Studi
Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
4
LA NUOVA CREAZIONE PREDESTINATA
VISIONE GENERALE DELL'ELEZIONE—IL PENSIERO
CORRETTO—NESSUN DANNO AI NON ELETTI—DISTINZIONE TRA "ELETTI"
E "ELETTISSIMI"—C'È UN PECCATO CHE PORTA ALLA MORTE—"UNA
COSA SPAVENTOSA CADERE NELLE MANI DEL DIO VIVENTE"—LA GRANDE
COMPAGNIA—LE LORO VESTI LAVATE E IMBIANCATE NEL SANGUE DELL'AGNELLO—LA
VITE ELETTA E I SUOI TRALCI—VARIE ELEZIONI NEL PASSATO—NESSUNA DI
QUESTE È STATA ETERNA—I TIPI GIACOBBE ED ESAÙ—"HO AMATO
GIACOBBE"—"HO ODIATO ESAÙ"—FARAONE—"PER QUESTO
SCOPO TI HO LASCIATO SUSSISTERE"—DIO NON FORZA MAI LA VOLONTÀ—FARAONE
NON FA ECCEZIONE A QUESTA REGOLA—"DIO INDURÌ IL CUORE DI FARAONE"—LA
NAZIONE DI ISRAELE ELETTA—"ALLORA, CHE VANTAGGIO HANNO I GIUDEI?
MOLTO IN TUTTI I SENSI"—L' ELETTA "NUOVA CREAZIONE"—SIGNIFICATO
DI "GRAZIA"—ILLUSTRAZIONE DELLA "TRUPPA PERSONALE DEL
RE"—PREDESTINATI "AD ESSERE CONFORMI ALL'IMMAGINE DI SUO
FIGLIO"—"CHIAMATI SECONDO IL SUO PROPONIMENTO"—QUALIFICAZIONI
E CARATTERISTICHE DEI "CHIAMATI"—"SE DIO È PER NOI"—PARAFRASI
DELL'ARGOMENTAZIONE DELL'APOSTOLO—RENDERE SICURE LA NOSTRA VOCAZIONE ED
ELEZIONE—IL PERCORSO DELLA GARA DI CORSA—"CONTINUO A PROSEGUIRE
VERSO LA META"—"CONOSCENDO LA VOSTRA ELEZIONE DI DIO".
LA
dottrina dell'elezione, come intesa generalmente, è una dottrina molto
ripugnante, piena di parzialità e iniquità; ma ciò è il risultato di
un'errata interpretazione della Parola divina su quest’argomento. Si
deve ammettere da parte di tutti che l'elezione presentata nelle Scritture
e che tenteremo di esporre, è una delle dottrine più importanti della
Bibbia: non solo fondata sulla grazia ma anche sulla giustizia, sull'equità
e completamente imparziale. La visione erronea dell'elezione, in sintesi,
è quella secondo cui Dio, avendo condannato l'intera razza dell'umanità
alla tortura eterna, ha scelto di salvare solo un "piccolo gregge"
della nostra razza, lasciando che l'enorme resto degli uomini precipiti
negli orrori indicibili ai quali li ha predestinati la preveggenza divina
prima della loro creazione. La Confessione di Westminster, che è la
dichiarazione di questa falsa visione [164] elaborata con più abilità
fra quelle ancora esistenti, afferma in modo specifico che non si deve
considerare questo "piccolo gregge eletto" come salvato per
essere stato degno in qualche modo di questo merito, ma come salvato
semplicemente e unicamente per volontà sovrana di Dio.
Il
pensiero corretto riguardo all'elezione, la visione che mostreremo essere
quella sostenuta ovunque dalla Bibbia, è il contrario di ciò, vale a
dire che la morte (e non la vita
eterna nel tormento) è stata la pena inflitta alla nostra razza ed ha
toccato ciascun membro di essa attraverso la disobbedienza di un uomo;
vale a dire che la grazia di Dio, manifestata nella redenzione che è in
Gesù Cristo, ha redento il mondo intero attraverso il suo sacrificio, che
è stato la "propiziazione [soddisfazione] per i nostri [della Chiesa]
peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche
per i peccati di tutto il mondo." (I Giov. 2:2) Dio ha deciso che
il suo Figlio unigenito dovesse avere il privilegio di redimere la razza a
costo della sua stessa vita, e che per ricompensa dovesse essere esaltato
sublimemente fino alla natura divina* ed infine "dovesse benedire
tutte le famiglie della terra" risvegliandole dal sonno della morte,
portandole ad una conoscenza della verità, aiutando i volonterosi e gli
obbedienti fino alla completa perfezione della vita umana e fino a
benedizioni e a condizioni ancor più grandi di quelle dell'Eden.
Dio ha
scelto anche di avere un numero di "santi" sotto il suo
Unigenito quali co-eredi con lui nella gloria, nell'onore e
nell'immortalità della Nuova Creazione e nell'opera di benedizione
dell'umanità con la restaurazione umana. Questa età del Vangelo non si
è verificata per queste benedizioni e per questa restaurazione del mondo,
ma semplicemente per chiamare in azione, prendendolo dal mondo, un piccolo
gregge per costituire gli "elettissimi" di Dio che dovranno
sottostare alle prove e agli esami riguardo alla fede, all'amore e
all'obbedienza e così "rendere sicura la loro vocazione ed elezione".
(II Piet. 1:10) Ma la vocazione e l'elezione di questo "piccolo
gregge" in questa maniera
non provoca nessuna sofferenza, nessun danno ai non eletti, che non sono
in alcun senso condannati ulteriormente per il fatto di non essere stati
chiamati, per il fatto di non essere stati scelti. Allo stesso modo, la
massa delle persone di questo paese non è danneggiata o [165] Le
Scritture abbondano di riferimenti agli "eletti" e agli "elettissimi".
Quest'ultima espressione implica che la parola "eletti" si possa
concepire applicata a tutti quelli che raggiungono una certa condizione
nel rapporto con Dio nella quale trovano speranza, o probabilità,
d’immortalità, essendo membri della Chiesa glorificata, sebbene abbiano
anche la possibilità di tirarsi indietro e quindi cessare di essere della
classe degli eletti. In altre parole, tutti quelli della classe dei
consacrati accettando la somma vocazione di Dio alla Nuova Creazione sono
contati come gli eletti quando i
loro nomi sono registrati nel libro della vita dell'Agnello e quando è
messa da parte per loro una corona, ma giacché l'infedeltà può portare
alla cancellazione di questi nomi e all'assegnazione delle loro corone ad
altri (Apoc. 3:5, 11), in questo caso cesserebbero di essere della Chiesa
eletta. Gli "elettissimi", invece, sarebbero coloro che
raggiungeranno alla fine le benedizioni alle quali Dio ha chiamato i
fedeli in quest’età del Vangelo, quelli che "rendono sicura la
loro vocazione ed elezione" con la fedeltà ai termini e alle
condizioni ad esse inerenti, anche fino alla morte.
__________
*Vol.
V, Cap. v.
__________
Nelle
Scritture sono portate alla nostra attenzione due classi che non riescono
a rendere sicure la loro chiamata ed elezione. Una di queste classi (ma
abbiamo ragione di credere che non sia una classe numerosa) non solo
perderà le ricompense degli eletti, ma per di più perderà la sua stessa
vita nella Seconda Morte. Costoro sono descritti dall'Apostolo Giovanni
che, parlando della classe della Chiesa, dice: "C'è un peccato che
non porta alla morte [e] c'è un peccato che porta alla morte; non è per
quello che dico di pregare." (I Giov. 5:16) Sarà inutile pregare o
sperare per chi commettono il peccato che [166] porta alla morte. Quel
peccato è descritto nelle Scritture come un peccato contro lo Spirito
Santo di Dio, non come un peccato compiuto involontariamente o
inconsapevolmente, ma come il risultato della persistenza in ciò che
all'inizio, almeno, era stato riconosciuto chiaramente sbagliato ma che, a
causa dell'ostinatezza nella quale si è persistito, è diventato in
seguito un grande inganno: il Signore consegnò gli ostinati all'errore
che essi preferirono alla verità. II Tess. 2:10-12
Gli
Apostoli Pietro e Giuda accennano a questa classe in quasi gli stessi
termini. (Vedere Giuda 11-16; II Piet. 2:10-22.) Tutti costoro una volta
occupavano dei posti fra gli eletti nella Chiesa. (Nessuno di loro è del
mondo, il quale in questo momento non è sotto la prova e il giudizio, ma
tra breve subirà la prova sotto il Regno Millenaristico.) Costoro anziché
camminare secondo lo Spirito nelle orme del Signore, nella via del
sacrificio, "stanno camminando secondo le loro concupiscenze [i loro
desideri]; la loro bocca proferisce cose oltremodo gonfie e circondano
d'ammirazione le persone per motivi interessati": fanno le cose per
far piacere agli altri a motivo del loro egoismo, sono lontani dal loro
patto di consacrazione fatto fino alla morte. (Giuda 16) La descrizione di
Pietro di questa classe è ancor più esplicita. Egli dichiara che erano
come quelli che "erano fuggiti dalle contaminazioni del mondo
mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo e si sono
lasciati di nuovo avviluppare in quelle e vincere", come "il
cane che è tornato al suo vomito e alla scrofa lavata che torna a
voltolarsi nel fango". Paragona costoro a Balaam poiché smarriscono
le vie della rettitudine per guadagni terreni. Le sue parole implicano che
questa classe si troverà soprattutto fra i maestri della Chiesa,
principalmente alla fine di questa età, e che parte delle loro azioni
malvagie sarà "dir male delle dignità", di coloro che Dio ha
onorato ed ha "posto" nel corpo. II Piet. 2:1, 10
Nell'Epistola
agli Ebrei, abbiamo due descrizioni di questa classe che si tira indietro,
che cessa di essere degli eletti. Nella prima (6:4-9) l'Apostolo sembra
indicare alcuni che, dopo aver gustato il dono celeste e i poteri dell'età
che sta per venire, dopo essere stati fatti partecipi dello Spirito Santo
e dopo essere stati accettati come membri [167]
della
classe degli eletti, si tirano indietro fino a cadere nel peccato, non per
debolezze inevitabili della carne e seduzioni dell'Avversario, ma
volontariamente, abbandonando consapevolmente la rettitudine. Sarà
impossibile rinnovare costoro, ci assicura l'Apostolo, fino al pentimento.
