della coeredità con Cristo, alle quali si uniscono, quali prove della nostra sincerità, le condizioni di sofferenza e di perdita per quanto riguarda gli interessi e gli onori terreni dell’uomo.

In quinto luogo, questa classe, ora giustificata mediante la sua fede, non deve pensare di negare la sua fede compiendo volontariamente opere contrarie. Deve sapere che mentre Dio sta occupandosi di loro in modo benigno dal punto di vista della fede, senza imputare a loro le loro trasgressioni, ma calcolandole come già ripagate dal loro Redentore sul Calvario, senza imputare a loro le loro colpe, ma occupandosi di loro secondo il loro spirito o la loro volontà o intenzione, e non secondo la carne o ciò che hanno compiuto effettivamente, nondimeno, si aspetterà che la carne sia soggiogata alla nuova mente il più possibile, "per quanto sta in noi" e che essa cooperi in tutte le opere buone fino al limite delle sue opportunità e possibilità. In questo senso e in questo [109] grado le nostre opere hanno a che fare con la nostra giustificazione, come testimonianza corroborativa, che prova la sincerità della nostra devozione. Nondimeno, il nostro giudizio da parte del Signore non è secondo le opere ma secondo la fede: se giudicati secondo le nostre opere sarebbero tutti trovati "non all’altezza della gloria di Dio"; però, se giudicati secondo i nostri cuori, le nostre intenzioni, le Nuove Creature possono essere approvate secondo lo standard divino in conformità con i termini del Patto di Grazia, mediante il quale il merito del sacrificio di Cristo copre le imperfezioni involontarie. E sicuramente nessuno potrebbe avere da obiettare riguardo al fatto che il Signore si aspetti da noi che produciamo quanti più frutti di giustizia possibili nelle condizioni presenti imperfette. Non ci chiede più di questo e non ci dovremmo aspettare che egli accetti e ricompensi meno di questo.

Come illustrazione di questa generale operazione di giustificazione mediante la grazia, mediante il sangue e mediante la nostra fede e il rapporto delle opere con essi, considerate il servizio del trasporto tranviario elettrico. L’unica centrale elettrica in certo modo illustrerà la sorgente della nostra giustificazione: la grazia di Dio. Il filo che porta la corrente rappresenterà imperfettamente nostro Signore Gesù, l’Agente del Padre nella nostra giustificazione; le vetture tranviarie rappresenteranno i credenti e le prese ad asta rappresenteranno la fede che deve essere esercitata e che deve premere contro il filo. (1) Tutto dipende dalla corrente elettrica. (2) Il prossimo in ordine d’importanza è il filo che ci porta la corrente. (3) Senza il braccio della fede che tocca e preme sul Signore Gesù, il canale della nostra giustificazione, non riceveremmo nessuna benedizione. (4) La benedizione ricevuta da noi e che deriva dal contatto con il Signore Gesù corrisponderebbe all’illuminazione con la corrente elettrica della vettura, ad indicare che l’elettricità c’è e può essere usata; ma (5) il conducente e la sua leva rappresentano la volontà umana, mentre (6) il motore stesso rappresenta le nostre attività o energie soggette alla forza che ci viene attraverso la fede. Tutte queste forze in combinazione sono necessarie per il nostro progresso, di modo che possiamo fare il percorso e alla fine [110] arrivare al capolinea che, in quest’illustrazione, corrisponderebbe al nostro posto quale Nuova Creazione nella casa del nostro Padre dove ci sono molte mansioni, o condizioni per i tanti figli di molte nature.

Giustificazione e gli Antichi Dignitari

Guardando al passato, possiamo vedere dai documenti apostolici che nel lontano passato, prima che fosse sparso il sangue prezioso per la nostra giustificazione, c’erano degli antichi dignitari: Enoch, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide e vari altri santi profeti che furono giustificati mediante la fede. Dato che essi non potevano aver avuto fede nel sangue prezioso, che fede c’era in loro che li giustificasse? Rispondiamo come sta scritto: "Hanno creduto in Dio e questo fu considerato per loro quale giustizia [giustificazione]." Vero, Dio non rivelò a loro, come ha rivelato a noi, la filosofia del suo piano, perché possiamo vedere come ha potuto essere giusto e al tempo stesso essere colui che giustifica chi crede in Gesù, e, quindi, essi non furono responsabili per non aver creduto ciò che non era stato rivelato. Ma essi credettero in ciò che Dio aveva rivelato e quella rivelazione conteneva tutto ciò che ora abbiamo, solo in un modo molto condensato, come una ghianda contiene una quercia. Enoch profetizzò la venuta del Messia e le benedizioni che ne sarebbero scaturite, Abramo credette in Dio riguardo al fatto che la sua discendenza sarebbe stata grandemente favorita da Dio a tal punto che attraverso di essa tutte le nazioni sarebbero state benedette. Ciò implicava una risurrezione dai morti, perché molte delle nazioni della terra erano già morte. Abramo credette che Dio sarebbe stato capace di far risorgere i morti, a tal punto che quando fu messo alla prova fu pronto perfino a staccarsi da Isacco, attraverso il quale si sarebbe dovuta compiere la promessa, contando sul fatto che Dio sarebbe stato capace di farlo risorgere dalla morte. Non possiamo sapere con certezza quanto chiaramente egli e gli altri abbiano capito i metodi esatti con i quali Dio avrebbe stabilito il suo Regno nel mondo e vi avrebbe portato la giustizia eterna giustificando tutti quelli che avrebbero obbedito al Messia; ma abbiamo le parole stesse di nostro Signore a questo riguardo, che Abramo, almeno, con considerevole chiarezza, afferrò il concetto del giorno Millenaristico che stava arrivando e, forse, anche in certo modo afferrò il concetto [111] del sacrificio che nostro Signore stava per compiere per i peccati quando disse: "Abramo ha giubilato nella speranza di vedere il mio giorno e l’ha veduto e se n’è rallegrato." Giov. 8:56

Non tutti vedono chiaramente la differenza che c’è tra la giustificazione fraterna con Dio di Abramo e altri del passato prima che Dio completasse la base di quella fraternità nel sacrificio di Cristo e la giustificazione a vita durante quest’età del Vangelo. C’è una bella differenza, tuttavia, tra queste benedizioni, sebbene sia necessaria la fede per entrambe. Tutti erano giustamente sotto la pena di morte e, quindi, nessuno si poteva ritenere escluso da quella sentenza: "giustificati a vita" (Rom. 5:18), finché non fosse compiuto il grande sacrificio per i peccati non fosse stato compiuto dal nostro Redentore; come dichiara l’Apostolo, quel sacrificio fu necessario prima di tutto "perché Dio potesse essere giusto" in questa questione. (Rom. 3:26) Ma la Giustizia, prevedendo il compimento del piano redentore, non poteva sollevare nessun’obiezione al fatto che esso fosse annunciato in anticipo semplicemente, quale evidenza del favore divino, a coloro che possedevano la fede che era richiesta, giustificando costoro a questo livello e a questa dimostrazione di fraternità con Dio.

L’Apostolo si riferisce alla "giustificazione a vita" (Rom. 5:18) come alla predisposizione divina mediante Cristo, che alla fine sarà aperta a tutti gli uomini, ed è questa giustificazione a vita che si ritiene che raggiungano ora, primi al mondo, coloro che sono chiamati alla Nuova Creazione mediante l’esercizio della fede, essi attuano una giustificazione non solo in termini di fraternità con Dio quali suoi amici e non estranei, sconosciuti, stranieri, nemici, ma inoltre è possibile per loro mediante la stessa fede di afferrare i diritti della restaurazione alla vita assicurati loro dal sacrificio del Redentore e poi di sacrificare quei diritti della vita terrena come cosacrificatori e "under-priest" [ovvero sacerdoti subordinati] associati al Sommo Sacerdote della nostra professione, Gesù Cristo.

Mentre gli antichi dignitari potettero arrivare all’armonia con Dio mediante la fede nell’operazione di un piano non completamente rivelato a loro e neanche iniziato, sembra che sarebbe stato impossibile per la giustizia divina andare più in là di così con [112] chiunque finché non si fosse compiuta effettivamente l’espiazione del peccato mediante il sacrificio di Cristo. Questo va perfettamente d’accordo con la dichiarazione dell’Apostolo secondo la quale: "Dio...aveva in vista qualcosa di meglio per noi [la Chiesa del Vangelo, la Nuova Creazione], onde essi [gli antichi dignitari umili e fedeli] non giungessero alla perfezione senza di noi. " (Ebr. 11:40) Va d’accordo anche con la dichiarazione di nostro Signore riguardo a Giovanni Battista perciò, sebbene non fosse nato nessun altro profeta più grande di lui, nondimeno, essendo morto prima che il sacrificio d’espiazione fosse effettivamente compiuto, il più piccolo nella classe del Regno dei cieli, la Nuova Creazione, giustificato a vita (dopo il compimento effettivo del sacrificio per il peccato) e chiamato a soffrire e a regnare con Cristo, sarebbe stato più grande di lui. Matt. 11:11

Abbiamo già preso nota del fatto che Cristo e la Chiesa in gloria eseguiranno un’opera giustificatrice (restauratrice) sul mondo durante l’età Millenaristica e che non si tratterà di giustificazione mediante la fede (o messa in conto così), com’è la nostra, ma una giustificazione effettiva, una giustificazione mediante le opere nel senso che sebbene insieme alla fede la prova finale sarà "secondo le loro opere" . (Apoc. 20:12) Ora la Nuova Creazione deve camminare mediante la fede e non mediante quello che vede, e la loro fede è messa alla prova e le è richiesto di "perseverare nel vedere colui che è invisibile", nel credere cose che, per quanto si può vedere dalle testimonianze esterne, sono improbabili per la mente naturale, irragionevoli. E questa fede, sostenuta dalle nostre opere imperfette, ha anche il sostegno delle opere perfette del Signore fatte a nome nostro ed è accettabile a Dio per il principio secondo cui se continuiamo a sforzarci in queste condizioni così imperfette, al massimo della nostra capacità, per essere graditi al Signore e per partecipare così allo Spirito di Cristo, per cui godiamo di soffrire per la giustizia, questa è la prova che in condizioni favorevoli non saremmo sicuramente meno leali al principio. Quando la conoscenza del Signore riempirà la terra e le tenebre e le foschie che ora avvolgono i fedeli del Signore saranno scomparse e il grande Sole della Giustizia inonderà il mondo con la verità, con l’assoluta conoscenza di Dio, del suo [113] carattere, del suo piano, quando gli uomini vedranno le evidenze del favore, dell’amore e della riconciliazione di Dio mediante Cristo nel sollevamento graduale che avverrà in tutti quelli che allora cercheranno l’armonia con lui, quando la restaurazione mentale, fisica e morale sarà manifesta, allora la fede sarà in misura considerevole diversa dalla fede cieca ora necessaria. Essi allora non "vedranno oscuramente [indistintamente] attraverso un vetro"; l’occhio della fede non sarà affaticato per vedere le evidenze delle cose gloriose ora in serbo per coloro che amano Dio, poiché quelle cose gloriose saranno più o meno distintamente manifestate agli uomini. Mentre gli uomini allora crederanno in Dio e avranno fede in lui, ci sarà un’enorme differenza tra credere in questo modo alle evidenze dei loro sensi e la fede che la Nuova Creazione deve esercitare ora riguardo alle cose che non vediamo. La fede che Dio ora cerca nel suo popolo è preziosa ai suoi occhi e contraddistingue una classe piccola, particolare; pertanto egli ha disposto per essa un premio, o una tale ricompensa. Quando l’età Millenaristica sarà stata completamente introdotta, sarà impossibile dubitare dei fatti che sono sotto gli occhi di tutti e quindi sarà fuori luogo continuare ad offrire una ricompensa speciale a chi non dubiterà.

Ma sebbene la conoscenza del Signore riempia tutta la terra e non ci sia più la necessità di dire ad un vicino: "Conosci il tuo Signore!", nondimeno ci sarà per l’uomo una prova diversa dell’obbedienza, non nella fede ma nelle opere; poiché "E avverrà che ogni anima che non avrà ascoltato [obbedito a] codesto profeta, sarà del tutto tagliata via dal popolo". (Atti 3:23) È durante il tempo presente delle tenebre per quanto riguarda il compimento del piano divino, quando il peccato abbonda e Satana è il principe di questo mondo, che il nostro Signore pone un premio per la fede, con le parole: "Ti sia fatto secondo la tua fede" (Matt. 9:29); ed ancora: "Questa è la vittoria che vince il mondo, proprio la vostra fede." (I Giov. 5:4) Ma per quanto riguarda la prova del mondo, o il giudizio nell’età Millenaristica, o il Giorno del Giudizio, leggiamo che tutti saranno giudicati secondo le loro opere, sostenute dalla fede; sarà fatto a loro secondo le loro opere ed essi staranno diritti alla fine dell’età Millenaristica approvati oppure respinti. Apoc. 20:12

[114] La giustificazione, come abbiamo già visto, significa portare il peccatore in pieno accordo con il suo Creatore. Non leggiamo in nessun luogo della necessità per il peccatore di essere giustificato davanti a Cristo, ma che attraverso il merito di Cristo egli deve essere giustificato davanti al Padre e ci potrebbe essere utile esaminare perché ciò sia così per comprendere tutto quest’argomento. È perché il Creatore si erge a rappresentante della sua stessa legge e perché ha posto padre Adamo e la sua stirpe sotto il giogo di quella legge all’inizio, dichiarando che il loro godere del suo favore e della sua benedizione e della vita eterna dipendeva dall’obbedienza e che la disobbedienza avrebbe fatto perdere tutti questi favori. Non si può mettere da parte questa posizione. Pertanto, prima che l’umanità possa avere fraternità con Dio e la sua benedizione per la vita eterna, essa deve in qualche modo ritornare al pieno accordo con il suo Creatore e, quindi, ritornare a quella perfezione che resisterà alla piena luce dell’ispezione divina e alla prova completa dell’obbedienza. Così il mondo, per così dire, giaceva lontano dall’Onnipotente, che di proposito aveva disposto le sue leggi di modo che esso fosse lontano dalla Giustizia e rendesse necessario il suo piano di redenzione e di restaurazione, o di giustificazione, o di ritorno alla perfezione, di coloro che lo avrebbero voluto e sarebbero stati obbedienti, attraverso il Redentore, che, frattanto, si sarebbe posto quale Mediatore o intermediario.

Il Mediatore, sebbene perfetto, non aveva nessuna legge da difendere, non aveva pronunciato contro Adamo e la sua stirpe nessuna sentenza che gli avrebbe impedito di riconoscerli e d’essere misericordioso riguardo alle loro imperfezioni. Al contrario, egli acquistò il mondo nel peccato e nell’imperfezione, rendendosi pienamente conto della sua condizione rovinata. Egli prende l’umanità così come la trova e durante l’età Millenaristica si occuperà di ciascun individuo del mondo secondo la sua particolare condizione, con misericordia per i deboli e aspettandosi di più dai più forti, adattando in tal modo se stesso e le leggi del suo Regno a tutte le varie originalità, imperfezioni, debolezze, ecc. così come le trova, poiché il "Padre...ha dato tutto il giudizio al Figlio." (Giov. 5:22) Il Figlio illustrerà all’umanità lo standard perfetto della legge divina che essi devono raggiungere alla fine prima di poter essere giusti ed accettabili agli occhi di Dio, [115] alla fine dell’età Millenaristica; ma egli non insisterà su quello standard e non riterrà coloro che non lo raggiungono violatori di esso, bisognosi di un’appropriazione di grazia per coprire tutte le trasgressioni, siano esse intenzionali o involontarie. Al contrario, tutta quest’espiazione delle violazioni della legge perfetta e immutabile di Dio sarà terminata prima ancora che egli prenda le redini del governo.

