Studi
Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
6
ORDINE
E DISCIPLINA NELLA
NUOVA
CREAZIONE
SIGNIFICATO
DELL'ORDINAZIONE
— SOLO I DODICI MINISTRI PLENIPOTENZIARI
— "CLERO" E "LAICI" — LA SCELTA DEGLI ANZIANI E DEI
DIACONI — ORDINARE ANZIANI PER OGNI CHIESA — CHI PUÒ ELEGGERE GLI
ANZIANI E COME — LE MAGGIORANZE NON SONO SUFFICIENTI — VARI MINISTERI
— UN MINISTERO REMUNERATO? — DISCIPLINA NELL'ECCLESIA — CHIAMATE
ERRATE ALLA PREDICAZIONE — "AMMONIRE I DISORDINATI" —
AMMONIMENTO NON UN ORDINE GENERALE — RARE LE RIPROVAZIONI IN PUBBLICO
— "FATE ATTENZIONE CHE NESSUNO RENDA MALE PER MALE" —
INCITARE A CARITÀ — "LA NOSTRA COMUNE ADUNANZA" — VARIETÀ
E CARATTERE DEI NOSTRI INCONTRI — LA DOTTRINA ANCORA NECESSARIA —
OPPORTUNITÀ PER FARE DOMANDE — ILLUSTRAZIONE DI INCONTRI PROFICUI —
"SIA CIASCUNO PIENAMENTE CONVINTO NELLA PROPRIA MENTE" —
SERVIZI FUNEBRI — DECIME, COLLETTE, ATTI DI CARITÀ.
NEL
CONSIDERARE questo argomento è bene che teniamo chiaramente in mente
l'essere uno della Chiesa ed il fatto che anche se la Chiesa intera in
tutto il monto è una, tuttavia, in un altro senso della parola, ciascuna
riunione di credenti di per sé, o ciascuna assemblea di credenti, è una
raffigurazione del tutto. Ogni Ecclesia
distinta deve quindi considerare il Signore come suo
Capo e deve considerare i dodici apostoli come le dodici stelle, stelle
brillanti, maestri, che il Signore ha tenuto nelle sue mani ed ha
controllato in modo speciale servendosene come suoi portavoce per istruire
la sua Chiesa dovunque, in ogni riunione, durante tutta l'età.
Ogni
congregazione o Ecclesia, anche se formata da due o tre persone, deve
cercare di riconoscere la volontà del Capo riguardo a tutte le sue
faccende. Deve sentire un essere dappertutto in unità con tutte le care ecclesie che condividono la "preziosa simile fede" nel
caro sacrificio del Redentore e nelle promesse di Dio. Deve dare felicità
sentire che prosperano e riconoscere il fatto che il Signore, quale
soprintendente della sua [274] opera, può usare oggi, come in tutti i
periodi, strumenti speciali per il servizio della Chiesa
come un tutt'uno, come pure certi membri di ciascuna piccola assemblea
locale. Guardando in tal modo al Signore e riconoscendo il carattere dei
servitori di cui si serve (umili, pieni di zelo, di buona reputazione,
chiari per quanto concerne la Verità, persone che danno prova di avere
l'unzione e il fervore religioso dello Spirito) saranno preparati ad aspettarsi
simili ministeri generali per rispondere ai bisogni della Chiesa intera e
a cercare nella benedizione e
nella distribuzione generale la loro misura di "vitto a suo
tempo" promessaci dal Maestro. Si ricorderanno in modo speciale anche
di come egli promise benedizioni speciali alla fine di quest'età e si
ricorderanno che promise di provvedere alle cose nuove come a quelle
vecchie per la famiglia della fede attraverso canali appropriati di sua
propria scelta. Mat. 24:45-47
Il
Signore in persona soprintenderà e dirigerà i mezzi, i canali di queste
benedizioni. Tutte le membra del corpo unite al Capo debbono avere fiducia
e debbono cercare il compimento delle sue promesse; ma, cionondimeno,
debbono "mettere gli spiriti alla prova", per vagliare le
dottrine da chiunque esse provengano. Il mettere alla prova non implica
una mancanza di fiducia in coloro che sono riconosciuti come canali della
Verità guidati da Dio; implica invece una fedeltà al Signore e alla
Verità in quanto superiori a tutti i maestri umani e ai loro sermoni;
implica anche che essi non stanno lì ad aspettare di sentire la voce
dell'uomo, ma la voce del Sommo Pastore; che essi banchettano con le sue
parole e le amano, amano masticarle e digerirle. Tali membra del corpo
crescono più forti e più rapidamente di altri nel Signore e nella
potenza della sua forza perché più attenti alla guida e
all'ammaestramento del Signore.
Questa
unità generale del corpo, questa simpatia generale, questo insegnamento
generale mediante un canale generale a cui il Signore ha provveduto per
radunare per se stesso la sua proprietà particolare quando si renderà
presente per la seconda volta (Mal. 3:17; Mat. 24:31), non interferisce,
tuttavia, con un giusto riconoscimento dell'ordine in ciascuna delle
piccole assemblee, o ecclesie.
Per quanto piccola sia l'assemblea, ci dovrebbe essere ordine in essa. Con
questa parola "ordine" tuttavia, non intendiamo dire [275]
rigidità o formalismo. L'ordine che funziona meglio e che è più
soddisfacente è quello che funziona senza rumore e il cui il meccanismo
rimane piuttosto nascosto alla vista. Nel caso l'incontro sia piccolo di
tre o cinque o dieci persone, cionondimeno ci si dovrebbe rivolgere al
Signore per essere sicuri della sua guida per capire chi del gruppo deve
essere riconosciuto come anziano, chi come senior, o chi è più avanti
nella Verità, in possesso dei vari requisiti richiesti ad uno per essere
un Anziano come li abbiamo già visti descritti a grandi linee nella
Parola ispirata: chiarezza per quanto riguarda la Verità, attitudine
all'insegnamento di essa, candore di vita rispetto al carattere morale e
capacità di mantenere l'ordine senza frizione superflua, come si potrebbe
osservarne l'esempio nella sua famiglia, ecc.
Se
pertanto la piccola assemblea ha la Parola e lo Spirito del Signore
davanti a sé e li mette in pratica, il risultato delle loro decisioni
prese insieme, come viene espresso quando si eleggono i servitori,
dovrebbe essere accettato come il pensiero del Signore in materia: le
persone scelte come anziani, con tutta probabilità, saranno le migliori e
le più adatte del gruppo. Tuttavia si deve fare attenzione che queste
scelte non siano fatte senza la dovuta considerazione e senza la dovuta
preghiera; quindi è consigliabile che si dia in anticipo il dovuto
annuncio e che si riconosca che soltanto coloro che affermano di essere
membri della Nuova Creazione (maschi e femmine) provino ad esprimere il
pensiero del Signore in materia, durante la votazione. Costoro dovranno
aver passato il punto del pentimento
dei peccati, della restaurazione
al massimo della loro capacità e il punto dell'accettazione
del sacrificio del Signore Gesù quale base della loro armonia con Dio.
Saranno coloro che avranno poi fatto una piena consacrazione di se stessi
al Signore ed in tal modo vengono a far parte di coloro che godono
dell'unzione e di tutti i privilegi della "casa dei figli". Solo
costoro sono competenti al punto da capire ed esprimere il pensiero, la
volontà, del Capo del corpo. Costoro soltanto costituiscono la Chiesa, il
corpo di Cristo, sebbene altri, che non hanno ancora fatto il passo della
consacrazione ma che hanno fiducia nel sangue prezioso, possano essere
annoverati come membri della "famiglia della fede" il cui
progresso è da sperarsi e la cui prosperità è da tenere in
considerazione. [276]
Ordinare gli anziani per ciascuna chiesa
"E fatti ordinare per ciascuna chiesa
[Ecclesia] degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i
fratelli al Signore." Atti 14:23
La
forma di quest'affermazione, insieme ad altri riferimenti frequenti agli
anziani in connessione con tutte le chiese, giustifica la deduzione per
cui questa era l'usanza invariabile
della Chiesa primitiva. Il termine "anziani", come visto nel
testo, comprende gli evangelisti, i pastori, i maestri e i profeti (oppure
esponenti pubblici); quindi è importante che impariamo cosa si intende
con questa parola "ordinati".
In questi tempi questa parola è usata generalmente con riferimento ad una
cerimonia di installazione; questo però non è il significato della
parola greca kirotoneo usata nel
testo in questione. Essa significa: "ordinare
stendendo la mano", la forma abituale tuttora usata per votare.
Questa è la definizione che viene data nell'Analytical Bible Concordance
[ovvero Concordanza Analitica della Bibbia] del prof. Young. Dato che essa
può essere considerata di autorità Presbiteriana, daremo anche la
definizione stabilita nella “Strong's Exhaustive Concordance” [ovvero Concordanza Completa di Strong], che si può considerare di
autorità Metodista. Quest'ultima definisce la radice della parola: "Una
persona che stende la mano oppure che vota (per alzata di mano)."
Viene
usata una parola greca completamente diversa quando nostro Signore ha
dichiarato parlando degli apostoli: "Non siete voi che avete scelto
me, ma son io che ho ordinati
voi." (Giovanni 15:16) Questa è la stessa parola: tithemi,
usata dall'Apostolo allorché, parlando della sua ordinazione, dice:
"Io fui ordinato banditore ed apostolo." (I Tim. 2:7) Ma questa
ordinazione, afferma chiaramente l'Apostolo, fu "non dagli uomini né
per mezzo d'alcun uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre."
(Gal. 1:1) Tutti i membri del Corpo Unto, uniti al Capo e partecipanti del
suo Spirito, sono ordinati lì in modo simile, non ad essere apostoli come
Paolo, ma ad essere ministri (servitori) della Verità, ciascuno secondo i
propri talenti e le opportunità (Is. 61:1); solo i dodici furono ordinati
ad essere apostoli, o rappresentanti speciali, ministri plenipotenziari.
Ricorrere
all'ordinazione o al riconoscimento degli anziani con il voto della
congregazione (Ecclesia) della
Nuova Creazione, con lo "stendere la mano in avanti", [277] come
visto sopra, notiamo che questo era il modo abituale; poiché l'Apostolo
usa la stessa parola greca quando parla di come Tito diventò suo aiutante.
Dice: "che fu anche scelto
dalle chiese per viaggiare con noi."Le parole in corsivo provengono
dalla parola greca kirotoneo che,
come mostrato sopra, significa: "eleggere stendendo la mano". Ed
inoltre la parola "anche" implica qui che l'Apostolo stesso fu
scelto con un voto simile. Non scelto o eletto ad essere apostolo, ma ad
essere missionario, rappresentante delle chiese in quest'occasione e,
senza dubbio, a spese loro.
Tuttavia
evidentemente alcuni dei viaggi successivi dell'Apostolo avvennero senza
il voto o l'appoggio della Chiesa di Antiochia. (II Tim. 1:15) I
regolamenti della Chiesa Primitiva lasciavano tutti liberi di esercitare i
propri talenti e il proprio modo di amministrare secondo le loro coscienze.
Le ecclesie (congregazioni) potrebbero accettare o declinare i servizi
degli apostoli anche se loro rappresentanti speciali; e gli apostoli
potrebbero accettare o rigettare tali impegni, ciascuno esercitando la
propria libertà di coscienza.
Ma, non
c'è nessuna ordinazione di anziani, ecc. di cui si fa menzione nel Nuovo
Testamento oltre a questa: un'elezione? Non c'è nulla che voglia dire conferire
autorità o permesso di predicare, come accade per la parola inglese
"ordain" [ovvero "ordinare"]
che è usata generalmente in tutte le denominazioni in connessione con
dare il permesso o ordinare anziani, predicatori, ecc.? Andremo a fondo in
queste questioni.
La
parola "ordinare",
riferita agli anziani, si usa in un altro posto soltanto ed è la
traduzione di una parola greca diversa, vale a dire: kathestemi,
che significa: "Mettere o porre giù" (Young). "Mettere giù" (Strong). Questa parola appare in Tito 1:5: "Perché tu dia
ordine alle cose che rimangono da fare ed ordini
degli anziani per ogni città, come t'ho ordinato", cioè come ho
disposto. "Revised Version"
[ovvero "Versione Corretta"]: "come ti ho incaricato".
A prima vista questo testo sembra implicare il fatto che furono conferiti
a Tito dei poteri per nominare questi anziani, senza tener conto dei
desideri delle congregazioni (chiese, ecclesie);
ed è su questo punto di vista che si basa la teoria Episcopaliana
dell'ordine della chiesa. I Cattolici, gli Episcopaliani e gli
Episcopaliani-Metodisti affermano tutti che i loro vescovi hanno
un'autorità che viene dagli apostoli di [278] costituire, di mettere o
nominare anziani per le congregazioni, senza stendere in avanti la mano
oppure senza il voto della Chiesa.
Questo
testo è il baluardo di tale idea; ma sembra essere un sostegno piuttosto
debole se si nota l'ultima clausola ("Come t'ho ordinato") e
riflettiamo sul fatto che l'Apostolo non avrebbe sicuramente dato a Tito
l'“ordine” o istruzione di fare diversamente da quanto
avrebbe fatto egli (l'Apostolo) in questa faccenda. Il racconto di come
procedette personalmente l'Apostolo, tradotto giustamente, è molto
esplicito: "E fatti eleggere per alzata di mano degli anziani per
ciascuna Ecclesia e dopo aver
pregato e digiunato, li raccomandarono al Signore."Atti 14:23
Non c'è
dubbio che il consiglio dell'Apostolo e il consiglio di Tito, che egli
raccomandò in modo speciale ai fratelli come ministro fedele della Verità,
non fosse stato solo desiderato, ma cercato da parte dei fratelli e molto
seguito in genere; cionondimeno l'Apostolo e tutti coloro che seguirono
nei suoi passi cercarono di mettere la responsabilità lì dove Dio l'ha
messa: nell'Ecclesia, la cui
preoccupazione dovrebbe essere: "Provate gli spiriti [ciò che si
insegna come pure coloro che insegnano] per sapere se sono da Dio."
(I Giov. 4:1) "Se qualcuno parla non secondo questa Parola è perché
non c'è la luce in loro"; e l'Apostolo consiglia: "da costoro
andate via"; non debbono votare per costoro né debbono accettarli in
alcun modo come maestri, anziani, ecc.
In ogni
caso il consenso della Ecclesia
sarebbe necessario sia che venga espresso con il voto, come affermato, o
meno; poiché supponete che Tito avesse nominato anziani non congeniali ai
fratelli, per quanto tempo avrebbe trionfato la pace? Quanto lavoro
pastorale o quanto altro servizio potrebbe portare a compimento un tale
Anziano sgradevole ai sentimenti della Chiesa? Praticamente nessuno.
Gli
intrighi preteschi, e non gli insegnamenti di nostro Signore e dei suoi
dodici apostoli, sono responsabili per la divisione dei santi in due
classi, dette "clero" e "laici". È lo spirito degli
intrighi preteschi e dell'anticristo che cerca di avere dominio
sull'eredità di Dio in tutti i modi possibili, in proporzione della
densità di ignoranza che prevale in una [279] congregazione. Il Signore e
l'Apostolo riconoscono non gli anziani ma la Chiesa (Ecclesia)
quale corpo di Cristo; e qualsiasi dignità o onore accompagna i fedeli
anziani, quali servitori del Signore e della Chiesa, non è semplicemente
il riconoscimento di se stessi o il loro riconoscimento da parte di altri
anziani. La congregazione che li sceglie deve conoscerli, deve riconoscere
le loro grazie e le loro capacità Cristiane alla luce della Parola di Dio,
altrimenti non possono conceder loro una tale posizione o un tale onore.
Nessun Anziano quindi ha alcuna autorità nominandosi da solo. Al
contrario, la disposizione ad ignorare la Chiesa, corpo di Cristo, e di
fare se stesso e il proprio giudizio superiori a tutto l'insieme, è
evidenza di prima classe che tale fratello non ha l'atteggiamento giusto
per essere riconosciuto quale Anziano, visto che l'umiltà e un
riconoscimento dell'unità dell'Ecclesia quale corpo del Signore sono gli
elementi essenziali di tale servizio.
Né
alcuno dei fratelli dovrebbe assumere delle mansioni pubbliche nella
Chiesa come capo, rappresentante, ecc. senza un'elezione, anche se si è
sicuri che non ci sono riserve rispetto alla sua accettabilità. Il metodo
Scritturistico di ordinare gli anziani in tutte le chiese è per elezione
da parte della congregazione, stendendo la mano in avanti per votare.
Insistere su tale elezione prima di servire è seguire l'ordine
Scritturistico; fortifica l'Anziano ed inoltre ricorda all'Ecclesia
i suoi doveri e le sue responsabilità come colei che nomina gli anziani
nel nome e nello spirito del Signore, come colei che esprime la scelta di
Dio, la volontà di Dio. Inoltre questa disposizione Scritturistica fa
interessare i membri dell'Ecclesia
a tutte le parole e le azioni degli anziani, quali suoi servitori e
rappresentanti. Si oppone all'idea prevalente secondo cui gli anziani
possiedono e governano la congregazione e mette fine al loro modo di
pensare e di riferirsi ad essa quale "il mio popolo", invece che
"il popolo di Dio che io servo".
Perché
queste faccende, che sono così chiaramente Scritturistiche, non sono
capite di più e non sono esposte di più in genere? Perché alla natura
umana piace ricevere onori ed alti incarichi e ben presto cade nelle
condizioni errate favorevoli a tali onori ed alti incarichi; perché essi
sono stati prevalenti per diciassette secoli; perché hanno ceduto a [280]
queste condizioni e le hanno preferite ai privilegi con cui Cristo ci fa
liberi. Poi molti si sono anche sentiti così sicuri del fatto che le
usanze di Babilonia dovevano essere giuste che non si sono mai messi a
studiare la Parola del Signore su questo argomento.
Il periodo per cui si è scelti come Anziani
Niente
è stato detto per ispirazione riguardo al periodo per il quale un Anziano
dovrebbe essere scelto: quindi siamo liberi di usare la ragione e il buon
senso in materia. Molte persone possono essere ritenute anziane, o
fratelli che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo nella Chiesa, e
possono essere utili e grandemente apprezzati, ma nonostante ciò non
essere fra gli anziani scelti preposti dall'Ecclesia
in qualità di suoi rappresentanti: evangelisti, maestri, pastori. Le
"donne anziane"* sono così definite varie volte dagli apostoli
con onore, senza il minimo suggerimento che alcune di esse fossero mai
state scelte quali anziane rappresentanti o maestre nella congregazione (Ecclesia). Alcuni scelti in quanto adatti al servizio dell'Ecclesia
potrebbero cessare di avere i requisiti stipulati; oppure altri, per
provvidenza divina, potrebbero raggiungere maggiore efficienza nel
servizio della Chiesa. Un anno, o parti di esso (metà o un quarto)
sembrerebbero periodi giusti per tali servizi; parti di un anno, se le
persone sono meno provate, un anno, se sono ben provate e conosciute in
modo favorevole. Mancando una legge, o persino un consiglio o suggerimento,
sta a ciascuna congregazione determinare nel miglior modo possibile la
volontà del Signore in ciascun caso.
__________
* Il
posto della Donna nella Chiesa è trattato nel Cap.v.
__________
Il numero degli Anziani
Nelle
Scritture il numero degli anziani non è limitato; ma logicamente molto
dipenderà dalla misura dell'Ecclesia
come anche dal numero a disposizione: persone competenti, ecc. (Non si
dovrebbe supporre di nessuno che
sia credente e completamente consacrato; dovrebbe aver dato prove
inequivocabili sia in parole che in fatti sia della sua fede che della sua
consacrazione ben prima di essere scelto come Anziano.) [281]
Incoraggiamo
ad avere tanti quanti sono in possesso dei requisiti descritti e a
suddividere i servizi fra di loro. Se li stimola il giusto zelo, presto
qualche tipo di attività evangelistica o missionaria li farà suoi, o farà
sua, parte del tempo di molti. Ciascuna Ecclesia
dunque dovrebbe essere un seminario teologico dal quale dovrebbero
emergere maestri efficienti in continuazione per finire nei più vasti
campi di servizio. L'Anziano che dovesse manifestare gelosia degli altri e
desiderio di impedir loro di espletare il loro servizio dovrebbero essere
considerati indegni di permanere in carica; ed ancora, nessuno
incompetente o principiante dovrebbe essere scelto a soddisfazione della
sua vanità. La Chiesa, quale membra del corpo di Cristo, deve votare come
crede che il Capo vorrebbe che votasse.
Si
dovrebbe dare un avvertimento forse affinché non si elegga un Anziano
qualora non si trovi nessuno competente per il servizio, secondo i
requisiti stabiliti dagli apostoli: è molto meglio non avere nessun
anziano che averne di incompetenti. Nel frattempo, finché non si trova un
fratello competente per il servizio, si facciano degli incontri di tipo
informale, con la Bibbia come libro di testo e con il Fratello Russell
presente in modo rappresentativo quale maestro degli Studi
Scritturistici, il vostro Anziano scelto, se lo preferite.
Chi può eleggere gli Anziani e come?
Solo l'Ecclesia
(il corpo: maschile e femminile), le Nuove Creature, sono elettori o
votanti. La "famiglia della fede" generale, credenti
che non sono stati consacrati, non hanno nulla a che vedere con tale
elezione, visto che ciò che si cerca è la scelta del Signore, attraverso
il suo "corpo", in possesso del suo Spirito. Tutti coloro che
appartengono al corpo consacrato dovrebbero votare e ciascuno di loro può
fare delle nomine in una riunione generale radunata a questo fine,
preferibilmente una settimana prima della votazione in modo da lasciare
del tempo per considerarle.