Avendo avuto la loro porzione dei benefici accumulati dal gran sacrificio
di riscatto ed avendo scelto di disdegnare il favore di Dio, costoro hanno
utilizzato e usato male la loro porzione dell'espiazione e, quindi, non vi
rimane più nulla per loro; avendo preso la loro posizione deliberatamente,
gli appelli alla rettitudine non avranno più, di conseguenza, alcun
effetto su di loro.
In un
altro capitolo (10:26, 27, 31) l'Apostolo descrive apparentemente un'altra
classe che anziché tirarsi indietro fino a cadere in un modo di vivere
peccaminoso, disonorevole, si tirano indietro dalla fede che li ha giustificati e che è essenziale perché possano
mantenere un rapporto giustificato con Dio. In entrambi i casi si noterà
che è l'intenzionalità che
costituisce la gravità dell'errore: "Se pecchiamo volontariamente
dopo aver ricevuto una conoscenza della verità [dopo essere stati
favoriti da Dio in Cristo per sapienza, giustificazione e santificazione]
non resta più alcun sacrificio per i peccati." Il sacrificio che
Cristo ha offerto a nome di tutti è stato per il peccato originale, il
peccato di Adamo e le sue debolezze ereditarie in noi, figli di Adamo.
Nostro Signore non ha dato nessun prezzo per il riscatto di peccati
commessi volontariamente da noi e, quindi, se pecchiamo volontariamente
non c'è nessuna porzione rimanente del merito originario da poter
applicare per conto delle nostre trasgressioni volontarie. Dovremmo essere
costretti a pagare la pena dei nostri peccati volontari. E se i peccati
sono stati commessi con piena deliberazione o intenzionalità, senza
alcuna debolezza o tentazione che potrebbero controbilanciare, e se sono
stati commessi con chiara conoscenza della nostra posizione e del nostro
rapporto con Dio, sarà un peccato che porterà alla morte, la Seconda
Morte, e non ci sarà nulla da aspettare con ansia, pieni di speranza, ma
semplicemente un'attesa timorosa del giudizio, della sentenza e
dell'indignazione di fuoco che divorerà tutti gli avversari di Dio, tutti
quelli che si sono opposti consapevolmente a lui e alla sua giustizia, al
suo piano per rendere sicura quella giustizia attraverso la redenzione che
è [168] in Gesù Cristo nostro Signore.
Nel
versetto 29, l'Apostolo sembra implicare che qui si riferisca a coloro che,
dopo aver avuto una comprensione dell'opera espiatrice di Cristo quale
nostro Redentore, hanno considerato quell'opera insignificante, stimando
una cosa comune (od ordinaria) il suo sangue prezioso con il quale rende
sicuro il Nuovo Patto e trattano così con disprezzo lo Spirito della
grazia, la grazia di Dio che ha predisposto quest’espiazione e questa
fraternità con il nostro Redentore nel suo sacrificio e nella sua
ricompensa. Coloro che hanno disdegnato Mosè e la Legge che egli trasmise
sono morti senza pietà, sebbene la pena di morte non fosse intesa per
loro come una pena eterna; ma coloro che disdegnano l'antitipico Mosè e
che pertanto disdegnano il privilegio della comunione nel sangue di Cristo
disdegnano pure Dio che ha predisposto ciò a loro favore e saranno
giudicati come persone che meritano una pena ben più severa che
quell’inflitta a coloro che hanno violato l'Antico Patto. Sarà severa
nel senso che sarà una pena di morte, per la quale non ci sarà nessuna
redenzione, nessuna risurrezione, nessuna riabilitazione: la Seconda
Morte. Non c'è da meravigliarsi se l'Apostolo ci mette in guardia,
riguardo a ciò, dicendoci di stare attenti a rifiutare le predisposizioni
della grazia divina: egli ci assicura che andare a finire fuori della cura
protettrice del nostro Avvocato che Dio ha designato, Gesù, vorrebbe dire
cadere niente di meno che nelle mani del Padre, il grande Giudice che non
concederà attenuanti al peccato, non accetterà nessuna scusa, la cui
predisposizione abbondante, ma unica, verso la pietà nei confronti dei
peccatori è attraverso la redenzione, attraverso Gesù Cristo nostro
Signore.
La Grande Compagnia
Come
lascia intendere, a parte coloro che, cadendo dalla posizione di eletti,
vanno a finire nella Seconda Morte, c'è ancora un'altra classe che ci
viene presentata come persone che falliscono nel tentativo di rendere
sicure la loro vocazione ed elezione, ma che non andranno a finire nella
Seconda Morte perché non hanno peccato deliberatamente compiendo azioni
immorali grossolane o negando il merito del sangue prezioso. Abbiamo già
fatto riferimento a questa classe chiamandola la "Grande Compagnia"
che sorgerà dalla grande tribolazione e laverà le sue vesti e le renderà
[169] bianche nel sangue dell'Agnello; ma mentre acquistano una natura
spirituale e una grande benedizione e partecipazione al Banchetto Nuziale
dell'Agnello come invitati, nondimeno essi perderanno il gran premio che
andrà soltanto agli elettissimi, a coloro che con successo avranno
riportato la vittoria, coloro che seguiranno le orme di Gesù con gioia e
di tutto cuore. (Apoc. 7) Questa Grande Compagnia fallisce nel tentativo
di mantenere il suo posto fra gli eletti, fallisce nel tentativo di essere
degli "elettissimi" per via del loro scarso zelo per il Signore,
per la Verità e per i fratelli, giacché sono parzialmente "sopraffatti
dalle preoccupazioni di questa vita". Nondimeno, dato che i loro
cuori sono leali nei confronti del Redentore, visto che mantengono la fede
nel sangue prezioso, che si mantengono fedeli ad essa e non la negano, per
questa ragione il Signore Gesù, nostro Avvocato, il Capitano della nostra
Salvezza, che conduce gli elettissimi alla gloria attraverso le tappe del
sacrificio volontario, li condurrà ad una benedizione spirituale, alla
perfezione su un piano inferiore dell'esistenza spirituale poiché hanno
avuto fiducia in lui e non hanno negato il suo nome o la sua opera.
Nostro
Signore si riferisce alla Chiesa eletta, la Nuova Creazione, nella
parabola della Vite, quando ci dice che egli è la Vite e che i suoi
fedeli seguaci consacrati che camminano nelle sue orme sono i tralci. Egli
ci assicura che essere tralci non significa immunità dalle prove e dalle
difficoltà, ma che invece il Padre, il grande Vignaiuolo, farà sì che
dovremo affrontare prove di fede, di pazienza e di devozione, così che
queste possano potarci in modo tale che i nostri affetti si appiglieranno
di meno alle cose, alle speranze e alle ambizioni terrene. Lo scopo di
tali potature sarà quello di portare frutti dello Spirito più abbondanti
(dolcezza, pazienza, mansuetudine, longanimità, benevolenza fraterna,
amore) e che queste cose potranno essere in noi ed abbondare sempre di più
a tal punto che possa essere provveduta un'entrata così abbondante nel
Regno eterno del nostro Signore e Salvatore Cristo Gesù per noi, quali
membri della Nuova Creazione. II Piet. 1:11
Tuttavia
ci preavvisa che il raggiungimento di un posto fra i veri tralci nella
vera Vite non è sufficiente: che lo Spirito della Vite deve essere dentro
di noi, che la disposizione di portare il frutto della Vite deve essere
nei nostri cuori, che il Vignaiuolo [170] ci permetterà di continuare ad
essere tralci per un tempo ragionevole, per poter vedere se diamo o meno
evidenza di portare i giusti frutti prima di condannarci come non adatti;
che non cercherà i grappoli maturi sul nuovo tralcio e neppure gli acini
verdi. Cercherà prima, piuttosto, i piccoli segnali della gemma
fruttifera e, in seguito, del suo sbocciare nel fiore dell'uva; più tardi
cercherà il frutto verde e ancora più in là la sua gustosa maturità.
Il Vignaiuolo ha una grande pazienza nello sviluppo di questo frutto della
Vite "piantato dalla mano destra di mio Padre" (Sal. 80:15); ma
se dopo un tempo ragionevole non vi trova nessun frutto, egli recide quel
tralcio perché è un "succhiatore" che non fa altro che
assorbire la forza e il nutrimento della Vite per il suo proprio
ampliamento piuttosto che per la propagazione del frutto desiderato. In
tal modo nostro Signore indica chiaramente che dobbiamo rendere sicure la
nostra vocazione ed elezione portando frutto fino alla santità, il cui
fine, o la cui ricompensa, è la vita eterna.
Varie elezioni nel passato
Notiamo
alcune altre elezioni che sono sottoposte alla nostra attenzione nelle
Scritture, così che le nostre menti possano allargarsi ed espandersi su
quest’argomento prima di considerare la fase particolare di esso sulla
quale si concentra principalmente il nostro interesse: quella della Nuova
Creazione. Dobbiamo distinguere chiaramente tra elezioni che precedono la
prima venuta di nostro Signore e l'elezione della Nuova Creazione sotto di
lui quale nostro Capo, Capitano, Guida, ecc. Di quest'ultima classe si
dice: "Voi siete tutti chiamati ad un'unica
speranza: quella della vostra vocazione". Le elezioni, però, del
periodo precedente sono avvenute per vari scopi e per il compimento di
vari disegni di Dio. Abramo fu eletto per essere un tipo di Geova e sua
moglie Sara per essere un tipo di Patto di Abramo attraverso il quale
sarebbe venuto il Messia. La servitrice Agar fu eletta per essere un tipo
dell'Antico Patto e suo figlio Ismaele un tipo degli Israeliti naturali
che, anche se fatto sorgere per primo, non sarebbe dovuto essere coerede
con Isacco, il figlio promesso. Isacco fu eletto per essere un tipo di
Cristo e sua [171] moglie, Rebecca, un tipo della Chiesa, la Sposa, la
moglie dell'Agnello; mentre il servitore di Abramo, Eliezer, fu eletto per
essere un tipo dello Spirito santo, la cui missione sarebbe dovuta essere
di invitare la Chiesa, assisterla e alla fine portare lei e le vergini,
sue compagne, ad Isacco.