Cristo ha già pagato il prezzo nel sacrificio di se stesso. Egli ha già attribuito benignamente quel merito alla famiglia della fede e per la fine di quest’età del Vangelo applicherà definitivamente l’intera offerta per i peccati a favore di "tutto il popolo", il mondo intero dell’umanità. Dio ha mostrato attraverso il tipo di Giorno dell’Espiazione che essa sarà accettata e che sarà come stato di quest’accettazione che Cristo e la sua Chiesa allora assumeranno il governo del mondo sotto ciò che può essere definita legge marziale, o un governo dispotico, che mette da parte le leggi e gli standard ordinari a motivo delle esigenze del caso e amministra la legge in maniera adatta, non nei confronti di coloro che sono in una condizione perfetta o appropriata (come sono le leggi dell’impero di Geova), ma adattate alla condizione di ribellione e di anarchia che si è prodotta nel mondo quale risultato del peccato. Questo dominio d’emergenza, nel quale il Re regnerà non solo come re ma anche come giudice e sacerdote supremo, è ideato, come abbiamo appena visto, per giustificare effettivamente il mondo, non in termini di messa in conto, mediante le opere quale standard o esame finale, sostenute dalla fede. Questa giustificazione effettiva sarà effettuata non all’inizio del regno Millenaristico, ma come risultato del regno, alla sua fine.

La giustificazione del tempo presente mediante la fede esiste tenendo di vista di permettere a pochi, quelli che Dio ha designato alla chiamata per il suo servizio speciale, di partecipare al Patto d’Abramo quale Seme della promessa, come cosacrificatori e quindi coeredi con Gesù. Perfino con questo Dio non può stipulare un contratto diretto, ma, per così dire, anche dopo essere giustificati mediante la fede e mediante il merito del loro Redentore essi sono trattati come incompetenti e sono informati che sono accettati soltanto nel Diletto, in Cristo e che tutti i loro contratti per il patto di sacrificio non [116] saranno validi, se non avallati da lui.

Com’è evidente che l’unico obiettivo di quest’età del Vangelo è chiamare in azione un piccolo gregge dall’umanità per costituire i membri della Nuova Creazione e che il provvedimento di giustificare a vita i credenti, mediante la fede, è preso tenendo di vista di dar loro una buona reputazione presso Dio per mezzo della quale possano assumersi gli impegni del patto richiesti ai candidati per la Nuova Creazione. Come già notato la condizione alla quale saranno accettati nella Nuova Creazione è quella del sacrificio di se stessi, e giacché Dio non è disposto a ricevere nulla d’imperfetto come sacrificio, noi, membri della razza imperfetta e condannata, non saremmo potuti essere accettabili finché non fossimo giustificati effettivamente da tutto il peccato, affinché quindi, come l’Apostolo lo esprime, potessimo "presentare i nostri corpi in sacrificio vivente, santi, accettabili a Dio, nostro culto spirituale". Rom. 12:1

Coloro che sono giustificati provvisoriamente

In vista di ciò, che dire di coloro che arrivano alla prospettiva di fede in Dio e ad una misura di giustificazione e che, vedendo che un successivo progresso nella via del Signore significa sacrificio di se stessi, abnegazione, ecc. nondimeno si tirano indietro, rifiutandosi di entrare per la porta stretta e la via angusta di una consacrazione così completa, perfino sino alla morte? Dovremo dire che Dio è adirato contro di essi? No: dobbiamo supporre che fino ad un certo punto, avanzando nelle vie della rettitudine, sono stati graditi a Dio. E che essi ricevano una benedizione, sembra che l’Apostolo lo dichiari dicendo*: "Essendo giustificati mediante la fede noi abbiamo la pace con Dio attraverso nostro Signor Gesù Cristo." Questa pace implica un certo discernimento del piano divino con riguardo alla cancellazione in futuro dei peccati dei credenti (Atti 3:19); implica anche un buon grado d’armonia con i principi di giustizia, perché la fede in Cristo ha sempre un’azione riformatrice. Godiamo per tutti quelli che sono arrivati fino a questo punto, ci rallegriamo del fatto che essi hanno questo vantaggio sulle masse dell’umanità che il dio di questo mondo ha accecato completamente e che, pertanto, nel momento [117] presente non possono vedere ed apprezzare la grazia di Dio in Cristo. Noi li esortiamo a rimanere nel favore di Dio continuando ad andare avanti fino alla completa obbedienza.

*Il pensiero più recente dell’autore è che questo testo possa essere considerato come riferentesi a quelli che sono giustificati vitalmente.

"Non ricevete la grazia di Dio invano"

Ma per quanto possiamo rigioire con costoro e per quanta pace e gioia possano giungere a tali credenti, cercando di camminare per la via della rettitudine ma evitando la via angusta del sacrificio, con franchezza dobbiamo richiamare l’attenzione sul fatto che costoro "ricevono la grazia di Dio invano" (II Cor. 6:1), perché la grazia di Dio nella giustificazione che hanno ricevuto, era da intendersi come il gradino verso ancora maggiori privilegi e benedizioni della somma vocazione della Nuova Creazione. La grazia di Dio è ricevuta invano da costoro, perché non usano questa grande opportunità, che simile a questa non è stata mai offerta prima a nessuno e, per quanto ne dicono le Scritture, non sarà mai più offerta. Essi ricevono la grazia di Dio invano, perché le opportunità di restaurazione che saranno loro concesse nell’età che sta per venire saranno concesse a tutta la razza redenta. La grazia di Dio in quest’età consiste semplicemente nel fatto che essi sono stati resi coscienti della sua bontà prima del mondo, con l’intenzione che questi potessero procedere attraverso la giustificazione fino al raggiungimento della chiamata e alla partecipazione al premio glorioso che sarà dato al corpo eletto di Cristo, il Sacerdozio Regale.

Dando uno sguardo sul "mondo Cristiano" solo di nome, sembra evidente che la gran massa perfino dei credenti sinceri non è mai andata più in là di questo gradino preliminare della giustificazione: essi "hanno gustato che il Signore è buono" e ciò li ha appagati. Essi, invece, dopo aver avuto quest’assaggio, si sarebbero dovuti rendere conto di avere un’altra fame e un’altra sete ben più grandi di giustizia, di verità, di conoscenza del carattere e del piano divino, di crescita in grazia, conoscenza e amore e di raggiungere una nuova comprensione della volontà divina riguardo ad essi, argomento che tratteremo più avanti, nel capitolo sulla Santificazione.

Per quanto possiamo discernere, il vantaggio di coloro che sono giustificati  [118] provvisoriamente si riferisce semplicemente a questa vita presente e al sollievo che sperimentano riguardo al carattere benigno di Dio e ai suoi rapporti futuri con loro. Eppure la conoscenza che hanno in questo rispetto è così scarsa che a volte cantano:

"Spesso provoca un pensiero angoscioso:
Sono o non sono suo."

Il fatto è che, sebbene Cristo sia stato la loro sapienza fino al punto di mostrar loro che avevano bisogno di un Salvatore e inoltre, fino al punto di mostrar loro qualcosa della salvezza che era stata predisposta in lui stesso, non rientra nel piano divino che egli debba continuare ad essere la loro sapienza e a guidarli nelle "cose profonde di Dio" a meno che essi, mediante la consacrazione e la devozione, non diventino seguaci nelle sue orme. Il credente che non è consacrato non è assolutamente in alcun senso una Nuova Creatura, anche se, vedendo qualcosa delle vie di Dio e di ciò che egli richiede, costui cerchi di vivere nel mondo una vita morale, spirituale, onesta. Egli appartiene ancora alla terra, è ancora terreno; non ha mai progredito fino a scambiare i suoi diritti umani, terreni (assicurati attraverso Gesù) con le cose del cielo alle quali il Signore mediante il suo Sacrificio ha aperto la porta. Come nel tipo ai Leviti non era permesso di andare nei luoghi Santi del Tabernacolo oppure di vedere le cose che vi erano dentro, così nell’antitipo, ai credenti non è permesso di entrare nelle cose profonde di Dio o di vedere ed apprezzare le loro grandezze, senza diventar prima membri del Sacerdozio Regale mediante completa consacrazione di se stessi.

Aspettarsi preferenze e favori speciali per opera del Signore durante l’età Millenaristica perché è stato ricevuto invano il suo favore nella vita presente sembrerebbe un buon affare come aspettarsi una benedizione speciale perché non è stata usata bene una benedizione precedente o perché le è stato dato poco valore. Se scoprissimo che ad alcuni che non hanno ricevuto favori durante quest’età del Vangelo saranno concessi nell’età che sta per venire i favori più importanti, non sarebbe ciò in armonia con quanto avvenuto in passato nei rapporti divini? Non sarebbe ciò considerevolmente d’accordo con le parole del Signore: "Ci saranno ultimi che saranno primi e primi che saranno ultimi?" In verità, l’Apostolo indica chiaramente che una volta che la Nuova Creazione [119] sarà completata e sarà introdotta l’età Millenaristica, il favore speciale di Dio passerà di nuovo al naturale Israele, dal quale fu tolto all’inizio dell’età del Vangelo. Rom. 11:25-32

Coloro che sono giustificati fraternamente con Dio prima di quest’età, che hanno mantenuto la loro giustificazione e che, quale ricompensa, saranno fatti "prìncipi su tutta la terra" durante il Regno celeste, hanno mantenuto ciò a costo delle abnegazioni terrene. (Ebr. 11:35) Coloro dell’età presente che faranno uso e manterranno la loro giustificazione in modo giusto devono farlo a costo della carne. Il piccolo gregge, fedele fino ad un grado eccezionale, darà la sua vita al servizio della verità e dei fratelli e quindi costoro saranno copie del Capitano della nostra Salvezza. Anche la seconda classe, considerata in altro luogo col nome di "Grande Compagnia", deve raggiungere la propria ricompensa a costo della carne, sebbene a motivo del minor zelo nel sacrificarsi perdano la gran ricompensa della Nuova Creazione e dei privilegi del suo Regno. Queste tre classi sembrano essere le uniche a trarre vantaggio, di là della vita presente, dalle opportunità speciali di quest’età di giustificazione mediante la fede.

Le operazioni del Regno, alla luce della conoscenza completa e secondo l’aspetto delle opere, per varie ragioni, attrarranno per primo evidentemente in maniera più marcata Israele nella carne, che, una volta tolta di mezzo la sua cecità, diventerà eminentemente zeloso per l’Unto del Signore e dirà, come dichiarato nella profezia: "Questo è il nostro Dio; abbiamo sperato in lui ed egli ci ha salvati." (Is. 25:9) Ma mentre Israele sarà il primo a rientrare nel nuovo ordine delle cose, le benedizioni e le opportunità del Regno saranno rapidamente estese - ringraziamo Dio! - in tutto il mondo con lo scopo che tutte le nazioni possano diventare figli d’Abramo nel senso che essi parteciperanno alle benedizioni promesse a lui, come sta scritto: "Ti ho fatto padre di molte nazioni; nel tuo seme saranno benedette tutte le famiglie della terra."

Cristo fatto per noi Santificazione

Come la sapienza o la conoscenza di Dio è arrivata fino a noi quale risultato del sacrificio di nostro Signore Gesù a nostro favore e come la giustificazione poi è arrivata a [120] noi attraverso il suo merito, quando abbiamo accettato la sua espiazione e quando abbiamo consacrato completamente tutti noi stessi a Dio, così è anche per la nostra santificazione attraverso di lui. Nessun uomo può santificare se stesso nel senso di farsi accettare e adottare nella famiglia di Dio della Nuova Creazione, generata dal suo Spirito. (Giov. 1:13; Ebr. 5:4) Come il merito di Cristo è stato necessario per la nostra giustificazione, così l’accettarci come membra del suo corpo, "under-royal priesthood" [ovvero sacerdozio regale subordinato] e il suo continuo soccorso sono indispensabili per rendere sicure la nostra vocazione e la nostra elezione. L’Apostolo condanna alcuni per "non attenersi al Capo" (Col. 2:19) e noi intuiamo che un tale riconoscimento di Gesù Cristo, non solo come Redentore dal peccato ma anche come Capo, rappresentante, guida, istruttore e protettore del corpo (la Chiesa) è essenziale ad ogni suo membro. Nostro Signore richiama l’attenzione su questo bisogno di permanere sotto le sue cure, dicendo ripetutamente: "Dimorate in me; ...come il tralcio non può da sé portar frutto, se non rimane nella vite; così neppure voi se non dimorate in me." (Giov. 15:4) "Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto." (Giov. 15:7) L’Apostolo mette in evidenza questo stesso bisogno di dimorare in Cristo, dicendo: "È cosa spaventevole cadere nelle mani del Dio vivente." (Ebr. 10:31) Procede ad indicare ciò che vuol dire citando le parole della profezia: "Poiché il nostro Dio è un fuoco che consuma." L’amore di Dio, non meno della sua giustizia, brucia alla presenza di tutto il peccato e "tutta l’ingiustizia è peccato"; "egli non può guardare [o riconoscere] il peccato"; quindi, ha provveduto non alla protezione dei peccatori ma al loro salvataggio dalle malattie e dalla pena della distruzione.

Questo ci assicura, d’accordo con varie dichiarazioni della Scrittura, che sta venendo il tempo in cui il peccato e i peccatori, con i fattori concomitanti del peccato, del dolore, della sofferenza e della morte, saranno eliminati. Ringraziamo Dio! Possiamo rigioire anche di questo tratto distintivo del carattere divino, che Dio è un fuoco che consuma, quando sappiamo che egli ci ha procurato un rifugio in Gesù Cristo per il periodo delle nostre imperfezioni involontarie e che ha predisposto in lui anche per [121] la nostra liberazione finale dal peccato, dalla morte e da ogni debolezza, rendendoci ad immagine perfetta di lui stesso, per la Nuova Creazione, la perfezione della natura divina e della sua pienezza, per la "Grande Compagnia" la perfezione su un piano in certo modo corrispondente a quello degli angeli; per essere i ministri, i compagni della Chiesa glorificata: "le vergini, le sue compagne che la seguono". (Sal. 45:14) Gli antichi dignitari, poi, saranno perfezionati nella natura umana, immagini di Dio nella carne e rappresentanti glorificati del Regno celeste e canali della benedizione divina a tutte le famiglie della terra. Infine, una volta che tutte le prove, le opportunità e gli esami dell’età Millenaristica avranno portato tutti i volonterosi e gli obbedienti alla perfezione ed avranno dimostrato la loro lealtà a Dio, costoro avranno raggiunto anche la perfezione umana, l’immagine di Dio nella carne; e la volontà di Dio fra tutti costoro sarà allora così ben capita e ben obbedita - e ciò sarà fatto di cuore - che egli non sarà più per loro come il fuoco che consuma perché tutte le loro scorie saranno state rimosse sotto la disciplina del grande Mediatore, alle cui cure erano stati affidati dall’amore e dalla sapienza del Padre. Allora Cristo "vedrà il travaglio della sua anima e sarà soddisfatto" dei risultati.