Alcuni
hanno chiesto con insistenza che il voto sia per mezzo di votazione
segreta, in modo da lasciar tutti più liberi di esprimere la loro scelta
effettiva. Noi rispondiamo che qualsiasi vantaggio ci sia in ciò è
controbilanciato da uno svantaggio: cioè, nella perdita della disciplina
e della formazione del carattere che si verifica [282] seguendo il modo
apostolico di "stendere in avanti la mano". Ciascuno dovrebbe
imparare ad essere sincero e franco, ma, allo stesso tempo, affettuoso e
mansueto. Il voto, si deve tener presente, è la scelta del Signore
espressa dai membri del suo corpo nella misura in cui sono capaci di
discernerla. Nessuno ha la libertà di eludere questo dovere o di
preferire uno anziché un altro a meno che non creda di avere, e di
esprimere, l'opinione del Signore.
Le maggioranze non sono sufficienti
Nelle
faccende del mondo la voce di una pura maggioranza decide; ma
evidentemente non dovrebbe essere così nell'Ecclesia,
o corpo, del Signore. Anzi, per quanto è fattibile, dovrebbe prevalere il
decreto della giuria e si dovrebbe cercare un verdetto o una decisione
unanime. Il fratello che riceve una mera maggioranza nella votazione si
sentirà scarsamente comodo nell'accettare il voto quale "la scelta
del Signore", non più di quanto scarsamente comoda si sentirà la
congregazione. Si dovrà cercare un altro candidato capace di attrarre
l'appoggio di tutti, o di quasi tutti, mediante una votazione dopo l'altra,
una settimana dopo l'altra, finché non si trova oppure si dovrebbe
abbandonare la cosa; oppure tutti dovrebbero accordarsi sui due o i tre o
più i quali potrebbero servire a turno e in tal modo si potrebbe venire
incontro alle idee di tutti. Ma se prevale l'amore fervente per il Signore
e per la Verità, con la preghiera per la guida e la disposizione a
preferire l'un l'altro nell'onore, laddove i talenti sono su un piede di
parità, si troverà generalmente facile essere uniti nel discernimento
riguardo alla volontà divina in materia. "Non si faccia nulla per
spirito di parte o vanagloria." "Conservate l'unità dello
Spirito col vincolo della pace." Fil. 2:3; Efes. 4:3
Lo
stesso ordine dovrebbe prevalere riguardo alla scelta degli aiutanti
chiamati diaconi e diaconesse, la cui buona reputazione dovrebbe essere
anch'essa ben considerata quale requisito. (Vedere I Tim. 3:8-13) A
costoro può venir richiesto qualsiasi servizio e dovrebbero possedere
quanti più requisiti possibili uguali a quelli richiesti per poter essere
considerati come anziani, compresa l'abilità di insegnare e le grazie
dello Spirito.
Varietà dei ministeri
Come già
visto, gli anziani possono possedere requisiti speciali in una cosa
particolare o in più: alcuni eccellono nell'esortare, alcuni
nell'insegnare, alcuni nel [283] profetizzare o nell'oratoria, alcuni come
evangelisti, nel far sorgere interesse nei non credenti, ed alcuni come
pastori nel prendersi cura della supervisione generale del gregge nei suoi
vari interessi, locali o generali. Il discorso dell'Apostolo Paolo agli
Anziani dell'Ecclesia ad Efeso
ci dà la visione generale del ministero al quale ciascun individuo deve
adattare e accomodare i propri talenti in quanto amministratore. Le sue
parole meritano grandemente attenta e devota considerazione da parte di
tutti coloro che accettano il servizio di Anziano in qualsiasi campo di
attività esso sia. Disse: "Badate, quindi, a voi stessi e a tutto il
gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha costituiti soprintendenti
[la parola che è stata resa altrove in modo errato come vescovi] per
pascere la Chiesa [Ecclesia] di
Dio." (Atti 20:28) Ah, sì! Gli anziani debbono prima di tutto badare a se stessi, affinché il poco onore della loro posizione non
li renda orgogliosi e altezzosi, e affinché non assumano per se stessi
autorità ed onori che appartengono al Capo, il Sommo Pastore. Pascere il
gregge è il campo d'azione del Signore; come sta scritto: "Come un
pastore, egli pascerà il suo gregge." (Is. 40:11) Pertanto quando
uno viene scelto come Anziano è così perché possa rappresentare il
Sommo Pastore, perché possa essere lo strumento o il canale attraverso
cui il grande Pastore del gregge possa mandare ai suoi "carne nella
dovuta stagione", "cose nuove ed antiche".
"Guai
ai pastori [custodi] che distruggono e disperdono il gregge del mio
pascolo! dice l'Eterno. Perciò così parla l'Eterno, l'Iddio d'Israele,
riguardo ai pastori [custodi] che pascono il mio popolo: Voi avete
disperse le mie pecore, le avete scacciate, e non ne avete avuto cura:
ecco, io vi punirò, per la malvagità delle vostre azioni, dice l'Eterno...Costituirò
su loro dei pastori che le pastureranno: ed esse non avranno più paura né
spavento." Ger. 23:1,2,4
Imposizione delle mani dei Presbiteri
(1)
"Non trascurare il dono [dotazione] che è in te, il quale ti fu dato
per profezia [predizione] quando ti furono imposte
le mani dal presbiterio [collegio degli anziani]." I Tim. 4:14
(2)
"E li [i sette diaconi scelti dalla Chiesa] presentarono agli
apostoli, i quali, dopo aver pregato,
imposero loro le mani." Atti 6:6
(3)
"Nella Chiesa [Ecclesia]
che era ad Antiochia, ... lo Spirito santo disse: Mettetemi a parte
Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver
digiunato e pregato, imposero loro
[284]
le mani, e li accomiatarono."Atti 13:1-3
(4)
"Non imporre le mani con
precipitazione ad alcuno, e non partecipare ai peccati altrui." I
Tim. 5:22
(5)
"E dopo che Paolo ebbe loro
imposto le mani, lo Spirito santo scese su loro e parlavano in altre
lingue e profetizzavano [predicavano]." Atti 19:6
(6)
"Allora [gli apostoli] imposero
loro le mani ed essi ricevettero
lo Spirito santo." Atti 8:17-19
(7)
"Ravviva il dono di Dio che è in te, per l'imposizione delle mie mani." II Tim. 1:6
Raccogliamo
così la testimonianza ispirata con riguardo all'imposizione delle mani
nell'Ecclesia della Nuova
Creazione. Negli ultimi tre (5, 6, 7) è evidente il riferimento al
conferimento dei "doni" comune nella Chiesa primitiva. Le mani
Apostoliche venivano così imposte su tutti i credenti consacrati ed uno o
più doni facevano seguito: "lingue", ecc. "Una certa
misura dello Spirito è data ad ogni uomo per trarne profitto."* I
primi quattro testi (1, 2, 3, 4) si possono raggruppare come facenti parte
ad un unico insegnamento generale, vale a dire come il marchio di
approvazione o di appoggio, ma non come segno di permesso o di
autorizzazione.
*Vedere
Volume V, Cap. viii.
(1)
Timoteo, "figlio" adottato di Paolo nel ministero, era già
stato battezzato ed aveva già ricevuto un dono dello Spirito santo per
mano dell'Apostolo Paolo (vedere 7) quando si era recato con Paolo a
Gerusalemme. (Atti 21:15-19) Senza dubbio, immediatamente "Giacomo e
tutti gli anziani", gli anziani-apostolici, riconoscendo la devozione
di Timoteo e l'intima affiliazione con Paolo, tutti insieme lo benedissero,
imponendo le loro mani su di lui con valore di appoggio; e il racconto
implica che essi agirono così, non secondo un'usanza comune né secondo
quanto avveniva per tutti i compagni di Paolo, ma "per profezia",
indicando che essi furono mossi a farlo a causa di qualche predizione
fatta dal Signore, o per qualche istruzione ricevuta da Lui.
(2)
Questi diaconi non furono incaricati, o autorizzati a predicare, mediante
l'imposizione delle mani degli apostoli su di loro, poiché non erano
stati scelti per essere predicatori, ma per servire alle tavole; e,
comunque, essi, per via della loro unzione dello Spirito santo, avevano già
autorità per predicare nella misura dei loro talenti e secondo [285]
l'opportunità. E senza fare menzione di licenza, o permesso, o di altra
ordinazione da parte di qualcuno, troviamo che Stefano, uno di questi
diaconi, predicava con così tanto zelo da essere stato il primo dopo il
Maestro a sigillare la sua testimonianza con il proprio sangue. Questa
imposizione delle mani evidentemente significava puramente l'approvazione
e la benedizione apostolica.
(3)
L'imposizione delle mani su Paolo e Barnaba non poteva essere stato un
permesso a predicare; poiché erano già riconosciuti come anziani ed
avevano già insegnato nella Chiesa d'Antiochia da più di un anno.
Inoltre erano andati entrambi a predicare precedentemente da altre parti.
(Paragonare Atti 9:20-29; 11:26.) Questa imposizione delle mani poteva
voler dire soltanto l'approvazione
dell'opera missionaria che stava per essere intrapresa da Paolo e
Barnaba affinché l'Ecclesia di Antiochia si unisse a loro in quella missione e
probabilmente rimborsasse i loro costi.
(4) Qui
l'Apostolo lascia intendere che un'imposizione delle mani da parte di
Timoteo su un compagno d'opera nella vigna significa l'approvazione o
l'appoggio suo: di modo che se le cose non fossero andate bene con lui
sotto qualsiasi rispetto, Timoteo sarebbe stato coinvolto nel suo demerito.
Per quanto è possibile, egli deve assicurarsi di non usare il suo
ascendente per presentare una persona che potrebbe recare del male alle
pecore del Signore, dal punto di vista morale o dottrinale.
Non si
dovrebbero correre rischi; si dovrebbe essere cauti sia nell'offrire
lettere di raccomandazione che approvazioni pubbliche nella forma di buon
augurio pubblico. Lo stesso consiglio si confà anche a tutti coloro che
appartengono al popolo del Signore in proporzione al loro grado di
influenza. Tuttavia ciò non implicava affatto che si era dipendenti dalla
previa approvazione di Timoteo per poter avere il diritto di predicare:
questo è un diritto accordato dal Signore secondo le proprie capacità a
tutti coloro che ricevono l'unzione dello Spirito santo.
Un ministero remunerato?
L'abitudine
di un ministero remunerato, così vastamente in voga ora e considerato da
molti inevitabile e indispensabile, non era la norma della Chiesa
primitiva. Nostro Signore e i suoi dodici, per quanto possiamo giudicare
dai documenti ispirati, erano [286] poveri, eccezion fatta, forse, per
Giacomo, Giovanni e Matteo. Abituati a dare di propria volontà ai Leviti,
gli Ebrei estesero evidentemente questa usanza a tutto ciò che era
religioso, che piaceva loro perché si trattava di cose di Dio. I
discepoli avevano un tesoriere generale, Giuda (Giov. 12:6; 13:29) ed
evidentemente non mancava loro mai niente; allo stesso tempo è evidente
anche che non facevano mai la
questua. Neanche un minimo accenno al riguardo si trova nei documenti
riguardanti le parole di nostro Signore. Si fidava della provvidenza del
Padre e certe donne onorabili si curavano di lui (e dei suoi) con i loro
beni. Vedere Mat. 27:55, 56; Luca 8:2,3.
Se i
discorsi e le parabole di nostro Signore fossero state infiorate di
implorazioni per i soldi, ciò avrebbe fiaccato la loro vivacità. Nulla
ci attira di più dell'altruismo evidente del Maestro e di tutti i suoi
eletti in modo speciale, con l'unica eccezione di Giuda, la cui avidità
gli costò la caduta. (Giov. 12:5,6) L'amore per i soldi, per le apparenze
e per il sistema di Babilonia della questua sono oggi molto contrari al
suo potente ascendente; e l'assenza di questo spirito tra i fedeli del
Signore ora, come alla prima venuta, dice molto a loro favore per coloro
che li studiano come epistole viventi, non capendone a fondo gli
insegnamenti. Il Signore finora ha provveduto alla sua opera di "raccolto"
in un modo piuttosto straordinario senza fare neppure una sola
implorazione per i soldi; e abbiamo fiducia che non sarà mai altrimenti,
perché crediamo che questa è l'idea del Signore.
Lasciamo
che coloro che ambiscono i lussi e il benessere di questo mondo li
ricerchino nei campi del commercio o in professioni lucrose; ma facciamo sì
che nessuno diventi ministro del Vangelo di Cristo per nessun altro motivo
che l'amore per Dio, per la sua Verità e per i suoi fratelli: un amore
che godrà nel sacrificare comodità, ricchezza e onore degli uomini, non
di malincuore ma con grande entusiasmo. Ma, ahimè! la Religione Cristiana
si è ingrandita ed è diventata mondana, e i suoi servitori vengono
onorati con titoli di Reverendo, Molto Reverendo, Reverendissimo e Dottore
in Teologia; e a questi onori e con questi titoli si accompagnano i salari:
non secondo i bisogni del ministro, ma sulla base commerciale della sua
capacità di attrarre vaste congregazioni e [287] persone ricche. Ne ha
fatto seguito il risultato naturale: "Pertanto i sacerdoti insegnano
per un salario e i profeti pertanto fanno predizioni per denaro: eppure si
appoggeranno al Signore e diranno: Non è con noi il Signore? Non ci potrà
accadere nulla di male." "I suoi guardiani sono ciechi: sono
tutti ignoranti, sono tutti "D------ D------" [ovvero cani], non
sanno abbaiare; sognano o parlano mentre dormono; pigri, amano il
sonnecchiare [la comodità]. Sì, sono cani ingordi che non sanno cosa sia
l'esser satolli; son dei pastori che non capiscono nulla: son tutti volti
alla propria via [benessere], ognuno mira al proprio interesse, dal primo
all'ultimo [denominazione]." "Si accumuleranno maestri per
prurito d'udito [per la lode degli uomini]; e distoglieranno le orecchie
dalla Verità e si volgeranno alle favole." Is. 56:10, 11; Michea
3:11; Fil. 3:2; II Tim. 4:3, 4
Alcuni
possono ragionare dicendo che si dovrebbero evitare gli estremi (grandi
salari e nessun salario) e richiamano alla memoria le parole del Signore:
"Il lavoratore è degno della sua mercede" e le parole
dell'Apostolo: "Se abbiamo seminato in voi cose spirituali, è tanto
se raccogliamo le vostre cose carnali?". Ma dobbiamo ricordare che
anche queste potentissime affermazioni della Scrittura non si riferiscono
a salari principeschi ma alle minime necessità. Così l'Apostolo illustra
con questo passo: "Non metterai la museruola al bue che trebbia il
frumento." Il bue doveva essere libero per provvedere alle sue
necessità, ma non di più. L'Apostolo ci ha dato il concetto fondamentale
del suo ministero così coronato da successo: "Non vi sarò
d'aggravio: poiché non cerco i vostri beni ma voi... E io molto
volentieri spenderò e sarò speso per voi; se io v'amo tanto, devo esser
da voi amato meno?" II Cor. 12:14, 15
Se
proseguiamo sulle orme di Gesù, esse non ci portano in direzione dei
salari: neppure se proseguiamo nelle orme del suo apostolo principale,
Paolo. Quest'ultimo, dopo aver mostrato che chiedere una remunerazione
terrena per i servizi spirituali non viola in alcun modo la giustizia, ci
parla del suo proprio modo di risolvere questa faccenda in queste parole:
"Io
non ho bramato né l'argento, né l'oro, né il vestito d'alcuno. Sì, voi
stessi sapete che queste [mie] mani hanno provveduto ai bisogni miei e di
coloro che erano con
[288] me.
In ogni cosa vi ho mostrato che è con l'affaticarsi così che bisogna
venire in aiuto ai deboli e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il
quale disse egli stesso: Più felice cosa è il dare che il ricevere."
Atti 20:33-35
"Noi non abbiamo fatto uso di questo diritto
[su di voi di chiedervi cose temporali in cambio di cose spirituali]: anzi
sopportiamo ogni cosa per non creare nessun ostacolo al vangelo di
Cristo." (I Cor. 9:12) "Quando durante il mio soggiorno fra voi
mi trovai nel bisogno, non fui d'aggravio a nessuno: perché i fratelli
venuti dalla Macedonia [spontaneamente] supplirono al mio bisogno." II Cor. 11:9
I
nostri diritti sono proprio gli stessi di quelli degli apostoli rispetto a
ciò; e la fedeltà alla causa ci dovrebbe portare a seguire i loro passi
in questa materia come in tutte. Il Signore, gli apostoli e i loro
compagni che viaggiarono e dedicarono tutto il loro tempo al ministero
della verità, accettarono contributi volontari dai loro fratelli per far
fronte alle loro spese; e, come già lasciato intendere, l'imposizione
delle mani della Chiesa d'Antiochia su Paolo e Barnaba, in procinto di
partire per il loro primo viaggio missionario, sembra aver implicato che
la Chiesa era divenuta responsabile delle spese che essi avrebbero
sostenuto e di conseguenza prese parte alla loro opera.
Non
viene lasciato intendere né direttamente né indirettamente che gli
anziani che servivano la Chiesa sul posto ricevevano un salario o del
denaro per le spese; e crediamo che si riterrà generalmente un vantaggio
se ciascuna Chiesa locale usa i servizi volontari dei suoi propri membri,
siano essi pochi o tanti, grandi o insignificanti. Questo metodo
Scritturistico è spiritualmente sano: tende a far parlare tutti i vari
membri facendo sì che esercitino i doni spirituali che hanno e a portare
tutti a guardare al Signore come al Pastore reale, più di quanto non
faccia il metodo del salario. Man mano che aumenta il numero di maestri
qualificati, facciamo sì che si imiti l'esempio della Chiesa d'Antiochia:
lasciamo che alcuni vengano inviati come missionari, distributori
ambulanti di testi religiosi, pellegrini, ecc.
Nondimeno,
se una congregazione considera che il suo proprio campo di utilità sia
vasto e che ci sia un vantaggio ad avere un fratello che dedichi tutto il
suo tempo al [289] servizio di essa e al lavoro missionario, e se essa gli
offre spontaneamente del denaro
sufficiente per coprire le sue spese, non abbiamo conoscenza di nessun
passo scritturistico che vieti di accettarlo. Ma entrambi, l'Anziano che
serve e l'Ecclesia che mantiene,
dovrebbero far sì che l'ammontare previsto non superi le spese
ragionevoli di vitto per il servitore e per coloro che sono
giustamente dipendenti da lui. Ed entrambi dovrebbero anche fare
attenzione che tutti i membri
dell'Ecclesia vengano messi all'opera e, in modo particolare, coloro che
posseggono i requisiti richiesti per essere considerati anziani;
altrimenti si svilupperà di sicuro lo spirito di Babilonia, la devozione
alla chiesa.
Disciplina nell'Ecclesia
Mat. 18:15-18
L'amministrazione
della disciplina non è solo la funzione degli anziani, ma della Chiesa
intera. Se sembra che uno sia nell'errore o nel peccato, dovrebbe far
notare lo sbaglio presunto a chi erra solo colui che ha ricevuto dei danni
da costui oppure solo il membro che ha scoperto per primo lo sbaglio. Se
colui che viene ripreso non riesce a discolparsi e continua
nell'errore o nel peccato, allora si dovrebbe chiedere a due o a tre
fratelli senza previo preconcetto di ascoltare la faccenda e di
consigliare i disputanti. (Essi possono essere Anziani o meno ma il loro
essere degli Anziani non aggiungerebbe nessuna forza né nessuna autorità
al caso eccetto per quanto riguarda il fatto che il loro giudizio potrebbe
essere più maturo e il loro ascendente più potente.) Se questo comitato
decide all'unanimità per una delle parti, l'altra parte dovrebbe
accettare e la faccenda dovrebbe essere completamente risolta effettuando
presto la correzione, o restituzione, per quanto possibile. Se uno dei
disputanti originari persiste ancora nel cammino sbagliato, colui che ha
fatto all'inizio l'accusa o uno di coloro che sono stati chiamati nel
comitato, oppure, preferibilmente, tutti costoro insieme, possono allora (ma non prima) esercitare il loro privilegio di
presentare la questione all'Ecclesia,
al corpo, alla Chiesa. In tal modo è evidente che gli Anziani non
dovevano essere in nessun senso giudici dei membri: si lasciava l'udienza
e la sentenza al corpo, o alla Chiesa, locale.
Una
volta fatti i due passi preliminari (summenzionati), una volta che i fatti
erano stati assicurati agli anziani, sarebbe stato loro compito convocare
un'assemblea generale [290] dell'Ecclesia,
o corpo consacrato, a mo' di corte,
per ascoltare il caso in tutti i particolari e, nel nome del suo Capo e
nella riverenza verso di lui, per offrire una decisione. E la faccenda
dovrebbe essere così chiara, e la persona condannata dovrebbe avere un
trattamento così generoso, che la decisione sarebbe all'unanimità, o
quasi. In tal modo si preserverebbe la pace e l'unità del corpo (l'Ecclesia).