Queste
elezioni non toccarono né si applicarono in alcun senso alla vita eterna
di nessuno di questi individui; ma nella misura in cui questi tipi
d’eletti sono stati usati dal Signore, probabilmente hanno ricevuto in
compenso qualche benedizione nella vita presente; e nella misura in cui
sono entrati nello spirito del piano divino è stato loro permesso di
avere conforto e gioia, che li ha ricompensati d’ogni sacrificio e di
tutte le prove derivate dalla loro elezione e dal loro servizio in qualità
di tipi. Riflettendo proprio su quest’argomento dell'elezione e tentando
di mostrare che non è stata compiuta nessuna ingiustizia verso Israele
nella carne per il fatto che Dio si è rivolto ai Gentili per scegliere
fra loro chi completasse la Nuova Creazione eletta, l'Apostolo mette in
evidenza il fatto che l'Onnipotente ha dei favori da dispensare e che è
un affare puramente suo a chi li distribuisce. Egli mostra che Dio ha dato
ad Israele nella carne, o naturale, certi favori e certi privilegi come
nazione e ad alcuni dei suoi progenitori ha dato privilegi e favori come
individui, impiegandoli come tipi; e che, corrispondentemente, essi hanno
ricevuto una benedizione; ma che il Signore non era in nessun senso della
parola obbligato a continuare le sue benedizioni preferenziali verso
costoro e ad ignorare altri non meno degni. Al contrario, mostra che è
assolutamente giusto per il Signore smettere di elargire i suoi favori a
coloro che non li usano e darli ad altri. Romani, Capitoli 9; 10; 11.
Per di
più, l'Apostolo vorrebbe che notassimo che il Signore conosceva in
precedenza che esito avrebbero avuto i suoi favori verso Israele naturale;
sapeva in precedenza che dopo aver avuto sue benedizioni essi non
sarebbero stati (con l'eccezione di un piccolo "rimanente" -
Rom. 9:27-32) nella condizione adatta per ricevere la più grande delle
benedizioni che aveva da donare: "il premio della somma vocazione"
a costituire la Nuova Creazione. Illustrando ciò, richiama l'attenzione
sui due figli d’Isacco e mostra che per dare un quadro di ciò che Dio
sapeva in precedenza sulla condizione [172] che sarebbe esistita centinaia
d’anni dopo, Dio fece una selezione arbitraria tra i due figli di
Rebecca: Giacobbe ed Esaù. Di quei gemelli, il Signore fece dei tipi, uno
per rappresentare i suoi fedeli, la Nuova Creazione, e l'altro per
rappresentare Israele naturale, che preferisce le cose di questa vita
presente e vende i propri privilegi celesti per un piatto di zuppa: cose
buone terrene. Nel caso di Giacobbe e di Esaù, l'elezione di Giacobbe
come tipo di chi vince fu certo una benedizione per lui, anche se gli costò
notevolmente; ma l'elezione di Esaù come tipo della classe orientata alla
natura, che preferisce le cose della terra piuttosto che quelle del cielo,
non fu nulla di svantaggioso per lui. Non significò né che sarebbe
andato a finire nel tormento eterno né che avrebbe sofferto come
conseguenza in questa vita attuale. Anzi, fu benedetto proprio come, in
modo mondano, gli uomini naturali hanno oggi delle benedizioni di un tipo
che il Signore benignamente si trattiene dall'elargire alle Nuove Creature
elette in quanto meno favorevoli ai loro interessi spirituali; proprio
come il Signore si trattenne dall'elargire certe benedizioni terrene a
Giacobbe, di modo che nelle sue delusioni, ecc. egli potesse essere un
tipo di questa classe (Giacobbe) che, ciò nonostante, sperimenta gioie e
benedizioni che Esaù non ebbe e non avrebbe potuto apprezzare; proprio
come la Nuova Creazione ora, in mezzo alle prove e alle delusioni del
tempo presente, sperimenta una pace, una gioia e una benedizione che
l'uomo naturale non conosce.
La
dichiarazione: "Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù" (Rom.
9:13) per molti è un "parlare duro" perché la parola odiato sembra comportare un antagonismo che, per quanto può
discernere la mente umana, sarebbe ingiustificato se si considera che Esaù
non fece nulla di peggio di quanto altri uomini hanno fatto e poiché è
un antagonismo che egli si porta dietro dalla nascita, "prima che
compisse il bene o il male". La parola "odiato" ha voluto
dire evidentemente "amare di
meno", come pure in Deut. 21:15-17. Il
concetto è che Giacobbe fu favorito dal Signore ed Esaù fu favorito di
meno; e questi due, come mostra l'Apostolo, sono stati tipi d’Israele
naturale e spirituale. Il favore di Dio nei confronti d’Israele naturale,
rappresentato da Esaù, fu meno di quanto è il suo favore verso Israele
spirituale, nato dopo, rappresentato da Giacobbe. Con questo pensiero
tutto [173] è in armonia e coerenza.
"Per questo ti ho lasciato sussistere"
A prova
della sua tesi secondo cui il Signore ha esercitato sempre autorità,
sovranità, negli affari del mondo, e con piena consapevolezza del suo
diritto di agire così, l'Apostolo cita il caso di Faraone che era re
d'Egitto al tempo della liberazione d’Israele. Egli riporta il
linguaggio del Signore attraverso Mosè (Es. 9:16): "Per questo ti ho
lasciato sussistere: per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome
sia divulgato per tutta la terra." "Così dunque egli fa
misericordia a chi vuole e indurisce il cuore a chi vuole." Rom.
9:17,18
Qualche
tempo fa, il Governo francese ha preso dei prigionieri che erano stati
condannati a morte con procedimento giudiziario e li ha dati in mano a
degli scienziati perché si facessero degli esperimenti su di loro per
scoprire quanta influenza esercita la paura sull'umanità. Uno è stato
messo in una cella e gli è stato detto che la notte precedente, proprio
in quella cella, era morto un prigioniero di vaiolo dalle macchie nere e
che probabilmente lui si sarebbe contagiato della stessa malattia e
sarebbe morto prima della mattina. La predizione si è avverata, sebbene
nessun paziente affetto da vaiolo avesse mai occupato quella cella. Un
altro è stato bendato agli occhi e il braccio gli è stato steso su un
divisorio fatto di latta. Gli è stato detto che sarebbe stato lasciato
morire dissanguato nell'interesse della scienza per scoprire quanto tempo
ci vuole ad indurre la morte per sanguinamento da una piccola ferita in
un'arteria del braccio. Gli è stato fatto un piccolo graffio e ha perso
solo poche gocce di sangue, ma gli era stato preparato tutt'intorno ad un
ambiente per mezzo del quale gli era stata fatta sentire dell'acqua a
temperatura calda come quella del sangue scorrere lungo il braccio e
ascoltarla cadere dalle dita in un recipiente. È morto dopo alcune ore.
Questo trattamento inflitto a cittadini ligi alla legge non sarebbe
tollerato da nessuno; ma nessuno potrebbe obiettare e trovare da ridire su
questo procedimento trattandosi di uomini le cui vite erano ormai perdute
dal punto di vista della legge. E proprio così avviene per quanto
riguarda i rapporti del Signore con la famiglia umana; se l'uomo avesse
continuato ad essere obbediente a Dio, [174] sarebbe rimasto esente dalla
condanna a morte, e in tal modo avrebbe goduto di certi diritti secondo la
legge divina che invece ora non ha. Come razza, tutti siamo stati
colpevoli di aver peccato e siamo stati tutti condannati a morte (Rom.
5:12); il Signore, poi, si è compiaciuto nel mostrare il suo potere e la
sua sapienza verso alcuni di questi colpevoli, chi in un modo, chi in un
altro, come ha preferito. Abbiamo già notato ciò in connessione con gli
Amaleciti, gli Ittiti e i Cananei che sarebbero dovuti essere distrutti
dagli Israeliti, com’era stato comandato a costoro di fare, giacché
Israele simboleggia il fedele del Signore del futuro e i suoi nemici
simboleggiano invece i peccatori che peccano deliberatamente e i nemici
della rettitudine dell'età futura. Abbiamo notato lo stesso principio
illustrato nella distruzione di Sodoma e di Gerico, nelle migliaia
d’Israeliti spazzati via dalle pestilenze, nei castighi inflitti ad Uzza,
che aveva semplicemente steso la mano per sorreggere l'arca, violando così
la santità dell'arca e del comando del Signore.
L'uso
che il Signore fa di Faraone e delle varie piaghe inflitte agli Egiziani,
compresa la morte dei primogeniti degli uomini e degli animali e la
sconfitta finale delle legioni egiziane nel Mar Rosso, va di pari passo
con queste illustrazioni; poiché gli Egiziani, quale parte dell'umanità,
erano carcerati condannati alla pena di morte e, senza la minima
ingiustizia, si è potuto procedere a trattarli di conseguenza, per
diffondere la dignità di Dio e mostrare il suo potere collegato alla
liberazione del suo popolo tipico Israele. D'altra parte, similmente, Dio
ha mostrato abbondante favore verso alcuni di questi detenuti (Abramo, Mosè
e altri) rendendoli tipi delle cose buone che egli ha intenzione di
compiere in modo completo ed effettivo nel futuro prossimo e ciò senza
dispensare, in ogni senso della parola, Abramo, Mosè, Faraone o altri da
quanto spettava loro in quanto a pena di morte, ma lasciando che
quest'opera fosse compiuta dalla redenzione che si trova in Gesù Cristo
nostro Signore.