La santificazione vuol dire mettere da parte per il santo culto. I peccatori non sono chiamati alla santificazione, ma al pentimento; e ai peccatori che si sono pentiti non s’impone la consacrazione, ma s’impone di credere nel Signore Cristo Gesù fino alla giustificazione. Soltanto la classe dei giustificati è spronata alla santificazione, coloro che credono nelle promesse di Dio centrati in Cristo e rassicurati dal suo sacrificio-riscatto. Ciò non vuol dire che la santificazione o la santità non sia cosa adatta per tutta l’umanità: vuol dire semplicemente che Dio ha previsto che finché un uomo occupa la posizione di peccatore non pentito, sia inutile invitarlo a mettere se stesso da parte per avviarsi ad una vita di santità; deve prima rendersi conto della sua peccaminosità e diventare penitente. Non significa che il penitente non dovrà diventare santificato, non dovrà essere distinto per una santità di vita, ma significa che una santificazione che lascia fuori la giustificazione sarebbe assolutamente inutile. Nell’ordine di Dio, noi dobbiamo venire a [122] conoscenza per prima cosa della bontà divina nei provvedimenti presi per i nostri peccati e accettare la sua disposizione quale dono gratuito mediante Cristo, prima di essere nell’atteggiamento adatto per consacrarci o per santificarci al suo servizio. Inoltre, l’obiettivo per tutta questa disposizione nell’età del Vangelo (la chiamata al pentimento, la dichiarazione delle buone notizie sulla giustificazione e l’invito a tutti i credenti di santificarsi o di consacrarsi a Dio, sono tutti elementi o parti del grande unico piano che Dio sta compiendo ora) è lo sviluppo della Nuova Creazione. Dio ha preordinato che tutti quelli che faranno parte della Nuova Creazione devono essere sacrificatori, del "Sacerdozio Regale", e ciascuno di essi deve avere qualcosa da offrire a Dio, proprio come il nostro Sommo Sacerdote che "ha offerto se stesso a Dio". (Ebr. 7:27; 9:14) L’“under-priesthood” [ovvero il sacerdozio subordinato], anche, deve offrirsi tutto a Dio, come esorta l’Apostolo, "Vi esorto, fratelli [fratelli: perché giustificati e quindi portati nella fraternità con Dio], per le compassioni di Dio [il perdono dei peccati già sperimentato], a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettabile a Dio e il vostro culto spirituale." (Rom. 12:1) Ora, allora, osservate che giacché i nostri corpi non sono effettivamente "santi", essi devono essere resi tali secondo il criterio del mettere in conto prima di poter diventare "accettabili a Dio", prima di poter essere calcolati "santi"; vale a dire, dobbiamo essere giustificati mediante la fede in Cristo prima di avere qualcosa di santo e accettabile da deporre sull’altare di Dio; e deve essere deposto sull’altare di Dio, sacrificato e accettato da lui per le mani del nostro Sommo Sacerdote, prima di poter essere contati come suo "Sacerdozio Regale".

La santificazione sarà il requisito del grande Re durante l’età Millenaristica. Il mondo intero sarà chiamato alla santificazione, ad essere messi da parte lontani dall’impurità, dal peccato d’ogni sorta e a rendere obbedienza alla volontà divina, come rappresentata nel Regno e nei suoi prìncipi. Allora, alcuni può darsi che si conformino ad una santificazione o ad una santità di vita esteriore senza santificarsi nel cuore, costoro può darsi che progrediscano mentalmente, moralmente e fisicamente, fino al limite estremo della restaurazione, fino alla perfezione completa e, facendo così, godranno, [123] frattanto, delle benedizioni e delle ricompense di quel glorioso periodo, fin proprio alla sua fine. Ma a meno che per quel tempo la loro santificazione non si estenda proprio ai pensieri e alle intenzioni che hanno in cuore, non saranno idonei per le condizioni eterne al di là dell’età Millaneristica, in cui non entrerà nulla che non sia in conformità con la volontà divina in pensieri, parole e opere.

Ma mentre approfondiamo in tal modo la santificazione come principio generale e le sue operazioni sul mondo nel futuro, non perdiamo di vista il fatto che le Scritture sono state scritte specialmente "per il nostro ammonimento", per l’ammonimento della Nuova Creazione. Quando giungerà per il mondo il momento di essere istruito secondo i criteri della santificazione, esso avrà il Grande Maestro: il Sole della Giustizia inonderà allora tutta la terra con la conoscenza di Dio. Non ci sarà più una Babele d’idee e di dottrine confusionarie; poiché il Signore ha fatto una promessa riguardo a quel giorno, dicendo: "Io muterò il linguaggio per il popolo in un linguaggio [messaggio] puro, affinché possano invocare il nome del Signore per servirlo con un solo consenso." (Sof. 3:9) L’Apostolo si sta rivolgendo soltanto alla Nuova Creazione quando dichiara che Cristo "di Dio si è fatto per noi giustizia, giustificazione, santificazione e liberazione". Pertanto, prestiamo la più seria attenzione a queste cose scritte per la nostra istruzione e che ci sono evidentemente necessarie per rendere sicure la nostra vocazione ed elezione alla partecipazione alla Nuova Creazione.

Come ha detto il Signore agli Israeliti tipici: "Santificatevi"e "Io vi santificherò" (Lev. 20:7,8; Es. 31:13), così ordina all’Israelita spirituale di consacrare se stesso, di presentare il suo corpo in sacrificio vivente, di offrire se stesso a Dio nel e per il merito dell’espiazione di Cristo; e il Signore accetta e mette da parte come santi solo coloro che fanno ciò durante il "tempo accettabile" e scrive i loro nomi nel libro della vita dell’Agnello (Apoc. 3:5) e distribuisce loro le corone della gloria, dell’onore e dell’immortalità che saranno loro se si mostreranno fedeli a tutti i loro impegni, la qual cosa, siamo assicurati, è soltanto un "culto spirituale". (Apoc. 3:11)

[124] Come la consacrazione dei Leviti nel tipo è stata una consacrazione ragionevole a seguire la rettitudine, ma non una consacrazione al sacrificio, così questo gradino ulteriore di santificazione che appartiene a coloro che accettano la chiamata di Dio al Sacerdozio Regale è stata simboleggiata nel tipo dalla consacrazione di Aronne e dei suoi figli nell’ufficio sacerdotale: una consacrazione al sacrificio. È stata simboleggiata dai vestiti di lino bianco a rappresentare la rettitudine, la giustificazione e dall’olio per l’unzione e dal sacrificio a cui tutti i sacerdoti hanno partecipato. Ebr. 8:3

Nei tipi del Levitico s’individuano chiaramente due consacrazioni: (1) la consacrazione generale di tutti i Leviti; (2) una consacrazione speciale dei pochi Leviti che furono sacrificatori o sacerdoti. I primi rappresentano la consacrazione generale al vivere santo e all’obbedienza a Dio che fanno tutti i credenti e che, per grazia di Dio, attraverso Cristo, realizza per loro, in modo provvisorio, la "giustificazione a vita" e la pace con Dio. Questo è ciò che tutti i veri credenti capiscono e sperimentano in quest’età. Ma, come spiega l’Apostolo: "il fine del comandamento è l’amore che procede da un cuore puro" (I Tim. 1:5); vale a dire, Dio prevede che la nostra adesione alla nostra prima consacrazione, la nostra adesione ai termini della nostra giustificazione durante l’età presente, nel suo fine, ci porterà alla seconda consacrazione come sacerdoti per il sacrificio.

In che modo? Perché il vivere in modo santo e l’obbedienza a Dio comprende "l’amore che procede da un cuore puro" per Dio e per i nostri simili. L’amore per Dio significa "con tutto il cuore, la mente, l’essere e la forza"; e tale amore non aspetterà i comandi ma cercherà il servizio, dicendo: "Signore, cosa vuoi che faccia?" Ogni fedele "Israelita veramente" al primo avvento ha avuto questa consacrazione primaria, tipizzata nei Leviti e a costoro il Signore dette la chiamata speciale del Vangelo, di consacrare alla morte, di sacrificare i loro interessi terreni per quelli celesti, per allinearsi come seguaci nelle orme di Gesù, il Capitano della nostra Salvezza, nella via angusta che porta alla gloria, all’onore e all’immortalità. Costoro man mano che obbedivano all’invito erano accettati come sacerdoti, membra del corpo del Sommo Sacerdote della nostra Professione: "figli di Dio". Giov. 1:12

[125] Per tutta l’età del Vangelo prevale lo stesso piano di procedura: (1) la consacrazione all’obbedienza e alla giustizia, come antitipici Leviti; poi una scoperta che la giustizia significa amore supremo per Dio e un desiderio di conoscere e di fare la sua volontà; poi, più tardi, un accorgersi che ora tutta la creazione è così deformata e distorta e fuori dell’armonia con Dio che l’armonia con lui significa disarmonia con tutta la mancanza di rettitudine nella nostra carne come in quella altrui; poi uno sguardo e un pianto rivolto verso il Signore per sapere perché ci ha chiamato e perché ha accettato la nostra consacrazione mentre apparentemente non ha reso ciò possibile se non attraverso il sacrificio di se stessi. Come risposta a questo grido il Signore ci istruisce dicendo che: "Siete stati chiamati ad un’unica speranza, quella della vostra vocazione" (Efes. 4:4) e che la vocazione è alla coeredità con nostro Signore nella gloria, nell’onore e nell’immortalità del Regno (Luca 12:32; Rom. 2:7) e che la strada è angusta e difficile perché riuscire a continuare ad affrontare questi esami è indispensabile per coloro che egli onorerà così. (Mat. 7:14; Rom. 8:17) È stato quando abbiamo sentito la chiamata mediante l’Apostolo: "Vi esorto, fratelli...presentate i vostri corpi in sacrificio vivente, santo ed accettabile a Dio, e il vostro culto spirituale" e quando l’abbiamo accettata e quando ci siamo consacrati fino alla morte, che siamo stati considerati sacerdoti, del "Sacerdozio Regale", membra del Sommo Sacerdote della nostra professione (od ordine) Gesù Cristo: Nuove Creature.

Tali credenti, una volta presa coscienza che "il fine del comandamento è l’amore che procede da un cuore puro", se si rifiutano di progredire fino alla fine, si rifiutano di accettare la chiamata al sacrificio e in tal modo si rifiutano di uniformarsi all’obiettivo di Dio nella loro giustificazione messa in conto, non sono all’altezza del patto d’obbedienza alla rettitudine a causa della strettezza della strada e così rifiutano "l’unica speranza, quella della nostra vocazione". Costoro non "ricevono la grazia di Dio [la giustificazione a vita messa in conto] invano?". Dando uno sguardo indietro agli antichi dignitari e notando quanto è costato loro ottenere "buona testimonianza per la fede" e "piacere a Dio" e mantenere così la loro giustificazione fraterna (Ebr. 11:5, 32-39), possiamo aspettarci che la giustificazione a vita, concessa durante quest’età del Vangelo a coloro [126] che diventano antitipici Leviti, si possa mantenere mediante un grado inferiore di lealtà del cuore verso il Signore e nei confronti della giustizia? Certamente si deve concludere che quei credenti giustificati provvisoriamente (antitipici Leviti) i quali quando "calcolano il costo" (Luca 14:27, 28) dell’essere discepoli (a cui la loro consacrazione, già fatta, porta) e i quali in seguito declinano di esercitare la fede nel soccorso del Signore promesso e rifiutano o trascurano di prestare il loro "culto spirituale", rendendo la loro consacrazione completa, anche fino alla morte, costoro hanno ricevuto il favore del Signore invano. Certamente non si possono considerare realmente in possesso della giustificazione a vita; o neppure della giustificazione fraterna speciale con Dio ; pertanto essi decadono dalla posizione di favore goduta dagli antitipici Leviti e non si devono ritenere più tali.

Ma fra chi apprezzano il favore di Dio e i cui cuori rispondono lealmente ai privilegi e al "culto spirituale" della consacrazione completa e che s’impegnano a rispettare il patto d’obbedienza a Dio e alla giustizia anche fino alla morte, vi sono queste due classi:

(1)          Quegli antitipici Leviti che con gioia "danno la propria vita" volontariamente, cercando modi e mezzi per servire il Signore, i fratelli e la Verità, e considerando pertanto un piacere e un onore sacrificare le comodità terrene, gli agi, il tempo, l’influenza, i mezzi e tutto ciò che forma la vita presente. Questi sacrificatori gioiosi, che lo sono volontariamente, i sacerdoti antitipici che entro breve tempo saranno glorificati e, con il loro Signore, costituiranno il "Sacerdozio Regale" che, una volta terminati i loro sacrifici, non saranno più tipizzati da Aronne e i suoi figli che facevano i sacrifici per il popolo, ma da Melchisedec, un sacerdote sul trono, che distribuisce al mondo, durante il Millennio, le benedizioni assicurate dai "migliori sacrifici" durante l’antitipico Giorno dell’Espiazione: quest’età del Vangelo.

(2)          Un’altra classe di credenti nel cuore risponde lealmente e, gioiosamente, si consacra completamente al Signore e al suo "culto spirituale" dimostrando così la propria dignità nell’essere gli antitipici Leviti, perché non riceve la grazia di Dio invano. Ma, ahimè, sebbene rispondano alla chiamata ed entrino così nella "sola speranza, quella [127] della nostra vocazione" e in tutti quei privilegi degli eletti, nondimeno il loro amore e il loro zelo non sono tali da spingerli a compiere il sacrificio che si sono impegnati a fare. Costoro, poiché il loro amore e la loro fede non sono abbastanza intensi, non riescono a portare, o a mantenere, i loro sacrifici sull’altare; per questo, non si possono considerare "copie" complete del nostro Sommo Sacerdote, che si è dilettato a fare la volontà del Padre; non riescono a vincere e pertanto non possono essere contati tra i "vincitori" che parteciperanno con il Signore al Regno dei cieli quali membri del "Sacerdozio Regale"; non riescono a rendere sicure la loro vocazione ed elezione mediante il completo rispetto del loro patto.

Ma che ne è di questi? Hanno perso tutto per aver partecipato alla corsa per il premio e per non avercela fatta a passare l’esame dello zelo e dell’amore necessario per vincere? No, grazie a Dio; anche se sotto esami cruciali la loro fede e il loro zelo non si sono rivelati sufficienti per la loro classificazione tra i sacerdoti, nondimeno la loro sufficienza di fede e di zelo nel fare la consacrazione fino alla morte ha dimostrato la sincerità di cuore che hanno come Leviti. Tuttavia, non basta che abbiano fatto la consacrazione completa; deve essere data dimostrazione che essi amano il Signore nel loro cuore e che non lo rinnegherebbero a nessun costo, anche se non sono abbastanza fedeli da cercare il sacrificio al suo servizio. Qual è quest’esame che confermerà costoro come degni della sorte dei Leviti nel Regno? E come sarà applicato?

Abbiamo già fatto riferimento a questa "grande compagnia" del popolo del Signore veramente consacrato la cui figura è tratteggiata nell’Apocalisse 7:13-15. "Questi sono coloro che vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello. Perciò essi sono di fronte [e non sul] trono di Dio e lo servono giorno e notte [continuamente] nel suo tempio [la Chiesa]: e colui che siede sul trono spiegherà su loro il suo tabernacolo" [li assocerà a sé e alla sua Sposa glorificata nella condizione spirituale e nei suoi servizi]. "Vergini stolte!" Si sono lasciate sfuggire l’opportunità di diventare membra della Sposa; ma sono, nondimeno, vergini, pure nelle intenzioni che hanno in cuore. Perdono il premio, ma guadagnano, più tardi, mediante [128] prove rigorose, una porzione alla festa nuziale con lo Sposo e la Sposa come "le vergini sue compagne che la seguono"; esse saranno anche avvicinate di fronte al Re. "Con letizia e giubilo esse saranno condotte; esse entreranno nel palazzo del Re". (Sal. 45:14,15) Come Leviti non sono riusciti ad ottenere il prezzo del Sacerdozio Regale, ma sono ancora Leviti e possono servire Dio nel suo tempio glorificato, la Chiesa, sebbene non possano essere né "colonne" né "pietre vive" di quel tempio. (Apoc. 3:12; 19:6,7; Sal. 45:14,15) Il verso che fa seguito all’ultima citazione richiama alla nostra attenzione i Leviti antitipici del periodo precedente, noti ad Israele nella carne come "padri"; e ci assicura che essi saranno ricompensati essendo fatti : "prìncipi di tutta la terra".

Allo stesso modo, i tre figli di Levi (Kehath, Gherson e Merari) sembrano rappresentare quattro classi. (1) Mosè, Aronne e tutta la famiglia sacerdotale di Amran (figlio di Kehath) le cui tende erano di fronte [est] al Tabernacolo. Costoro avevano la completa responsabilità di tutte le cose religiose, i loro fratelli, anche tutti i Leviti, essendo i loro assistenti o servi onorati. (2) Accampati a sud c’era la famiglia Kehath, i loro parenti più prossimi, e costoro avevano la responsabilità degli articoli più sacri: gli Altari, il Candeliere (supporto per la lampada), la Tavola e l’Arca. (3) Accampati a nord del Tabernacolo c’erano i Leviti della famiglia di Merari, prossimi nell’onore del culto, che avevano la responsabilità dei pali ricoperti d’oro e dei pilastri, delle incassature, ecc. (4) Accampati nella parte posteriore, c’era la famiglia Gherson di Leviti, con la responsabilità dei servizi di minore importanza: facchinaggio, ecc., delle corde, delle tende esterne, della porta d’accesso, ecc.