Il pentimento fino al momento in cui si è condannati dalla Chiesa è
possibile. O meglio, assicurare il pentimento e il ravvedimento è il vero
obiettivo di ogni fase di questi procedimenti, riabilitare il trasgressore;
la sua punizione non è affatto l'obiettivo. La punizione non appartiene a
noi ma a Dio: "A me la vendetta, io darò la retribuzione, dice il
Signore." (Rom. 12:19) Se colui cha ha sbagliato si pente in
qualsiasi momento di questo procedimento, dovrebbe essere motivo di
ringraziamento e di gioia per tutti coloro che posseggono lo Spirito del
Signore e chiunque non lo possiede non è membro del suo corpo. Rom. 8:9
In
verità, anche se il trasgressore si rifiuta di dar ascolto (obbedire)
alla decisione della Chiesa intera, non si deve infliggere né tentare di
infliggere nessuna punizione. Che fare allora? La Chiesa deve
semplicemente togliergli la sua amicizia e tutti i segni o le
manifestazioni di fraternità. Da quel momento in poi il colpevole deve
essere trattato "come un pagano e un pubblicano." Mat. 18:17
In
nessun momento si debbono rendere di dominio pubblico le colpe o le
mancanze del colpevole durante questi procedimenti, provocando scandalo
per lui, per la Chiesa e per il Signore, Capo della Chiesa. Né si deve
parlare di lui duramente anche dopo la separazione; come pure non dobbiamo
rimproverare o inveire contro i pagani e i pubblicani, ma dobbiamo
"non parlar male di nessuno" e "fare del bene a tutti".
(Tito 3:2; Gal. 6:10) L'amore è la qualità che insiste sull'obbedienza
più stretta a questi due ultimi requisiti verso "tutti gli uomini":
quanto più insisterà l'amore affinché un "fratello", un
membro come lui dell'Ecclesia, il corpo di Cristo, non solo non sia danneggiato da
dichiarazioni false o travisate, ma le sue debolezze o i suoi errori
grossolani o i suoi peccati siano per di più ben coperti, perché non
siano visti non solo dal mondo non comprensivo, ma anche dalla "famiglia
della fede" e persino dalla Chiesa, fino a che non [291] si veda
assolutamente necessario il passo finale del "dirlo alla Chiesa".
Ad ogni passo lo spirito d'amore spererà che colui che ha sbagliato sia
vittima di qualche malinteso e pregherà perché la sapienza e la grazia
allontanino il peccatore dall'errore del suo cammino e così (magari)
salvino un'anima dalla morte. Giacomo 5:20
Oh, che
lo Spirito santo, spirito d'amore, possa dimorare in ogni membro
dell'Ecclesia così abbondantemente che dia dolore sentire una storia
diffamatoria contro chiunque e specialmente contro un nostro membro! Ciò
eliminerebbe immediatamente metà, o più, della frizione. E se si
seguisse il procedimento suddetto, descritto a grandi linee dal Signore,
non si arriverebbe a frequenti
processi nella chiesa: anzi, togliendo di mezzo il motivo delle animosità,
si inculcherebbe rispetto per il giudizio della Chiesa in quanto giudizio
del Signore e si darebbe ascolto e si obbedirebbe alla voce della Chiesa.
Inoltre, visto che prevarrebbe l'ordine e l'amore, possiamo star certi che
ciascuno cercherebbe per quanto possibile di "interessarsi dei fatti
propri" e non cercherebbe di rimproverare suo fratello o di
correggerlo, o di presentare la faccenda a un comitato o alla Chiesa, a
meno che la cosa non fosse di qualche importanza per quanto riguarda se
stesso, la Chiesa o la Verità.
Senza
dubbio, la maggior parte dei guai della Chiesa (come pure dei guai della
società e della famiglia) sorgono non dal desiderio di far del male, e
neppure da un male commesso senza averne l'intenzione, ma da malintesi e,
almeno, da interpretazioni parzialmente errate di intenzioni o motivi. La
lingua è la seminatrice generale di discordie; e pertanto fa parte dello
spirito di una mente sana mettere a guardia le labbra come pure il cuore,
da cui provengono sentimenti non generosi che, espressi dalle labbra,
infuocano passioni perverse e recano spesso danno a molti. La Nuova
Creazione, la Chiesa, ha istruzioni rigide su questo argomento importante
da parte del suo Signore e Capo. Il suo spirito d'amore deve riempirli
quando vanno da soli, in modo
privato, dalla persona che sta facendo del male senza conferire con altri
o parlarne con alcuno. Essi vanno non per farlo (o farla) vergognare
della sua condotta, né per rimproverarlo o [292] altrimenti punirlo,
ma per assicurarsi che il male finisca e, se possibile, per ottenere una
ricompensa per il danno già subito. Dire ad altri del male, prima o dopo,
è crudele, non affettuoso, è contrario alla Parola e allo Spirito del
nostro Capo. Non si dovrebbe parlarne neppure per cercare consiglio: abbiamo il consiglio
del Signore e dovremmo seguire quello. Se si tratta di un caso speciale,
si dovrebbe chiedere consiglio al più saggio degli anziani seguendo la
falsariga di un caso ipotetico, in modo da non svelare il vero guaio e la
vera persona che sta sbagliando.
A meno
che il guaio non sia serio, la faccenda dovrebbe limitarsi al richiamo
personale di smettere di fare il male, rivolto alla persona che sta
errando, sia che essa ascolti o si astenga dall'ascoltare, dall'arrendersi.
Ma se si ritiene necessario fare il secondo passo, non si dovrebbe dare
nessuna spiegazione del problema a coloro che vengono consultati finché
non si radunino in presenza dell'accusatore e dell'accusato. In tal modo
si eviteranno "discorsi" calunniosi e il comitato di fratelli si
porrà di fronte al caso senza prevenzione e sarà più capace di
consigliare saggiamente entrambe le parti; poiché il problema può essere
in entrambe le parti o, magari, completamente dalla parte dell'accusatore.
In tutti i casi, l'accusato sarà ben impressionato da tale trattamento
giusto e sarà più propenso ad arrendersi a tali consiglieri se quanto
sta facendo risulti anche a loro uno sbaglio. Ma sia che colui che viene
trovato in fallo dal comitato si arrenda o meno, l'intera faccenda rimane
ancora strettamente confidenziale e non se ne dovrebbe parlare con nessuno
finché, nel caso si ritenga che sia sufficientemente importante, essa
venga presentata alla Chiesa e, alla fine, giudicata. Allora per la prima
volta è di proprietà comune soltanto dei santi, e nella proporzione di
quanto santi sono non
desidereranno dire a nessuno di più di quanto è necessario riguardo alle
debolezze o ai peccati di qualcuno.*
__________
*
Inoltre vedere Cap. ix -
"Se tuo fratello pecca contro di te."
__________
Nello
svolgere le ricerche del tribunale della Chiesa, la faccenda spetta a
ciascun individuo; perciò ciascuno deve discernere la giustizia della
decisione da se solo. La pena per cui viene tolta l'amicizia è volta a
correggere nel verso della giustizia ed è prescritta dal Signore. Serve
da protezione per la Chiesa, per separare coloro che camminano [293]
disordinatamente, non secondo lo spirito dell'amore. Non deve essere
considerata come una separazione perpetua, ma semplicemente finché colui
che è condannato non riconosca e non ammetta il suo sbaglio e nella
misura in cui è capace di fare ammenda.
Accuse contro Anziani
"Non ricevere accusa contro un Anziano, se
non sulla deposizione di due o tre testimoni." I Tim. 5:19, Versione
Riveduta
L'Apostolo
in quest'affermazione riconosce due principi. (1) Che un Anziano è stato
già riconosciuto dalla congregazione come uno che possiede un carattere
buono e nobile, e come uno che è specialmente scrupoloso per quanto
riguarda la Verità, ed è devoto a Dio. (2) Che tali persone, in virtù
della loro importanza nella Chiesa, sono contrassegnati dall'Avversario
come obiettivi speciali per i suoi attacchi: obiettivi di invidia, di
malizia, di odio e di litigio da parte di alcuni, proprio come nostro
Signore preavvisò: "Non vi meravigliate se il mondo vi odia;"
"voi sapete che ha odiato me prima di odiare voi;" "Se
hanno chiamato Belzebù il Padrone di casa, quanto più chiameranno così
quelli di casa sua!" (Mat. 10:25; I Giov. 3:13; Giov. 15:18) Più
fedele e più capace è il fratello, più è quasi una copia del suo
Maestro, più giusta è la sua scelta ad essere un Anziano; e più fedele
l'Anziano, più sicuro sarà che avrà come nemici non soltanto Satana e i
suoi messaggeri, ma anche tutti quelli che Satana riuscirà a ingannare e
a indurre in errore.
Queste
ragioni dovrebbero garantire a un Anziano che non sarà condannato sulla
deposizione di una qualsiasi persona, se per il resto la sua vita appare
coerente. Per quanto riguarda la testimonianza fondata su dicerie o su una
voce, non vi si dovrebbe prestare la minima attenzione; poiché nessun
vero compagno, a conoscenza della regola del Signore (Mat. 18:15) farebbe
circolare voci o avrebbe fiducia nella parola di coloro che non terrebbero
così in considerazione le direttive del Maestro. Per essere anche solo
ascoltati, gli accusatori debbono professare di essere stati testimoni. Ed anche se due o più testimoni fanno accuse non vi
sarebbe nessun altro modo di giudicare il caso che nel modo già descritto.
Qualsiasi persona che accusi l'Anziano di qualcosa di male, dovrebbe, nel
caso la discussione personale non abbia successo, aver portato con sé
altre due o tre persone che così diventerebbero testimoni
dell'insubordinazione. Quindi la faccenda, per [294] cui non si è ancora
fatto ammenda, potrebbe essere presentata da Timoteo o da qualcun altro
alla Chiesa, ecc.
In
verità, questa accusa davanti a due o tre testimoni, essendo il requisito
come per tutti gli altri membri, lascia supporre che l'Apostolo stesse
semplicemente affermando che un Anziano dovrebbe avere ogni diritto e
privilegio garantito nei confronti di qualsiasi fratello. Può darsi che
alcuni siano propensi a sostenere che, visto che un Anziano deve avere
"una buona reputazione", non solo nella Chiesa, ma anche fuori
di essa, un Anziano dovrebbe essere chiamato in giudizio alle minime
accuse, in virtù della sua posizione influente. Ma le parole
dell'Apostolo mettono le cose in chiaro dicendo che le opportunità di un
Anziano debbono essere uguali a quelle degli altri.
Bisogna
che questa faccenda dei testimoni
si scolpisca proprio bene nella mente di ogni Nuova Creatura. A ciò che
altri affermano di sapere e a ciò che raccontano calunniosamente non si
deve nemmeno prestare attenzione, non si deve prestare ascolto. Se due o
tre, seguendo le direttive del Signore, muovono un'accusa a qualcuno (non
per maldicenza o per calunnia ma per seguire le istruzioni ricevute) alla
presenza della Chiesa, neanche in questo caso debbono essere creduti;
quella invece sarà l'occasione giusta per la Chiesa di ascoltare
la questione, ascoltare entrambe le parti, alla presenza l'una dell'altra;
e poi di esprimere una pia decisione e di dare un pio ammonimento, usando
delle parole che aiutino colui che ha fatto del male a tornare sulla via
della rettitudine e non lo respingano facendolo finire nel buio più
lontano.
Chiamate errate alla predicazione
Un
numero considerevole di persone dichiara di aver ricevuto dal Signore una chiamata
a predicare il Vangelo; magari vi aggiungono dopo un attimo che non hanno
mai saputo perché, oppure che si rendono conto di non avere
qualificazioni speciali per questo servizio, oppure che è sembrato sempre
che le circostanze impedissero loro di rispondere a quella chiamata. Se si
fanno loro delle domande sulla natura di quella "chiamata",
viene fuori che questa è stata semplicemente una fantasia o una
congettura. Uno è rimasto impressionato
ad un certo punto nel corso della propria esperienza (forse addirittura
prima di diventare Cristiano) pensando che avrebbe dovuto dedicarsi a Dio
e al suo servizio e il suo altissimo ideale del servizio di Dio è nato da
esperienze fatte nella [295] sua chiesa nominale, rappresentata dal
predicatore ai cui servizi la propria famiglia era solita andare. Un altro
ha sentito il proprio senso di approvazione profondamente toccato e si è
detto: "Come mi piacerebbe poter indossare l'abito e ricevere il
rispetto, i titoli e il salario di un predicatore, anche di secondo o
terzo ordine." Se inoltre è posseduto da una grande stima di se
stesso, si potrebbe anche essere sentito ulteriormente impressionato dal
fatto che come gli apostoli furono "uomini senza talenti e non colti",
così, probabilmente, Dio ha avuto in mente proprio lui a causa della sua
mancanza di talento e di cultura. Dio ha favorito molti di questo tipo
come pure ha favorito la sua causa, nel non aprire il varco alle ambizioni
di costoro, fraintese come sua chiamata alla predicazione.
Come già
indicato, ogni membro della Nuova Creazione è chiamato a predicare; non per ambizioni o fantasie proprie, ma per
la Parola che richiede a tutti coloro che non ricevono invano la grazia di
Dio di "proclamare le virtù
di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce."
(I Piet. 2:9) Quindi questa chiamata comprende tutti coloro che sono
generati dallo spirito della Verità, maschi e femmine, schiavi e liberi,
ricchi e poveri, colti e non istruiti, neri, mori, rossi, gialli e bianchi.
Di quale altro mandato c'è bisogno oltre a questo: "Egli ha messo
nella mia bocca un nuovo cantico", addirittura "la benignità di
Geova"? Sal. 40:3; 107:43
Vero,
il Signore scelse in modo speciale
e chiamò in modo speciale i dodici apostoli per un'opera speciale; è
anche vero che egli ha proposto che nella misura in cui il suo popolo
presterà attenzione alle sue parole egli "stabilirà le varie membra
nel corpo" come piace a lui: alcuni adibiti ad un servizio e altri ad
un altro: "a ciascuno secondo la sua capacità." (Mat 25:15) Ma
chiaramente ci mostra che molti cercheranno di "stabilirsi"
come maestri; che è il dovere della Chiesa di guardare continuamente a
lui come al suo vero Capo e Leader e non di incoraggiare i fratelli
ambiziosi egoisti; che trascurare questo dovere vuol dire trascurare le
sue parole; quindi mancanza di amore e di obbedienza; e che trascurare
questo dovere sarà sicuramente a svantaggio spirituale di una tale Ecclesia, come pure a svantaggio dei maestri autoproclamatisi tali.
Il
[296] regolamento del Signore su tale argomento è stabilito chiaramente
con queste parole: "Chi si abbassa sarà innalzato; e chi si innalza
sarà abbassato." (Luca 14:11) La Chiesa deve seguire questo
regolamento, questa idea dello Spirito, in tutte le faccende in cui
cercherà di conoscere ed obbedire il suo Signore. Il metodo del Signore
è di far avanzare soltanto colui il cui zelo e la cui fedeltà e
perseveranza nel fare il bene si sono rivelati nelle piccole cose.
"Chi è fedele nelle cose minime, è pur fedele nelle grandi."
(Luca 16:10) Sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte
cose." (Mat. 25:21, 23) C'è sempre molto spazio ai piedi della scala
dell'onore. Chi vuole, non dovrà stare a lungo senza opportunità di
servire il Signore, la Verità e i fratelli in modi umili che vengono
disdegnati e trascurati dagli spiriti orgogliosi, in cerca di servizio più
onorevole agli occhi degli uomini. Coloro che sono fedeli godranno di
qualsiasi servizio e il Signore spalancherà per loro porte di opportunità
sempre più grandi. Così la sua volontà, esemplificando la sapienza che
viene dall'alto, deve essere seguita da ogni membro della Nuova Creazione,
specialmente nella votazione, nell'imposizione delle mani quale membro del
corpo di Cristo per esprimere la volontà del Capo.
Si
dovrebbe ignorare un fratello egoista, per quanto possa essere capace; e
si dovrebbe scegliere per Anziano un fratello meno capace, ma umile. Un
rimprovero così delicato dovrebbe essere di beneficio a tutti, anche se
non si dovrebbe far parola sulle ragioni che sono in gioco. E nel caso che
un Anziano capace dia segni di spirito dittatoriale, o sia propenso a
considerarsi al di sopra della Chiesa e appartenente ad una classe
distinta, oppure insinui di essere in possesso di un diritto divino
all'insegnamento non proveniente dall'Ecclesia
(Chiesa), sarebbe una gentilezza nei suoi confronti come pure un dovere
verso di lui porlo in una parte del servizio meno rilevante oppure
esonerarlo da tutti i servizi speciali per un certo tempo finché non
riceva questo rimprovero delicato e si riesca a districare dall'insidia
dell'Avversario.
Tutti
si debbono ricordare che, come le altre facoltà, sia nella Chiesa che nel
mondo è necessaria l'ambizione;
ma che nella Nuova Creazione non deve essere [297] un'ambizione egoista ad
essere qualcosa di grande e di importante, ma un'ambizione piena d'amore a
servire il Signore e il suo popolo, perfino i più umili. Tutti sappiamo
come l'ambizione portò alla caduta di Satana: dal favore e dal servizio
di Dio alla posizione di nemico del suo Creatore e antagonista di tutti i
suoi regolamenti giusti. Similmente tutti coloro che adottano la sua linea
d'azione, dicendo: "Salirò più in alto delle stelle di Dio [mi stabilirò
al di sopra di altri fra i figli di Dio], sarò come l'Altissimo [un
comandante fra di loro, un usurpatore dell'autorità divina senza nomina
divina e in modo contrario al regolamento divino]", certamente
saranno vittime della disapprovazione divina e, in proporzione,
dell'alienazione dal Signore. E l'influenza di tale persona, come quella
di Satana, è sicuramente dannosa. Come Satana sarebbe un maestro non
sicuro, così tutti coloro che posseggono la sua disposizione portano
certamente alle tenebre anziché alla luce; perché non sono
nell'atteggiamento adatto a ricevere la luce e ad essere impiegati come
messaggeri di essa agli altri.
Quindi
ogni volta che un fratello si sente sicuro di essere chiamato alla
predicazione in una capacità pubblica laddove non sia stato aperto nessun
accesso al servizio nella maniera stabilita, se egli è propenso a
costringere la Chiesa ad accettarlo senza la richiesta quasi unanime di
questa, o se è stato scelto per la posizione di leader o di Anziano e
cerca di mantenere questa posizione e di considerarla sua per diritto,
senza, di tanto in tanto, i voti normali della Chiesa con la richiesta di
continuazione del suo servizio, possiamo ritenere o che quel fratello non
ha rispettato le regole del caso oppure che ha uno stato d'animo sbagliato,
egoista che non si confà a nessun servizio nell'Ecclesia.
Sia in un caso che nell'altro, la linea da seguire è alla prima occasione
giusta quella di fare un cambiamento
per avere un'elezione; e, come già suggerito, la prima domenica dell'anno
o di un trimestre sarebbe un momento appropriato e una data facile da
ricordare.
"Ammonire i disordinati"
"Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i
disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, ad esser
longanimi verso tutti. Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male;
anzi procacciate sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti."
I Tess. 5:14, 15
Questa
[298] esortazione non è per gli anziani, ma per la Chiesa intera, inclusi
gli anziani. Prende atto del fatto che sebbene la Chiesa intera, quale
Nuova Creazione di Dio, abbia una buona reputazione al suo cospetto quali
Nuove Creature in Gesù Cristo, cionondimeno essa sia singolarmente che
come gruppo ha le sue imperfezioni per quanto concerne la carne. Inoltre
rende evidente ciò che tutti riconosciamo, vale a dire che ci sono
differenze nei gradi e nei generi delle imperfezioni carnali; così che,
come per i figli di una famiglia terrena si richiedono ai genitori
trattamenti diversi a seconda delle loro disposizioni diverse, molto di più
ciò avviene nella famiglia di Dio dove le differenze di disposizione sono
così vaste da richiedere una considerazione vicendevole speciale.
Prendere nota delle imperfezioni vicendevoli, dal punto di vista della
critica, sarebbe provocare molto danno a noi stessi, coltivando nei nostri
cuori una disposizione criticona, sempre pronta a ravvisare le debolezze e
le imperfezioni di altri e, proporzionalmente, forse, propensa ad essere
cieca ai nostri stessi difetti. Tale critica è completamente estranea
allo spirito e all'intenzione dell'esortazione dell'Apostolo.
Ci si
è rivolti a coloro che sono stati generati dallo spirito della verità,
dallo spirito di santità, dallo spirito di umiltà, dallo spirito d'amore.
Costoro, pertanto, man mano che crescono nelle grazie dello Spirito,
temeranno e criticheranno principalmente i propri difetti, mentre il loro
amore per gli altri li porterà, mentalmente, a scusarli e a far loro
delle concessioni il più possibile. Ma mentre questo spirito d'amore
condona giustamente le offese e le debolezze dei fratelli, nondimeno deve
stare all'erta perché faccia loro del bene, non mediante litigi,
discordie, alterchi, rimproveri, il trovare da ridire su tutto e il fare
della maldicenza reciproca, ma in una maniera tale da essere approvata
dalla Regola d'oro. Con mansuetudine, mitezza, tolleranza e pazienza
cercherà di fare concessioni l'uno verso l'altro e allo stesso tempo
cercherà di aiutare ad uscir fuori da esse, ciascuno ricordandosi delle
proprie debolezze di un tipo o dell'altro.