Dopo
aver visto chiaramente il fatto che Dio ha esercitato autorità sovrana
tra le sue creature detenute e che egli ha scelto che alcune avessero
un'esperienza ed altre un'altra, e che tutte queste cose non sono state
altro che lezioni di chiarificazione sul [175] soggetto, preparatorie,
come l'Apostolo mostra, per la grande elezione della Nuova Creazione
durante quest’età del Vangelo, dobbiamo notare che in nessun caso Dio
ha forzato o violato la volontà umana in
nessuna di queste elezioni. Ciò ci reca soddisfazione poiché
forzare la volontà umana in qualsiasi momento sarebbe contrario al
programma divino. Scegliendo Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè et al., come
tipi e illustrazioni, Dio ha scelto uomini le cui menti erano in armonia
generale con i suoi piani e le sue rivelazioni, ma non c'è stata nessuna
forza esercitata su di loro per frenarli nel caso costoro avessero voluto
diversamente. Così, ugualmente, scegliendo uomini per illustrare il lato
opposto e i princìpi opposti, come Ismaele, Esaù, i Cananei, gli
abitanti di Sodoma, gli Egiziani, il Signore ha usato ancora uomini in
armonia con le loro tendenze naturali. Il fatto su cui vogliamo porre
l’accento è che come Dio non forzò la volontà di Abramo, Isacco,
Giacobbe, Mosè, ecc., non forzò neppure le volontà di quelli che fecero
il male e illustrarono certi principi malvagi. Il Signore si è
semplicemente comportato con classi particolari secondo le inclinazioni di
queste ultime.
Dichiarando
a proposito di Faraone che egli lo fece sussistere proprio per questo
scopo, non dobbiamo pertanto intendere che Dio abbia voluto significare
che fece in modo che Faraone avesse un carattere cattivo, che Dio lo abbia
"fatto sussistere" nel senso di averlo obbligato ad essere un
cattivo soggetto. Dobbiamo intendere che tra i vari eredi al trono
d’Egitto, secondo l'usanza di quel popolo, Dio ha disposto le cose in
modo tale che, mediante la morte di alcuni membri intermedi della famiglia
reale, questo particolare Faraone dovesse ascendere al trono perché
possedeva un carattere così ostinato che la sua lotta contro Dio e
Israele avrebbe giustamente meritato che venissero inflitte delle piaghe,
cosa che Dio aveva preordinato non solo come segno del suo favore verso
Israele e della sua fedeltà alle promesse fatte ad Abramo, Isacco e
Giacobbe, ma anche perché queste piaghe fatte subire ad Egitto erano
intese in parte come prefigurazione, come illustrazione, delle piaghe con
cui quest'età del Vangelo terminerà: le prime tre e "le ultime
sette piaghe". Apoc. 15:1
Ma la
caratteristica particolare di questa figura di Faraone, che per molti è
oscura, [176] si trova nella frase che dice "Dio ha indurito il cuore
di Faraone in tal modo che costui non lasciò andare libero il popolo".
All'inizio ciò sembrerebbe contraddittorio rispetto a quanto abbiamo
appena detto; vale a dire, che Dio non interferisce con la volontà umana.
Noi crediamo, tuttavia, che la differenza possa essere riconciliata se
ricordiamo come il Signore ha indurito il cuore di Faraone, quale procedimento
da parte del Signore abbia avuto come esito il rendere più caparbio
Faraone. È stata la bontà di
Dio ad indurire il cuore di Faraone (la buona volontà di Dio ad ascoltare
la sua preghiera di soccorso e ad accettare la sua promessa di lasciar
andare libero Israele), la misericordia di Dio. Se Dio avesse proceduto
durante la prima piaga o il primo castigo e non si fosse fermato fino a
che Israele non fosse stato lasciato libero di andare, quell'unica piaga
sarebbe stata sufficiente a portare a termine la liberazione; ma quando il
Signore dette sollievo al popolo e alla terra, ponendo fine ad una piaga,
Faraone concluse che era passata e che forse non sarebbe più tornata; e
passo dopo passo la misericordia di Dio lo portò sempre più avanti nella
sua ostilità. Tenendo presente questo quadro, la libertà di Faraone
viene evidenziata completamente e il Signore risulta interamente esente da
ogni cooperazione con il male. "Tutta la sua opera è perfetta"
anche se la bontà di Dio, che dovrebbe portare gli uomini al pentimento,
a volte può esercitare un'influenza opposta su di loro alla presenza di
condizioni attuali imperfette.
La nazione d’Israele eletta
Che Dio
abbia fatto un'elezione d’Israele scegliendolo tra le nazioni del mondo
per essere il suo popolo e per simboleggiare Israele spirituale, sarà
ammesso immediatamente da tutti i Cristiani che hanno familiarità con le
loro Bibbie. La frase tratta dal Profeta Amos (3:2) viene proprio a
proposito: "Voi soli ho conosciuto fra tutte le famiglie della
terra." Per bocca d’Isaia (45:4) il Signore dice a Ciro, il re Medo
che avrebbe permesso il ritorno d’Israele dalla prigionia: "Per
amore di Giacobbe, mio servo, e d'Israele, mio eletto,
io ti ho chiamato per nome." Il fatto che possiamo vedere in
quest’affermazione una certa applicazione tipica a Cristo e alla
liberazione d’Israele [177] spirituale nominale dalla Babilonia mistica,
non interferisce con il fatto che qui ci si riferisce ad Israele tipico
come "eletto". L'Apostolo negli argomenti che adduce in modo
chiaro e convincente sul passaggio del favore divino da Israele naturale
ad Israele spirituale (Rom. 9-11) mostra senza ombra di dubbio che il
favore divino è stato concesso ad Israele naturale per un certo tempo
quale popolo tipicamente eletto di Dio, nonostante il Signore sapesse in
anticipo e avesse preannunciato che sarebbe stato respinto dal posto di
favore speciale e che un altro Israele spirituale, rappresentato da
Giacobbe, vi sarebbe stato fatto subentrare.
L'Apostolo
mostra come Israele, in qualità di nazione favorita o eletta di Dio per
un certo tempo, abbia goduto "molto vantaggio in ogni aspetto",
a motivo di ciò, rispetto alle nazioni circostanti del mondo. Mostra che
agli Israeliti appartenevano le promesse, che essi erano i rami dell'olivo,
e che Dio smise di elargire il suo favore soltanto a quei rami naturali
che non erano in armonia con la radice della promessa e con il ceppo
rappresentato tipicamente da Abramo, Isacco e Giacobbe. Richiama
l'attenzione sul fatto che "Israele non ha ottenuto ciò che cercava;
ma l'elezione [i degni - Giov. 1:12,13] ha ottenuto ciò e il resto è
rimasto accecato." Mentre l'intera nazione fu eletta originariamente
per ricevere i favori più eccellenti di Dio, nonostante ciò, solo i
fedeli sono stati nelle condizioni d'animo adatte per diventare Israeliti
spirituali allorché giunse il momento di questo favore. Tali furono gli
elettissimi di questa nazione, ai quali, alla fine di quell’età, fu
permesso di entrare nell'ordinamento più alto: passare dalla casa dei
servi nella casa dei figli. (Ebr. 3:5, 6; Giov. 1:12) L'Apostolo mette in
evidenza che noi, che per natura eravamo Gentili, "stranieri,
estranei e forestieri" ai patti e alle promesse fatte ad Israele
tipico, ora per grazia di Dio abbiamo sviluppato la fede e l'obbedienza
simili a quelle di Abramo e dobbiamo essere considerati come la sposa
di Cristo, il vero seme di Abramo, che ha preso i posti dei rami tagliati
nel piano originale di Dio e nelle promesse ad esso connesse; ma sebbene
questi rami recisi siano stati trattati come nemici durante quest’età
del Vangelo, nondimeno, "per quanto concerne l'elezione,
essi sono [178] amati per via dei loro padri. Poiché i doni e la
vocazione di Dio sono senza pentimento." Rom. 11:28, 29
Così
veniamo informati che alcune caratteristiche dell'elezione originale
rimangono con Israele naturale, nonostante il fatto che sia stato respinto
come popolo dal favore principale nel piano divino, nonostante il fatto
che sia stato respinto dall'essere l'eletto Israele spirituale. Dato che
le promesse fatte ad Abramo, Isacco, Giacobbe e ai profeti devono
compiersi per essi, ed essi diventeranno i "principi", o
rappresentanti, del Regno spirituale su tutta la terra durante l'età
Millenaristica, senza dubbio ciò funzionerà benissimo a vantaggio di
molti degli Israeliti naturali che sono attualmente in una posizione
d’alienazione e di tenebra. Essi possono giungere e giungeranno
all'armonia con i loro stessi leader del passato più prontamente di
quanto farà il resto del mondo; e così Israele, come popolo, riprenderà
il posto più eminente tra le nazioni all'inizio del Millennio. "Dio
ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per far misericordia a tutti."