Queste famiglie distinte di Leviti possono rappresentare appropriatamente quattro classi distinte dell’umanità giustificata, allorché la riconciliazione è completata: i santi, o il Sacerdozio Regale, gli antichi dignitari, la "grande compagnia" e coloro che nel mondo sono stati salvati. Come non è insolito quando si tratta di tipi, i nomi sembrano essere significativi. (1) La famiglia di Amram scelta per essere sacerdoti: il nome AMRAM significa popolo alto, oppure popolo eminente.  Che nome appropriato per il tipo di "piccolo gregge" il cui capo è Gesù Cristo! "Sommamente eminente", "molto alto", sono le dichiarazioni Scritturistiche di codesti sacerdoti. (2) KEHATH significa alleato, o [129] compagno. È stato dalla famiglia di Kehath che furono scelti i figli di Amram per essere una nuova casa di sacerdoti. La famiglia di Kehath di Leviti, potrebbe, perciò, rappresentare adeguatamente gli antichi dignitari la cui fede, obbedienza, lealtà a Dio e la buona volontà di soffrire per la giustizia è stata attestata così in pieno e con la quale sentiamo un’affinità così intima. Essi erano veramente gli alleati del Signore e nostri; e sotto alcuni punti di vista sono in tutti i sensi più vicini a Cristo che qualsiasi altro. (3) MERARI significa amarezza; pertanto, la famiglia Merari di Leviti sembrerebbe rappresentare la "grande compagnia" di coloro che sono stati generati dallo spirito che non riescono a vincere il premio del Sacerdozio Regale e sono "salvati come fosse dal fuoco", venendo fuori attraverso "grande tribolazione" ed esperienze amare fino alla posizione d’onore e di culto che essi occuperanno. (4) GHERSON significa rifugiati o salvati; pertanto la famiglia Gherson di Leviti sembra rappresentare bene il mondo salvato dell’umanità, i quali saranno tutti rifugiati soccorsi e liberati, salvati dalla cecità e dalla schiavitù di Satana.

Così, dunque, primo in ordine come pure in rango fra questi antitipici Leviti, o giustificati, sarà il Sacerdozio Regale, alle cui cure sarà affidato il Regno Millenaristico ed ogni autorità. Alla loro destra vi saranno i parenti più stretti, gli antichi dignitari, che essi "faranno prìncipi su tutta la terra". Vicino alla loro sinistra vi saranno i loro fratelli fedeli della Grande Compagnia.* E ultimi di tutti saranno quelli salvati dal peccato e dalla morte durante il Millennio, la cui lealtà sarà stata attestata completamente nella grande prova con cui si terminerà l’età Millenaristica. Apoc. 20:7-9

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* Il pensiero più recente dell’Autore è che alcuni brani scritturali sembrano insegnarci che gli Antichi Dignitari non precedano, ma siano di rango inferiore a quello della Grande Compagnia durante il Millennio, ma che essi saranno ricevuti nella natura dello spirito e fra gli onori più grandi, alla conclusione di esso.
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Tutte queste classi di Leviti saranno tali man mano che saranno esaminati e man mano che avranno passato le prove di lealtà dei loro cuori. Ciò non significa che coloro che sono giustificati ora, nel senso provvisorio, mediante la fede e che tralasciano o si rifiutano di andare avanti e di portare a compimento la fine del comandamento, [130] (in altre parole amare con un amore che scaturisce da un cuore puro) e che perciò ricevono questa grazia di Dio invano non abbiano altre opportunità. Se al momento in cui "calcolano il costo" della partecipazione al servizio sacerdotale del sacrificio declinano l’offerta, la loro valutazione del "servizio spirituale" a Dio non è certamente da elogiare e da ricompensare, ma la loro mancanza di saggezza non dovrebbe neppure meritare, dal punto di vista della giustizia, un castigo; altrimenti la chiamata alla gloria, all’onore e all’immortalità non viene dalla grazia, ma dalla necessità (non un invito, ma un comando), non un sacrificio, ma un obbligo. La lacuna nella loro giustificazione o l’annullamento di quest’ultima li lascia ancora parte del mondo redento, proprio com’erano prima di aver accettato Cristo mediante la fede, con l’eccezione che il loro aumento di conoscenza fa accrescere la responsabilità che hanno di fare il bene. In altre parole, nel tempo presente la prova per la vita o la morte eterna coinvolge soltanto coloro che volontariamente fanno una consacrazione completa di se stessi al Signore "anche fino alla morte". Il resto della razza non è ancora giudicato per la vita o la morte eterna e non lo sarà finché non si sia stabilito il Regno Millenaristico. Frattanto, comunque, ogni membro del mondo in proporzione alla sua luce o sta edificando o sta distruggendo il carattere e pertanto sta rendendo migliori o peggiori le sue condizioni Millenaristiche e le sue prospettive, concernenti la vita eterna, a seconda che obbedisca o non rispetti la conoscenza e la coscienza che possiede.

Tuttavia con coloro che sono completamente consacrati la questione è diversa. Mediante la loro consacrazione più piena, fino alla morte, essi rinunciano alla vita terrena in toto, scambiandola con quella spirituale, che dovrà essere loro se fedeli fino alla morte, ma non altrimenti. Quindi, la slealtà vorrà dire morte, per l’eternità; come di sicuro per gli infedeli del mondo alla conclusione del Millennio.

I Leviti non avevano, nessuno di essi, alcun’eredità nella terra di Canaan. Ciò è indicativo del fatto che avendo consacrato tutti se stessi al Signore, ed essendo nel profondo del cuore completamente d’accordo con la sua giustizia, le condizioni imperfette del tempo presente di peccato non sono la loro eredità. Canaan ha rappresentato la condizione di conflitto nello stato di prova, la conquista dei nemici, la vittoria sui mali, ecc., specialmente durante il Millennio; ma Dio ha provveduto ad un’eredità migliore, senza peccato e perfetta per tutti quelli che egli giustifica [131] completamente come Leviti antitipici. I primi a ricevere quest’eredità migliore saranno i Sacerdoti, che costituiranno la Prima Risurrezione e saranno resi perfetti fino alla natura divina; gli "Antichi Dignitari" saranno i prossimi e riceveranno l’eredità perfetta mediante la risurrezione come esseri umani perfetti*, la "Grande Compagnia" verrà dopo in ordine e sarà resa perfetta sul piano spirituale, e ultima di tutti, la classe di Gherson, istruita ed elevata e messa alla prova durante il Millennio riceverà la sua eredità mediante quella risurrezione graduale, o elevazione dalla morte alla vita, che sarà raggiunta completamente alla conclusione del Millennio.

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*Vedere nota in calce, pagina 129.
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Come soltanto quei credenti che effettuano la consacrazione fino al massimo, "fino alla morte", sono generati dallo Spirito Santo e contati come membra del Sommo Sacerdote, così i tipi illustrati; poiché i Leviti in generale non hanno ricevuto l’olio santo dell’unzione, tipico dello Spirito santo, ma soltanto i sacrificatori, i sacerdoti. Costoro furono tutti aspersi con l’olio mescolato al sangue, per mostrare che lo Spirito Santo elargito alle membra di Cristo è loro solo in virtù dello spargimento del sangue: (1) il sacrificio di Gesù Cristo a loro favore, che li giustifica; e (2) il loro impegno ad unirsi a Cristo nel sacrificio, dando la propria vita al suo servizio. Es.  29:21

L’unzione del sommo Sacerdote è stata ancora un’altra questione e ha rappresentato l’essere uno, la solidarietà, della Chiesa eletta; poiché quest’unzione è avvenuta soltanto su chi doveva ufficiare in qualità di sacerdote principale: su Aronne soltanto, all’inizio; ma su ciascuno dei suoi figli man mano che successero all’ufficio di sacerdote principale "perché mi esercitino l’ufficio di sacerdoti". (Es. 28:41; 40:13, 15) Gesù Cristo nostro Signore, in qualità di Capo della Chiesa che è il suo corpo "fu unto con l’olio della letizia [lo Spirito santo] al di sopra dei [il capo sopra] suoi simili" o coeredi, gli "under member" [membri subordinati] del "Sacerdozio Regale". È stato versato tutto su di lui e "tutti noi abbiamo ricevuto dalla sua pienezza [abbondanza], e favore su favore". È stato un "dono indescrivibile" quello di essere perdonati e giustificati per il merito del suo sacrificio; sì, è quasi impossibile credere che noi saremmo [132] stati chiamati ad essere suoi coeredi nel Regno e ad avere la nostra consacrazione "sigillata" con l’aspersione del sangue e dell’olio e ad essere inclusi nell’unzione del nostro Capo.

Il profeta Davide è stato guidato dal Signore nel darci una descrizione rapida e sommaria dell’Unzione e di com’è stata versata tutta sul nostro Capo e di come deve scendere su di noi partendo da lui. (Sal. 133:1-3; 45:7; Luca 4:18) I membri della Chiesa sono i "fratelli" il cui spirito li spinge a "dimorare insieme in unità". Tutti quelli che sono uno con il Capo, devono essere d’accordo con le altre membra del suo Corpo, la Chiesa, e solo in modo proporzionato riceveranno essi lo Spirito Santo dell’Unzione.* Questo santo olio per l’unzione rappresentava lo Spirito Santo e l’illuminazione che dà a tutti quelli che Dio accetta come membri in prova del suo Sacerdozio Regale, la Nuova Creazione, ciascuno dei quali è "sigillato" o contrassegnato, o denotato dallo Spirito Santo conferitogli, come già mostrato.

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*Vol. V, Cap. ix.
Ibid.

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In tal modo, tutti quelli contrassegnati dallo Spirito Santo come membri potenziali della Nuova Creazione sono assicurati dal Signore: "Essi non sono del mondo, proprio come anch’io non sono del mondo." "Vi ho scelti [dal mondo] e vi ho ordinati perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto sia permanente." "Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma dato che voi non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, perciò vi odia il mondo." (Giov. 15:16, 19; 17:16) Sebbene questi contrassegni di santificazione possano, in certo modo, essere scorti dal mondo, non ci aspettiamo per questo che ci attirino l’ammirazione o l’approvazione del mondo, ma, piuttosto, che il mondo consideri queste evidenze dello Spirito santo nelle Nuove Creature come evidenze di debolezza ed effeminatezza. Il mondo apprezza e approva quello che definisce una vita robusta e vigorosa, non troppo retta. Nostro Signore ci spiega perché il mondo non approva i suoi seguaci, specificamente, perché le tenebre [133] odiano la luce, perché lo standard del suo Sacerdozio Regale in pensieri, parole ed azioni è più alto dello standard dell’umanità in generale e, pertanto, sembra condannare più o meno il loro corso. Il mondo desidera più volentieri essere approvato, essere adulato; e qualunque cosa lo critichi in qualsiasi grado è evitato in ugual modo, se non contrastato. Questa disapprovazione della Cristianità per ciò che è mondano costituisce parte della prova del Sacerdozio Regale; e se la loro consacrazione non fosse più che sincera sentirebbero così tanto la mancanza d’associazione con il mondo e desidererebbero così tanto l’approvazione del mondo che verrebbero meno all’adempimento, nello spirito giusto, del sacrificio intrapreso, degli interessi terreni: non riuscirebbero ad essere sacerdoti; quindi, non riuscirebbero ad essere parte della Nuova Creazione. Tuttavia, in conseguenza delle loro buone intenzioni, il Signore può far loro superare le prove di fuoco, per la distruzione della carne che non hanno avuto lo zelo di sacrificare: in tal modo possono essere annoverati degni di una porzione delle benedizioni e delle ricompense della Grande Compagnia che sorgerà dalla gran tribolazione per servire davanti al trono sul quale sederà il piccolo gregge con il Signore.

La santificazione non ha soltanto due parti, in altre parole la parte dell’uomo, fatta tutta di consacrazione, e la parte di Dio, fatta tutta d’accettazione, ma ha in aggiunta un elemento di progressione. La nostra consacrazione al Signore, mentre deve essere sincera e intera, perché sia accettata del tutto da lui, si accompagna nondimeno ad una parte relativamente piccola di conoscenza ed esperienza; perciò dobbiamo crescere ogni giorno nella santificazione, man mano che cresciamo in conoscenza. All’inizio i nostri cuori erano ripieni, scacciando tutta l’ostinatezza, ma la capacità dei nostri cuori era piccola: man mano che crescono, man mano che si allargano, la santificazione deve tener loro il passo, riempiendo ogni parte: in tal modo esorta l’Apostolo: "Siate ripieni dello Spirito"; ed ancora: "Lasciate che l’amore di Dio trabocchi nei vostri cuori e abbondi sempre di più." Il provvedimento preso per quest’allargamento dei nostri cuori è espresso nelle parole della preghiera del nostro Redentore per noi: "Santificali nella verità; la tua Parola è verità." Giov. 17:17

È stata la Parola, o il messaggio di Dio, la "sapienza" di Dio attraverso Cristo, che ha cominciato a manifestare verso di noi il favore divino e che ci ha portato passo passo [134] fino al punto della consacrazione; ed ora è la medesima Parola, o messaggio di Dio, attraverso Cristo, che deve allargare i nostri cuori come pure riempirli. Ma mentre è compito di Dio provvedere alla verità che deve riempirci e santificarci, è compito nostro manifestare quella condizione consacrata del cuore nella quale avremo fame e sete di quella verità santificante: ci nutriremo di essa ogni giorno e così ci sarà data la possibilità di crescere forti nel Signore e nella forza della sua potenza. Non è sufficiente per noi fare una consacrazione al Signore; egli non desidera dei semplici candidati per la Nuova Creazione. Costoro devono essere addestrati, educati alla disciplina ed essere messi alla prova per estrarre e sviluppare i vari tratti distintivi del carattere e perché ogni tratto distintivo sia sottoposto ad una prova minuziosa di lealtà verso Dio, assicurando in tal modo che, essendo esaminate e messe alla prova sotto tutti i punti, queste Nuove Creature siano trovate fedeli a chi le ha "chiamate" e siano giudicate degne di entrare nelle gloriose gioie del loro Signore mediante la partecipazione alla Prima Risurrezione.

Come questa giustificazione fraterna ha portato pace con Dio, così questo prossimo passo di una piena consacrazione al Signore di tutti gli interessi ed affari della vita, di tutte le speranze e ambizioni, scambiando le speranze, le ambizioni e le benedizioni terrene con quelle celesti offerte alla Nuova Creazione, porta un sollievo grande e vasto, una grande tranquillità d’animo, mentre ci rendiamo conto sempre di più e ci appropriamo delle promesse eccezionalmente grandi e preziose che Dio ha fatto alla Nuova Creazione. Queste promesse sono incluse in breve in quella che dice: "Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, di [coloro che sono] chiamati secondo la sua intenzione." (Rom. 8:28) Questa è la seconda Benedizione nel vero senso dell’espressione. Non in ogni caso, nel senso di essere accompagnata da manifestazioni esterne della carne, ma nel senso che introduce i nostri cuori in una profonda tranquillità, in una fiducia piena in Dio e permette un’applicazione esuberante delle promesse eccezionalmente grandi e preziose delle Scritture nei nostri confronti.