I disordinati
non debbono essere confortati, appoggiati e incoraggiati nel cammino
sbagliato; ma nella benevolenza, nell'amore, debbono essere ammoniti
ricordando loro che Dio è un Dio dell'ordine; e che in proporzione di
quanto cresciamo a [299] sua immagine e nel suo favore, noi dobbiamo
osservare le regole dell'ordine. Si dovrebbe ammonirli dicendo loro che
non c'è niente più lontano dall'ordinamento divino che l'anarchia; e che
come anche le persone del mondo riconoscono il principio secondo cui la
peggior forma immaginabile di governo è preferibile all'anarchia, tanto
più il popolo di Dio, che ha ricevuto lo spirito di una mente sana, lo
Spirito santo, dovrebbe riconoscere questo stesso principio nella Chiesa;
e l'Apostolo ci esorta a sottometterci l'uno all'altro per gli interessi
generali della causa del Signore. Se fossimo tutti perfetti e se il nostro
giudizio riguardante la volontà del Signore fosse perfetto, penseremmo
tutti esattamente allo stesso modo, non ci sarebbe nessuna necessità
particolare di sottometterci l'uno all'altro. Dato però che il nostro
giudizio è diverso, è necessario che ciascuno prenda in considerazione
l'altro e il punto di vista da cui l'altro osserva e giudica e che
ciascuno cerchi di cedere qualcosa nell'interesse della pace generale, sì,
di cedere tutto pur di preservare l'unità dello Spirito nei vincoli della
pace nel corpo di Cristo, eccetto laddove il principio fosse violato da
tale azione.
Forse i
disordinati o i male organizzati non sono interamente da incolpare per
questa condizione. Molte persone sono male organizzate di nascita e
propense ad essere tali nell'abbigliamento e in tutti i loro affari della
vita. La mancanza di ordine, quindi, è parte della loro debolezza di cui
si dovrebbe avere compassione, con mansuetudine, ma, nondimeno, non si
dovrebbe permettere loro di recare danno alla Chiesa di Dio, di ostacolare
la sua utilità, di impedire la sua cooperazione nello studio e nel
servizio della Verità. Non è la volontà di Dio che il suo popolo abbia
quella mitezza che non sarebbe altro che debolezza nel trattare con le
persone male organizzate. Con mansuetudine, con amore, ma con fermezza, si
dovrebbe mostrar loro che, visto che l'ordine è la prima legge del cielo,
esso dovrebbe essere molto stimato tra coloro che hanno la mente rivolta
verso il cielo; e che sarebbe peccaminoso per la congregazione permettere
ad uno o a due o a più dei suoi membri di fare violenza ai regolamenti
divini, come espresso nella Parola di Dio e come generalmente capito dalla
congregazione con la quale tale persona è affiliata.
Ammonimento non un ordine generale
Sarebbe
[300] un grande errore, tuttavia supporre che l'Apostolo, nell'usare
questo linguaggio generale verso la Chiesa, volesse dire che ciascun
individuo della Chiesa avrebbe dovuto rivolgere tale ammonimento. Ammonire
in modo saggio, in modo che sia di aiuto, è una faccenda veramente molto
delicata e incredibilmente pochi hanno il talento di farlo. L'elezione
degli anziani da parte delle congregazioni è intesa con il significato
dell'elezione di coloro che fanno parte del numero di chi possiede la
misura più grande di sviluppo spirituale, insieme alle qualificazioni
naturali a costituirli rappresentanti della congregazione, non solo
rispetto alla conduzione degli incontri, ecc. ma anche rispetto al
mantenere l'ordine negli incontri e all'ammonire i disordinati in modo
saggio, con mitezza, con fermezza. Che questo sia il pensiero
dell'Apostolo è mostrato chiaramente nei due versetti precedenti, in cui
si dice:
"Fratelli, vi preghiamo di avere in
considerazione coloro che faticano fra voi, che vi son preposti nel
Signore e vi ammoniscono, e di tenerli in grande stima ed amarli a motivo
dell'opera loro. E vivete in pace fra voi." I Tess. 5:12, 13
Se si
è cercata la sapienza divina appropriatamente e se essa si è esercitata
appropriatamente nella scelta degli anziani di una congregazione, segue
che coloro che sono stati scelti in tal modo erano persone tenute in
grande stima; e visto che non si debbono scegliere dei principianti, ne
segue che costoro sono stati apprezzati e scelti per il lavoro da loro
svolto, perché è stato capito dai fratelli che essi avevano una misura
considerevole dello Spirito santo d'amore, di saggezza e di mitezza, oltre
a certi doti e qualificazioni naturali per questo servizio. "Vivere
in pace fra voi", come esorta l'Apostolo, significherebbe che, avendo
scelto questi anziani perché fossero i rappresentanti della congregazione,
il corpo in generale badi a loro nello svolgimento del servizio per il quale sono stati
scelti e non cerchi di assumersi individualmente il compito di essere
uno che rimprovera, o uno che ammonisce, ecc. In verità, come abbiamo già
visto, il popolo del Signore non si deve giudicare a vicenda a livello
personale; e solo la congregazione nel suo insieme può escludere uno del
gruppo dalla comunione e dai privilegi dell'incontro. E ciò, abbiamo
visto, può solo verificarsi dopo che si son fatti vari [301] passi di
natura più privata: dopo che tutti gli sforzi per provocare un
cambiamento si sono dimostrati vani, e gli interessi della Chiesa in
generale sono stati minacciati per via del cammino sbagliato del
trasgressore. Ma nel testo che è di fronte a noi l'Apostolo esorta
affinché la congregazione "conosca", cioè prenda nota, badi a,
coloro che essi hanno scelto come loro rappresentanti e si aspetti che
costoro si prendano cura degli interessi della Chiesa e rivolgano
l'ammonimento ai disordinati, fino al punto in cui le cose dovessero
diventare alquanto serie da presentarle alla Chiesa nella sua funzione di
tribunale.
Rare le riprovazioni in pubblico
In
alcune circostanze questo ammonire si potrebbe fare in pubblico davanti
alla congregazione, come suggerisce a Timoteo l'Apostolo: "Quelli che
peccano [in pubblico] riprendili in presenza di tutti, onde anche gli
altri abbian timore." (I Tim. 5:20) Tale riprovazione in pubblico
indica necessariamente un peccato
pubblico di natura grave. Per una deviazione relativamente leggera dal
regolamento riguardante l'ordine, gli anziani, secondo la legge dell'amore,
e la Regola d'oro, dovranno sicuramente "avere considerazione l'uno
per l'altro per incitare all'amore e alle opere buone", e avendo
questa considerazione sapranno che una parola in privato sarà
probabilmente più utile all'individuo che una riprovazione in pubblico,
che potrebbe dar luogo ad un taglio o una ferita o un danno per una natura
sensibile laddove non sarebbe stato necessario produrre quella ferita e
laddove l'amore avrebbe potuto suggerire un cammino diverso. Ma anche se
un Anziano dovesse riprovare un peccato serio in pubblico, dovrebbe essere
fatto, cionondimeno, con amore e con un desiderio che colui che riceve la
riprovazione si possa correggere ed aiutare a riabilitarsi e non con un
desiderio di renderlo odioso e di scartarlo. Né, in verità, rientra nei
compiti dell'Anziano riprovare qualche persona al punto tale da escluderla
dai privilegi della congregazione. Un tipo di riprovazione simile può
venire soltanto dalla Chiesa nel suo insieme ed anche così solo dopo aver
ascoltato per intero il caso, durante il quale uno ha la possibilità
completa o di difendersi o di fare ammenda dei suoi comportamenti ed
essere perdonato. La Chiesa, l'Ecclesia,
i consacrati del Signore, [302] sono nel loro insieme i suoi
rappresentanti e l'Anziano è semplicemente il rappresentante della Chiesa,
l'idea migliore che la Chiesa ha della scelta del Signore. La Chiesa
dunque, e non gli anziani, costituisce il tribunale di ultima istanza in
tutte le faccende di questo tipo; perciò la linea di azione di un anziano
è sempre soggetta a revisioni e a correzioni da parte della Chiesa,
secondo il giudizio congiunto della volontà del Signore.
Mentre
consideriamo questa fase della questione, possiamo fermarci un momento per
cercare di sapere fino a che punto la Chiesa debba direttamente o
indirettamente, o attraverso i suoi anziani, esercitare questo dovere di
ammonire i disordinati ed, infine, di escluderli dall'assemblea. Non
rientra nel potere della Chiesa escludere su una base permanente. Il
fratello che, avendo offeso un membro fratello oppure l'intero corpo della
Chiesa, ritorna un'altra volta e dice: "Mi pento degli sbagli che ho
compiuto e prometto i miei migliori sforzi per agire bene in futuro",
o una cosa equivalente, deve essere perdonato completamente, senza riserve,
di tutto cuore come speriamo che il Signore perdoni le offese di tutti.
Nessuno se non il Signore ha il potere o l'autorità di tagliar fuori un
individuo per sempre, il potere di recidere un ramo dalla Vite. Ci è dato
di conoscere che c'è un peccato che porta alla morte per il quale è
inutile pregare (I Giovanni 5:16); e ci dobbiamo aspettare che un tale
peccato intenzionale visto che comporta la sentenza della Seconda Morte
sarà così chiaro, così flagrante, da essere riconosciuto immediatamente
da coloro che sono in comunione con il Signore. Non dobbiamo giudicare
nessuno per quello che hanno in cuore poiché non possiamo leggere i cuori;
tuttavia, se commettono un peccato intenzionale che porta alla morte,
diventerà sicuramente chiaro esternamente: mediante le loro labbra, se si
tratta di trasgressioni dottrinali, che negano il sangue prezioso
dell'espiazione; oppure mediante i loro atti immorali, se si sono messi a
camminare per la via della carne "come la scrofa che è stata lavata
e che ritorna a rotolarsi nel pantano". È con individui come costoro,
cui si fa riferimento in Ebr. 6:4-8; 10:26-31, che l'Apostolo ci avvisa di
non avere niente a che fare: né mangiare con loro, né riceverli nelle
nostre case, né salutarli (II Giovanni 9-11); perché coloro che si
assoceranno con essi o li saluteranno saranno considerati come [303]
persone che si mettono dalla parte dei nemici di Dio e compartecipi delle
azioni malvagie o delle dottrine malvagie, a seconda dei casi.
Ma con
gli altri, i quali "camminano in modo disorganizzato", la regola
è molto diversa. Tale fratello o sorella esclusi non dovranno essere
trattati come un nemico né considerati tali; invece se un fratello
sbaglia, come l'Apostolo dice più avanti in questa stessa epistola:
"Se qualcuno non ubbidisce a quel che diciamo in questa epistola [se
disordinatamente, non volendosi sottomettere a un ragionamento sano e a
dei regolamenti amorosi e generosi sull'ordine] notatelo quel tale, e non
abbiate relazione con lui, affinché si vergogni; però non lo tenete per
nemico, ma ammonitelo come fratello." (II Tess. 3:14, 15) Un caso
come questo comporta qualche opposizione aperta, pubblica da parte del
fratello ai regolamenti di ordine stabiliti dall'Apostolo, quale portavoce
del Signore; e tale opposizione pubblica a principi giusti dovrebbe essere
rimproverata dalla congregazione, nel caso in cui dovessero decidere che
il fratello è così fuori linea che necessita di un ammonimento; e se non
acconsente alla forma di parole sane, mandateci da nostro Signore
attraverso l'Apostolo, egli dovrebbe essere considerato così in
disarmonia da non potersi ritenere più una cosa appropriata per lui stare
in comunione con i fratelli finché non sia d'accordo con questi requisiti
ragionevoli. I fratelli non dovrebbero passare accanto a lui per strada
ignorandolo, ma dovrebbero trattarlo cortesemente. L'esclusione dovrebbe
riguardare semplicemente i privilegi dell'assemblea e qualsiasi
associazione speciale con i fratelli, ecc. pertinenti ai fedeli. Ciò è
sottinteso anche nelle parole del Signore: "Che sia per te come un
pagano e un pubblicano." Nostro Signore non intendeva dire che
dovremmo recare danno a un pagano o a un pubblicano, né semplicemente
trattare l'uno o l'altro in modo sgarbato; ma semplicemente che non
dovremmo ammetterli in comunità come fratelli, né cercare che si confidino, né come Nuove Creature
dovremmo fare le nostre confidenze a loro. La famiglia della fede deve
essere cementata e tenuta insieme dall'amore e dalla compassione
vicendevole, come pure dalle espressioni che ne derivano in vari modi. È
dalla mancanza di tali privilegi e benedizioni che si fa soffrire il
fratello escluso finché non senta che deve ravvedersi e ritornare alla
[304] riunione della famiglia. C'è un suggerimento a questo proposito
rispetto al calore, alla cordialità, al vero senso di fraternità, che
dovrebbe prevalere tra coloro che sono membri del corpo del Signore.
"Confortate i deboli di mente"
Continuando
il nostro esame delle parole dell'Apostolo nel nostro testo, notiamo che
la Chiesa deve confortare i deboli di mente. Pertanto ci rendiamo conto
che il ricevere lo Spirito santo non trasforma i nostri corpi mortali al
punto da superare completamente le nostre debolezze. Ci sono alcuni con
menti deboli, come altri con corpi deboli, e ciascuno ha bisogno di
compassione a seconda della propria debolezza. Le menti deboli non si
dovevano curare miracolosamente; né ci dovremmo aspettare che poiché le
menti di alcuni sono deboli e incapaci di cogliere tutta la lunghezza,
l'ampiezza, l'altezza e la profondità del piano divino, per questo motivo
essi non facciano parte del corpo. Anzi, come il Signore per la sua Chiesa
non cerca semplicemente coloro che sono fisicamente ben sviluppati, forti
e robusti, così allo stesso modo non cerca semplicemente quelli che nella
mente sono forti e robusti, capaci di ragionare ed analizzare nei minimi
particolari, in modo completo, ogni aspetto del piano divino. Nel corpo ci
saranno coloro che saranno qualificati in tal senso, ma altri sono di
mente debole e non raggiungono neppure lo standard medio del sapere. Che
conforto dovremmo dare a costoro? Rispondiamo che gli anziani, nel
presentare la Verità, e tutti coloro che appartengono alla Chiesa nei
rapporti che hanno l'uno con l'altro, dovrebbero confortare queste persone,
non necessariamente nel mettere in evidenza il loro essere deboli di mente
e nel condonarlo, ma piuttosto secondo linee generali, nel non aspettarsi
lo stesso grado di abilità e di discernimento intellettuale che c'è nei
membri della famiglia di Dio. Nessuno dovrebbe affermare che coloro che
hanno simili handicap non facciano pertanto parte del corpo.
La
lezione è la stessa se accettiamo la lettura corretta: "Confortate i
pusillanimi." Ad alcuni per natura manca il coraggio e lo spirito
combattivo e, con una volontà così buona e dei cuori così leali, non
possono "essere forti nel Signore" allo stesso modo di altri
membri del corpo, né "combattere la buona battaglia della fede"
allo scoperto. Il [305] Signore, tuttavia, deve vedere la loro volontà,
la loro intenzione di essere coraggiosi e leali e così dovrebbero fare i
fratelli, se vogliono raggiungere il rango di vincitori.
Tutti
dovrebbero riconoscere che il giudizio del Signore riguardo al suo popolo
è fatto a seconda dei cuori delle persone e che questi deboli di mente o
pusillanimi hanno posseduto una sufficienza di attività mentale e di
volontà tale da cogliere i punti fondamentali del piano divino di
redenzione mediante Gesù Cristo e della loro giustificazione agli occhi
di Dio mediante la fede nel Redentore. Se su questa base si sforzano di
vivere una vita di consacrazione al Signore, essi debbono essere trattati
in ogni modo che permetta loro di sentire che essi sono pienamente e
completamente membri del corpo di Cristo; e che il fatto che essi non
possano esporre o non possano discernere forse con chiarezza ogni aspetto
del piano divino dal punto di vista intellettuale e difenderlo
coraggiosamente come fanno gli altri, non deve essere considerato come una
messa in dubbio della loro accettazione presso il Signore. Dovrebbero
essere incoraggiati a persistere nella via di abnegazione al servizio
divino, facendo quelle cose che capitano loro fra le mani, per la gloria
di Dio e la benedizione del suo popolo, confortati al pensiero che al
tempo opportuno tutti coloro che vivono in Cristo e coltivano i frutti del
suo Spirito, che camminano sui suoi passi di sacrificio avranno corpi
nuovi con capacità perfetta, nei quali tutti i membri potranno conoscere
come sono conosciuti, e nel frattempo il Signore ci assicura che la sua
forza appare più pienamente nella nostra debolezza.
"Aiutate i deboli"
Questo
comporta che ci siano alcuni nella Chiesa più deboli di altri; non
semplicemente più deboli fisicamente, ma più deboli spiritualmente, nel
senso che posseggono degli organismi degenerati in modo tale che come
Nuove Creature incontrano difficoltà maggiori nella crescita e nello
sviluppo spirituale. Costoro non debbono essere rigettati dal corpo, ma
anzi dobbiamo capire che se il Signore li ha ritenuti degni di conoscere
la sua grazia, significa che egli li può rendere vittoriosi attraverso di
lui che ci ha amati e ci ha acquistati con il suo sangue prezioso. Debbono
[306] essere aiutati con promesse come quelle offerte dalle Scritture che
dicono che quando siamo deboli in noi stessi possiamo essere forti nel
Signore e nel potere della sua potenza, gettando tutte le nostre
preoccupazioni su di lui e per mezzo della fede beneficiando della sua
grazia; che nell'ora della debolezza e della tentazione, essi scopriranno
che si è avverata questa promessa: "La mia grazia è sufficiente per
te; la mia forza è resa perfetta nella debolezza." L'intera
congregazione può assistere in questa opera di conforto e di aiuto anche
se, naturalmente, gli anziani hanno un incarico e una responsabilità
speciali verso costoro, perché essi sono i rappresentanti della Chiesa e,
perciò, del Signore. L'Apostolo,
parlando dei vari membri del corpo, dopo aver parlato di pastori e di
maestri, parla di "assistenze". (I Cor. 12:28) Evidentemente il
piacere buono del Signore sarebbe quello che ogni membro della Chiesa
cercasse di occupare un tale posto di utilità, non solo nell'aiuto agli
anziani scelti quali rappresentanti della Chiesa, ma anche nell'aiuto
vicendevole, facendo del bene a tutti man mano che se ne presenta
l'opportunità, e specialmente alla famiglia della fede.
"Pazienti verso tutti"
Nell'obbedire
a questa esortazione ad esercitare pazienza verso l'un l'altro in tutte le
circostanze, le Nuove Creature scopriranno che non solo stanno esercitando
l'atteggiamento giusto verso l'un l'altro, ma che stanno coltivando in se
stessi una delle maggiori grazie dello Spirito santo: la pazienza. La
pazienza è una grazia dello Spirito che troverà opportunità abbondante
di pratica in tutti gli affari della vita, nei confronti di quanti sono
fuori della Chiesa come pure verso coloro che sono dentro di essa. È bene
ricordare che il mondo intero ha
diritto alla nostra pazienza. Noi discerniamo questa cosa solo man
mano che otteniamo chiare visioni della condizione della creazione che
geme, rivelataci attraverso le Scritture. In esse vediamo la storia della
caduta, e come tutti ne sono stati danneggiati. In esse vediamo la
pazienza di Dio verso i peccatori e il suo magnifico amore nella loro
redenzione, nei provvedimenti da lui presi, non solo per la [307]
benedizione e l'elevamento della sua Chiesa dal fango melmoso e
dall'orribile abisso del peccato e della morte, ma anche nei provvedimenti
gloriosi per il mondo intero dell'umanità. In essa vediamo anche che la
grande difficoltà per il mondo sta nel fatto che esso è sotto le
illusioni dell'Avversario, "il dio di questo mondo", che ora lo
cieca e lo inganna. II Cor. 4:4
Sicuramente
conoscere ciò ci dovrebbe dare pazienza! E se abbiamo pazienza con il
mondo, molta più pazienza dovremmo avere con coloro che non sono più del
mondo, ma che hanno raggiunto per la grazia di Dio le condizioni del suo
perdono in Gesù Cristo, sono stati adottati nella sua famiglia ed ora
stanno cercando di camminare sui suoi passi. Che pazienza amorosa e
tollerante dovremmo avere verso
questi compagni discepoli, membri del corpo del Signore! Sicuramente non potremmo avere altro che pazienza verso di loro; e sicuramente il
nostro Signore e Maestro disapproverebbe in modo speciale e in qualche
modo rimprovererebbe l'impazienza verso chiunque di loro. Inoltre, abbiamo
grande bisogno di pazienza anche nel trattare con noi stessi sotto la
sofferenza, le debolezze e le battaglie attuali con il mondo, la carne e
l'Avversario. Imparare a capire questi fatti aiuterà a renderci più
pazienti verso tutti.
"Fate attenzione che nessuno renda male per
male"
Questo
è più di un consiglio
individuale: è un comando, rivolto alla Chiesa nel suo insieme e si
applica a ciascuna congregazione del popolo del Signore. Sottintende che
se alcuni della famiglia della fede hanno la disposizione a vendicarsi, a
fare rappresaglie, a rendere male per male, o contro membri fratelli o
contro persone di fuori, la Chiesa non agirà facendo la parte di
ficcanaso nel prendere nota di tale comportamento. È dovere della Chiesa fare
attenzione a questo. "Fate
attenzione che nessun uomo renda male per male" significa
prestare attenzione che questo spirito giusto sia osservato in mezzo a voi
tra i fratelli. Se, perciò, gli anziani dovessero venire a conoscenza di
occasioni simili che ricadono sotto questo comando, dovrebbe essere loro
dovere ammonire benevolmente i [308] fratelli o le sorelle per quanto
riguarda la Parola del Signore; e, se non ascolteranno, dovrebbe essere
dovere dei suddetti presentare la faccenda alla congregazione, ecc., ecc.