Rom. 11:32
L'eletta Nuova Creazione
Ora
stiamo arrivando alla caratteristica più importante del nostro argomento,
in possesso, tuttavia, di una certa conoscenza riguardo alle elezioni del
passato, e di una comprensione per cui capiamo che molte di esse hanno
simboleggiato o prefigurato questa grand’opera di Dio: l'elezione della
Nuova Creazione. Abbiamo già visto che quest’elezione non comporta che
coloro che non sono eletti ricevano danni; ma, anzi, comporta, al tempo
opportuno, la benedizione di coloro che non sono eletti. A questo riguardo,
possiamo aggiungere che né la Giustizia né l'Amore potrebbero avere
delle obiezioni riguardo al fatto che si conceda un favore speciale ad
alcuni e ad altri no, anche se si suppone che chi riceve i favori non
debba essere canale di benedizione per i meno favoriti o per chi non
riceve alcun favore. Questo è il significato della parola grazia o favore:
implica il fare qualcosa che non è richiesto in modo speciale di fare o
che non è chiesto dalla Giustizia e queste parole "grazia" e
"favore" sono ripetutamente usate [179] nelle Scritture con
riguardo a questa classe degli eletti in questa età del Vangelo. "Siete
salvi per la grazia" e simili espressioni scritturistiche imprimono
nella nostra mente che non c'è nessun obbligo da parte dell'Onnipotente
di liberare nessuno della stirpe di Adamo dalla pena di morte, né di dare
a nessuno l'opportunità della vita eterna mediante una redenzione; e
ancor di più, che non c'era nessun obbligo da parte di Dio verso nessuna
sua creatura riguardo alla somma vocazione, riguardo a diventare membri
della Nuova Creazione. È tutto favore divino: "grazia su grazia"
o favore aggiunto a favore e tutti quelli che non colgono questo concetto
chiaramente fissandolo nella loro mente non apprezzeranno mai
adeguatamente quello che sta succedendo ora.
L'Apostolo
Pietro ci assicura che, come classe, noi siamo "eletti secondo la prescienza di Dio Padre". Tuttavia, egli non
si ferma a questa dichiarazione ma procede dicendo: "mediante la
santificazione dello spirito ad ubbidire e ad essere cosparsi del sangue
di Gesù Cristo". (I Piet. 1:2) Ciò significa che Dio conosceva in
anticipo la Nuova Creazione come classe, che sapeva in anticipo la sua
intenzione di giustificarli mediante
la fede, attraverso il sangue di Cristo, che sapeva in anticipo che un
numero sufficiente per completare questa classe sarebbe stato obbediente e
avrebbe raggiunto la santificazione mediante la verità. Niente in nessuna
parte della Scrittura implica una conoscenza in anticipo degli individui che comporranno la classe degli eletti, eccetto riguardo
al Capo della Chiesa. Ci viene detto che Dio conosceva in anticipo Gesù
come il suo eletto. Non dobbiamo pensare di noi stessi che siamo coloro
che limitano l'abilità del Signore di identificare gli individui che
compongono la classe degli eletti, ma che, semplicemente, qualsiasi sia il
suo potere al riguardo, egli non ha dichiarato che intende essere lui ad
esercitare tale potere. Egli ha ordinato che Cristo fosse il Redentore del
mondo e che la sua ricompensa fosse l'esaltazione come primo membro: Testa,
Signore, Capo della Nuova Creazione. Egli ha ordinato, poi, che un certo
numero specifico fosse scelto tra gli uomini per essere suoi coeredi nel
Regno, partecipanti con lui della Nuova Creazione. Abbiamo ogni motivo per
credere che il numero definito, fisso, degli eletti sia quello che è
ripetuto diverse volte nell'Apocalisse (7:4; 14:1), vale a dire, 144.000
"redenti fra gli uomini".
Per
quanto riguarda l'elezione o la preordinazione prima ancora della
fondazione [180] del mondo secondo cui ci sarebbe stata una tale compagnia
selezionata, apprendiamo che essa è avvenuta in modo simile alla
preordinazione di una certa truppa di soldati dell’esercito britannico
noti come "La truppa personale del Re" e composta da uomini di
statura alta e di costituzione speciale, per la quale erano stabiliti in
anticipo i vari particolari di altezza, peso, ecc. e per la quale era
definitivamente fissato il numero di soldati che vi avrebbe fatto parte
prima ancora che i suoi membri attuali fossero nati. Come il decreto reale
ordinava questi requisiti fisici e il numero che avrebbe dovuto costituire
quella truppa, così il decreto reale del Creatore ha fissato e ha
limitato il numero di coloro che dovranno costituire la Nuova Creazione di
Dio ed ha definito non le misure fisiche, ma le misure delle loro qualità
morali e del loro cuore. Come non è stato necessario preordinare i nomi
di coloro che avrebbero dovuto costituire "La truppa personale del
Re", allo stesso modo non è necessario che il nostro Creatore
preordini i nomi o gli individui accettabili a lui quali Nuove Creature in
Cristo, per quanto riguarda le misure e le limitazioni che egli stabilisce.
Questo
è sottoposto in modo particolare alla nostra attenzione in un passo della
Scrittura che generalmente è ricordato e citato solo in parte: "Coloro
che egli ha preconosciuti li ha pure predestinati." Il popolo del
Signore non dovrebbe essere soddisfatto di prendere una porzione della
Parola divina e di separarla dal suo contesto immediato. Quando leggiamo
il resto del passo come sta scritto, la questione è chiara di fronte al
nostro intelletto: "Quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati
ad essere conformi all'immagine del suo Figliuolo [cioè ad essere
copie del suo Figliuolo], ond'egli sia il primogenito fra molti fratelli."
Rom. 8:29
Una
tale predestinazione è in verità differente da quella compresa
generalmente da coloro che si sono battuti in passato per la dottrina
dell'elezione. Secondo la loro concezione e il loro insegnamento, il passo
dovrebbe dire: "Coloro che egli ha preconosciuti, egli li ha pure
predestinati a sfuggire al tormento eterno e a sperimentare le benedizioni
eterne in gloria." Quanto è diversa questa visione da quella
ragionevole e giusta presentata nel linguaggio della Scrittura! Dio ha
predestinato che solo il Suo [181] Unigenito sarebbe stato il Capo di
questa Nuova Creazione ed ha determinato, molto prima che chiamasse
qualcuno di noi, che nessuno sarebbe stato membro della Nuova Creazione se
non quando fossero diventati copie di suo Figlio. Com’è bello, com'è
ragionevole la dottrina scritturistica dell'elezione! Chi potrebbe mettere
in discussione la Sapienza, la Giustizia o l'Amore di tale elezione con
tali limitazioni per quanto concerne il carattere che deve rassomigliare a
quello di Gesù e per quanto riguarda l'opera eminente che Dio ha
progettato: essere coeredi con Cristo nella benedizione di tutte le
famiglie della terra?
"Chiamati secondo il suo proponimento"
—Rom. 8:28-30—
Nel
considerare quest’argomento non possiamo far meglio che seguire
attentamente le parole dell'Apostolo e i suoi ragionamenti logici. Nei
versetti precedenti (22, 23), qual è il proponimento di Dio nel chiamare
la Nuova Creazione: che essi sono chiamati a ricevere una grande
benedizione ed anche ad amministrare una benedizione agli altri; vale a
dire, la creazione che geme, che sta soffrendo insieme il travaglio del
parto, in attesa della manifestazione di questi eletti figli di Dio nella
Nuova Creazione. (Versetti 21, 22) L'Apostolo procede poi a mostrare che
tutto coopera favorevolmente per questa classe che Dio ha chiamato alla
Nuova Creazione, che questo è il significato delle attuali delusioni,
prove, vessazioni, contrarietà del mondo, della carne e dell'Avversario;
che queste esperienze sono ideate per creare in noi i frutti di pace della
giustizia e, così, procurarci il "peso della gloria che è molto più
eccezionale ed eterno" al quale siamo stati chiamati e al quale
giustamente aspiriamo. L'Apostolo approfondisce con noi lo studio degli
atti d’intervento divino del Signore connessi con questi chiamati per i
quali tutte le cose cooperano in modo favorevole. Non dobbiamo pensare
alla nostra chiamata se non in connessione con, e secondo il, nostro
Fratello Anziano. Nessuno può venire prima di lui, poiché soltanto
notando e seguendo nelle sue orme possiamo sperare di diventare
compartecipi della sua gloria. La predestinazione di Dio secondo cui
questi fratelli di Cristo devono essere tutti copie del loro Fratello
Anziano, se vogliono essere compartecipi nella Nuova Creazione, ci
lascerebbe senza speranza riguardo al [182] raggiungimento di quella
gloria da parte di qualunque membro della famiglia umana, se nostro
Signore non ci mostrasse in un'altra parte molto distintamente ciò che ha
previsto per noi attraverso la redenzione che è in Gesù Cristo nostro
Signore; che le debolezze della carne, che ereditiamo e che non possono
essere completamente controllate, sono tutte coperte dai meriti del
sacrificio del Redentore; in tal modo il Signore ci può scusare per il
fatto di non essere copie assolutamente uguali di suo Figlio nella carne e
può accettarci secondo la sua predestinazione se ci trova come copie nel
cuore, nell'intenzione, nella volontà: noi autentichiamo le nostre volontà
mediante il controllo sulla carne così come ci è possibile, mentre
nostro Signore Gesù copre le nostre imperfezioni involontarie con la sua
"grazia sufficiente".
Continuando
una descrizione di questa classe di chiamati in tal modo predestinati,
l'Apostolo dice: "Per di più, coloro che egli ha predestinati, li ha
pure chiamati; e coloro che ha chiamati, li ha pure giustificati; e coloro
che ha giustificati, li ha pure glorificati." Questo passo di solito
è frainteso poiché i lettori generalmente ricevono l'impressione che
l'Apostolo qui stia approfondendo, come al solito, lo studio delle
esperienze cristiane, come abbiamo già approfondito nel capitolo
precedente, dove abbiamo considerato come Cristo per noi si è fatto
sapienza, giustificazione, santificazione e liberazione; ma l'Apostolo qui
parla da un punto di vista opposto e comincia dall'altro lato. Qui vede la
Chiesa come completata alla fine quale eletta di Dio sotto Cristo suo
Capo: la Chiesa, gli "elettissimi", nella gloria. Approfondisce
andando a ritroso lo sviluppo
della Chiesa, la Nuova Creazione. Mostra che nessuno giungerà alla
posizione eminente dei gloriosi eletti di Dio se non quelli che sono chiamati
[accettati] ad essa dalla grazia di Dio; e costoro devono essere stati
dapprima giustificati; poiché Dio non chiama né invita alcuno che non sia
credente a correre nella gara per questo gran premio. E costoro che sono
giustificati devono dapprima, prima della loro giustificazione, essere
stati onorati [non "glorificati"
come nella versione comune], onorati da Dio per aver mandato loro una
conoscenza di lui e del suo caro Figlio: la Via, la Verità e la Vita.