A causa delle differenze di temperamento, ci saranno necessariamente differenze d’esperienza per quanto concerne questa piena consacrazione. Per alcuni un arrendersi [135] completamente al Signore e un rendersi conto della sua speciale attenzione nei loro riguardi quali membri della potenziale Chiesa eletta, arrecherà semplicemente una pace soddisfacente, li farà stare tranquilli; mentre per altri che hanno una natura più esuberante arrecherà un’effervescenza di gioia, di lode e di giubilazione. Ci dobbiamo ricordare di queste differenze del temperamento naturale e dobbiamo essere comprensivi nei riguardi di coloro le cui esperienze sono diverse dalle nostre, rammentando che differenze simili erano esibite tra i dodici apostoli; che alcuni, specialmente Pietro, Giacomo e Giovanni, erano più espansivi degli altri per quanto concerneva tutte le loro esperienze, incluse quelle della Pentecoste. Che i fratelli dalla disposizione esuberante ed effervescente imparino la moderazione che l’Apostolo ha imposto; e che i fratelli i quali per natura sono più volentieri troppo freddi e prosaici, preghino e cerchino un maggiore apprezzamento di, e una maggiore libertà nel, mostrare esternamente le lodi di colui che ci ha chiamati dalle tenebre nella sua luce meravigliosa. Ricordiamoci che per Giacomo e Giovanni, due di coloro che erano prediletti in special modo dal Signore, chiamati i "figli del tuono" a motivo del loro zelo e della loro impetuosità, si richiese almeno in un’occasione, ammonimento e correzione in questo rispetto, per richiamare alla loro memoria a quale spirito appartenevano. (Luca 9:54, 55) L’Apostolo Pietro, un altro di coloro che erano prediletti e pieni di zelo, da una parte fu benedetto per aver riconosciuto senza indugio il Messia; eppure in un’altra occasione fu rimproverato come fosse un avversario a motivo dell’uso errato del suo zelo. Nondimeno, il Signore mostrò chiaramente il suo apprezzamento per il temperamento caldo, ardente di questi tre, nel fatto che furono essi i suoi compagni intimi, gli unici che egli prese con sé sul Monte della Trasfigurazione e nella stanza dove giaceva la fanciulla, figlia di Giairo, che nostro Signore risvegliò dal sonno della morte; ed anche furono essi i suoi compagni speciali, un po’ più vicini a lui degli altri, nel giardino del Getsemani. La lezione che possiamo trarne è che lo zelo è gradito al Signore ed esprime la vicinanza a lui; ma che deve sempre rispettare profondamente il Capo ed essere guidato dalla sua Parola e dal suo Spirito.

[136] La santificazione non vuol dire la perfezione umana, come alcuni erroneamente hanno interpretato: non cambia la qualità o l’ordine dei nostri cervelli, né toglie di mezzo le imperfezioni dei nostri corpi in modo miracoloso. È una consacrazione o devozione della volontà, che è accettata dal Signore attraverso Cristo come perfetta: è una consacrazione del corpo al sacrificio, "anche fino alla morte", e questo corpo, come abbiamo visto, non è reso perfetto in modo effettivo mediante la giustificazione per fede, ma reso perfetto semplicemente giacché messo in conto così secondo la nostra volontà, il nostro cuore, la nostra intenzione. La nuova volontà, come ci esorta l’Apostolo, dovrebbe cercare di portare tutti i poteri, tutti i talenti, tutte le opportunità che il suo corpo possiede in pieno accordo con il Signore e dovrebbe cercare di esercitare un’influenza nella stessa direzione su tutti gli uomini con i quali viene in contatto. Ciò non vorrà dire che nei brevi cinque, dieci, venti, cinquanta anni della vita presente, sarà capace di portare il suo povero corpo imperfetto (o i corpi imperfetti degli altri, di cui è un esemplare) alla perfezione. Al contrario, l’Apostolo ci assicura in connessione con la Chiesa, che nella morte è "seminato nella corruzione, seminato nella debolezza, seminato nel disonore, seminato quale corpo umano naturale [imperfetto]"; e che non fin quando alla Risurrezione ci saranno dati nuovi corpi, forti, perfetti, gloriosi, immortali, onorabili, noi avremo raggiunto la perfezione che cerchiamo e che il Signore promette che alla fine sarà nostra, se nel tempo di debolezza e d’imperfezione presente gli manifestiamo la lealtà dei nostri cuori.

Tuttavia, la lealtà sincera al Signore vorrà dire continuo sforzo per assoggettare tutta la condotta delle nostre vite, sì, i pensieri stesi e le stesse intenzioni dei nostri cuori, alla volontà divina. (Ebr. 4:12) Questo è il nostro primo dovere, il dovere continuo che abbiamo e questo sarà il fine del nostro dovere, "Questa è la volontà di Dio, proprio la vostra santificazione." "Siate santi; poiché io [il Signore] sono santo." (I Tess. 4:3; I Piet. 1:16) La santità assoluta deve essere lo standard che le nostre menti possono sottoscrivere lietamente e completamente e secondo il quale possono vivere ma che non potremo mai raggiungere effettivamente e fisicamente fintanto che siamo soggetti alle fragilità delle [137] nostre nature cadute, alle contrarietà del mondo e all’Avversario. Ma giorno per giorno man mano che siamo "istruiti su Dio", man mano che giungiamo ad una conoscenza più piena del suo carattere glorioso e man mano che l’apprezzamento di esso ci riempie sempre di più i cuori, la Nuova Mente guadagnerà sempre più influenza, forza, potere sulle debolezze della carne, qualsiasi esse siano, e queste debolezze variano secondo le diverse membra del corpo.

La vera santificazione del cuore al Signore vorrà dire diligenza nel suo servizio; vorrà dire dichiarazione di buone notizie agli altri; vorrà dire l’edificazione vicendevole nella fede più santa; vorrà dire che dovremmo fare del bene a tutti gli uomini quando ne abbiamo l’opportunità, specialmente alla famiglia nella fede; vorrà dire che in queste varie strade le nostre vite, consacrate al Signore, saranno date per i nostri fratelli (I Giov. 3:16) giorno dopo giorno, opportunità dopo opportunità, man mano che ci si presenteranno; vorrà dire che l’amore che abbiamo per il Signore, per i fratelli, per le nostre famiglie e, con sentimenti di comprensione, per il mondo dell’umanità riempirà sempre di più i nostri cuori man mano che cresciamo in grazia, conoscenza e obbedienza all’esempio e alla Parola Divini. Nondimeno, tutte queste applicazioni delle nostre energie per gli altri sono semplicemente molti modi in cui, mediante gli interventi provvidenziali del Signore, si può realizzare la nostra propria santificazione. Come il ferro affila il ferro, così le nostre energie spese a favore degli altri ci arrecano benedizioni. Inoltre, mentre ci dovremmo avvicinare sempre di più a quell’importante condizione di amare il nostro prossimo come noi stessi, in special modo la nostra famiglia nella fede, la molla principale che sottostà a tutto ciò dovrebbe essere nondimeno il nostro amore supremo per il nostro Creatore e Redentore e il nostro desiderio d’essere e di fare quello che piacerebbe a lui. La nostra santificazione, pertanto, deve essere soprattutto verso Dio e deve toccare dapprima i nostri cuori e le nostre volontà e, come risultato di tale devozione verso Dio, deve trovare la sua applicazione nell’interesse dei fratelli e di tutti gli uomini.

Santificati mediante la verità

Da quanto precede è chiaro che la santificazione che Dio desidera, la santificazione essenziale per il raggiungimento di un posto nella Nuova Creazione, non [138] sarà possibile a nessuno se non a coloro che sono alla scuola di Cristo e che imparano da lui, che sono "santificati mediante la verità". L’errore non santificherà, neppure l’ignoranza lo farà. Per di più, non dobbiamo fare l’errore di supporre che tutta la verità tende alla santificazione: al contrario, sebbene la verità in genere sia da ammirare per tutti quelli che amano la verità e che in modo corrispondente odiano l’errore, la parola del Signore riguardo a ciò è che è soltanto la "Tua verità" che santifica. Vediamo tutto il mondo secolare chiaramente alla ricerca, rincorrendosi l’un l’altro e contendendosi la verità. I geologi hanno una parte del campo, gli Astronomi un’altra, i Chimici un’altra, i Fisici un’altra, gli Statisti un’altra, ecc.; ma non ci risulta che queste varie branche di ricerca della verità conducano alla santificazione. Al contrario, ci risulta che, di regola, portino nella direzione opposta; ed è in sintonia con ciò la dichiarazione dell’Apostolo secondo cui "il mondo non ha conosciuto Dio con la sapienza. "(I Cor. 1:21) Il fatto è che nei pochi brevi anni della vita presente e nella nostra condizione degradata, imperfetta e depravata, la nostra capacità è assolutamente troppo piccola perché ci sia d’utilità il tentativo di assorbire l’intera sfera di verità su ciascuna materia; quindi, vediamo che le persone che hanno successo nel mondo sono specialisti. L’uomo che dedica la sua attenzione all’astronomia avrà più di quanto potrà fare per essere all’altezza della sua posizione; poco tempo per geologia o chimica o botanica o medicina o la più eminente fra tutte le scienze: la "Tua verità", il piano divino delle ere. È in vista di ciò che l’Apostolo, uomo molto erudito lui stesso ai suoi tempi, consiglia Timoteo a "fare attenzione alle filosofie umane" (teorie e scienze) chiamate così in modo falso. La parola scienza significa verità e l’Apostolo, ne possiamo essere certi, non intendeva impugnare la sincerità degli scienziati del suo tempo, né insinuare che fossero dei falsificatori intenzionalmente; ma le sue parole ci danno il concetto, che il corso delle scienze conferma pienamente, che, sebbene ci sia della verità connessa con tutte queste scienze, le teorie umane chiamate scienze non sono però la verità, non sono assolutamente corrette. Sono semplicemente le migliori supposizioni che gli studenti più attenti che queste facoltà di studio sono stati capaci di esprimere; e queste, come la storia [139] mostra chiaramente, di tanto in tanto si contraddicono a vicenda. Come gli scienziati di cinquant’anni fa hanno ripudiato la scienza di tempi precedenti, così le deduzioni e i metodi di ragionamento di costoro sono a loro volta ripudiati dagli scienziati d’oggi.

L’Apostolo Paolo non solo fu un saggio, un uomo pienamente consacrato e un membro del Sacerdozio Regale, più qualificato naturalmente di tanti suoi simili a correre bene sulle orme del Sommo Sacerdote, ma per di più, come uno degli eletti "dodici apostoli dell’Agnello", che prese il posto di Giuda, fu oggetto della guida divina, specialmente per quanto riguarda i suoi insegnamenti, pensato dal Signore quale un istruttore per la famiglia della fede durante tutta l’età del Vangelo. Le parole di un tale nobile esemplare della fede, non meno dell’esempio della sua consacrazione, dovrebbero avere per noi un certo peso in questo studio che abbiamo intrapreso, quali membri consacrati e accettati del Sacerdozio Spirituale. Ci esorta a mettere da parte ogni peso e ogni peccato che ci avvolge, trattenendoci, e a correre con pazienza la corsa che è di fronte a noi, guardando a Gesù, l’autore della nostra fede, finché non diventi colui che la porterà a compimento. (Ebr. 12:2) E a mo’ d’ammonimento c’espone le sue esperienze, dicendo: "Questa sola cosa faccio." Ho scoperto che la mia piena consacrazione al Signore non permetterà la diffusione dei miei talenti in tutte le direzioni e neanche per lo studio di tutte le verità. La verità della rivelazione di Dio, com’è entrata nel mio cuore e dirige sempre di più i talenti di esso già santificati e consacrati, mi ha mostrato chiaramente che se voglio vincere il gran premio devo prestare la mia completa attenzione ad essa, proprio come ccoloro che cercano i premi terreni prestano di conseguenza completa attenzione. "Questa sola cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro [dimenticando le mie ambizioni precedenti da studente, le mie speranze precedenti da cittadino romano e da uomo con un’istruzione maggiore della media; dimenticando il fascino delle varie scienze e gli allori che conferiscono a quelli che corrono per queste vie] e protendendomi verso quelle cose che stanno davanti [tenendo [140] l’occhio della mia fede, della speranza, dell’amore e della devozione fisso sulla grandiosa offerta della coeredità con il mio Signore nella natura divina e nella grande opera del Regno per la benedizione del mondo] proseguo il corso verso la meta per ottenere il premio della somma vocazione." Fil. 3:13, 14

Emozione non santificazione

Nel popolo cristiano c’è molta confusione di pensiero riguardo alle evidenze o alle prove dell’accettazione del Signore concessa ai fedeli sacrificatori di quest’età. Erroneamente alcuni si aspettano una manifestazione esteriore come quella che fu concessa alla Chiesa agli inizi nella benedizione della Pentecoste.* Altri si aspettano qualche sensazione interna, gioiosa, e quest’aspettativa, se non si concretizza, provoca delusione e un dubbio per tutta la vita sulla loro accettazione presso il Signore. Le loro aspettative sono fondate soprattutto sulle testimonianze di fratelli che hanno sperimentato tale esuberanza. Perciò è importante che tutti apprendano che in nessun punto le Scritture ci autorizzano ad avere tali aspettative, che noi siamo "tutti chiamati nell’unica speranza della nostra vocazione" e che le stesse promesse di perdono dei peccati passati, del sorriso al volto del Padre, anche suo favore nell’assisterci nella corsa per raggiungere il premio che ci offre (grazia sufficiente per ogni momento di bisogno) appartengono in ugual misura a tutti quelli che si vengono a trovare nelle condizioni della chiamata. Il popolo del Signore è vastamente diverso, tuttavia, nel modo in cui riceve tutte le promesse, temporali o spirituali, siano esse provenienti dall’uomo o da Dio. Alcuni sono più incostanti ed emotivi di altri e, quindi, più espansivi sia nelle maniere che nelle parole nel descrivere le medesime esperienze. Inoltre, il rapporto del Signore con i suoi figli varia ovviamente in certa misura. Al grande Capo della Chiesa, nostro Signore Gesù Cristo, quando a trent’anni d’età fece piena consacrazione di tutto se stesso, fino alla morte, per fare la volontà del Padre, e quando fu unto senza misura con lo Spirito Santo, non fu concessa, per quanto ne sappiamo noi, nessun’esperienza esuberante. Tuttavia, senza alcun dubbio aveva piena comprensione del fatto che il suo corso era quello giusto [141] e appropriato; che il Padre l’aveva approvato e che avrebbe avuto la benedizione divina, a prescindere da qualsiasi esperienza cui ciò potesse dar luogo. Nondimeno, invece di essere portato sulla cima della montagna della gioia, nostro Signore fu condotto dallo Spirito nel deserto; e le sue prime esperienze quale Nuova Creatura, generata dallo Spirito, furono quelle di una seria tentazione. Fu permesso all’Avversario di assalirlo e costui cercò di allontanarlo dalla devozione verso la volontà del Padre suggerendogli altri piani ed esperienze per compiere l’opera che era venuto a fare: piani che non lo avrebbero coinvolto in una morte sacrificale. E così crediamo che accada per alcuni seguaci del Signore al momento della loro consacrazione e per un certo tempo dopo di essa. Essi sono assaliti da dubbi e paure, ispirazioni dell’Avversario, contestando la sapienza divina o l’amore divino riguardo alla necessità del nostro sacrificio delle cose terrene. Non giudichiamoci a vicenda su tali questioni, ma se uno riesce a gioire in un’estasi di sentimento, che tutti gli altri i quali hanno fatto la consacrazione in modo simile gioiscano con lui nella sua esperienza. Se un altro, avendo fatto la consacrazione, si ritrova nella prova e dolorosamente tormentato, che gli altri siano comprensivi verso di lui e che si rallegrino, anche, nella realizzazione di quanto sia simile la sua esperienza a quella del nostro Leader.

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*Vedere Vol. V, Cap. ix.
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Quei cari uomini di Dio, John e Charles Wesley, sicuramente erano essi stessi consacrati; eppure le loro concezioni dei risultati della consacrazione non hanno fatto solo del bene ad alcuni, ma, in certa misura, hanno recato danno ad altri, creando un’aspettativa non fondata sulle Scritture che non ha potuto realizzarsi per tutti e, perciò, attraverso lo scoraggiamento ha fatto loro del male. È stato un grande sbaglio da parte loro supporre ed insegnare che la consacrazione al Signore desse luogo in tutti i casi allo stesso grado d’esperienza esuberante. Coloro che sono nati da genitori cristiani e sono stati allevati con l’influenza sacra di una casa cristiana, istruiti su tutte le faccende della vita in sintonia con la fede dei loro genitori e l’istruzione della Parola di Dio e che, in queste circostanze, hanno sempre cercato di conoscere e di fare la volontà divina, non dovrebbero aspettarsi, dopo aver raggiunto anni di saggezza e dopo aver fatto una consacrazione di se stessi individualmente al Signore, di sperimentare la stessa gioia [142] sovrabbondante che potrebbe essere sperimentata da un altro che fino a quel momento è stato uno scialacquatore, un estraneo e uno straniero per le cose sante.