Ed ecco il mandato della Chiesa di prendere atto di tale linea di condotta
non appropriata da parte di chiunque. Non dobbiamo solo guardarci così a
vicenda, e fare attenzione gli uni agli altri con tenero interesse, per
controllare che non si facciano dei passi indietro, ma, anzi, dovremmo
fare attenzione che tutti seguano ciò che è buono. Dovremmo rallegrarci
e lodare ogni segno di progresso in un modo giusto, dandogli il nostro
appoggio come individui e come congregazioni del popolo del Signore.
Facendo così, come suggerisce l'Apostolo, possiamo godere per sempre e
con buon motivo; per via di questo mutuo aiuto il corpo di Cristo stesso
crescerà in amore, diventando sempre di più a somiglianza del Capo e
diventando sempre più adatto per la coeredità insieme a lui nel Regno.
"Facciamo attenzione gli uni agli altri per
incitarci
a carità e a buone opere"
—Ebr.
10:24—
Che bel
pensiero pieno d'amore è espresso qui! Mentre altri prendono in
considerazione i propri compagni per trovare colpe o scoraggiarli, oppure
per approfittarsi delle loro debolezze, la Nuova Creazione deve fare il
contrario: studiare attentamente le disposizioni l'uno dell'altro con lo
scopo di evitare di dire o di fare cose che possono ferire inutilmente,
accendere l'ira, ecc. e con lo scopo invece di incitarli a carità e a una
buona condotta.
E perché
no? Non è tutto l'atteggiamento del mondo, la carne e il diavolo che
provocano invidia, egoismo, gelosia, e non sono pieni di malvagia
attrazione per il peccato: di pensiero, parola e opera? Perché, allora,
non dovrebbero le Nuove Creature del corpo di Cristo non solo astenersi da
tali provocazioni verso se stesse e verso altri, ma impegnarsi a dar vita
o ad incitare nella direzione opposta, verso la carità e le opere buone?
Di sicuro ciò, come ogni ammonimento ed esortazione della Parola di Dio,
è ragionevole e proficuo.
"La nostra comune adunanza"
"Non [309] abbandonando la nostra comune adunanza, come
alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda, e tanto più che vedete
avvicinarsi il gran giorno." Ebr. 10:25
Il
comando del Signore, attraverso l'Apostolo, per quanto riguarda l'adunanza
del suo popolo, è in pieno accordo con le sue stesse parole: "Dove
due o tre sono radunati nel nome mio, ivi sono io in mezzo a loro."
(Mat. 18:20) L'obiettivo di queste adunanze è indicato chiaramente;
servono per l'edificazione vicendevole nelle cose spirituali: occasioni
per provocare o incitare l'un l'altro ad una carità sempre maggiore verso
il Signore e l'uno verso l'altro, come anche per un maggior numero di
opere buone di ogni tipo che glorifichino nostro Padre, che benedicano i
fratelli e che facciano del bene a tutti gli uomini man mano che se ne
presenta l'occasione. Se colui che dice: "Amo Dio", e nonostante
ciò odia suo fratello, se costui non sa quel che dice e inganna se stesso
(I Giovanni 4:20), similmente, crediamo, sono nell'errore coloro che
dicono: "Desidero ardentemente essere con il Signore e godere della
sua benedizione e della fratellanza con lui" se contemporaneamente
trascurano le opportunità di incontrarsi con i fratelli e non godono
della loro compagnia e della fratellanza con loro.
È
nella natura delle cose che ciascun essere umano debba cercare qualche
forma di compagnia; e l'esperienza afferma la verità del proverbio che
dice: "Ognuno va col proprio simile." Perciò se non viene
capita, agognata e cercata la fratellanza di coloro che hanno la mente
rivolta alle cose spirituali, se non miglioriamo le opportunità per
goderla, possiamo star certi che queste non sono indicazioni sane per
quanto concerne la nostra condizione spirituale. L'uomo naturale ama e
gode l'associazione e la compagnia naturale e pianifica e programma con i
propri soci faccende che hanno a che vedere con l'attività commerciale e
con i piaceri, anche se le loro speranze e i loro piani mondani comuni
sono davvero molto limitati al confronto delle speranze eccezionalmente
grandi e preziose della Nuova Creazione. Man mano che le nostre menti
diventano trasformate dal rinnovamento dello Spirito santo, il nostro
appetito per la fratellanza non è distrutto ma semplicemente orientato
verso nuovi canali, dove troviamo un magnifico campo per la [310]
fratellanza, le ricerche, le discussioni e il divertimento: la storia del
peccato e della creazione che geme, passata e presente, la documentazione
di Dio della redenzione e la liberazione che sta per venire della
creazione che geme, la nostra chiamata eminente alla coeredità con il
Signore: evidenze che la nostra liberazione sta avvicinandosi, ecc. Che
campo abbondante per il pensiero, per lo studio, per la fratellanza e la
comunione!
Non c'è
da meravigliarsi se diciamo che colui che non capisce il privilegio di
incontrarsi con altri per parlare di tali soggetti è spiritualmente
malato, sotto alcuni rispetti, sia che egli sia capace di diagnosticare il
suo male o meno. Può darsi che sia malato di una specie di orgoglio e di
autosufficienza spirituali, che lo portano a dire a se stesso: "Non
ho bisogno di andare alla scuola comune di Cristo, perché mi venga
impartito l'insegnamento insieme ad altri seguaci; prenderò lezioni
private dal Signore a casa, ed egli mi insegnerà separatamente, lezioni
più profonde e più spirituali. Molti sembra che siano afflitti da questo
egotismo spirituale: immaginare se stessi meglio degli altri fratelli del
Signore e immaginare che egli lasci la sua usanza abituale e si allontani
dalle linee tracciate nella sua Parola, per servire loro in una maniera
particolare, solo perché essi si pensano migliori di quanto dovrebbero
pensarsi e perché essi lo chiedono. Codesti fratelli dovrebbero
ricordarsi che non hanno una sola promessa di benedizione del Signore
fintanto che mantengono questo atteggiamento di cuore e di condotta. Anzi,
"il Signore resiste agli orgogliosi e mostra i suoi favori agli umili".
Il Signore benedice coloro che ascoltano e obbediscono alle sue istruzioni,
dicendo: "Se mi ami, segui i miei comandamenti." A coloro che si
trovano in un giusto atteggiamento del cuore è più che sufficiente che
il Signore abbia comandato di riunirsi insieme nel suo nome; e che abbia
promesso benedizioni speciali persino a un piccolo gruppo di due o tre che
lo obbediscono, e che la Chiesa in modo rappresentativo è il suo corpo e
deve essere fatta prosperare mediante "ciò che ogni punto di
giunzione fornisce", deve essere stabilita ed "edificata
reciprocamente", quali membra in tutte le grazie e in tutti i frutti
dello Spirito. A volte la difficoltà non è puramente un egotismo
spirituale, ma parzialmente un trascurare la Parola di Dio e un
appoggiarsi alla comprensione umana, supponendo che la [311] promessa:
"essi saranno tutti istruiti da Dio" implichi un insegnamento
individuale, distinto l'uno dall'altro. Le usanze degli Apostoli e i loro
insegnamenti, come pure l'esperienza del popolo del Signore, sono tutte
contrarie a tale linea di pensiero.
Tuttavia,
d'altro lato, non dobbiamo desiderare appassionatamente puri numeri,
l'ostentazione e la popolarità, ma dobbiamo ricordare che la benedizione
del Signore promessa è a "due o tre di voi";
ed, ancora, attraverso l'Apostolo, l'esortazione è alla "nostra
comune adunanza". Non è uno spirito settario che inculcano qui il
Signore e l'Apostolo, quando lasciano intendere che le adunanze non
debbono essere adunanze mondane, in cui il popolo del Signore deve
socializzare, ma adunanze cristiane, adunanze di coloro che sanno della
grazia di Dio e che l'hanno accettata mediante una piena consacrazione di
se stessi a lui e al suo servizio. I mondani non debbono essere spinti a
venire a questi incontri. Essi non sono dei vostri,
proprio come "Voi non siete del mondo"; e se fossero attratti o
dalla musica o da altri aspetti, lo spirito del comando sarebbe perduto,
poiché ove vi fosse mondanità e desiderio di piacere e di attrarre i
mondani, si perderebbe di vista molto presto l'obiettivo giusto
dell'incontro. Quest'obiettivo giusto è spiegato in termini di "edificando
voi stessi sulla vostra
santissima fede", "edificatevi l'un l'altro", "incitarci a vicenda alla carità e alle
buone opere". Giuda 20; I Tess. 5:11; Ebr. 10:24
Che
coloro che hanno la disposizione al
male vadano con i loro simili, se vogliono; che coloro che hanno la disposizione alla moralità vadano con i loro simili; e
che coloro che sono generati dallo Spirito
si radunino tutti insieme e procedano secondo i criteri stabiliti
nella Parola del Signore per la loro edificazione. Ma se essi trascurano
ciò, che la colpa delle conseguenze sfavorevoli non sia fatta ricadere
sul Capo della Chiesa né sugli apostoli fedeli, che chiaramente posero
l'accento sulla linea di condotta giusta e la esemplificarono nella loro
stessa condotta.
Ciò
non vuol dire che a coloro che sono di fuori sia proibito l'accesso agli
incontri della Chiesa, se sono abbastanza interessati da desiderare di
venire e "osservare il vostro ordine", essere benedetti dalla
vostra santa conversazione, dalle vostre sante esortazioni a [312]
compiere opere buone, dall'amore e dall'esposizione della Parola divina
della promessa, ecc. L'Apostolo lascia intendere ciò molto chiaramente in
I Cor. 14:24. Quello che stiamo cercando di dire è che "radunarsi
insieme" non è una riunione di persone non credenti, dove si fanno
costantemente sforzi per spezzare i cuori dei peccatori. Il peccatore
dovrebbe essere libero di partecipare, ma dovrebbe essere lasciato da solo
a guardare l'ordine e l'amore che prevale tra i consacrati del Signore, di
modo che anche se capisce solo in parte, egli possa essere disapprovato
per i suoi peccati mediante il discernimento dello spirito di santità e
di purezza presenti nella Chiesa e si possa convincere per quanto riguarda
i suoi errori dottrinali con l'osservazione dell'ordine e della simmetria
della verità che prevale in mezzo al popolo del Signore. Confrontare I
Cor. 14:23-26.
Ciò ci
porta ad una considerazione del generale
Carattere degli incontri
del
popolo del Signore. Notiamo anzitutto che su questo argomento, come su
altri, il popolo del Signore si trova senza delle leggi e dei regolamenti
ferrei, si trova libero di adattarsi ai cambiamenti delle condizioni del
periodo e della nazione, si trova libero di esercitare lo spirito di una
mente sana, si trova libero di cercare la sapienza che viene dall'alto e
di manifestare il grado di conseguimento della somiglianza di carattere
con quella del Signore seguendo la disciplina della Legge dell'Amore.
Questa Legge dell'Amore sicuramente inciterà alla modestia per quel che
riguarda tutte le innovazioni o i cambiamenti rispetto alle usanze della
Chiesa primitiva; di sicuro esiterà ad operare cambiamenti radicali
eccetto quando ne vedrà la necessità e, anche in questo caso, cercherà
di mantenersi nello spirito di ogni ammonimento, istruzione e pratica
della Chiesa primitiva.
Nella
Chiesa primitiva abbiamo l'esempio degli apostoli quali maestri speciali.
Abbiamo l'esempio degli anziani, che svolgono l'opera pastorale, il lavoro
evangelistico, profetizzano o parlano in pubblico; e da un'illustrazione
offerta dettagliatamente in I Cor. 14 possiamo farci l'idea che ciascun
membro della Chiesa era incoraggiato dagli apostoli a stimolare qualsiasi
talento e dono possedesse per glorificare il Signore e servire i [313]
fratelli, per far pratica in tal modo e per crescere forte nel Signore e
nella Verità, aiutando altri e essendo aiutato a sua volta da altri.
Questo racconto di un normale incontro della Chiesa nel corso della
giornata dell'Apostolo non potrebbe essere seguito pienamente e nei
dettagli al giorno d'oggi, a causa dei particolari "doni dello
Spirito" elargiti temporaneamente sulla Chiesa primitiva al fine di
convincere coloro che erano fuori di essa come pure al fine di dare un
incoraggiamento personale in un periodo in cui, senza questi doni, sarebbe
stato impossibile per qualunque membro essere edificato e trovare
beneficio in alcuna misura. Cionondimeno, da quest'originaria usanza,
approvata dall'Apostolo, possiamo dedurre certe lezioni preziose e utili,
che possono essere fatte proprie dalle piccole accolte di persone del
popolo del Signore dappertutto, a seconda delle circostanze.
La
lezione principale è quella dell'essere utili gli uni agli altri, "edificando
l'un l'altro nella fede più santa". Non era usanza che uno o anche
più anziani predicasse regolarmente, né che facesse o cercasse di fare
tutto l'ammaestramento o l'edificazione. L'usanza era che ciascun membro
faceva la sua parte, mentre le parti fatte dagli anziani erano più
importanti a seconda delle loro capacità e delle loro doti; e si può
vedere che questa sarebbe una sistemazione abbastanza utile e porterebbe
una benedizione non solo a coloro che ascoltano, ma anche a tutti i
partecipanti. E chi non sa che perfino l'oratore con meno capacità o la
persona più illetterata può comunicare pensieri che potrebbero essere
preziosi per tutti gli eventuali ascoltatori, se il suo cuore è pieno
d'amore per il Signore e di devozione per lui. La categoria di incontri
qui descritti dall'Apostolo era evidentemente un esempio della maggior
parte degli incontri tenuti dalla Chiesa. Il racconto indica che si
trattava di un incontro misto, nel quale, se si dovesse parlare in termini
odierni, uno magari esortava, un altro spiegava, un altro offriva
preghiere, un altro proponeva un inno, un altro magari leggeva una poesia
che sembrava essere adatta ai suoi sentimenti e alle sue esperienze, in
sintonia con il tema dell'incontro; un altro magari citava le scritture
che avevano a che vedere con il tema in discussione, e così il Signore
poteva usare ciascuno e tutti questi membri della Chiesa per
l'ammaestramento reciproco, per la mutua edificazione.
Non
siamo del parere che non ci sia stata mai predicazione nella Chiesa
primitiva. [314] Anzi, troviamo che dovunque andavano gli apostoli erano
considerati delle persone particolarmente capaci di spiegare la Parola di
Dio, che potevano rimanere in un dato posto solo per breve tempo e durante
la loro presenza, molto probabilmente, non facevano quasi altro che
parlare in pubblico, anche se non dubitiamo che ci fossero anche altri
incontri sociali, aperti a tutti. Questa stessa prassi riguardo alla
predicazione apostolica non c'è dubbio che fosse seguita da altri che non
erano apostoli; come ad esempio Barnaba, Timoteo, Apollo, Tito, ecc. e che
gli stessi privilegi fossero goduti anche da alcuni che li usarono male ed
esercitarono un'influenza piuttosto grande verso il male: Imeneo, Fileto
ed altri.
Visto
che il Signore non vi ha posto una legge positiva sarebbe inappropriato se
noi o altri fissassero una legge. Noi offriamo, tuttavia, dei suggerimenti,
nel senso che ci sono certi bisogni spirituali della Chiesa che richiedono
il servizio per:
(1) L'Istruzione
è necessaria: nelle faccende più puramente profetiche ed anche nelle
dottrine morali e riguardo allo sviluppo delle grazie Cristiane.
(2) A
causa dei metodi più o meni diversi nell'uso della lingua, e a causa
dell'ottusità mentale maggiore o minore e dei gradi variabili della
percezione spirituale, come tra coloro che sono dei bambini in Cristo e
coloro che sono più maturi in sapienza e grazia, si consiglia di offrire
delle occasioni in cui ciascuno possa essere incoraggiato ad esprimere ciò
che ha capito delle cose che ha imparato, sia attraverso la lettura che
attraverso l'ascolto con lo scopo che se ciò che ha capito è difettoso,
possa essere corretto dalle affermazioni di altri in materia.
(3)
Dovrebbero esserci incontri regolari frequenti in cui si potrebbero
offrire a chiunque ragionevolmente ampie occasioni di presentare quello
che possa credere che sia una visione differente della verità da quella
che è generalmente detenuta e approvata dall'Ecclesia.
(4) Non
ci dovrebbero essere solo servizi devozionali connessi con gli incontri
del popolo del Signore, ma l'esperienza dimostra come è proficua, nei
fratelli che ascoltano, la
confessione fatta a voce da ciascuno, sia nelle testimonianze che
nelle preghiere, della propria devozione al Signore.
La dottrina ancora necessaria
Riguardo
[315] alla prima proposizione: Noi viviamo in un tempo in cui le dottrine
sono in genere schernite e in cui un numero piuttosto grande di persone
afferma che la dottrina e la fede non hanno alcun valore al confronto con
le opere e la morale. Noi non possiamo essere d'accordo con ciò, perché
lo troviamo completamente fuori sintonia con la Parola divina, nella quale
la fede viene messa come prima cosa e le opere al secondo posto. È la
nostra fede che è accettata dal Signore ed egli ci ripagherà secondo la
nostra fede, sebbene si aspetti giustamente che una fede buona produca
molte opere buone quante ne permetterà il vaso fatto di terracotta.
Questa è la regola della fede che è affermata dappertutto nelle
Scritture. "Senza fede è impossibile piacere a Dio."
"Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede." (Ebr.
11:6; I Giovanni 5:4) Nessun uomo può essere giustamente un vincitore,
quindi, a meno che non eserciti la fede in Dio e nelle sue promesse; e per
esercitare la fede nelle promesse di Dio deve capirle; e questa opportunità
e capacità di crescere forte nella fede sarà in proporzione del suo
capire il piano divino delle età e delle promesse eccezionalmente grandi
e preziose connesse con esso. Pertanto, la dottrina, l'istruzione, è
importante non puramente per la conoscenza che il popolo di Dio deve avere
e di cui deve godere al di sopra e al di là della conoscenza che il mondo
ha delle cose che riguardano Dio, ma specialmente a causa dell'influenza
che questa conoscenza eserciterà su tutte le speranze, su tutti gli scopi
e sulla condotta. "Chiunque ha questa speranza in lui, si purifica
" (I Giovanni 3:3) è un'espressione Biblica che coincide pienamente
con quanto affermato sopra. Colui che si sforza di purificarsi, di
ripulire la propria condotta, deve, per riuscire, cominciare come
cominciano le Scritture, dal cuore, e deve andare avanti usando, per una
pulizia, le promesse ispirate. E questo significa una conoscenza delle
dottrine di Cristo.
Tuttavia,
è giusto che differenziamo e facciamo chiaramente una distinzione tra le
dottrine di Cristo e le dottrine degli uomini. Le dottrine di Cristo sono
quelle che egli stesso e i suoi apostoli ispirati ci hanno presentato nel
Nuovo Testamento. Le dottrine [316] degli uomini sono rappresentate nei
credi degli uomini e molte di esse si scostano grossolanamente e
gravemente dalle dottrine del Signore e tutte esse sono in disaccordo
l'una con l'altra. Inoltre non è sufficiente che siamo istruiti nella
dottrina una volta; poiché, come l'Apostolo lascia capire, riceviamo il
tesoro della grazia di Dio in poveri vasi di terracotta che hanno molte
perdite; e quindi, se smettiamo di ricevere, smetteremo di possedere; e
per questo motivo è necessario che possediamo "riga dopo riga,
precetto dopo precetto", e che continuamente rinnoviamo e rivediamo
il nostro studio del piano divino delle età, con l'uso di qualsiasi aiuto
e assistenza che la provvidenza divina ci mette a disposizione, cercando
il più possibile di obbedire al comando dell'Apostolo di essere "non
uditori che si dimenticano, ma facitori dell'opera", e quindi "facitori
della Parola". Giacomo 1:22-25
Il
nostro secondo suggerimento è tale che può non essere capito pienamente
subito come il primo. Si ha la tendenza in molti a pensare che coloro che
sanno esprimere la verità più chiaramente, con più facondia, con più
accuratezza, dovrebbero essere gli unici ad esprimerla e che gli altri
dovrebbero rimanere in silenzio ad ascoltare e imparare. Sotto molti
aspetti questo concetto è giusto. Non stiamo suggerendo che chiunque
dovrebbe essere assegnato all'insegnamento o che dovrebbe essere
rispettato come maestro, o che le loro parole dovrebbero essere accolte
come insegnamenti, se non sono idonei ad impartire l'insegnamento e non
capiscono chiaramente il piano divino. Ma c'è una grande differenza tra
stabilire che essi insegnino, come nel caso degli anziani, e avere un
incontro al quale tutti i membri della Nuova Creazione abbiano
un'opportunità di esprimersi
brevemente o di fare domande, con l'intesa che le loro domande o i
loro dubbi o le loro espressioni non si debbono considerare da parte della
Chiesa come fossero i sentimenti dell'assemblea. A tali incontri, può
darsi che vengano presentate delle idee sbagliate in forma di domanda, non
con l'intenzione di insegnare simili opinioni, né con lo scopo di
metterle in pratica, ma in vista di una critica da fare al riguardo. Ma si
faccia attenzione a non violare la coscienza nel tentativo di difendere
l'errore. Questo procedimento dovrebbe essere permesso solo alla presenza
di qualcuno che è avanti nella [317] Verità ed è capace di dare una
ragione Scritturistica alla propria fede e di mostrare la via del Signore
in modo più perfetto. Viene chiesto: "Che vantaggio può scaturire
dal procedere in tal senso?". Rispondiamo che di frequente abbiamo
visto la dimostrazione dei vantaggi. Spesso è difficile, e a volte
impossibile, affermare delle questioni nella maniera più semplice e più
diretta; ed è ugualmente impossibile per tutte le menti, per quanto
oneste, afferrare una materia con ugual grado di chiarezza dalla stessa
illustrazione. Di qui l'importanza delle domande e di una varietà di
presentazioni della medesima verità, come illustrato nelle parabole di
nostro Signore, che presentano argomenti da vari punti di vista, offrendo
una visione dell'insieme più completa e armoniosa. Così abbiamo notato
anche che l'affermazione confusionaria e in certo modo pasticciata di una
verità, a volte, può riuscire ad entrare in alcune menti laddove non vi
è riuscito ad entrare un'enunciazione più solida e più ben ragionata:
l'incompetenza dell'oratore si è accoppiata in qualche senso al piano
inferiore di ragionamento e di giudizio dell'ascoltatore. Dobbiamo gioire
se si predica il Vangelo e se esso trova posto nei cuori affamati, a
prescindere dal canale, come spiega l'Apostolo: "alcuni predicano
Cristo perfino per competizione e vanagloria". Possiamo solo gioire
se qualcuno viene fatto arrivare ad una giusta conoscenza del Signore
anche se dobbiamo rammaricarci molto per i motivi non appropriati della
presentazione; oppure, come nell'altro caso, per l'imperfezione della
presentazione. È il Signore, la Verità e i fratelli che noi amiamo e
desideriamo servire; e pertanto dobbiamo gioire per tutto quello che
produce i risultati desiderati e dovremmo fare in modo da non interferire
con questo che riconosciamo essere un fatto. Ciò non significa che alle
persone illogiche e incompetenti dovrebbe essere
affidato l'incarico di insegnare nella Chiesa, né che dovremmo
immaginare che le presentazioni illogiche sono quelle che riscuotono più
successo in genere. È proprio il contrario. Cionondimeno, non dobbiamo ignorare completamente quello che vediamo a volte come un canale di
benedizione per alcune menti e che ha la convalida nell'usanza della
Chiesa primitiva.