Solo il
sentir parlare della grazia di Dio nel tempo presente è un onore più
grande di quanto molti non abbiano supposto. Visto che la salvezza è un
dono di Dio il cui accesso va spalancato al mondo durante l'età
Millenaristica, è un onore speciale aver [183] conoscenza della grazia
del Signore e un'opportunità di riconciliazione con lui nel tempo
presente, prima del resto del mondo; per aver ricevuto tale onore e per il
fatto di avere una tale conoscenza necessaria alla nostra giustificazione
attraverso la fede, che diventa il secondo
passo, come abbiamo visto, che porta alla santificazione in armonia con la
chiamata, che porta, a sua volta, attraverso la fedeltà alla "gloria
che deve essere rivelata in noi" e che ci costituisce membri dell'“elettissima” Nuova Creazione.
"Se Dio è per noi"
Continuando
a seguire l'Apostolo ulteriormente nella sua considerazione di
quest’elezione, parafrasando il suo linguaggio nel modo seguente: Non
vediamo, fratelli, che Dio ha un gran piano meraviglioso che sta portando
avanti? Non vediamo che, avendo preso una decisione sulla selezione di una
certa classe per la cooperazione in questo piano, egli sta favorendo noi,
perché egli ha rivelato a noi i termini e le condizioni, giustificandoci
e chiamandoci con questa vocazione celeste? Ciò significa che Dio
è per noi, che si augura che noi siamo di questa classe degli eletti;
che ha predisposto ogni cosa necessaria affinché possiamo raggiungere una
posizione in essa. Sentiamo a volte che, sebbene il Signore sia per noi,
Satana, il peccato e le nostre debolezze ereditate sono tutte contro di
noi e cercano di intrappolarci e di farci inciampare? Riflettiamo sul
fatto che essendoci a nostro fianco Dio Onnipotente, nessuna di queste
contrarietà ci dovrebbe causare paura o trepidazione poiché egli è ben
capace di farcele superare tutte. Guardiamo al passato e notiamo il suo
favore verso di noi quando eravamo ancora peccatori, nel provvedere alla
redenzione che è in Gesù Cristo. Riflettiamo sul fatto che se egli fa
tutto questo per noi come peccatori quanto di più farà per noi ora che
siamo diventati i suoi figli, ora che abbiamo sentito la sua voce, che
abbiamo accettato suo Figlio, che abbiamo posto la fiducia in lui e siamo
stati giustificati mediante i suoi meriti, ora che abbiamo sentito la
chiamata alla natura divina ed abbiamo fatto la consacrazione, ponendo il
nostro piccolo tutto sull'altare, di sicuro, molto più Dio sarà in
nostro favore e molto di più farà per noi, sebbene non possiamo pensare
quanto possa fare di più di [184] quanto è stato rappresentato nel dono
di suo Figlio. Possiamo star sicuri che colui che non muta ci ama ancora,
è ancora per noi e userà tutto il suo potere per far sì che le cose
funzionino per il nostro maggiore bene spirituale e per il raggiungimento
finale di un posto nella Nuova Creazione, se rimaniamo in lui nella fede,
nell'amore e nell'obbedienza di cuore, per quanto deboli ed imperfetti
possano essere i nostri migliori sforzi nel controllare la carne. Stiamo
sicuri che nel darci suo Figlio e nell'aprirci in tal modo la via per
raggiungere la sua chiamata alla Nuova Creazione, il Signore ha
predisposto in Cristo quanto necessario per tutti i nostri bisogni che
potrebbero sorgere. In lui ci ha dato gratuitamente tutte le cose.
C'è
qualcuno che suggerisce forse che la Legge ci condannerà nonostante Dio?
Riflettiamo che è Dio che ci ha condannato secondo la sua Legge; e che è
proprio lo stesso Dio, che quale grande Giudice ci ha condannato, colui
che ora ha pronunciato la nostra giustificazione, che ci ha dichiarati
"Giustificati gratuitamente da tutte le cose dalle quali la Legge non
ci poteva giustificare", mediante la sua grazia, mediante Gesù
Cristo nostro Signore. Davanti a tale fatto "chi potrebbe imputare
qualcosa agli eletti di Dio", che egli aveva favorito in tal modo?
Chi ci potrebbe condannare per via di debolezze o fragilità involontarie?
Risponderemmo così: È Cristo che è morto; sì, che è risorto
nuovamente ed è asceso in alto come nostro rappresentante e che ha
attribuito a nostro favore l'adeguatezza del suo merito, coprendo tutte le
nostre imperfezioni. Rom. 8:34
S’incalza
ancora che qualcosa può intervenire e separarci dall'amore di Dio o da
Cristo e dal suo amore e dalla sua misericordia; e che in tal modo
possiamo rimanere abbandonati a noi stessi e mandare in rovina la nostra
fede e il nostro futuro per quanto concerne la Nuova Creazione?
Rispondiamo: Anzi, Cristo ha un grande amore per noi, altrimenti non ci
avrebbe redento. Ogni suo rapporto è stato pieno d'amore e dovremmo fare
di tutto per non lasciare che nulla ci separi da quell'amore. Se vengono
le tribolazioni, dovremmo lasciarle venire solo per condurci più vicini
al Signore come a colui che è il solo che ci può soccorrere. Se
dovessimo essere assaliti da afflizione o persecuzione o carestia o povertà
o da qualsiasi pericolo, dovremmo per paura di queste cose cessare di
amare il Signore, ripudiare il suo nome e la sua causa e non seguire più
[185] nelle sue orme, scegliendo piuttosto una linea di condotta più
facile nella vita? No, è proprio con queste esperienze che ci sviluppiamo
come conquistatori. Come potremmo essere identificati come vincitori se
non ci fosse nulla da superare, se tutta la strada fosse piana e senza
pendii sfavorevoli? Siamo stati fatti contenitori dei doni e delle
benedizioni di Dio; ed ora egli ci prova per vedere fino a che punto siamo
degni di rimanere nel suo amore e nei suoi favori. Il suo desiderio è che
rimaniamo in essi ed ha predisposto ogni cosa perché ciò sia così, ma
nonostante tutto ciò non forzerà le nostre volontà. Sono convinto, ho
fiducia che noi siamo decisi a non permettere che nulla ci separi
dall'amore di Dio manifestato in Cristo: né la paura della morte, né
l'amore della vita; e che nessuna delle altre creature di Dio intercetterà
o svierà il favore di Dio da noi: né gli angeli, né i principati né le
potenze create fino ad oggi o che saranno create. Siamo più che
semplicemente vincitori in tutte queste cose: siamo adottati come figli di
Dio sul piano divino, mediante colui che ci ha amato.
"Render sicura la nostra vocazione ed
elezione"
—II Piet. 1:10, 11—
"Fratelli, impegnatevi a render sicura la
vostra vocazione ed elezione: perché facendo queste cose, non
inciamperete giammai; [le cose specificate sopra, vale a dire, impegnarsi,
corredando la vostra fede con la virtù e la conoscenza, la temperanza, la
pazienza, la religiosità, la benevolenza fraterna, l'amore, le quali cose
se sono in noi e lo sono in abbondanza, noi non saremo né sterili (inoperosi)
né infruttuosi;] poiché così vi sarà largamente provveduta l'entrata
nel Regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo."
In
quest’elezione vediamo che i passi importanti appartengono a Dio; cioè:
(1) La predeterminazione di avere tale Nuova Creazione; (2) L'invito ad
alcuni di sviluppare il carattere necessario; (3) La predisposizione delle
faccende in modo tale che gli invitati possano riuscire a raggiungere una
condizione accettabile in conformità con la chiamata.
D'altra
parte, coloro che diventano eletti devono fare passi importanti: (1) Sono
i chiamati, per i quali sono state fatte tutte queste preparazioni e
predisposizioni, che devono accettare la chiamata, facendo una piena
consacrazione. (2) Essi devono [186] diventare imbevuti dello spirito
della loro vocazione e così grati delle loro benedizioni che con zelo si
conformeranno alle condizioni e alle limitazioni ad esse connesse.
Abbiamo
già visto che queste condizioni e limitazioni sono, in sintesi, a
somiglianza del cuore del caro Figlio di Dio, ma se si esamina più
particolarmente questa somiglianza,
scopriamo che essa sta ad indicare, come l'Apostolo Pietro indica, che noi
dovremmo avere i frutti dello spirito di santità. Dio è santo e gli
eletti devono avere il suo spirito, la sua disposizione ad amare la
giustizia e ad opporre l'iniquità. L'Apostolo nel passo scritturistico
suddetto mostra i vari elementi di questo Spirito santo di Dio e mette in
evidenza il fatto che noi non raggiungiamo la sua somiglianza perfetta (la
perfezione dell'amore) all'inizio del nostro percorso; ma, anzi, che
questa è la meta o lo standard
[ovvero l'insegna] che indica la fine del percorso. L'amore come
espressione generica copre tutti questi elementi del carattere che sono
realmente parti dell'amore. Mansuetudine, mitezza, benevolenza fraterna,
religiosità: sono tutti elementi dell'amore.
Alcuni
hanno suggerito che questi frutti dello spirito di Dio potrebbero essere
definiti come segue, e noi siamo pienamente d'accordo:
(1)
Gioia: Amore esultante.
(2)
Pace: Amore in riposo.
(3)
Longanimità: Amore paziente.
(4)
Mitezza: Amore nella società.
(5)
Bontà: Amore in azione.
(6)
Fede: Amore nel campo di battaglia della vita.
(7)
Dolcezza: Amore nella rassegnazione.
(8)
Temperanza (moderazione): Amore in addestramento.