La conversione di questi ultimi significherebbe un cambiamento radicale e il ridirigere verso Dio di tutte le correnti e le forze della vita che prima scorrevano in senso contrario allontanandosi da Dio nella direzione del peccato e dell’egoismo; ma i primi, i cui sentimenti, la cui riverenza e devozione sin dalla primissima infanzia sono stati diretti adeguatamente verso il Signore e la sua giustizia da genitori devoti non hanno potuto sentire tale cambiamento o rivoluzione di sentimenti e non dovrebbero aspettarsi niente del genere. Costoro dovrebbero rendersi conto che, come figli di genitori credenti, sono stati sotto il favore divino fino all’ora della loro responsabilità personale e che la loro accettazione in quel momento ha significato un’adesione completa alla loro fedeltà passata nei confronti di Dio e una piena consacrazione di tutti i loro talenti, poteri e influenze per il Signore, la sua verità e il suo popolo. Costoro dovrebbero rendersi conto che la loro consacrazione è stata soltanto il loro "culto spirituale"; e dovrebbero essere istruiti dalla Parola sul fatto che, avendo presentato in tal modo la loro umanità già giustificata a Dio, ora possono appropriarsi in grado maggiore di prima delle promesse eccezionalmente grandi e preziose delle Scritture, che appartengono soltanto ai consacrati e ai loro figli. Se, oltre a questo, è poi concesso loro di riuscire a vedere a fondo nel piano divino, o perfino nel suo inizio, essi dovrebbero ritenere ciò un’evidenza del favore divino nei loro confronti in connessione con l’eminente vocazione di quest’età del Vangelo e dovrebbero rallegrarsene.

L’espressione dell’Apostolo: "Camminiamo mediante la fede e non mediante ciò che vediamo" si può applicare a tutta la Chiesa di quest’età del Vangelo. Il desiderio del Signore è sviluppare la nostra fede nel senso che dovremmo avere fiducia in lui laddove non riusciamo ad intravederlo. Con la speranza che ciò avvenga, lascia parzialmente oscure molte cose, per quanto concerne la vista o il giudizio umano, affinché la fede si sviluppi in un modo e fino ad un grado che sarebbe impossibile raggiungere se fossero concessi ai nostri sensi terreni segni e prodigi. Gli occhi della nostra comprensione devono essere aperti verso Dio mediante le promesse della sua Parola, mediante un [143] discernimento e una comprensione della verità, per portarci la gioia della fede nelle cose che ancora non si vedono e che non sono naturalmente riconosciute da noi.

Anche questo aprire gli occhi della nostra comprensione è un fatto graduale, come spiega l’Apostolo. Egli prega per chi sono già nella Chiesa di Dio, che sono chiamati "santi" o consacrati, perché i loro occhi si aprano, perché possano comprendere sempre più insieme a tutti i santi (come nessun altro può capire) la lunghezza, il respiro, l’altezza e la profondità della conoscenza e dell’amore di Dio. Questo pensiero, che le benedizioni spirituali della Nuova Creatura, che fanno seguito alla sua consacrazione, non sono tangibili ai suoi sensi terreni, ma semplicemente alla sua fede, è illustrato nelle figure del Tabernacolo: il velo esterno del primo "Santo" che nasconde il suo contenuto, tipico di verità più profonde, perfino ai Leviti (tipi dei giustificati). Questo contenuto può essere conosciuto, o apprezzato, solo da coloro che sono entrati dentro il Santo, che sono membri del Sacerdozio Reale.*

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L’esuberanza di sentimento che viene ad alcuni a causa del temperamento, non è raro che sia perso da costoro per la medesima ragione; ma l’esperienza, la benedizione e la gioia che essi possono avere per l’eternità se continuano a dimorare nel Signore, cercando di camminare nelle sue orme, sono le gioie della fede che le nuvole e gli affanni terreni non possono attenuare e che è volontà divina che non si oscurino mai per quanto riguarda questioni spirituali, se non, forse, per un momento, come nel caso di nostro Signore quando gridò sulla croce: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato!". Com’è stato necessario che il nostro Maestro, nel prendere il posto di Adamo condannato, provasse tutte le esperienze di Adamo quale peccatore, così deve passare per queste esperienze anche se solo per un momento. E chi dirà che non possa essere permesso un tale momento di tenebra perfino ai più degni dei seguaci dell’Agnello? Tuttavia, tali esperienze non saranno sicuramente permesse per molto tempo e l’anima che ha avuto fiducia nel Signore nel momento tenebroso sarà ripagata abbondantemente [144] per l’esercizio della fede e per la fiducia una volta passata la nuvola e quando il sole della presenza del Signore avrà brillato nuovamente.

Nelle righe del poeta è suggerita una causa diversa di notevoli tenebre:

"Oh! Che nessuna nube nata dalla terra s’innalzi
a nasconderti dagli occhi del tuo servo!"

Le nubi che si frappongono tra i figli di Dio completamente consacrati e il loro Padre Celeste e il loro Fratello più grande generalmente sono nate dalla terra, il risultato dell’aver lasciato che gli affetti gravitino verso le cose terrene invece di riporli nelle cose celesti; il risultato dell’aver trascurato il voto della consacrazione; l’aver trascurato di consumare ed essere consumato al servizio del Signore; di dare le nostre vite per i fratelli o di fare del bene a tutti gli uomini man mano che ne abbiamo l’opportunità. In tali momenti, quando i nostri occhi sono attratti in direzione lontana dal Signore e dalla sua guida, velocemente si cominciano ad addensare le nubi e in breve tempo il sole della comunione, della fede, della fiducia e della speranza si oscura notevolmente. Questo è un periodo di alterazione per l’anima, di tensione. Il Signore permette tale afflizione in modo benigno, ma non ci taglia fuori dal suo favore. Il fatto che nasconda il suo volto da noi non è altro che per permetterci di accorgerci quanto sarebbe sola e insoddisfacente la nostra condizione se non fosse per il sole della sua presenza, che illumina il nostro cammino e fa sembrare leggeri tutti i pesi della vita; come il poeta ha espresso nuovamente questo punto:

"Contento di guardare il suo volto,
Tutto me stesso abbandonato al suo piacere,
Nessun cambiamento di stagione o di luogo
Può cambiare nulla nella mia mente;
Mentre benedetto con il senso del suo amore,
Un palazzo sembrerebbe un giocattolo;
E le prigioni si rivelerebbero palazzi,
Se Gesù rimanesse ad abitarci con me."

 

"Colui che sana tutte le tue infermità"

"Benedici, o anima mia, il Signore e non dimenticare alcuno dei suoi benefici; egli è quello che ti perdona tutte le tue iniquità; che sana tutte le tue infermità;che redime la tua vita dalla distruzione; che ti corona di benignità e di compassioni; che sazia di beni la tua bocca; così da farti ringiovanire come l’aquila." Sal. 103:2-5

[145] Mentre il Signore permette che tali infermità vengano alle Nuove Creature come abbiamo appena detto, rimane pronto a sanarle quando esse raggiungono l’atteggiamento giusto del cuore. Per tali malattie dell’anima (tali esilità della Nuova Creatura) ci si deve avvicinare al trono della grazia celeste affinché la vita e vitalità spirituali e la salute possano ritornare alla luce del favore divino. L’esortazione dell’Apostolo è che noi "ci accostiamo con piena fiducia [con coraggio, con confidenza] al trono della grazia affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento del bisogno". (Ebr. 4:16) Tutte le Nuove Creature hanno esperienze del genere; e quelle che sono formate in modo giusto da tali esperienze crescono sempre più forti nel Signore e nella forza della sua potenza, al punto che persino l’inciampare e le debolezze (il bisogno che hanno di invocare aiuto e afferrare con fede il braccio del Signore) sono per loro mezzi di benedizione spirituale mediante i quali esse crescono in una maniera in cui non potrebbero farlo se fossero prive di prove e difficoltà e se il Signore non ritirasse il suo volto splendente dai loro cuori quando diventano fredde o sopraffatte o noncuranti dei loro privilegi spirituali. Ogni volta che la Nuova Creatura vede necessario cercare misericordia e aiuto, egli ha un ulteriore richiamo alla memoria sulla necessità dell’opera espiatrice del Redentore, acquistando coscienza del fatto che il sacrificio di Cristo non è stato soltanto sufficiente per l’espiazione dei peccati passati (per il peccato di Adamo e per le nostre imperfezioni personali fino al momento in cui siamo giunti al Padre mediante il merito del Figlio) ma che, oltre a questi, la sua giustizia mediante il suo unico sacrificio per tutti, copre tutte le nostre imperfezioni mentali, morali e fisiche, che non sono nostre perché le abbiamo desiderate o volute. Così la Nuova Creatura durante tutta la sua dimora temporanea nella via stretta ha un ricordo costante del fatto che egli è stato acquistato per un prezzo, addirittura con il sangue prezioso di Cristo; e le sue esperienze, anche nei fallimenti, lo attraggono sempre più vicino al Signore in apprezzamento sia della sua opera passata di Redentore che della sua opera presente d’Aiutante e Liberatore.

Molte Creature Nuove, tuttavia, non hanno imparato come affrontare queste malattie o infermità e sono propense piuttosto a dire a se stesse: "Sono caduto di nuovo. Non posso accostarmi al trono della grazia celeste finché non abbia dimostrato al Signore [146] le mie buone intenzioni guadagnando una vittoria." In tal modo rimandano ciò che dovrebbe essere proprio il loro primo passo da compiere. Cercando in se stessi la forza per raggiungere la vittoria e con le loro menti esauste per via della debolezza sperimentata in precedenza, non si trovano in nessuna condizione giusta per "combattere una buona battaglia per la fede" sia con la loro stessa carne che con l’Avversario e la sconfitta è quasi sicura; e con ciò si arriverà pian piano a cessare di fare appello al Signore e a sottomettersi sempre più alle nubi che giungono ad oscurar loro il sole del favore divino. E arriveranno pian piano a pensare, come nel loro caso, che queste nubi siano inevitabili.

Si dovrebbe seguire esattamente il cammino opposto: appena si riconosce lo sbaglio in parole, azioni o fatti e appena si è riparato per quanto possibile il danno fatto ad un altro, si dovrebbe subito cercare il trono della grazie: cercarlo con fede, senza dubitare di nulla. Non dobbiamo pensare che il Signore desideri trovare occasioni per mettersi contro di noi e che sia propenso a giudicarci severamente; ma, d’altra parte, dobbiamo ricordarci che la sua bontà e misericordia sono tali da averlo spinto a provvedere alla nostra redenzione mentre noi eravamo ancora peccatori. Sicuramente, dopo essere diventati i suoi figli ed essere stati generati dallo spirito, e perché stiamo cercando di camminare nelle sue vie, per quanto possano essere esitanti i nostri migliori sforzi, seguendo lo spirito e non la carne, in tali circostanze il suo amore deve abbondare nei nostri confronti ancora di più di quando eravamo "figliuoli d’ira come gli altri". Dobbiamo ricordarci che come un buon padre terreno compatisce i suoi figli, così il Signore compatisce coloro che lo rispettano profondamente. Dobbiamo considerare i nostri amici terreni migliori, la loro simpatia, il loro amore e la loro compassione e dobbiamo trarne un’analogia; dobbiamo considerare che Dio sarebbe molto più gentile e fedele della migliore delle sue creature. Egli invita ad avere questa fede, questa fiducia, ed egli la ricompensa. Tutti quelli che hanno avuto abbastanza fede da andare dal Signore all’inizio, hanno anche abbastanza fede da andare da lui giorno per giorno con le loro prove, difficoltà e difetti, se vogliono. Se sopportano che le nubi si frappongano e rifiutano l’invito della Parola ad avvicinarsi al trono della grazia in cerca di pace e d’armonia ristabilita, saranno alla fine considerati indegni di occupare un posto tra la [147] classe speciale che il Signore si sta scegliendo: "Tali sono gli adoratori che il Padre richiede", coloro che lo amano e hanno fiducia in lui. "Senza fede è impossibile piacergli." "Questa è la vittoria che ha vinto il mondo, proprio la nostra fede." Giov. 4:23; Ebr. 11:6; I Giov. 5:4

Logicamente, ci sono difficoltà sul cammino, ma il Signore provvede agli aiuti e ai consigli necessari, sia nella sua Parola che in quei fratelli che egli "colloca" nel corpo proprio con questo scopo. (I Cor. 12:18) È un aiuto, ad esempio, vedere proprio dove giace l’errore del percorso cui abbiamo accennato, vedere che rimandando la nostra visita al trono della grazia per ottenere misericordia, finché non portiamo qualcosa in mano per giustificarci, è mostrare che non apprezziamo completamente la grande lezione che Dio ci è andato insegnando per secoli; vale a dire che siamo tutti imperfetti e che non riusciamo a fare le cose che vorremmo; pertanto è stato necessario che il Redentore venisse a sollevarci. Chi va in giro a giustificarsi cerca di fare l’impossibile e prima impara questa cosa, meglio è. Giorno per giorno dovremmo rendere conto al Signore del nostro operato; e se la difficoltà è notevole o solo leggera e se il cuore del consacrato è molto tenero e abituato alla comunione e fraternità continua con il Signore, troverà una benedizione nel ritirarsi subito presso il trono della grazia appena sorge la difficoltà, senza aspettare neppure la fine del giorno. Certamente, però, nulla dovrebbe essere portato oltre la notte, dal momento che il trono della grazia è a nostra disposizione in ogni momento; tralasciare di farlo sarebbe mostrare una disposizione contraria a quella che ci inculca la Parola del Signore.

La difficoltà che alcuni sperimentano è che, dopo essersi recati al trono della grazia, essi non si rendono conto della benedizione che stanno cercando: il perdono dei peccati e la riconciliazione con il Padre. La loro difficoltà potrebbe essere una di queste tre: (1) A loro può mancare la fede, e poiché il modo di agire del Signore nel tempo presente è secondo la fede, non si può ottenere nulla senza la fede. "Sarà fatto per voi secondo la vostra fede." (2) La loro difficoltà può consistere nel fatto che essi non hanno disfatto il male che hanno compiuto e che stanno confessando; che non hanno fatto [148] ammenda per il danno arrecato ad un altro; o che, se la trasgressione è stata fatta contro il Signore, stanno cercando la pace senza fare una confessione a lui e senza chiedere il suo perdono. (3) In non pochi casi di questo genere che abbiamo osservato, la difficoltà è stata che i supplicanti non avevano mai fatto una vera consacrazione al Signore; stavano cercando la pace e la gioia divina e il sole del favore, stavano cercando le benedizioni rappresentate nella luce del Candeliere d’Oro e nei Pani della Proposizione del Tabernacolo mentre essi erano ancora in realtà al di fuori dei limiti di queste cose, oltre i limiti della consacrazione, al di fuori dei limiti, pertanto, del Sacerdozio Regale, semplicemente Leviti che fino a quel punto avevano ricevuto invano la grazia speciale o il privilegio speciale del tempo presente.

Il rimedio adeguato per la mancanza di fede sarà coltivarla mediante lo studio della Parola di Dio, riflettendo sulla sua bontà passata e presente, e sforzarsi di rendersi conto che egli è benigno, "abbondantemente eccezionale" più di quanto avremmo potuto chiedere o pensare. Il rimedio per la seconda difficoltà sarà presentare le proprie scuse immediatamente, completamente, interamente e, per quanto è possibile, smontare ciò che si è fatto di male oppure risarcire i danni e in seguito ritornare al trono della grazia con piena fiducia nella fede. Il rimedio per la terza difficoltà sarà fare la consacrazione completa richiesta dal Signore a tutti quelli che godranno dei privilegi e delle disposizioni speciali di quest’età del Vangelo.