A
sostegno della nostra terza affermazione: A prescindere da quanto ci
sentiamo [318] sicuri di possedere la verità, non sarebbe di certo saggio
se chiudessimo e bloccassimo la porta dell'interrogazione e delle
espressioni contrarie come ad escludere tutto ciò che potrebbe essere
considerato errore dal leader dell'incontro o dall'intera congregazione.
Dovrebbe prevalere solo una limitazione per un'esclusione completa, vale a
dire che le adunanze delle Nuove Creature non servono per prendere in
considerazione argomenti di natura secolare, scienze e filosofie mondane,
ma solamente lo studio della rivelazione divina; e per tale studio della
rivelazione divina la congregazione dovrebbe, per prima cosa, per ultima
cosa e sempre, riconoscere la differenza tra i principi fondamentali delle
dottrine di Cristo (che non è permesso a nessun membro cambiare o
alterare, e per i quali non è permesso a nessun membro di dare
l'approvazione perché vengano messi in dubbio) e la discussione di
dottrine avanzate, che debbono essere in completo accordo con i principi
fondamentali. Questi ultimi dovrebbero avere a profusione sempre complete
opportunità di essere ascoltati e ci dovrebbero essere incontri nei quali
poterli ascoltare. Tuttavia ciò non vuol dire che si dovrebbero ascoltare
in continuazione e che si dovrebbe permettere a qualche individuo di
confondere e distrarre ogni incontro e ogni argomento con qualche
particolare idea fissa. Che la sua idea fissa abbia il suo giusto momento
per essere ascoltata e che ci sia una discussione giusta al momento
appropriato, alla presenza di qualcuno ben preparato nella Verità, e se
viene esclusa dalla congregazione come idea non biblica, e se il promotore
del concetto non è convinto della mancanza di riscontro biblico nell'idea,
che almeno si trattenga dall'imporre l'argomento all'attenzione della
Chiesa per molto tempo (forse un anno) allorché, senza essere improprio,
potrà richiedere un'altra udienza, che può venire accordata o meno, a
seconda che la congregazione pensi che la questione sia degna o meno di
udienza e di ricerca.
Ciò a
cui vogliamo esortare è che, a meno che non ci sia tale tipo di sfogo, si
potrebbero verificare due pericoli:Uno il pericolo di cadere in quella
condizione che vediamo prevalere ora nelle chiese nominali della
Cristianità, nelle quali è impossibile trovare accesso ai loro orecchi
attraverso gli incontri normali della Chiesa, visto che ogni modo di
approccio è guardato scrupolosamente. L'altro pericolo è che l'individuo
avendo [319] una teoria che si riferisce al proprio giudizio come verità,
a prescindere da quanto possa essere falso o irrazionale, non si senta mai
soddisfatto a meno che non abbia un'udienza ragionevole e invece continui
ad imporre il tema; mentre, essendo stato ascoltato ragionevolmente, anche
se non è convinto dell'errore del suo punto di vista, rimarrebbe
disarmato riguardo alla scorrettezza di imporre la questione a coloro che
hanno già ascoltato e respinto la sua linea di pensiero.
La
nostra quarta affermazione: La crescita nel sapere tende molto a detrarre
dalla devozione, per quanto possa sembrare strano. Troviamo che le nostre
capacità sono così piccole, e il nostro tempo per le cose della
religione così limitato, che, se si dirigesse l'attenzione energicamente
in un solo canale, ciò potrebbe arrestare la crescita in altre direzioni.
Il Cristiano non è tutto testa e niente cuore, né tutto cuore e niente
testa. Lo "spirito di una mente sana" ci porta a coltivare tutti
i frutti e tutte le grazie che confluiscono nel completare un carattere
perfetto e renderlo ben sviluppato in tutte le direzioni. La tendenza dei
nostri giorni in tutte le faccende è la direzione opposta: specializzare.
Un lavoratore fa questa parte, un altro lavoratore quella parte; cosicché
ora molto pochi lavoratori capiscono un mestiere come nei tempi passati.
La Nuova Creatura deve resistere a questa tendenza e di conseguenza deve
"spianare i sentieri per i suoi passi"; affinché mentre da una
parte coltiva un elemento della grazia egli non cada nel pericolo della
mancanza di giusto esercizio di un'altra facoltà o di un altro privilegio
concessi da Dio.
Le
qualità di devozione si riscontrano in tutta l'umanità in grado maggiore
o minore di sviluppo. Queste qualità mentali sono chiamate venerazione e
spiritualità e chiamano in aiuto gli organi della coscienza, della
speranza, della sintonia, ecc. Se questi vengono trascurati, succederà
che quell'interesse alla Verità e quell'amore per essa degenererà;
cosicché invece di vedere i nostri cuori portati verso il Signore con un
apprezzamento maggiore del suo amore, e con un desiderio maggiore di
fargli piacere, di onorarlo e di servirlo, ci ritroviamo con gli organi
inferiori ad aggregarsi di più nella controversia, prendendo il posto di
questi organi più elevati, e le ricerche andranno a finire per essere di
più alla luce di filosofie mentali, nelle quali entreranno bellicosità e
capacità distruttiva, ambizione, discordia e vanagloria. La Nuova
Creazione deve, perciò, [320] non solo riunire i servizi devozionali, la
preghiera e la lode, come parte di ogni incontro, ma, crediamo, ha bisogno
inoltre di un incontro speciale del tipo devozionale una volta alla
settimana, insieme al quale ci dovrebbero essere opportunità per la
testimonianza riguardo ad esperienze Cristiane, non secondo la solita
usanza che risale da uno a venti anni o più di raccontare di una prima
conversione, ecc., ma per una testimonianza aggiornata, che si riferisca
specificamente ai sentimenti del momento, e durante la settimana
intermedia a partire dall'ultimo incontro del genere. Queste testimonianze
aggiornate si rivelano di aiuto per coloro che ascoltano; a volte
incoraggiandoli con la ripetizione di esperienze positive, e a volte
confortandoli con la narrazione di prove, difficoltà, perplessità, ecc.,
perché discernono così che non sono soli ad aver avuto esperienze ardue
e a volte dei fallimenti.
In tal
modo tutti possono imparare pienamente il significato delle parole
dell'Apostolo: "Non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi
per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano." (I Piet.
4:12) Trovano che tutti coloro che costituiscono il popolo del Signore
hanno prove e difficoltà e ciascuno impara così a provare compassione
per l'altro; e man mano che cresce il vincolo della compassione cresce lo
spirito del giovamento e lo spirito d'amore, lo Spirito santo. Tali
incontri a metà della settimana potrebbero trarre vantaggio dall'avere un
tema suggerito durante l'adunanza precedente della domenica; ed essendo
questo tema presente alla mente della classe dovrebbe ispirare ciascuno a
fare attenzione alle esperienze della vita che occorrono e a prendere nota
di esse, specialmente con riferimento al tema particolare per la settimana.
Senza dubbio ogni Cristiano ha un'abbondanza di occasioni di prendere nota
delle lezioni e delle esperienze di vita con riferimento a vari temi ogni
settimana; ma la maggior parte, non pensando, non prestando attenzione,
lascia che queste preziose lezioni passino accanto a loro senza essere
riconosciute, ed impara principalmente dalle esperienze più grandi e più
amare della vita ciò che avrebbe potuto imparare meglio se avesse
prestato attenzione alle relazioni giornaliere del Signore con loro
mediante gli atti di intervento divino.
Per
[321] dare un'illustrazione: Si supponga che il tema per la settimana sia
stato: "La pace di Dio", dal testo: "La pace di Dio che
sorpassa ogni intelligenza, guarderà [vigilerà] i vostri cuori." (Fil.
4:7) Ogni fratello dovrebbe prendere nota durante la settimana fino a che
punto questo passo scritturistico ha trovato compimento nel proprio caso;
e quali cose sembra siano venute ad interrompere e a prevenire questa pace
dominante, apportando inquietudine e scontento. Queste esperienze e le
lezioni che se ne traggono, raccontate da quelli del gruppo che sono più
esperti e da quelli che sono meno esperti (maschi e femmine) non solo
richiamerebbero all'attenzione reciproca le proprie esperienze durante la
parte anteriore della settimana, ma nella parte posteriore aggiungerebbero
alle loro esperienze le lezioni e le esperienze di altri, allargando in
tal modo la loro compassione e portandoli sempre di più a discernere le
bellezze della pace in contrasto con la discordia: la benedizione della
pace di Dio nel cuore; e come è anche possibile avere questa pace anche
quando si è circondati da trambusto e confusione o da condizioni di
afflizione sulle quali non abbiamo nessun controllo. L'aspetto devozionale
di questi incontri sarà un'aggiunta al loro profitto. Colui che si rende
conto più acutamente dei propri difetti e che si sforza più seriamente
possibile di crescere nelle grazie dello Spirito, sarà il più serio
nelle sue devozioni verso il Signore e nei suoi desideri di piacergli e di
partecipare sempre di più del suo Spirito santo.*
__________
*Vi
sono incontri del genere qui descritto tenuti in vari luoghi, comodi per i
piccoli gruppi che li costituiscono.
__________
In
questi incontri, come in tutti gli altri, è palese che il bene più
grande può essere compiuto preservando l'ordine, non al punto di
distruggere la vita e il libero accesso all'incontro, ma al punto giusto
di preservare meglio il suo libero accesso, senza anarchia o disordine,
con ritegno saggio, amoroso e delicato. Ad esempio: Il carattere
dell'incontro si dovrebbe capire in anticipo; e sarà il dovere del leader
di condurlo, con rilassatezza ragionevole, amorosa, per lo scopo specifico
e concordato. Dovrebbe essere chiaro che questi non sono incontri generali
dove fare domande, né incontri per discutere, né per [322] predicare;
che sono previsti altri incontri e che coloro che lo desiderano sono
benvenuti se vi partecipano; ma che questi incontri invece hanno uno scopo
ben definito. Per mantenere così l'incontro adeguatamente in linea e per
evitare discussioni private o risposte date da un individuo all'altro, il
leader, essendo la persona scelta a rappresentare il gruppo, dovrebbe
essere l'unico a rispondere o a criticare gli altri e a farlo solamente
quando fosse necessario. È il
suo sacrosanto dovere far sì che alcune testimonianze non siano così
lunghe da essere noiose e da non dare ad altri opportunità, e che
l'incontro non si prolunghi oltre la sua ragionevole durata prestabilita.
Tutte queste cose devolute al leader lasciano intendere che egli debba
essere un Anziano nella Chiesa. Un principiante con esperienza non
sufficiente potrebbe, anche con le migliori intenzioni, o essere troppo
rilassato o troppo rigido nell'applicare i principi in questa situazione;
potrebbe o rovinare gli incontri con troppa indulgenza, oppure offendere
qualche fratello o sorella di riguardo con una correzione espressa in modo
poco saggio e un'applicazione poco saggia delle regole appropriate. Per di
più, il leader di tale incontro dovrebbe essere un Anziano, oppure uno
competente nel ricoprire la posizione di un Anziano nella Chiesa, così da
poter avere una conoscenza sufficiente della Parola, esperienza nella
grazia e capacità all'insegnamento per poter dare una parola
d'incoraggiamento o un consiglio utile in
risposta alle varie testimonianze man mano che vengono presentate.
Poiché: "Com'è buona una parola detta a tempo!", quanto più
utile, spesso, di un discorso intero in altre condizioni. Prov. 15:23
Sebbene
in quanto detto abbiamo indicato vari interessi che dovrebbero essere
previsti per gli incontri, abbiamo descritto in modo particolare solo
l'ultimo, che, comunque, consideriamo il più importante di tutti:
l'incontro più utile nel corso della crescita spirituale. Diamo
un'occhiata ora a ciò che potrebbero essere buone disposizioni per altri
incontri. Ciò sarà diverso a seconda delle circostanze, delle condizioni
e del numero delle persone che costituiscono la riunione: l'Ecclesia,
il corpo. Se si tratta di un numero come cinquanta o più, e se alcuni del
gruppo sono particolarmente dotati nel [323] parlare in pubblico e nel
dare chiare esposizioni della Verità, consigliamo che un servizio per la
predicazione alla settimana potrebbe essere di vantaggio, specialmente
come l'incontro al quale si potrebbero invitare amici, vicini e altri. Ma
se nella provvidenza del Signore nessuno del gruppo è qualificato in modo
speciale per la presentazione di un discorso ben connesso, logico,
ragionevole su qualche tema Scritturistico, crediamo che sarebbe meglio
che questa forma di incontro non si tenti, oppure che il tempo venga
suddiviso tra varie persone che abbiano un po' di capacità di trattare in
pubblico un soggetto Scritturistico così connesso, laddove il tema sia lo
stesso e i fratelli facciano a turno ad iniziare. O tali anziani
potrebbero alternarsi, uno questa domenica, uno un'altra, e così via,
oppure due questa domenica, due la successiva, e così via. Sembrerebbe
che siano preservati i migliori interessi della Chiesa intera presentando
e concedendo opportunità a tutti
i fratelli in proporzione alla loro capacità, stimando sempre che l'umiltà e
la chiarezza nella Verità sono assolutamente i primi elementi essenziali,
non l'espressione fiorita e l'oratoria.
Ma
l'incontro più importante a nostro giudizio, il più utile, accanto
all'incontro devozionale descritto prima, è quello in cui tutta la
compagnia dei credenti prende parte a volte sotto la guida di un direttore,
o leader, e a volte sotto un altro. Per questi incontri si può prendere
sia un tema che un testo della Scrittura per la discussione, e il leader,
guardando al soggetto in anticipo, dovrebbe ricevere l'autorità di
suddividerlo fra i fratelli più preparati, affidando loro se possibile
una settimana prima le parti che spettano a loro così che possano venire
all'incontro pronti ad offrire suggerimenti, ciascuno secondo la linea
della loro sezione particolare del tema. Questi partecipanti principali
che esaminano il soggetto (magari due, o forse una mezza dozzina, o più,
come richiederà il numero di persone competenti, la grandezza della
congregazione e l'importanza del tema) troveranno molto utili le Bibbie
Bereane con i riferimenti agli Studi
e alle Ristampe e agli Indici
analitici. Che presentino la materia con le loro parole, oppure che
trovino degli stralci dagli Studi,
Ristampe, ecc. , proprio al punto giusto, che potrebbero leggere [324]
collegandoli con qualche commento appropriato.
Se
l'incontro si apre con la lode e la preghiera, i temi possono venire
chiamati nell'ordine appropriato dal Direttore; e, dopo che ciascun
presentatore designato ha esposto ciò che ha trovato sulla parte del tema
affidata a lui, si dovrebbe permettere alla classe intera di fare domande
e di esprimersi, sia d'accordo sia in opposizione a ciò che è stato
presentato da colui che ha condotto la presentazione sul tema. Se la
classe non sembra propensa a discutere ed ha bisogno di essere spinta
perché parli, il Direttore dovrebbe fare ciò facendo delle domande ben
formulate. Il Direttore dovrebbe solo rivolgersi ai presentatori o tentare
di rispondere o di armonizzare
le dichiarazioni che hanno fatto; anche se, logicamente, può contare su
uno qualsiasi dei presentatori per chiedere ulteriori chiarificazioni
sulla sua posizione o sui suoi motivi. I presentatori dovrebbero tutti
rivolgere i loro commenti al Direttore e mai l'uno all'altro, ed in tal
modo si può evitare il pericolo di personalità e alterchi. Il Direttore
non dovrebbe far altro che quanto detto sopra per quanto riguarda la
discussione, ma alla conclusione dovrebbe riuscire a tirar le fila delle
varie presentazioni, riepilogando brevemente tutto l'argomento dal suo
punto di vista, prima di chiudere la sessione con lodi e ringraziamenti.
Ogni
punto potrà essere esaminato, e tutto il soggetto ben dibattuto e
ricercato, così che potrà essere chiaramente compreso da tutti. Oppure,
in alcuni degli argomenti più complessi, il Direttore farebbe meglio a
riassumere e a dare il proprio punto di vista alla chiusura dell'esame di
ciascun tema. Non conosciamo tipo migliore di incontro che questo per uno
studio completo della Parola divina. Lo consideriamo di solito di maggior
vantaggio della predicazione normale per la maggior parte degli incontri
del popolo del Signore.
Un
incontro di questo tipo comprende tutte le caratteristiche incluse nei
suggerimenti numero 1, 2 e 3, di cui si è parlato sopra. Con riguardo al
primo, coloro ai quali sono state affidate le parti da presentare hanno
piena opportunità di far uso di qualsiasi talento posseggono. Con
riferimento al secondo punto, tutti hanno opportunità [325] di prendere
parte, di fare domande, di offrire suggerimenti, ecc. facendo seguito a
ciascun presentatore principale su diversi punti. E per quanto riguarda il
terzo punto, anch'esso viene rispettato da un incontro di questo tipo,
poiché il tema per ogni settimana dovrebbe essere preferibilmente deciso
da tutta la classe, e non dal leader, ed almeno una settimana prima della
loro discussione.
Ogni
persona che partecipa a tale classe dovrebbe avere il privilegio di
presentare le proprie domande o il proprio tema, e lo spirito d'amore, di
compassione, di giovamento e di considerazione che pervade tutti dovrebbe
essere tale che si dovrebbe prestare ascolto rispettosamente a ogni tema
adatto. E nel caso di una richiesta speciale di un tema ritenuto essere
contrario alle vedute generali della congregazione, ma pienamente entro le
linee dei principi fondamentali del Vangelo, la persona che desidera che
si discuta l'argomento dovrebbe ricevere un tempo ragionevole per la
presentazione, e dovrebbe essere il presentatore principale per
quell'occasione, con tempo possibilmente limitato, diciamo, a trenta
minuti o più o meno, a seconda dell'importanza dell'argomento e
all'interesse che la classe ha in esso. Una volta terminata la sua
presentazione, l'argomento dovrebbe essere lasciato aperto perché possa
essere discusso dagli altri nella classe, permettendo al proponente
dell'argomento di avere alcuni minuti in seguito per dare una breve
risposta a eventuali obiezioni presentate da altri, mentre il Direttore
avrà la parola finale alla chiusura dell'incontro.
Un
altro tipo di incontro che si è dimostrato di molto vantaggio nello
studio della Parola è noto come un " Circolo Bereano per lo studio
della Bibbia". Questi non sono puramente circoli di lettura, ma uno
studio sistematico del piano divino in tutte le sue fasi, prese voce per
voce. I diversi volumi di STUDI SCRITTURISTICI, che trattano i soggetti,
come fanno, in ordine connesso e consecutivo, costituiscono (con la Bibbia)
libri di testo per questi studi Scritturistici; ma per trarre profitto da
queste classi è necessario che il leader e la classe facciano una chiara
distinzione tra lettura e studio. Per quanto concerne la lettura, tutti i
cari amici possono allo stesso modo, o forse meglio, fare [326] la lettura
per conto proprio a casa. L'obiettivo di questi studi è prendere una
certa parte di ciascun tema come presentato in uno o più paragrafi e
discuterlo in profondità tra di essi facendo riferimento a passi
collaterali della Scrittura, ecc. e dibattere dettagliatamente la
questione, e, se possibile, far sì che ciascun membro della classe
esprima la sua idea riguardo a quella particolare questione presa in
considerazione, e poi procedere al tema successivo. Alcuni di questi
circoli Bereani hanno impiegato uno o due anni per lo studio di un solo
volume di STUDI SCRITTURISTICI, e l'hanno fatto con grande interesse e
profitto.*
__________
*In
varie luoghi ci sono incontri di questo tipo e di sera più comodi per gli
amici che partecipano a ciascuno. Sono condotti da vari fratelli-anziani.
__________
"Sia ciascuno pienamente convinto nella
propria mente"
─Rom.