Quando
abbiamo cominciato il percorso della corsa, decisi a ciò perché Dio ci
aveva giustificati con la sua grazia e ci aveva invitati a correre in
questa gara per il premio della somma vocazione della Nuova Creazione,
abbiamo detto, innanzitutto: Metteremo da parte i pesi e gli ostacoli
delle ambizioni terrene consacrando le nostre volontà al Signore e
decidendo che solo questo faremo; vale a dire, cercheremo, e con la grazia
di Dio otterremo, le benedizioni alle quali egli ci ha chiamati. Allo
stesso tempo abbiamo concluso che avremmo messo via, per quanto possibile,
i nostri peccati [187] facilmente ricorrenti, di qualsiasi tipo fossero,
sia che i nostri fossero uguali ad altri nella gara o meno; e che avremmo
corso fedelmente in questa gara per il sommo premio.
L'entrata
nel percorso corrisponde alla nostra consacrazione. Quello è stato
l'inizio. Ci siamo consacrati al Signore, per essere controllati dal suo
spirito d’amore; eppure ci siamo resi conto che a motivo della caduta
non siamo stati all'altezza, tristemente, per quanto riguarda quegli
elementi del carattere che il Padre approva. Tuttavia, corriamo e
perseveriamo cercando di raggiungere quella somiglianza di carattere con
il Figlio, che è la sua volontà per noi e la condizione della nostra
fraternità con lui. In questo senso siamo diversi da nostro Signore,
poiché egli essendo perfetto non si è trovato nella possibilità di
andare da un passo o da un grado all'altro nello sviluppo dell'amore. Egli
era pieno dello spirito sin dall'inizio: egli era alla meta sin dall'inizio; il suo esame è consistito nel determinare se
sarebbe rimasto fedele o meno a quella meta dell'amore perfetto a Dio, al
suo popolo e ai suoi nemici. Noi, tuttavia, dobbiamo correre, dobbiamo
batterci, per raggiungere quella meta.
Potremmo
suddividere il percorso in quattro quarti e dire che nel primo quarto
riconosciamo l'amore come un requisito
divino e cerchiamo di possederlo, sebbene siamo capaci di capirlo
solamente come dovere. Noi
sentiamo un amore-dovere verso Dio perché, come nostro Creatore, egli ha
un diritto di chiedere la nostra obbedienza, la nostra devozione; un
amore-dovere verso nostro Signore Gesù Cristo, anche, perché egli ci ha
amato e dovremmo, per giustizia, amarlo in cambio, e un amore dovere verso
i nostri simili perché ci rendiamo conto che questa è la volontà di Dio.
Il
secondo quarto del percorso ci porta un po' più avanti, un po' più
vicini alla "meta", in tal modo che quelle cose che all'inizio
cercavamo di fare partendo da un amore-dovere,
pian piano le abbiamo considerate in un modo riconoscente e non
semplicemente come un dovere. Da allora in poi abbiamo visto che le cose
che Dio ci comanda come giuste e doverose, sono cose
buone; che i princìpi più nobili di cui abbiamo qualche concezione
sono identificati con la Giustizia, l'Amore e la Sapienza che il Signore
comanda, ci mette dinnanzi e che noi abbiamo cominciato ad apprezzare da
quel momento. Abbiamo cominciato ad amare Dio non semplicemente perché
era il [188] nostro dovere verso il nostro Creatore, ma anche e in special
modo perché vedevamo che possedeva quei grandi elementi di carattere che
erano imposti a noi: la personificazione d’ogni grazia e bontà. Quelli
che raggiungono questa meta dei due quarti, amano il Signore non
semplicemente perché egli li ha amati per primo e perché è nostro
dovere amarlo in cambio, ma perché ora gli occhi della nostra
comprensione si sono spalancati a sufficienza per lasciarci vedere
qualcosa della maestà gloriosa del suo carattere, qualcosa della
lunghezza, larghezza, altezza e profondità della Giustizia, della
Sapienza, dell'Amore e del Potere del nostro Creatore.
Chiameremo
i tre quarti della meta di questo percorso: amore per i fratelli. Dal
primo momento riconosciamo un dovere-amore verso i fratelli come verso il
Padre, solo in un grado inferiore, perché i fratelli hanno fatto meno per
noi; e li abbiamo riconosciuti principalmente perché è stata questa la
volontà del Padre. Ma man mano che abbiamo visto i principi della
rettitudine, che abbiamo cominciato ad essere grati verso il Padre e a
vedere che il Padre stesso ci ama, nonostante i nostri difetti involontari,
i nostri cuori hanno cominciato ad allargarsi e a diventare più profondi
nell'amore verso i fratelli; e siamo diventati sempre più capaci che
passare sopra alle imperfezioni, ai difetti e agli sbagli involontari,
quando vi abbiamo visto evidenze del desiderio del cuore di camminare
nelle orme di Gesù e d'accordo con i principi del carattere divino. Nelle
nostre esperienze l'amore per i fratelli è diventato chiaramente
espresso. Ahimè! Evidentemente parecchi nel caro popolo del Signore non
hanno ancora raggiunto i tre quarti della meta del percorso verso il
premio della nostra somma vocazione. C'è molto bisogno di sviluppare la
benevolenza fraterna, la longanimità, la pazienza, che c’inculcano le
Scritture e che sono necessariamente provate e sottoposte ad esame più in
connessione con i fratelli che in connessione con il Padre e il nostro
Signore. Sappiamo vedere la perfezione del Padre e del Figlio e vedere
anche che essi non hanno imperfezioni, sappiamo renderci conto della loro
magnanimità verso di noi e delle nostre manchevolezze verso di loro; ma
quando guardiamo ai nostri fratelli vediamo in uno questa debolezza, in un
altro un'altra debolezza; ed è troppo comune la tentazione, [189] ahimè,
di dire ad un fratello: "Lascia che ti tolga la pagliuzza dall'occhio",
invece di accorgerci che una disposizione verso i fratelli pronta a
stuzzicare, a criticare continuamente, a cercare le colpe è una prova che
abbiamo ancora una gran trave d’impazienza e di mancanza d'amore dentro
di noi con cui contendere. Man mano che ci avviciniamo a questi tre quarti
di meta, pian piano tiriamo fuori quella trave dai nostri propri occhi:
riusciamo a vedere i nostri propri difetti e ad apprezzare sempre di più
le ricchezze della grazia di nostro Signore verso di noi; e l'influenza di
ciò nei nostri cuori è che produce in noi un grado maggiore di dolcezza
dello spirito, di pazienza e di mansuetudine verso tutti. Questo ci
permette di nuovo di coprire o di passar sopra ad una moltitudine di
peccati, una moltitudine d’imperfezioni nei fratelli, purché ci
rendiamo conto che essi sono senza dubbio fratelli, purché essi ripongano
la loro fiducia nel sangue prezioso e cerchino di correre lo stesso
percorso della gara per questo stesso premio.
Il
quarto o l'ultimo quarto della meta della nostra gara è l'Amore Perfetto:
verso Dio, verso i nostri fratelli, verso tutti gli uomini. Questo è
quello che cerchiamo seriamente tutti di ottenere e il più velocemente
possibile. Non dobbiamo trastullarci ad ogni quarto di meta, ma continuare
a correre con pazienza, con perseveranza, con energia. C'è un senso in
cui dobbiamo "non amare il mondo, né le cose del mondo"; ma c'è
un senso in cui dobbiamo amare e "fare del bene a tutti gli uomini,
secondo che ne abbiamo l'opportunità, specialmente a quelli della
famiglia dei credenti"; (Gal. 6:10), un amore che comprende anche i
nostri nemici. Questo amore non annulla o diminuisce il nostro amore per
il Padre, per i principi del suo carattere e il nostro amore per i
fratelli, ma li intensifica; e intensificandoli così permette di
comprendere nell'amore di benevolenza e di simpatia tutta la povera
creazione che geme, travagliata dal dolore del parto e nell’attesa della
manifestazione dei figli di Dio. "Ama i tuoi nemici, fa' bene a
coloro che ti perseguitano e ti odiano" è il comando del Maestro; e
finché non abbiamo raggiunto questo grado d'amore (l'amore per i nemici)
non dobbiamo neppure per un momento pensare di aver raggiunto la meta che il Signore ha posto per noi come suoi [190] seguaci. Non è
finché non abbiamo raggiunto questa posizione che saremo copie del caro
Figlio di Dio.
Dobbiamo
raggiungere questo punto culminante d'amore prima di poter essere
considerati degni di un posto nella Nuova Creazione e non dobbiamo
aspettarci che ogni seguace del Signore raggiunga questa meta proprio al
momento della morte mentre emette l'ultimo respiro. Anzi, è proprio il
contrario. Dobbiamo aspettarci di raggiungerlo il più presto possibile
nella nostra esperienza cristiana e poi ricordarci le parole dell'Apostolo:
"Avendo compiuto tutto: Restate in piedi!" (Efes. 6:13) Ci è
richiesto di essere provati nell'amore una volta raggiunta la meta; e le
nostre esercitazioni mentre siamo al punto della meta (sforzarsi di
mantenere quella meta nelle nostre vite, o quello standard) servirà molto
per rinforzare i nostri caratteri. In questo, specialmente,
corrisponderanno le nostre esperienze a quelle di nostro Signore; poiché
mentre egli non ha avuto bisogno di correre per raggiungere la meta, ha
dovuto combattere una buona battaglia per la fede alla
meta, per non essere allontanato da essa, per non essere sopraffatto
dalle varie contrarietà del mondo e dall'Avversario. "Continuo a
proseguire fino alla meta" dice l'Apostolo; e così ciascuno di noi
deve tenersi stretta la meta dopo averla raggiunta e fare in modo che, in
tutte le prove alle quali il Signore permetterà che siamo sottoposti,
siamo considerati da lui come vincitori: non nella nostra propria forza,
ma nella forza dell'assistenza del nostro Redentore.