Bisogna considerare un’altra classe di consacrati, ma spiritualmente infermi. Costoro, apparentemente giustificati mediante la fede e sinceri nella loro consacrazione, sembra che facciano poco progresso o che non lo facciano affatto nel controllare la carne. In verità, in alcuni casi, sembrerebbe che la loro fede nella bontà e nella misericordia di Dio, togliendo di mezzo i freni del timore, li abbia lasciati soggetti alla tentazione mediante la debolezza della carne più di quanto non fossero all’inizio, quando avevano meno conoscenza del Signore. Costoro hanno esperienze che sono molto logoranti, non solo per loro stessi, ma per l’intera famiglia della fede con la quale vengono in contatto, le loro vite sembrano una successione di fallimenti e di pentimenti, alcuni di questi [149] riguardanti inconseguenze finanziarie, altri reati morali e sociali.

Qual è il rimedio per questo stato di cose? Rispondiamo che dovrebbero essere portati chiaramente a conoscenza del fatto che la Nuova Creazione non sarà formata da coloro che pattuiscono semplicemente abnegazioni e sacrifici di se stessi nelle cose terrene e il cammino non secondo la carne ma secondo lo Spirito; ma da coloro che, a causa della loro fedeltà nell’impresa volontaria di mantenere questo Patto, saranno considerati vincitori da colui che legge i cuori. Si dovrebbe insegnar loro che il metodo giusto per tutti i consacrati di procedere è che, resi liberi dal Figlio, dovrebbero essere così apprensivi nel raggiungere tutte le benedizioni inerenti al favore divino, che di loro spontanea volontà si vincolano come schiavi, imponendo su se stessi certe restrizioni, limitazioni, sottomissione, per quanto riguarda le loro parole, la loro condotta, i loro pensieri, desiderando seriamente dal Signore nella preghiera l’aiuto che egli ha promesso loro, espresso nelle parole dell’Apostolo: "La mia grazia ti è sufficiente; la mia forza è resa perfetta nella debolezza." Ogni volta che si ritrovano ad aver commesso una trasgressione, non dovrebbero fare soltanto ammenda per quei danni, ma dovrebbero anche fare una confessione al Signore e, mediante la fede, ottenere il suo perdono. Dovrebbero promettere maggiore diligenza per il futuro e dovrebbero aumentare le limitazioni delle libertà che si prendono rispetto alla debolezza accertata dal loro fallimento più recente.

In tal modo stando in guardia, pregando, disponendo la guardia alle azioni e alle parole della vita e mettendo "ogni pensiero in prigione" per portarlo alla volontà di Dio in Cristo (II Cor. 10:5), non passerà sicuramente molto tempo prima che essi rassicurino se stessi e i fratelli anche riguardo alla sincerità dei loro cuori e prima che possano camminare nella vita in modo così circospetto che tutti potranno discernere non solo che costoro sono stati con Gesù, ma che hanno anche appreso da lui ed hanno cercato e usato la sua assistenza nel guadagnare vittorie sulle loro debolezze. I casi di tali fratelli e sorelle rientrerebbero nella categoria definita dall’Apostolo "cammino disordinato", che non segue l’esempio del Signore e degli apostoli. In un altro capitolo vedremo la direttiva del [150] Signore riguardo al modo in cui dovrebbero essere trattati dai fratelli coloro che sono deboli nella carne e che recano disonore e discredito alla causa del Signore.

Qui osserviamo, tuttavia, che purché diano prova di essersi pentiti per aver camminato per la strada sbagliata e di desiderare sinceramente di intraprendere quella giusta e purché diano prova di fede e fiducia incessante nel Signore, devono essere reputati come fratelli, per quanto possa essere necessario limitare la fraternità con loro finché non abbiano dato dimostrazione esterna, tangibile del potere della grazia nei loro cuori nel contenimento delle loro debolezze carnali. Nondimeno, devono essere ancora incoraggiati a credere che il Signore è molto misericordioso verso chi ripone fiducia in lui e che sinceramente desidera le sue vie, sebbene non possano essere incoraggiati ad aspettarsi di essere mai considerati degni di appartenere alla classe vincitrice a meno che non diventino così seri nel loro zelo per la giustizia che la loro carne mostri qualche evidenza notevole della sua sottomissione alla Nuova Mente.

Noi abbiamo visto alcune persone del popolo consacrato del Signore in condizioni d’esilità e di mal nutrizione, desiderosi seriamente di una pienezza di fraternità con lui, ma senza l’istruzione necessaria per sapere come si dovrebbe raggiungerla e mantenerla. Vero, avevano la Bibbia; ma la loro attenzione è stata deviata da essa e hanno imparato a guardare di più ai maestri e ai catechismi, ecc., correndo dietro alle tradizioni di uomini e non dietro alla Mente o allo Spirito di Dio, e pertanto è venuto a mancar loro il giusto nutrimento spirituale. Il risultato è stato che non si sono sentiti soddisfatti del formalismo, ma non sapevano come fare ad avvicinarsi al Signore con tutto il cuore, perché non erano a conoscenza della sua bontà e delle ricchezze della sua grazia in Gesù Cristo e, tra breve, del piano grandioso di salvezza per il mondo né della chiamata della Chiesa alla Nuova Natura. Questa condizione di mal nutrizione necessita, prima di tutto, del puro "latte sincero della Parola" e in seguito della "carne forte" della rivelazione divina. Non si devono disdegnare questi cari, né non curarsene anche se, essendosi resi conto del vuoto [151] che esiste in genere nel persistere nella devozione alla Chiesa piuttosto che alla Cristianità stessa, sono stati propensi a cercare qualcos’altro per soddisfare la loro fame interiore, qualcosa dei divertimenti del mondo, ecc. Abbiamo conosciuto alcuni di questa classe che si sono sistemati in una vita apparentemente indifferente alle cose spirituali dopo aver tentato invano in varie direzioni di trovare qualche soddisfazione per l’anima; ma ricevendo la "Verità Presente" sono fioriti nelle grazie spirituali e nella conoscenza in un modo straordinario. Noi crediamo che ce ne sono molti di più nelle varie denominazioni e che sia il privilegio di coloro che hanno ricevuto la luce della Verità Presente di dar loro una mano che li aiuti a venir fuori dalle tenebre e ad entrare nella luce meravigliosa; fuori dalla fame spirituale e ad entrare nella sovrabbondanza della grazia e della verità. Ma per essere usati dal Signore per benedire costoro, è necessario che sia la sapienza che la grazia dall’alto vengano cercate nella Parola e che queste siano messe in atto con mitezza, fedeltà e persistenza.

La giustificazione provvisoria precede la santificazione

Abbiamo osservato che la giustificazione provvisoria non è solo un assenso mentale al fatto che Cristo sia morto come Redentore dell’uomo e che certe benedizioni di riconciliazione a Dio siano state assicurate per la razza, ma che, inoltre, diventare un credente giustificato comporta una certa misura di consacrazione. Questa giustificazione implica un riconoscimento che il peccato è estremamente peccaminoso (Rom. 7:13) e un desiderio di cessare di compierlo, d’essere libero dal suo potere come pure libero dalle sue pene, un desiderio, pertanto, d’essere giusti in armonia con il giusto Creatore e in accordo con tutte le leggi della giustizia. Questo comporta, per di più, che il credente abbia rivolto la sua mente, la sua volontà nel seguire la giustizia in tutte le faccende della sua vita. La fede in Gesù, accompagnata da tale consacrazione, dà la giustificazione provvisoria, ma non implica il sacrificio. Dio ha diritto di chiedere che tutte le sue creature approvino la giustizia e odino l’iniquità, altrimenti che si considerino estranei a lui, suoi nemici. Ma Dio non chiede che sacrifichiamo le nostre vite al suo servizio, [152] né per alcun’altra causa. Il sacrificio, perciò, è espresso nelle Scritture come un atto volontario, non chiesto dalla legge, anche se è, come dichiara l’Apostolo, un "culto spirituale" e ci esorta: "Vi esorto, dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettabile a Dio, il vostro culto spirituale." Rom. 12:1

Per alcuni, una consacrazione al sacrificio può far seguito molto presto dopo che si sono raggiunti la fede nel Signore e il desiderio di camminare nelle sue vie di rettitudine; ma essa deve far seguito, non può precedere, perché, come abbiamo già visto, dobbiamo essere giustificati almeno provvisoriamente mediante la fede prima di poter intrattenere qualsiasi rapporto con Dio o godere in alcun senso della fraternità con lui. Per altri, questa condizione di giustificati è raggiunta e seguita qualche tempo, prima che sia persino contemplato qualsiasi pensiero di una consacrazione completa, o di sacrificio degli interessi terreni per il Signore e la sua causa. Ma, date le condizioni presenti, coloro che cominciano a camminare per il sentiero della giustificazione, per il sentiero della rettitudine, per il sentiero dell’armonia con Dio, non andranno molto lontano per questo sentiero, prima di incontrare opposizione, o dall’interno, o dal mondo o dall’Avversario.

Essi trovano il sentiero della rettitudine come un sentiero in salita graduale, che diventa sempre più ripido, più difficile. Continuare lungo questo sentiero di rettitudine, in mezzo alle condizioni peccaminose presenti, costerà alla fine il sacrificio degli interessi terreni, delle ambizioni terrene, delle amicizie terrene, ecc. Qui si raggiunge il bivio: uno, il sentiero che va in salita e porta alla gloria, all’onore all’immortalità, può essere imboccato solo passando per una porta bassa d’umiltà, abnegazione e sacrificio di se stessi. Una volta imboccata, si scoprirà che è una strada accidentata, nella quale, tuttavia, gli spiriti invisibili addetti al servizio assistono i pellegrini; e in questa strada le promesse benigne di Cristo, il Leader, brillano qua e là per il loro incoraggiamento, assicurando la grazia sufficiente e l’assistenza fino alla fine del viaggio; e la perseveranza mostrerà come tutte le cose concorrono al bene più alto, all’appartenenza finale alla Nuova Creazione e alla partecipazione all’opera gloriosa del Regno Millenaristico. A [153] quest’entrata, che significa consacrazione completa fino al sacrificio, molti credenti giustificati provvisoriamente rimangono per un bel po’ a calcolare il costo prima di entrare, ascoltando la voce dell’invito da parte della Parola e rinforzando i loro cuori per intraprendere il viaggio con le sue buone promesse.

A parte questa entrata ci sono numerose vie secondarie, per le quali molti di coloro che sono arrivati fin lì hanno tentato un percorso più facile verso la gloria, l’onore, l’immortalità, ma tutto invano. Ci sono centinaia di queste vie secondarie, alcune che si arrampicano un po’ e comportano un certo grado di sacrificio di se stessi; altre non ardue e discendenti sempre più verso le benedizioni e le prospettive del mondo. In nessuna di queste vie, tuttavia, si trovano le promesse ispiratrici che appartengono soltanto alla porta bassa del sacrificio, alla "via stretta" della fraternità con il loro Signore nella rinuncia alle ambizioni terrene per raggiungere l’intima associazione con Gesù Cristo nella gloria che verrà in seguito.

La gioia e la pace vengono dal momento di fede nel Signore, dell’accettazione della sua espiazione e del proposito di seguire la rettitudine e sfuggire il peccato. Questa gioia e questa pace sono complete finché non si arriva alla porta bassa che porta alla via stretta; ma allorché la ricerca della giustizia comporta abnegazione e sacrificio di se stessi e questo sacrificio non è fatto e non si entra per la porta bassa, la gioia e la pace del favore divino si attenuano. Tuttavia queste non saranno sottratte del tutto per un po’ di tempo, mentre il credente sincero cerca altri modi di servire la giustizia, dato che ancora la ama e che ancora tiene in gran conto il favore divino, ma visto che si tira indietro e li rifiuta col tralasciare di entrarvi. La pienezza della gioia e della pace non possono spettare a tali individui, poiché durante tutto il tempo si rendono conto che una piena consacrazione di tutti i loro poteri al Signore non sarebbe altro se non un "culto spirituale", un riconoscimento della ragione e un contraccambiare i favori divini già ricevuti nel perdono dei peccati.

Molti continuano per lunghi anni in quest’atteggiamento, mentre altri vagano per le vie del mondo. Nessuno diventa nemmeno candidato alla Nuova Creazione se non [154] entra per la porta bassa del sacrificio di se stessi. Il Signore per un periodo considerevole non li taglia fuori dei privilegi speciali concessi loro semplicemente con lo scopo di condurli alla porta bassa; nondimeno, nel tralasciare di entrarvi essi virtualmente confessano di aver "ricevuto invano la grazia di Dio [il perdono dei peccati e l’essere stati condotti fino a questa porta]"; perché, essendo giunti a questa condizione, rifiutano o tralasciano di avvalersi dell’“unica speranza della nostra vocazione”. Il Signore può giustamente dire a costoro: " Io vi sottraggo subito tutti i privilegi speciali d’ogni tipo. Non siete stati più degni del mio favore che il resto del mondo e avrete gli stessi privilegi e le stesse opportunità che intendo estendere a tutta l’umanità durante l’età Millenaristica; ma non più privilegi speciali, compassioni, cure, attenzioni, ecc. da parte mia nella vita presente, né preferenze nella vita a venire, in ogni modo egli non fa ciò immediatamente ed ha una gran pazienza con molti.

Le eccezionali promesse grandi e preziose della Parola del Signore, come quelle, ad esempio, che ci assicurano che "tutte le cose concorrono al bene per coloro che amano Dio", riguarderanno soltanto coloro che sono stati favoriti da Dio e sono stati portati alla porta bassa del sacrificio di se stessi e con gioia sono entrati attraverso di essa, poiché solo costoro amano Dio in grado supremo, più di se stessi. "Tutto appartiene a loro, poiché essi sono di Cristo e Cristo è di Dio." Sono entrati nella scuola di Cristo e tutte le istruzioni, tutti gli incoraggiamenti e tutte le discipline della vita saranno revocati di conseguenza, per la loro preparazione finale per il regno. Ma tali lezioni, istruzioni e benedizioni non sono per coloro che si rifiutano di entrare nella scuola, che si rifiutano di sottomettere la loro volontà a quella del grande Maestro.

A rigor di termini, quelli che ricevono la grazia di Dio invano non hanno nessun fondamento per avvicinarsi al Signore neppure nella preghiera, poiché per quale ragione uno dovrebbe aspettarsi cure e privilegi speciali presso il Signore mentre tralascia di contraccambiare adeguatamente le benedizioni già ricevute? Dovrebbe pensare che, poiché ha già ricevuto una benedizione dal Signore che gli ha portato sapienza e [155] giustificazione provvisoria, il Signore dovrebbe essere costretto ad elargirgli più doni celesti? Non dovrebbe pensare piuttosto che, avendo ricevuto queste benedizioni del Signore in misura più abbondante del favore generale conferito finora alla razza redenta, ha già ricevuto più di quanto gli spetta? Che smettendo di seguitare in armonia con la volontà del Signore egli dovrebbe piuttosto aspettarsi che altri doni del cielo e favori dovrebbero andare al di là di lui, a chi non è stato finora molto avvantaggiato e che, perciò, non disdegneranno nello stesso modo l’offerta misericordiosa del Signore? Ma il Signore è molto pietoso ed ha una grande misericordia e, quindi, ci possiamo aspettare che finché qualcuno rimane nell’atteggiamento di fede il Signore non lo respingerà completamente.

Quale sarebbe il rimedio per coloro che si ritrovano in quest’atteggiamento e desiderano essere completamente del Signore e richiedere in pieno tutti i suoi favori? Rispondiamo che la loro linea di condotta dovrebbe essere la completa consacrazione di loro stessi al Signore, cedendogli le loro volontà riguardo a tutte le cose: i loro scopi, le speranze, le prospettive, i mezzi e persino i loro amori terreni dovrebbero essere tutti ceduti al Signore; e in cambio essi dovrebbero accettare, quale norma del loro essere e regola della condotta futura, la guida della sua Parola, del suo Spirito e degli Atti d’intervento divino; rassicurati che questi daranno buoni risultati per loro, non solo più gloriosi rispetto alla vita a venire, ma anche benedizioni del cuore più grandi nella vita presente.