14:5─
Tutte
le menti logiche godono nell'arrivare a una decisione,
se possibile, riguardo a ogni questione della verità; e l'Apostolo
dichiara che questo dovrebbe essere perseguito da ogni membro della Chiesa
da solo: "nella propria mente". È sbaglio comune, tuttavia,
cercare di applicare questa buona regola della decisione personale ad una
Chiesa o ad una classe di studi Biblici, cercare di forzare tutti a decidere su esattamente la stessa conclusione riguardo al
significato della Parola del Signore. È giusto che dovremmo augurarci che
tutti possano "concordare"; ma non è ragionevole aspettarsi che
ciò succeda quando sappiamo che tutti sono caduti dalla perfezione, non
solo del corpo, ma anche della mente, e che queste deflessioni sono
avvenute in varie direzioni, come dimostrato dalle varie forme di testa
che troviamo in qualsiasi riunione di persone. I nostri vari tipi e gradi
di educazione sono fattori importanti anche nell'assistenza o
nell'impedimento all'unità di vedute.
Ma non
lascia capire l'Apostolo che dovremmo tutti interessarci alle stesse cose?
E che saremo tutti istruiti da Dio così che avremo tutti lo spirito di
una mente sana? E che dovremmo aspettarci di crescere in grazia e
conoscenza, edificando l'un l'altro nella fede più santa?
Sì,
[327] tutto ciò è vero; ma non è lasciato intendere che si raggiungerà
tutto ciò in un solo incontro. Il popolo del Signore non solo ha delle
teste sviluppate in modo diverso, oltre a differenze nell'esperienze e
nell'istruzione, ma le persone sono inoltre di età diverse quali Nuove
Creature: nella loro infanzia, gioventù, maturità. Non ci deve quindi
sorprendere il fatto che alcuni comprendano più lentamente di altri e,
pertanto, raggiungano una persuasione completa nelle loro menti più
lentamente rispetto ad alcune delle "profonde cose di Dio".
Debbono afferrare gli elementi
fondamentali, che tutti siamo stati peccatori; che Gesù Cristo,
nostro Leader, ci ha redento con il suo sacrificio sul Calvario; che siamo ora alla
Scuola di Cristo per essere istruiti e resi adatti per il Regno e il suo
servizio; e che nessuno entra in questa Scuola eccetto che dopo una piena
consacrazione di tutti se stessi al Signore. Tutti debbono vedere queste
cose e acconsentirvi pienamente e sempre, altrimenti non li possiamo
riconoscere neppure come fratellini nella Nuova Creazione; ma tutti
abbiamo bisogno di pazienza l'uno verso l'altro e di sopportazione per le
peculiarità l'uno dell'altro, e dietro ad esse ci deve essere l'amore, che accresce ogni grazia dello Spirito man mano che ci
avviciniamo sempre di più verso la sua pienezza.
Stando
così le cose, tutte le domande, tutte le risposte, tutti i commenti,
negli incontri dove partecipano diverse persone, dovrebbero essere per
tutta la compagnia presente (e non personali considerando solo alcuni o un
certo numero di persone), e perciò dovrebbero essere
rivolte al Direttore, che rappresenta tutti, eccetto quando il
Direttore magari per convenienza chiede al presentatore di girarsi di
fronte al gruppo e rivolgersi ad esso direttamente. Pertanto, dopo aver
espresso il suo punto di vista, ciascuno deve tranquillamente ascoltare le
vedute degli altri e non sentirsi chiamato a dibattere e a riaffermare la
sua posizione già enunciata. Avendo fatto uso della sua opportunità,
ognuno deve confidare nel Signore perché guidi, insegni e mostri la verità,
e non dovrebbe insistere che tutti debbano arrivare a vedere ogni particolare come lo vede lui, e
neppure come lo vede la maggioranza. "Su ciò che è essenziale,
l'unità; su ciò che non è essenziale, la carità" è il
regolamento giusto da seguire.
Tuttavia
siamo d'accordo che ogni argomento riguardante la verità è importante e
l'argomento più piccolo riguardante l'errore è dannoso, e che il popolo
del Signore dovrebbe pregare e impegnarsi per raggiungere l'unità nella
conoscenza; ma non [328] dobbiamo sperare di raggiungere ciò con la forza.
L'unità dello spirito sui primi principi fondamentali della verità è la
cosa importante; e laddove questa viene mantenuta possiamo stare sicuri
che nostro Signore guiderà tutti coloro che la posseggono a tutta la verità dovuta e
necessaria per lui. È in questa connessione che i leader del gregge del
Signore hanno bisogno di sapienza, di amore, di forza di carattere e di
chiarezza speciali nella Verità di modo che alla fine di ogni incontro
colui che l'ha condotto riepiloghi le conclusioni Scritturistiche e lasci
tutte le menti sotto la loro influenza benedetta, esprimendosi chiaramente,
positivamente, con amore, ma mai in maniera dogmatica, eccetto per quanto
riguarda i principi fondamentali.
Servizi funebri
Nelle
occasioni dei funerali, quando prevale tra gli amici che vi partecipano più
o meno solennità, la salma fredda e silenziosa, i cuori feriti e gli
occhi lacrimosi, il nastro nero, ecc. tutto coopera per imprimere la
lezione generale che la morte non è l'amica dell'umanità, ma la nemica.
Pertanto tali occasioni sono occasioni molto buone per presentare la Verità
e si dovrebbero migliorare. Molti interessati oggi alla Verità Presente
ricevettero le loro prime chiare impressioni di essa da un discorso
durante un funerale. Inoltre, in un'occasione simile, parteciperanno e
ascolteranno molti che sarebbero troppo prevenuti, troppo timorosi di
opporsi ai desideri dei loro amici, per partecipare a un ministero
regolare della Verità. Di conseguenza, consigliamo che tali opportunità
vengano usate effettivamente come sarà permesso dalle circostanze.
Laddove il defunto è un credente, e la sua famiglia è in opposizione,
dovrebbe fare una richiesta riguardo alla sua morte secondo cui qualcuno
che rappresenta la Verità parli ai partecipanti che verranno al suo
funerale. Se il defunto è un bambino, e i genitori sono entrambi nella
Verità, non ci sarà nessun problema riguardo a questa faccenda; ma se
soltanto uno di essi simpatizza e l'altro è opposto, le responsabilità
della questione ricadrebbero sul padre, sebbene la moglie abbia perfetto
diritto di presentare al marito il suo punto di vista [329] sulla faccenda
ed egli debba dare ragionevole considerazione ai suoi suggerimenti, non
però per evitare la responsabilità che ha verso Dio come capo della
famiglia.
In
molte delle piccole compagnie ci sono fratelli alquanto qualificati a fare
discorsi interessanti e positivi che ben si adattano a tale circostanza,
senza alcun suggerimento da parte nostra o di altri; ma nella maggioranza
dei piccoli gruppi di consacrati manca il talento speciale per un simile
tipo di discorso; è per questa ragione che offriamo dei suggerimenti
rispetto a un metodo utile per condurre tali servizi. Il fratello che
conduce il servizio sarà preferibilmente non un parente stretto del
defunto; tuttavia se non c'è nessun altro che un parente stretto, non ci
sarebbe nulla di improprio se chi conduce il servizio è un figlio o un
marito o un padre. A meno che non sia versato nel parlare in pubblico e
abbia familiarità con il soggetto, il piano migliore potrebbe essere di
adattare per il suo uso particolare e per l'occasione particolare i
suggerimenti dati più avanti, trascrivendoli in forma di manoscritto, che
poi leggerà agli amici radunati. Il testo dovrebbe essere scritto a mano
in modo molto chiaro o a macchina e dovrebbe essere letto diverse volte a
voce alta prima di accingersi a rivolgerlo in pubblico, di modo che si
possa fare il discorso nel modo più scorrevole, comprensibile e distinto
possibile. Suggeriremmo inoltre che se non si trova nessun fratello
competente per quest'occasione non ci sarebbe nulla di improprio se una
lettura del genere venisse fatta da una sorella, che indossi un qualche
copricapo.
Offriamo
di seguito suggerimenti su come condurre il servizio e su come rivolgere
un discorso al funerale di un fratello nel Signore:
(1)
Cominciate il servizio cantando qualche inno appropriato in un tono
moderatamente lento: "Rock of Ages" ("Roccia delle età"),
"Nearer, my God, to Thee" (Più vicino a te, mio Dio"),
"Lead, Kindly Light" ("Conduci, illumina benignamente"),
"Many sleep, but not Forever" (Molti dormono, ma non per sempre"),
o altri.
(2) Se
qualcuno della famiglia è membro di chiese confessionali e desidera che
venga affidata al suo ministro una parte da svolgere nel servizio, questo
sarebbe il momento giusto per chiedergli o di leggere alcuni versetti
della Scrittura sulla [330] risurrezione, o offrire una preghiera, o
entrambe le cose. Se non c'è nessuna richiesta del genere, si ometta
questo (2) e si passi al (3).
(3) Suggerimento di linee principali per un
discorso da rivolgere ad un funerale
Cari
amici, siamo qui riuniti per offrire un tributo di rispetto alla memoria
del nostro amico e Fratello i cui resti terreni stiamo per affidare alla
tomba: polvere alla polvere, cenere alla cenere. Nonostante il fatto che
non ci sia nulla di più comune al mondo che morire con annessi tutti i
processi di malattia, di sofferenza e di dolore, nondimeno troviamo
impossibile, quali esseri intelligenti, abituarci a un tale taglio
doloroso dei legami di amicizia, di famiglia, d'amore, di fratellanza.
Anche se applichiamo il balsamo alla piaga, ciò è ancora doloroso, anche
se, come dichiara l'Apostolo, noi come Cristiani "non ci addoloriamo
come coloro che non hanno speranza". E cosa potrebbe essere più
appropriato qui oggi che un esame di questa buona speranza, postaci
dinnanzi nel Vangelo come il balsamo di Gilead, che è capace di guarire i
dolori della terra come nessun'altra cosa sa farlo?
Comunque
prima di considerare le speranze posteci dinnanzi nel Vangelo (la speranza
di una risurrezione dei morti, la speranza di una vita futura in una
condizione molto più felice di quella presente) non è improprio se ci
imbattiamo nella domanda: "Perché dovremmo avere bisogno di una
speranza del genere? Perché non dovremmo essere risparmiati dalla morte
invece che ricevere una speranza di risurrezione dai morti? Perché Dio ci
permette di vivere solo pochi brevi giorni o anni, e questi anche pieni di
affanno? E perché siamo recisi, poi, come l'erba che appassisce? E perché
i sentimenti più profondi sono infranti, e l'andamento della casa e della
famiglia messi in subbuglio da questo grande nemico della nostra razza, la
morte, che durante i seimila anni passati ha colpito più di cinquantamila
milioni della nostra razza umana, nostri fratelli nella carne, figli di
Adamo? Per menti che ponderano non c'è domanda più interessante di
questa da concepire.
La
mancanza di fede religiosa ci dice che essendo puramente il grado più
alto degli animali noi siamo nati, viviamo e moriamo come gli animali
irragionevoli e che non [331] c'è nessuna vita futura prevista per noi.
Ma mentre rabbrividiamo a tale pensiero e non potendo provare il contrario
per nostra esperienza diretta, noi, quali figli di Dio abbiamo udito la
Parola di nostro Padre "che parla di pace attraverso Gesù Cristo
nostro Signore". Il messaggio di pace, che il nostro Redentore dà a
noi come suoi seguaci, non è una negazione della realtà dei fatti, né
una dichiarazione secondo cui non c'è sofferenza, non c'è dolore, non c'è
morte, ma è il contrario di ciò. Egli afferma: "Io sono la
risurrezione e la vita." Ci dice ancora che "tutti coloro che
sono nelle tombe sentiranno la sua voce e verranno fuori". Ah! questa
contraddizione della voce della mancanza di fede religiosa è dolce per
noi! Porta speranza, e la speranza porta la pace in proporzione di quanto
impariamo a conoscere e a confidare nel Padre ed anche nel Figlio, le cui
parole abbiamo ascoltato e il quale sta portando avanti i piani
misericordiosi del Padre.
Ma
quindi se il Signore si propone una risurrezione, e se il messaggio di
risurrezione porta pace, tranquillità e speranza, non è ancora giusto
che indaghiamo perché Dio prima volge l'uomo alla distruzione e poi più
tardi, mediante una risurrezione, dice all'umanità, nel linguaggio del
Salmista (Sal. 90:3): "Ritornate, o figliuoli degli uomini"?
Perché non lasciarli in vita? Perché non impedire il dolore, la
sofferenza e la morte? Rispondiamo che le Scritture, e solo le Scritture,
ci danno una spiegazione delle condizioni presenti: non c'è nient'altro
che getta la minima luce sull'argomento. La loro testimonianza è che Dio
all'origine creò la nostra razza perfetta, integra, a sua immagine e
somiglianza, e che attraverso la disubbidienza i nostri progenitori
caddero da quello stato nobile, fu loro inflitta la punizione del peccato,
che è la morte, e che questa
punizione per il peccato che fu pronunciata contro padre Adamo coinvolge
la sua razza tutta intera in una maniera naturale. L'impeto del peccato
accrebbe con le generazioni umane, e la malattia, la sofferenza e la
salute accelerarono in maniera proporzionale.
È
stato insegnato male a tutti noi che la paga del peccato di padre Adamo,
la maledizione, la punizione, sarebbe stato l'eterno tormento; che noi e
tutta l'umanità ha ereditato questa punizione indescrivibile quale
conseguenza del peccato originale; e che [332] soltanto coloro che
diventano seguaci di Gesù, santi consacrati, sfuggiranno al tormento
eterno. Ma troviamo, cari amici, che la Parola di Dio non offre appoggio a
tale piano irragionevole, ingiusto e senza amore, e che le Scritture, al
contrario, affermano alquanto chiaramente che la paga del peccato è la morte,
che la vita eterna è il dono di
Dio, e che nessuno può avere questo dono
eccetto coloro che diventano uniti in modo vitale al caro Figlio di Dio.
Pertanto, vediamo che dato che agli empi non verrà concessa la vita
eterna essi non potranno soffrire la miseria eterna. La dichiarazione
Scritturistica è molto chiara e molto logica: "Dio distruggerà
tutti gli empi." Sal. 145:20
Si noti
quanto ciò sia stato affermato chiaramente a padre Adamo quando fu messo
sotto processo, il momento e il luogo al di sopra di tutti gli altri al
quale dovremmo guardare per trovare un'affermazione del nostro Padre
Celeste riguardo a quale sarà la pena della sua giusta ira.
L'affermazione è che il Signore aveva provveduto abbondantemente a dare
ai nostri progenitori i vari alberi da frutto del Paradiso che donano la
vita, e che li mise semplicemente alla prova nel campo dell'obbedienza
proibendo loro di mangiare o perfino di toccare il frutto di un albero
particolare. Fu questa disobbedienza che portò alla cacciata dal Paradiso,
cacciata dagli alberi (frutteto) della vita e, pertanto, portò pian piano
alle condizioni di morte che ancora prevalgono e in modo crescente; poiché
tutti sono coscienti del fatto che la media della durata della vita umana
oggi è molto più bassa di quella dei tempi di padre Adamo, che "visse
novecentotrenta anni".
Le
parole del Signore presentate nella Genesi sono: "Nel giorno in cui
tu ne mangerai, per certo morrai." Questo "giorno", ci
spiega l'Apostolo Pietro, era un giorno del Signore, del quale dice:
"Non siate ignoranti, fratelli, riguardo a questa unica cosa, che un
giorno con il Signore è come mille anni"; e fu all'interno di
questo "giorno" che Adamo morì e nessuno della sua discendenza
ha mai vissuto un intero giorno composto di mille anni. Dopo la
trasgressione di Adamo, le parole di condanna del Signore mostrano molto
chiaramente che non aveva nessuna intenzione di tormentare le sue
creature, e che la maledizione non si estendeva più in là della
distruzione della vita presente e più in là delle tribolazioni casuali
connesse alla condizione del morire.
[333]
L'espressione del Signore della maledizione lanciata ad Adamo fu: "Mangerai
il pane col sudore del tuo volto finché tu ritorni nella terra donde
fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai." Gen.
2:17; 3:19; II Piet. 3:8
Certamente
è grande motivo di gioia rendersi conto che quella terribile dottrina del
tormento eterno, con il suo castigo non solo inflitto sui nostri
progenitori, ma su tutta la loro stirpe, tutti i loro figli, è una
dottrina falsa che è giunta a noi non dalla Bibbia, ma dalle "Età
oscure". Non è la dichiarazione del Signore in nessun senso della
parola. Si ascolti la spiegazione dell'Apostolo Paolo sull'argomento, in
pieno accordo con il racconto della Genesi. Dice (Rom. 5:12): "Per
mezzo d'un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del
peccato [come risultato del peccato] v'è entrata la morte, e in questo
modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato."
Cosa potrebbe essere più logico, più sensato o più soddisfacente di
questa spiegazione divina della morte? Che essa è il risultato del
peccato; che nostro padre Adamo, una volta processato, perdette tutti i
suoi diritti e privilegi a causa della disobbedienza e venne a trovarsi
sotto la maledizione della malattia, della sofferenza, del dolore,
dell'affanno e della morte; e che noi, senza alcun processo (inutile per
noi che abbiamo ereditato predisposizione e debolezze peccaminose) siamo
partecipi della stessa sentenza divina contro il peccato; ossia la morte, e siamo una razza che pian piano sta scendendo in basso nelle
debolezze, nella malattia, nella sofferenza e nell'affanno, dentro la
tomba?
La
spiegazione è soddisfacente a nostro parere e spiega il fatto che il
neonato anche di un'ora o di un giorno o di una settimana o di un mese
partecipa alla sofferenza e al processo della morte proprio come chi vive
qualche anno in più e partecipa personalmente alla trasgressione delle
leggi della rettitudine. "Sono nato nel peccato, formato nell'iniquità;
nel peccato mi ha concepito mia madre" è la dichiarazione
Scritturistica in materia. "Tutti hanno peccato e non sono
all'altezza della gloria di Dio."
Ma ora,
dov'è la speranza? Che aiuto ci può essere per uno stato delle cose così
triste? Che si può fare per coloro che stanno soffrendo, che patiscono
dolore e stanno morendo, in tutto il mondo, e cosa si può fare per i
cinquantamila milioni che sono già [334] andati a finire giù nella
prigione della morte? Rispondiamo che non possono fare niente per se
stessi. Seimila anni di sforzo umano per sollevarsi dalla malattia, dal
dolore e dalla morte, senza ombra di dubbio hanno dimostrato
l'infondatezza più completa di ogni speranza di qualsiasi genere. Coloro
che coltivano la speranza debbono farlo guardando al Signore, il Dio della
nostra salvezza. Egli ha proposto una salvezza e la Bibbia è la
rivelazione del piano glorioso delle età che Dio sta realizzando passo
passo. Il primo passo è stata la redenzione, il pagamento della pena
sentenziata contro di noi: la pena di morte. È stata pagata da nostro
Signore Gesù, che "è morto, il giusto per gli ingiusti, per
portarci a Dio". Nessuno appartenente alla razza condannata poteva
salvare se stesso e quindi, certamente, come il profeta indicò: "Nessuno
poteva dare a Dio il riscatto per suo fratello." Ma l'estrema
avversità dell'uomo divenne l'opportunità di Dio e questi mandò Gesù
che dette per noi la sua vita non
menomata, la sua vita "santa, innocua, distinta dai peccatori",
distinta dalla razza morente. Dio accetta questa vita come il prezzo
corrispondente e il compenso della vita condannata di padre Adamo; e in
tal modo viene in aiuto a tutti noi, figli di Adamo, perché non fummo
condannati a causa nostra, ma
"per la disobbedienza di un uomo"; pertanto Dio può essere
giusto e può liberarci mediante l'obbedienza e il riscatto di uno: Gesù
Cristo, nostro Signore. Di lui sta scritto che: "dette se stesso qual
prezzo di riscatto per tutti, fatto che doveva essere attestato a suo
tempo." I Tim. 2:6
Cari
amici, prestiamo attenzione, mentre ci siamo, al fatto che nostro Signore
Gesù non ha redento semplicemente la Chiesa; ma, come le Scritture
affermano chiaramente: "Egli è la propiziazione [l'espiazione] per i
nostri peccati [i peccati della Chiesa], e non soltanto per i nostri, ma
anche per quelli di tutto il mondo." (I Giovanni 2:2) Qui, grazie a
Dio, abbiamo le basi della buona speranza che, come suggerisce l'Apostolo,
ci permette di addolorarci non come gli altri che non hanno speranza, o
che hanno solo una fragile speranza, non poggiata sulle dichiarazioni
positive della Parola di Dio.
Ma,
dice uno, è molto che Gesù è morto. Perché è ancora permesso al
peccato e alla morte di regnare e di ingoiare la famiglia umana?
Rispondiamo che Dio ha [335] ritardato il sacrificio
di quattromila anni e sta ritardando ancora l'invio della benedizione
assicurata da esso che in definitiva deve esserne il risultato; e tale
benedizione sarà certa al "tempo opportuno" di Dio. L'obiettivo
del ritardo è duplice, come spiegato dalle Scritture:
Primo,
permettere la nascita di un numero sufficiente della famiglia umana per
riempire o popolare bene tutta la terra, allorché sarà portata alla
perfezione dell'Eden, e come un tutto sarà il Paradiso di Dio restaurato
su scala più vasta e più maestosa. Costoro durante il tempo presente
acquisteranno una certa quantità di esperienza del peccato e della morte
ed impareranno parte di una lezione molto importante, vale a dire
l'eccessiva peccaminosità del peccato e la sua indesiderabilità. Non
appena arriverà il tempo del Signore, che non crediamo sia molto lontano,
egli manterrà la sua promessa e stabilirà il suo Regno nel mondo, che
incatenerà Satana, frenerà tutte le potenze e gli influssi che operano
ora in direzione del peccato e della morte, e farà sì che la conoscenza
del Signore si sparga su tutta la terra. Così Cristo benedirà la
famiglia umana e la solleverà, passo passo, verso la grande perfezione in
cui fu creata, ad immagine di Dio come rappresentata in padre Adamo.