Le
contrarietà ci verranno addosso per farci allontanare dall'amore perfetto
verso il Padre, per indurci ad acconsentire di rendere meno che l'omaggio
e l'obbedienza completi che sono a lui dovuti. Le tentazioni ci verranno
anche rispetto ai nostri fratelli per suggerirci di non permettere
all'amore fraterno di coprire una moltitudine di colpe: suggerimenti a
diventare irritati con chi abbiamo imparato ad amare e ad apprezzare e per
le cui debolezze abbiamo imparato ad essere comprensivi. Le contrarietà
ci verranno addosso rispetto ai nostri nemici, dopo aver imparato ad
amarli, suggerendoci che ci sono dei casi eccezionali e che la nostra
magnanimità verso di loro dovrebbe avere dei limiti. Beati noi se in
queste tentazioni rimaniamo ben fermi, impegnandoci fino in fondo,
sforzandoci di mantenere quella posizione che abbiamo già raggiunto,
combattendo la [191] buona battaglia della fede, tenendo ben stretta la
vita eterna che è considerata nostra attraverso Gesù.
"Conoscendo la vostra elezione di Dio"
"Conoscendo fratelli amati, la vostra
elezione di Dio. Poiché il nostro Vangelo non vi è giunto solo con
parole, ma anche con potenza e con lo Spirito santo e con gran pienezza di
convinzione." I Tess. 1:4, 5
In
altra sede abbiamo messo in evidenza ciò che costituisce i segni, le
evidenze del fatto che siamo figli di Dio; vale a dire, il nostro essere
generati dallo Spirito santo, il nostro essere sigillati, il nostro essere
vivificati. * Non ripeteremo qui, ma richiameremo alla memoria in maniera
generale il fatto che chiunque partecipi a quest’elezione ha varie
evidenze con le quali quest’elezione può essere riconosciuta non solo
dalla persona stessa, ma, fra breve, sarà riconoscibile anche dai
fratelli con i quali questa persona verrà in contatto. C'è un potere,
come pure un messaggio, in quest’elezione. Questo messaggio di elezione,
o questa chiamata, o "parola", non è solo Vangelo o buone
notizie per la classe degli eletti, ma è più di ciò per essa: è il
potere di Dio al lavoro in essa perché essa voglia e faccia ciò che è a
lui gradito. Porta agli eletti lo Spirito santo e molta sicurezza ed essi,
a loro volta, sono pronti a sondare la Parola del Signore ad ogni costo.
__________
*Vol.
V, Cap. ix.
__________
Ai
Colossesi l'Apostolo scrive (3:12-14) riguardo a questa classe degli
eletti della Nuova Creazione, dicendo che essa dovrebbe spogliarsi della
vecchia valutazione delle cose e rivestirsi di una nuova la quale
riconoscerà i membri della classe degli eletti, non in base alla
nazionalità o in base alla denominazione, ma riconoscerà tutti
in Cristo, e solo loro, quali l'eletta
Nuova Creazione. Egli dice: "Rivestitevi perciò come gli eletti di
Dio, santi e amati, sedi di compassione, di benignità, di umiltà di
mente, di dolcezza, di longanimità, perdonandovi l'un l'altro se uno ha
di che dolersi d'un altro: come Cristo vi ha perdonati, così fate anche
voi, e sopra tutto questo [risultato ottenuto] ponete l'amore che è il
vincolo della perfezione."
Nostro
Signore, parlando della Chiesa eletta nel suo insieme, lascia intendere
che deve affrontare varie prove ed esami e sembra implicare che questi si
intensificheranno [192] verso la fine di questa Età del Vangelo e che
saranno permessi fino a un punto tale che sedurranno tutti eccetto gli
"elettissimi". Mat. 24:24*
__________
*Vedere Vol. IV, Cap. xii.
__________
C'è un
incoraggiamento in ciò: non implica il fatto che gli "elettissimi"
avranno delle capacità mentali superiori mediante le quali riusciranno a
discernere le varie sottigliezze dell'Avversario in quest'età malvagia; né
implica il fatto che avranno raggiunto la perfezione nel controllo dei
loro vasi di terra in modo tale da non poter errare; ma, piuttosto, vuol
dire che a coloro che rimangono in Cristo, sarà concessa grazia sufficiente, sapienza sufficiente,
aiuto sufficiente durante il
tempo del bisogno. Che consolazione è in ciò per tutti quelli che sono
fuggiti cercando rifugio nella speranza posta di fronte a noi nel Vangelo!
Che fiducia ci dà sentire che il nostro porto sicuro è all'interno del
velo: in Cristo! Tale
predestinazione ci fortifica, ci consola come ha dichiarato l'Apostolo:
"In lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché
fossimo [alla fine] santi e irreprensibili dinnanzi a lui nell'amore:
avendoci predestinati ad essere adottati, come suoi figliuoli, per mezzo
di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà ... affinché
nella pienezza dei tempi egli possa raccogliere in uno tutte le cose in
Cristo, entrambe le cose che sono in cielo e sulla terra; dico: in lui,
nel quale siamo pur stati fatti eredi, a ciò predestinati conforme al
proposito di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della
propria volontà; affinché noi [la Nuova Creazione] fossimo a lode della
sua gloria, noi che per primi abbiamo sperato in Cristo." Efes.
1:4-12
"Con molta tribolazione
entrerete nel Regno"
La
necessità di sforzi e di superamenti per dar vita al carattere che Dio ha
connesso alla chiamata dell'“elettissima” Nuova
Creazione, non è senza il suo corrispondente in natura. Per illustrare ciò
notate quanto segue:
"Si
dice di un uomo che desiderava aggiungere una pavonia minore alla sua
collezione di insetti [193] che per sua fortuna ottenne un bozzolo e lo
tenne appeso nella sua biblioteca tutto l'inverno. In primavera scoprì
che la pavonia stava cercando di fuoriuscire. Il foro era così piccolo e
la pavonia si sforzava così disperatamente, come era evidente, contro la
fibra resistente, che egli tagliuzzò il foro con le forbici per farlo più
largo. Bene, la bella grande pavonia fuoriuscì, ma non volò mai.
Qualcuno gli disse poi che gli sforzi erano necessari per far convogliare
i fluidi del corpo nelle grandi ali dell'insetto. Risparmiarle la lotta
era stata una benevolenza errata. Lo sforzo aveva lo scopo di essere la
salvezza della pavonia. La morale è ovvia. Le lotte che gli uomini devono
fare per i beni temporali, sviluppano carattere visto che questo non si
potrebbe sviluppare senza di esse. Va bene che ci si debba anche impegnare
a fondo per l'arricchimento spirituale."
Abbiamo
già indicato* che le Scritture insegnano più esplicitamente la dottrina
della "grazia gratuita" che sarà introdotta splendidamente non
appena gli eletti saranno stati completati: glorificati. Durante il
Millennio esso (il "Seme di Abramo") benedirà tutte le famiglie
della terra con le opportunità più complete per raggiungere caratteri
perfetti, restaurazione completa e vita eterna.
__________
*Vol.
I, p. 96.
__________
IRREPRENSIBILI
—Giuda
24—
Irreprensibile
alla presenza della sua gloria!
Tutta l'anima dentro eccitata,
Tutto il mio cuore elevato verso il cielo
Alla meraviglia di quella parola.
Capace
di presentarmi irreprensibile?
Signore, perdona il mio dubbio, ho gridato;
Tu hai mostrato una volta, al dubbio amoroso,
Mani, piedi e costato squarciato.
Oh! per
me costruisci una qualche scala,
Luminosa con piolo d'oro su piolo d'oro,
Che la mia speranza possa girare intorno a questo pensiero,
Raggiungendo della fede l'alto terreno favorevole!
Pregando
così, ecco, la mia scala,
Che raggiunge il giorno perfetto,
È nata da una semplice storia
Lasciata cadere lì da qualcuno per la strada.
Una
volta una regina (così dice la storia)
Cercando lontano qualcosa di nuovo,
La trovò in una follatrice, dove, stranamente,
Nient'altro che cenci ripagò la sua vista. [194]
Cenci
che venivano proprio dai bassifondi,
Cenci di ogni forma e colore;
Mentre i bambini sordidi, raccogliendoli,
Non sembravano altro che cenci dai capelli alle scarpe.
Che
cosa allora, indaga la sua domanda impaziente,
Puoi fare con cose sì orribili?
Fanno un candore perfetto,
Disse il padrone con un sorriso.
"Candore?"
disse la regina, titubante;
Ma queste tinte rossastre, cremisi,
Niente potrà sicuramente rendere mai bianche
Questi come i tuoi occhi desidererebbero?
Sì,
diss'egli, anche se questi sono i colori
Più difficili da stingere,
Ho tuttavia il potere di renderli
Come i fiocchi di neve mentre cadono.
In
tutto il mio cuore quelle parole così semplici
Hanno vibrato con un'eco dentro e fuori:
Cremisi, scarlatti, bianchi come i fiocchi di neve,
Può farlo quest'uomo? E non lo
può Dio?
Ora
passato un giorno da allora,
(Così prosegue la favola a volontà),
Alla regina arriva un regalo
Dal padrone della follatrice.
Strato
dopo strato del più puro tessuto
Giace la carta, bianco purissimo;
Su ciascun foglio brillavano le lettere
Del nome di lei in splendore dorato.
Preziosa
lezione, scrisse il padrone,
Mi ha dato così la mia follatrice,
Mostrando come il nostro Cristo può radunare
Cuori orribilissimi dalla terra o dal mare;
In un
alambicco celeste,
Bianco come la neve fa scaturire dal cremisi;
Timbra il suo nome su ciascuno, e li porta
Al palazzo del re.
*
* *
Oh, che
visione meravigliosa mi ha avvolto!
Le porte del Cielo sembrarono spalancate,
Anch'io ero lì in piedi e irreprensibile,
Al lato del mio caro Redentore.
Irreprensibile
alla presenza della sua gloria!
Irreprensibile in quella luce abbagliante!
L'amore stesso di Cristo, maestoso, tenero,
Ha reso il mio cremisi bianco come la neve!
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