Come lo faranno? Rispondiamo che dovrebbe essere fatto con tutto il cuore, con riverenza, in preghiera; il contratto si dovrebbe stipulare in maniera ben definita con il Signore e, se possibile, ad alta voce; e si dovrebbero chiedere la grazia divina, la misericordia e la benedizione, perché per portare a compimento questo sacrificio è indispensabile avere assistenza.

E cosa si dovrebbe fare se qualcuno si "sente secondo Dio", ma non si sente completamente pronto a fare questo totale abbandono alla sua volontà? Rispondiamo che dovrebbero rivolgersi al Signore in preghiera riguardo a questo e chiedere la sua benedizione sullo studio della Verità, così che sia dato loro di poter rendersi conto sempre di più, dapprima, della ragionevolezza del suo culto; in secondo luogo, della [156] sicurezza del risultato buono della benedizione; e, in terzo luogo, della sua fedeltà nel mantenere tutte le promesse misericordiose d’aiuto e di vigore fatte alla classe di chi fanno il sacrificio di se stessi. Dovrebbero chiedere anche che il Signore dia loro la capacità di giudicare e di stimare rettamente le cose terrene, di dar loro la capacità di rendersi conto e, se necessario, di sperimentare, quanto sono transitorie e insoddisfacenti tutte le cose connesse con l’egoismo di questo tempo presente e quelle cose che la mente umana desidera intensamente, affinché possano riuscire in tal modo a fare una consacrazione e ad apprezzare il privilegio di porre i loro affetti nelle cose che sono in alto, e non quelle in basso, e di sacrificare queste ultime per le prime.

Qui sorge un altro punto: in vista del fatto che la "somma vocazione" è chiusa e che, pertanto, chi si consacra non potrebbe essere pienamente sicuro di avere un’opportunità di raggiungere il premio della nuova natura e della sua gloria, del suo onore e della sua immortalità, che differenza farebbe ciò con riferimento alla consacrazione? Rispondiamo che non dovrebbe fare nessuna differenza, la consacrazione è l’unica linea di condotta ragionevole, giusta per il popolo di Dio in tutti i casi: la piena consacrazione sarà richiesta a coloro che vorranno vivere e godere le benedizioni dell’età Millenaristica, niente di meno. Per quanto riguarda le opportunità e le ricompense da accumulare: abbiamo già indicato che, secondo quanto capiamo, molti saranno ancora ammessi ai privilegi della "somma vocazione", a prendere il posto di alcuni che si erano già consacrati ma che non "correranno fino a raggiungere" il premio e, pertanto, saranno esclusi dalla gara. Ma nessuno, ne possiamo star certi, sarà ammesso a quei privilegi a meno che non sia entrato prima per questa porta bassa della consacrazione e del sacrificio.

Probabilmente è stato vero per tutti quelli che sono entrati per la porta bassa il fatto di non aver visto chiaramente e di non aver capito completamente le benedizioni grandi e ricche che Dio ha in serbo per la sua fedele Nuova Creazione; essi hanno visto semplicemente, dapprima, il culto spirituale e, poi, hanno appreso di più su quanto concerne la lunghezza, l’ampiezza, l’altezza e la profondità della bontà di Dio e i loro privilegi legati alla somma vocazione. Così con chi entrano ora: essi non possono [157] apprezzare pienamente le cose celesti, spirituali finché non raggiungano il punto di prestare il loro culto razionale in una completa consacrazione. E possiamo stare sicuri che chiunque fa una consacrazione ed effettua un sacrificio completo di se stesso nell’interesse della causa del Signore una volta che la classe celeste è completa, scoprirà che il Signore ha molte benedizioni di qualche altro tipo ancora da elargire; e che tutte le sue benedizioni sono per tali consacratori, sacrificatori di se stessi. Probabilmente essi possono essere annoverati con gli antichi dignitari che avevano la disposizione al sacrificio che è gradita a Dio, prima dell’inizio della "somma vocazione".

Visioni erronee della santificazione

Considerando la confusione generale di pensiero prevalente tra i Cristiani riguardo al piano divino, alla giustificazione e alla santificazione richiesta dalle Scritture, non c’è da meravigliarsi che regni notevole confusione. Una visione erronea, sostenuta, tuttavia, da una porzione relativamente piccola del popolo del Signore, ma sostenuta da costoro a gran danno per loro stessi, è la pretesa di effettiva santità e perfezione, rappresentata a volte nell’affermazione dei suoi sostenitori per cui essi "non hanno peccato per anni", ecc. Costoro trovano i loro paralleli nei Farisei dei tempi di nostro Signore, i quali si "fidavano di se stessi pensando d’essere giusti e disprezzavano gli altri" e i quali, sentendo quest’ipocrisia, non si curavano dei privilegi e dei doni del cielo predisposti per loro dal Signore nella sua opera redentiva.

Questo cosiddetto "Popolo della Santità" e "Popolo senza Peccato", nondimeno, a causa di questo errore ha la sua mente rivolta in notevole grado lontano dalla fede nel Signore, dalla fede nella sua opera redentrice, dalla fiducia nel merito del suo sacrificio, ecc.; poiché per quale ragione dovrebbero contare sul suo merito o sulla sua grazia se sono in grado di vivere e vivono perfettamente secondo la legge? Una difficoltà che porta alla loro posizione è la mancanza di riverenza per il Signore e un’altra è un apprezzamento troppo alto di se stessi. Una riverenza adeguata per il Signore vedrebbe la [158] sua grandezza, la sua maestà e, come suo standard di santità, la perfezione del suo carattere; e una giusta valutazione di se stessi li convincerebbe rapidamente (come convince altri) che sono ben lungi dallo standard divino in parole, opere e pensieri.

Un’altra classe del cosiddetto "Popolo della Santità" non va così lontano a questo riguardo fino al punto di pretendere di essere senza peccato, ma, riconoscendo l’imperfezione, pretende di avere la santità, la santificazione al completo, ecc. sulla base che cerca di evitare il peccato, di vivere senza peccato, ecc. Come già mostrato, siamo tutti d’accordo nel pensare che tutti i veri consacrati debbano cercare di evitare il peccato nella misura in cui sono capaci. L’errore di chi stiamo criticando è che essi considerano che questo evitare il peccato sia il solo obiettivo e il solo scopo della loro consacrazione. Hanno frainteso per intero la questione: nessuna creatura di Dio ha mai avuto il diritto di peccare; e, quindi, astenersi dal peccato, da ciò che non aveva diritto di fare, non si potrebbe chiamare, né considerare in alcun senso vero della parola un "sacrificio". La Parola di Dio non ci richiama in nessuna parte a sacrificare i peccati. Questi cari amici sono arrivati soltanto fino al punto in cui dovrebbero arrivare tutti quelli che sono giustificati; e non sono entrati ancora per la porta bassa del sacrificio di se stessi, che vuol dire rinunciare a quelle cose che sono giuste, lecite e proprie, l’abbandono volontario di esse per poter servire meglio il Signore e la sua causa.

Cristo fatto redenzione per noi

La parola redenzione qui è usata nel senso di liberazione, di salvezza, come l’esito dell’opera redentiva, il risultato di un riscatto o di un prezzo corrispondente pagato. Il concetto contenuto nella parola ci porta fino in fondo alla piena conclusione della vittoria della Chiesa, alla condizione di nascita completa della Nuova Creazione (sebbene nel nostro testo si possa applicare benissimo anche ai momenti di liberazione intermedi e fortuiti del fedele lungo il percorso della via stretta) che culmina nella salvezza "fino al colmo" della gloria, dell’onore e dell’immortalità della Prima Risurrezione. [159]

L’Apostolo ci assicura che il sacrificio di nostro Signore ha ottenuto per noi la "redenzione eterna", ha completato una liberazione perpetua dalla schiavitù del peccato e dalla sua pena: la morte. (Ebr. 7:25; 9:12) Vero, questa redenzione è per tutto il mondo, e nostro Signore alla fine assicurerà per tutti quelli che giungeranno all’armonia con i requisiti divini e una redenzione perpetua sia dal peccato che dalla sua pena, la morte. Ma, come abbiamo già visto,* questa liberazione perpetua, che nella prossima età si potrà applicare a tutto il mondo, portando tutti ad una conoscenza della verità e sotto il dominio del Regno di Dio, nel tempo presente si può applicare soltanto alla famiglia nella fede e, di questa, in modo completo, soltanto a chi ora cammina con spirito di sacrificio di se stessi nelle orme del Sommo Sacerdote quali membri del "Sacerdozio Regale". La loro "redenzione eterna" dal peccato e dalla morte sarà quali membri della Nuova Creazione, incoronati di gloria, onore, immortalità.

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* Ombre del tabernacolo dei sacrifici migliori, p. 90.
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Esaminiamo qualche altro testo in cui la stessa parola Apolutrosis (liberazione, salvezza) è resa con redenzione. Nostro Signore, orientandoci in avanti verso la salvezza che ci sarebbe stata portata allora attraverso la Prima Risurrezione, dice ad alcuni che vivono alla fine dell’età, che discernono certi segni dei tempi: "Levate il capo perché la vostra redenzione è vicina." (Luca 21:28) L’Apostolo parlando della stessa classe di Nuove Creature, le esorta, dicendo: "Non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete state suggellati per il giorno della redenzione." (Efes. 4:30) In questi testi, inoltre, non ci si riferisce all’opera della redenzione compiuta nel sacrificio di nostro Signore, ma ai risultati di quelle opere man mano che si verificheranno nel perfezionamento della Chiesa, che è il suo corpo, nella Prima Risurrezione. Nella stessa epistola (1:7) l’Apostolo dichiara: "Abbiamo la redenzione mediante il suo sangue." Egli si riferisce qui evidentemente alle benedizioni di cui godiamo nel tempo presente attraverso i meriti del sacrificio di nostro Signore, che coprono le nostre imperfezioni e ci procurano una misura [160] Questo concetto è ulteriormente chiarito dallo stesso scrittore, che ci assicura (Rom. 3:24) che la grazia di Dio ci ha giustificato liberamente (e continua a mantenere la nostra giustificazione mentre dimoriamo in Cristo) "mediante la redenzione che è in Gesù Cristo" e che raggiungerà il suo completamento, per quanto ci concerne, quando saremo fatti uguali a lui e lo vedremo com’è e avremo parte nella sua gloria il giorno della redenzione (liberazione). Nella stessa epistola (8:23) l’Apostolo parla ancora del completamento della nostra redenzione o liberazione e di come dobbiamo aspettarla fino al momento designato da Dio. Dopo aver richiamato la nostra attenzione sul fatto che "Tutta la creazione geme ed è in travaglio insieme... in attesa della manifestazione dei figli di Dio [la Nuova Creazione glorificata]", egli aggiunge: "non solo essi, ma anche noi stessi [chiamati e generati alla Nuova Creazione] che abbiamo le primizie dello Spirito, anche noi stessi gemiamo dentro di noi medesimi, aspettando l’adozione, vale a dire, la redenzione [liberazione] del nostro corpo", il corpo di Cristo, la Chiesa, di cui Gesù è il Capo e noi le membra potenziali. Questa sarà la fine dell’opera redentrice per quanto riguarda noi; poiché sebbene nel frattempo condividiamo molte benedizioni e molti vantaggi mediante la redenzione, non raggiungeremo la nostra redenzione per completo fino a quel momento. Rom. 8:20-23

Per quanto riguarda la nostra condizione presente, partecipare alla redenzione che è già nostra, nostro Signore dichiara, "Chi crede in me ha la vita eterna" (Giov. 6:47) e l’apostolo dice anche, "Chi ha il Figlio, ha la vita."(I Giov. 5:12) Non dobbiamo comprendere ciò credendo che sia semplicemente un assenso mentale ad alcuni fatti connessi con il piano divino di salvezza, ma una fede nel sacrificio d’espiazione e nella condotta d’accordo con la sua opposizione al peccato: una fede viva che si manifesta nell’obbedienza del cuore. Allo stesso modo non dobbiamo comprendere che il significato sia che i credenti hanno la vita eterna nel pieno senso della parola, nel senso che alla fine sarà loro, mediante una partecipazione alla Prima Risurrezione. Dobbiamo piuttosto capire che i credenti consacrati sono generati alla novità di vita, hanno la nuova vita iniziata dentro di loro, nel senso che le loro volontà sono accettate da Dio come inizi di quelle Nuove Creature che essi saranno nella Prima Risurrezione.

Dobbiamo intendere queste affermazioni in piena armonia con la dichiarazione dell’Apostolo secondo cui "noi siamo salvati mediante la speranza", mediante la fede, messi in conto come salvati, non completamente salvati. Quindi dobbiamo aspettare con pazienza il completamento dell’opera buona che Dio ha cominciato in noi, aspettare "la grazia [salvezza] che vi sarà portata alla rivelazione di Cristo Gesù", "quando verrà per essere glorificato nei suoi santi". II Tess. 1:10; I Piet. 1:13

La redenzione (liberazione) che è in Gesù Cristo, quella di cui godiamo ora, come pure quella che tra breve sarà completata in noi, è identificata dovunque nella Scrittura con il sacrificio che nostro Signore ha fatto a nostro favore. Mentre la sua morte ha costituito il prezzo della nostra pena, la sua risurrezione è stata essenziale; poiché un Salvatore morto non potrebbe assistere il redento a ritornare a ciò che è stato perduto. E le stesse esperienze di nostro Signore in connessione con il sacrificio, siamo assicurati, lo qualificano ancora di più per la grand’opera di liberazione, acquistata con il suo sangue, della creazione che sta gemendo. L’Apostolo dichiara: "Poiché egli stesso ha sofferto l’essere tentato, è capace di soccorrere coloro che sono tentati", capace di liberare costoro dalle tentazioni che altrimenti potrebbero sopraffarli. "Egli non sopporterà che noi veniamo tentati al di sopra delle nostre capacità, ma predisporrà, a fianco della tentazione, una via d’uscita." Egli sopporterà che inciampiamo, ma fintanto che riponiamo la nostra fiducia in lui egli non sopporterà che siamo totalmente umiliati, che cadiamo nella Seconda Morte. Ebr. 2:18; I Cor. 10:13

Permettendoci di inciampare può essere il suo mezzo, a volte, per insegnarci preziose lezioni con riguardo alle nostre stesse debolezze e al nostro bisogno di guardare [162] a lui come nostro Pastore ed anche come nostro Redentore e di sentire le nostre stesse debolezze, affinché possiamo con ciò diventare forti nel Signore e nella forza della sua potenza. Egli è offerto davanti a noi come nostro Sommo Sacerdote, capace di essere toccato da compassione per le nostre infermità, mentre possiede pieno potere di soccorrerci nell’ora della tentazione. Si parla di lui in modo specifico come chi ha "compassione dell’ignorante e di coloro che sono fuori strada" e come chi è capace di salvare "al massimo" coloro che si avvicinano al Padre mediante il suo appoggio e che coloro che continuano a dimorare in lui con fede viva, che comporta obbedienza fino al limite della propria capacità. Così dobbiamo rigioire nel nostro Redentore come un Salvatore presente, un Liberatore, come pure tra breve il Liberatore dalla tomba, mediante una risurrezione, il Capo di nostra fede. Ebr. 2:17, 18; 4:15, 16; 5:2; 7:25, 26

"O tu Dio della nostra salvezza,
Nostro Redentore di tutti i nostri peccati
Tu ci hai chiamato ad una posizione
Che non potremmo mai conquistare col merito.
Oh! Noi ti lodiamo,
Mentre cerchiamo di entrarvi.

"Nelle orme di nostro Signore,
ogni giorno cerchiamo di camminare;
E lo sfavore del mondo contrario
Non farà altro che mandarci dalla nostra Roccia.
Come rinfrescano le sue acque
Il tuo gregge affaticato!

"Noi, con lui, porteremo il messaggio
Della grazia del nostro Padre Celeste;
Mostra come ha redento dalla schiavitù
Tutta la nostra razza rovinata e perduta.
Oh! Che misericordia
Risplende sul suo volto tutto glorioso!"

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