Questo periodo di benedizione è chiamato il Regno Millenaristico e fu per
questo che il Signore ci insegnò a pregare: "Venga il tuo Regno; sia
fatta la tua volontà sulla terra come in cielo." Occorrerà tutto
questo giorno composto di mille anni, questo giorno di benedizione e di
restaurazione per stabilire la rettitudine nella terra su una base solida
e per mettere alla prova il mondo dell'umanità e determinare chi fra gli
uomini, mediante l'obbedienza a Cristo, può essere considerato degno
della vita eterna; e chi, in possesso della piena conoscenza, a motivo
della sua preferenza per il peccato, sarà sentenziato alla Seconda Morte:
"distruzione eterna lontano dalla presenza del Signore e dalla gloria
della sua potenza". Queste benedizioni dell'età Millenaristica si
estendono non solo sui milleseicento milioni ora viventi sulla terra, ma
anche sui cinquantamila milioni che sono stati sepolti nelle tombe, la
grande prigione della morte, dalla quale nostro Signore Gesù li chiamerà
per partecipare alle opportunità del Regno; come egli dichiara: "Tengo
le chiavi della morte e della tomba." Apoc. 1:18
Secondo,
[336] cari amici, il Signore ha ritardato nel portare la benedizione e le
opportunità generali per il mondo, dal tempo in cui nostro Signore ci ha
redento, affinché durante quest'età del Vangelo potesse radunare,
prendendolo dall'umanità, che ha redento, un "piccolo gregge",
una classe di "eletti", discepoli, che avrebbero seguito le sue
orme, persone sante, sacre. Pertanto sta cercando "un popolo
particolare", "un Sacerdozio Regale" da associare a se
stesso in quel Regno Millenaristico, non per far parte del mondo nella
restaurazione alle condizioni terrene, per quanto perfette, grandiose e
gloriose, e ad una dimora Edenica, per quanto desiderabile, ma per un dono
ben più grande, per essere come il loro Signore: esseri spirituali,
partecipanti della natura divina, molto più in alto degli angeli, dei
principati e delle potenze, a condividere la sua gloria. Che magnifica
speranza è questa e che ispirazione per i cuori di tutti coloro che hanno
ascoltato l'invito e che sono divenuti discepoli, seguaci di Gesù, e
stanno cercando di camminare sulle sue orme, dopo che egli ci ha dato
esempio! Che benedizione sarà raggiungere una simile gloria, un simile
onore e una simile immortalità come è offerto alla Chiesa nella Prima
Risurrezione! E che grande privilegio sarà l'essere associati con nostro
Signore nel dispensare i doni divini a tutta la creazione che geme, e
nell'invitare chiunque voglia a Venire all'acqua della vita, e a berne a
volontà! Sì, allora nel Regno lo Spirito e la Sposa diranno: "Vieni"
(perché ci sarà una Sposa, allora, lo sposalizio dell'Agnello che si
tiene alla fine di questa età del Vangelo) "e chi vuole, prenda in
dono dell'acqua della vita." (Apoc. 22:17) Non sono queste due buone
ragioni perché Dio abbia ritardato l'elargizione della benedizione subito
dopo che fu compiuto il sacrificio redentore sul Calvario? Certamente
possiamo gioire del ritardo e della nostra opportunità che ne è
scaturita di essere chiamati e di rendere sicure la nostra chiamata e la
nostra elezione.
Questa
è una breve dichiarazione delle speranze gloriose che animarono il nostro
caro fratello la cui memoria oggi onoriamo. Queste speranze sono state
un'ancora per la sua anima, che gli hanno consentito di restar ben saldo a
lato del Signore e di condividere le sorti di coloro che riconoscono il
Maestro e che cercano di prendere la loro croce [337] giornaliera alla sua
sequela. Egli aveva qualità nobili che senz'altro molti di voi hanno
riconosciuto; ma non stiamo basando le nostre speranze e le nostre gioie
nei suoi confronti sulla supposizione che fosse perfetto, ma sul fatto che
sappiamo che Gesù Cristo fu il suo Redentore perfetto e che il nostro
fratello confidò in lui; e che chiunque confida in lui non sarà mai
svergognato ma alla fine riuscirà vincitore. Non c'è dubbio che il
nostro caro fratello avesse delle qualità degne di stima che potremmo
tutti imitare, ma non abbiamo bisogno di prendere nessun esempio terreno.
Dio stesso ci ha dato in suo Figlio un esempio glorioso che tutti noi,
come il nostro caro fratello, dobbiamo sforzarci di imitare. Facciamo bene
a non guardarci a vicenda ma a guardare alla copia perfetta: Gesù.
Facciamo bene a passar sopra ai difetti naturali, che tutta l'umanità ha
a causa della caduta, e a ricordare che questi sono tutti coperti, per
coloro che sono i seguaci del Signore, dal manto della sua giustizia in
modo che essi vengono "accettati nel Diletto".
Infine,
cari amici, impariamo una lezione sulla brevità della vita presente; e
che mentre Dio ha grandi benedizioni in serbo per il mondo, noi che
abbiamo già sentito parlare della sua grazia e della salvezza in Gesù
abbiamo privilegi speciali, opportunità speciali e di conseguenza
responsabilità speciali connessi con questa conoscenza. Come afferma
l'Apostolo: "Colui che ha questa speranza in lui rende se stesso puro,
proprio come egli è puro." Se ci aspettiamo di essere con il
Signore, di partecipare alla sua gloria e di essere associati, nel futuro,
alla sua opera, sappiamo che ciò vorrà dire che i nostri caratteri
debbono essere trasformati, che i nostri cuori debbono essere rinnovati,
che dobbiamo diventare non solo puri nel cuore, cioè, nelle intenzioni,
nella volontà, nello scopo, verso Dio, ma, per quanto è possibile, anche
nelle parole e nei fatti, il più possibile come è capace la nuova mente,
nelle varie circostanze, di controllare questi corpi, imperfetti a causa
della caduta. Dobbiamo ricordarci non solo di rimanere in Gesù e sotto il
manto del suo merito, ma anche di coltivare sempre di più nei nostri
cuori le grazie del suo Spirito; e i buoni propositi sono un grande aiuto
in questa direzione. Decidiamoci, quindi, di nuovo in queste circostanze
solenni e tenendo presenti questi pensieri solenni, seppure gioiosi, di
sforzarci, per quanto sta a noi, a camminare più fedelmente nelle orme
[338] del Maestro e a lasciare splendere la luce della sua verità e della
sua grazia sempre di più attraverso le nostre vite. Facciamo in modo che
il mondo sia migliore e più felice ogni giorno che vi viviamo e che per
quanto è possibile glorifichiamo Dio nei nostri corpi e nei nostri
spiriti che sono suoi. Amen.
(4) Al
discorso può far seguito una preghiera condotta o direttamente da colui
che ha parlato oppure da qualche fratello competente nella Verità. Non si
dovrebbe mai chiedere l'aiuto di un ministro che venga da fuori per la
preghiera da dire dopo il
discorso. Pregherebbe quasi di sicuro rivolto agli uomini e non a Dio e
cercherebbe di distruggere quasi certamente nelle menti degli ascoltatori
qualsiasi buon frutto prodotto dal discorso. Nella preghiera il Signore
dovrebbe essere ringraziato in modo speciale della sua grazia in Gesù
Cristo e si dovrebbe chiedere la sua benedizione su tutti i presenti e in
modo particolare su coloro che hanno legami con la famiglia cui è venuto
a mancare il defunto.
(5) Si
può concludere il servizio appropriatamente con una strofa o due di un
inno che si addica alla situazione, come suggerito innanzi.
(6)
Siamo del parere di dire semplicemente poche parole di preghiera sul luogo
della sepoltura dopo che la bara è stata deposta.
Variazioni nel discorso, per adattarlo
a varie circostanze
Il
discorso riportato sopra sarebbe certamente adatto in ugual modo anche per
una sorella, sostituendo la parola "Sorella" a "Fratello";
nel caso, però, che si tratti di una persona mondana o di una che non
possiede piena consacrazione al Signore, ci sarebbe bisogno di fare
diverse correzioni, come risulta evidente a qualunque persona competente
che sia solita rivolgere questo tipo di discorsi.
Nel
caso di un bambino, sia che egli abbia un legame di parentela con un
credente o meno, il discorso potrebbe variare per adattarsi a questa
circostanza; si potrebbe far riferimento al defunto come "il nostro
giovane amico, stroncato sul fiore dell'età, nello sviluppo verso la sua
maturità di uomo o di donna, dalla falce del mietitore severo, la morte";
oppure, se si tratta di un piccolo bimbo, si può prendere il testo:
"Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versar lagrime,
poiché l'opera tua sarà ricompensata, [339] dice l'Eterno; essi ritorneranno
dal paese del nemico." (Ger. 31:15-17) In tale caso sarebbe
appropriato porre l'enfasi sul fatto che nessuno metterà in discussione
che i bambini che non hanno raggiunto l'età della maturità non possono
aver commesso peccato che porta alla morte e che pertanto si verifica la
dichiarazione della Scrittura secondo cui fu per la disobbedienza di un
uomo, e non per la disobbedienza universale, che il peccato entrò nel
mondo, con la morte quale risultato o condanna.
Le decime, le collette, ecc.
Per
quanto ci consta, nessuna delle piccole compagnie del popolo del Signore
"di questa via" (Atti 22:4) fanno delle collette pubbliche. Sin
dall'inizio siamo stati del parere di evitare collette pubbliche, non
perché che ci sarebbe qualcosa di peccaminoso in questa procedura né
perché c'è qualcosa nelle Scritture che le condannino, ma perché la
questione dei soldi è stata fatta diventare un elemento così prominente
in tutta la Cristianità da parte di tutte le denominazioni che, a parer
nostro, l'evitarla totalmente sarebbe a gloria del Signore. Le persone
alle quali per tutta la vita sono stati continuamente chiesti soldi ben
presto finiranno col credere che una gran parte della predicazione e
dell'insegnamento, ecc. è fatto per far soldi, se non è fatto unicamente
o principalmente per far soldi, almeno per far soldi in misura
considerevole.
Non
solo le Scritture lasciano capire che la maggior parte dei fedeli del
Signore sarà costituita dai poveri di questo mondo, ma la nostra
esperienza conferma la medesima cosa, che non ci sono molti ricchi, non
molte persone importanti, non molti nobili, ma "principalmente i
poveri di questo mondo, ricchi nella fede". Alcuni di questi, ne
siamo sicuri, venendo agli incontri dove si sostiene la causa della Verità
Presente, sentono un senso di sollievo nell'assenza dello spirito mondano
dell'accaparramento di soldi; almeno in alcuni casi quest'aspetto è
servito a presentare loro la Verità come degna di lode. Coloro ai quali
si aprono gli occhi alla luce della Verità Presente diventano presi da
uno zelo e da un'energia di servire la Verità e da un desiderio così
grande di far splendere la loro luce per la gloria del Padre e del Figlio,
di modo che molti Cristiani tiepidi generalmente dicono: "Qual è la
ragione? Qual è l'obiettivo? Cosa ci guadagnerete, [340] oppure che
vantaggio ne trarrete nel cercare di suscitare l'interesse in me, nel
prestarmi libri o nel trascorrere del tempo cercando di attrarre la mia
attenzione a questi temi Biblici, come li vedi tu? Venendo agli incontri e
scoprendo che non ci sono neanche le solite collette e richieste di soldi,
questi che indagano sono ancor più convinti che è stato l'Amore, per il Signore, per la sua Verità e per il suo gregge, ad
ispirare gli sforzi fatti per mettere la Verità alla loro portata. Anche
se un po' propensi ad avere pregiudizi contro la Verità, queste prove di
sincerità e di uno spirito, simile a quello di Dio, di benevolenza e
generosità si presentano come degni di essere emanazioni dello Spirito
del Signore, dello spirito d'amore.
Ma
mentre difendiamo questo principio e lo raccomandiamo di tutto cuore a
tutto il popolo del Signore ovunque, è nostro dovere, d'altra parte,
richiamare l'attenzione al fatto che per quanto ignobile ed egoista ed
avaro uno possa essere nel momento in cui accetta il Signore e si consacra
a lui, costui non si potrebbe continuare ad identificare con "la
Chiesa i cui nomi sono scritti in cielo", e con il Signore, Capo
della Chiesa, senza riuscire vincitore, in grado notevole, sulla sua
disposizione egoista. Sappiamo bene che l'egoismo e l'avarizia sono
estranei allo Spirito del nostro Padre Celeste e del nostro Signore Gesù
e debbono, pertanto, essere estranei a tutti coloro che saranno
riconosciuti alla fine figli del loro Padre, i quali avranno tutti la
somiglianza di famiglia, la cui caratteristica principale è l'amore, la
benevolenza. Se, per eredità o per via di un ambiente e di un'istruzione
sfortunati, si è sviluppato molto lo spirito di squallore nella carne
mortale di chiunque è stato accettato come membro in prova della Nuova
Creazione, costui andrà presto incontro ad una guerra proprio a questo
riguardo. Come fa capire l'Apostolo, la mentalità della carne lotterà
contro la mentalità dello spirito, la Nuova Creatura, e la mentalità
della Nuova Creatura deve ottenere la vittoria se vuole raggiungere la
posizione agognata tra i vincitori. L'egoismo e lo squallore debbono
essere superati; si debbono coltivare diligentemente la pietà, la
munificenza e la generosità, sia dell'animo che delle azioni. Può anche
succedere che questi tali siano costretti a lottare [341] con la carne,
perfino sino al giorno della morte, ma non ci debbono essere punti
interrogativi sull'atteggiamento della mente, della nuova volontà; e
coloro che li conoscono meglio percepiranno certamente nella loro condotta
le prove della vittoria della nuova mente sulla mente carnale ed egoista.
Pertanto
il nostro pensiero, riguardo all'evitare le collette e tutte le faccende
finanziarie nelle adunanze della Chiesa non è diretto a scoraggiare il
dare. Per quanto possiamo osservare, coloro che danno più abbondantemente
al Signore, con più entusiasmo, con più allegria, sono quelli più
benedetti da lui in materia dello spirito. Si vedrà che non stiamo
limitando l'espressione: "Il Signore ama colui che dona con cuore
allegro" a doni di natura pecuniaria; ma stiamo comprendendo in essa
tutti i doni e i sacrifici che il popolo del Signore ha il privilegio di
presentare sull'altare del sacrificio e di cui Dio ci fa sapere che è
contento di accettare attraverso il merito del nostro caro Redentore. In
verità, ogni qualvolta e ovunque ci si è presentata la domanda: "Dovrei
impegnarmi completamente in questa attività commerciale e in tal modo
riuscire a dare in abbondanza del frutto delle mie mani e del mio
intelletto per la diffusione della Verità? O sarebbe meglio che mi
accontentassi di una capacità e di un servizio minori in questa direzione,
prendendo un'altra strada che mi permetterebbe di dare di più del mio
tempo e della mia personalità per gli interessi della Verità e per la
sua propagazione tra gli amici, i vicini, ecc.? Universalmente, la nostra
risposta è stata che dovremmo considerare che il nostro tempo e
l'influenza esercitata a servizio della Verità sono ancora più
apprezzati agli occhi del Signore che i doni in denaro.
Pertanto,
se uno si trova in possesso di un talento per presentare la Verità, ed
anche di un talento per fare legittimamente soldi, il nostro consiglio
sarebbe che costui esercitasse preferibilmente il talento di fare soldi
soltanto fino ad un certo punto, in modo da dare tempo, attenzione ed
energia quanto più possibile per il talento ancora più importante che
possiede, cioè quello del ministero della Verità. E ciò varrebbe anche
in misura notevole per i ministeri della Verità attraverso le pagine
stampate, attraverso la distribuzione ambulante di testi religiosi, ecc.
"È
più benedetto dare che ricevere" è un assioma che tutto il popolo
del Signore [342] che ha raggiunto un certo buon grado di sviluppo nella
somiglianza divina può capire bene. Dio è il grande Donatore: egli
continua sempre a dare. Tutta la Creazione in ogni sua parte è il
risultato di questa benevolenza da parte di Dio. Egli ha dato il Suo
Figlio Unigenito, con la vita, i piaceri, le benedizioni dell'associazione
intima con lui. Egli ha dato ai figli angelici di Dio innumerevoli
benedizioni. Ha elargito alla nostra razza, nella persona del padre Adamo,
la benedizione della vita e le benedizioni feconde di questo mondo, che,
anche nella loro condizione presente caduta e degradata, sono meravigliose.
Egli non ci ha dato soltanto i sensi, con i quali poter notare gli odori,
i sapori piacevoli, i bei colori e le loro combinazioni, ecc., ecc. ma ha
preso le misure opportune nella natura per la gratificazione di questi
sensi in modo meraviglioso e abbondante: è stato generoso nell'elargire
le sue bontà sull'uomo naturale, nei frutti e nei fiori, nelle gemme e
nel cielo stellato.
E
quando contempliamo le benedizioni che Dio ha in serbo per il
"piccolo gregge" della Nuova Creazione, come rivelatoci nella
sua Parola, riconosciamo che sono oltremodo abbondanti, molto di più di
quanto avessimo potuto chiedere o pensare. "Gli occhi non hanno visto,
né gli orecchi hanno sentito, né è entrato nel cuore dell'uomo ciò che
Dio ha in serbo per coloro che lo amano; ma Dio le ha rivelate a noi per
mezzo del suo Spirito." La benevolenza, quindi, o il dare,
l'assistere, il benedire altri, è parte dell'essere simili a Dio. Che c'è
da meravigliarsi, allora, se consideriamo il dare superiore al ricevere?
In
proporzione di quanto impariamo ad apprezzare le cose spirituali e in
proporzione di quanto siamo insieme al Signore e diventiamo partecipi del
suo Spirito, e in proporzione di come quello spirito d'amore, di bontà,
di generosità è traboccato nei nostri cuori, nella stessa proporzione
scopriamo che proviamo piacere a fare del bene a tutti gli uomini,
specialmente a quelli della famiglia della fede. L'amore in noi, come nel
nostro Padre Celeste, non cerca semplicemente il suo proprio interesse e
il suo proprio benessere, ma è continuamente all'erta per notare come
poter conferire benedizioni anche su altri; come poter ravvivare e
rallegrare le vite degli altri; come poter confortare gli altri [343] nei
loro dolori e assisterli nella necessità. In verità è in proporzione di
quanto questa mentalità è traboccata su di noi, in proporzione di come
veniamo trasformati dal rinnovamento delle nostri menti, e mutati di
gloria in gloria, che arriviamo a capire il valore della grande opera che
Dio ha tracciato per noi in futuro: l'opera simile a quella di Dio di
benedire tutte le famiglie della terra, di essere i suoi agenti nella
distribuzione dei doni generosi celesti che ha previsto per tutti coloro
che giungeranno all'armonia con lui. Le Nuove Creature, pertanto, trovano
che, in proporzione di quanto crescono in grazia, mentre continuano ad
apprezzare le glorie personali promesse, giungono a stimare in modo più
particolare i privilegi che saranno loro attraverso la coeredità con il
loro Signore, i privilegi del ministero della restaurazione e di tutte le
sue benedizioni numerosissime elargite alla povera creazione che geme,
sollevando tutte le persone che solleveranno fino alla perfezione umana
dalla quale tutti caddero in Adamo.
Questo
spirito d'amore, questo desiderio di dare, questo desiderio di assistere
altri, man mano che cresce nei nostri cuori nel tempo presente, ci porta
non solo alla generosità di pensiero rispetto ad altri, ma anche alla
generosità di condotta, alla prontezza a sacrificare il nostro tempo e la
nostra influenza per il bene degli altri; in tal modo che essi possano
essere benedetti con la luce della Verità Presente, come siamo stati
benedetti noi da essa. E questo stesso spirito ci porta, se non abbiamo
talento per insegnare o per spiegare, a cercare di usare il nostro talento
di tempo e di opportunità per la distribuzione di opuscoli, ecc.,
accompagnati da una parola appropriata, quantunque breve. E ci porta più
avanti, se abbiamo anche il talento dei soldi, ad usarlo al servizio del
Signore, per la promulgazione del Vangelo. In verità, crediamo che oggi
il Signore apprezzi, come ha sempre fatto, lo spirito che era nella povera
vedova la quale buttò due oboli nel tesoro del Signore e la cui
abnegazione, come dimostrata in questa piccola offerta, a detta del
Signore generò la sua stima per lei, e, quindi, la stima del Padre per
lei, quale colei che dette al massimo grado, seguendo il proprio cuore:
"Costei v'ha gettato tutto quanto aveva per vivere." (Luca 21:4)
Quindi, a modo suo, fece per la causa generale qualcosa di molto [344]
simile a quella che stava facendo nostro Signore. Stava dando, non
semplicemente quanto aveva per vivere, ma stava dando la stessa vita,
giorno per giorno, ora per ora, al servizio degli altri; e alla fine, sul
Calvario, completò l'opera nel senso più pieno e più completo.
Siamo
stati propensi a chiederci perché nostro Signore non abbia fatto notare
alla povera vedova, in qualche modo, che aveva fatto più del suo dovere;
che se aveva solo due oboli li avrebbe dovuti tenere entrambi, o almeno
uno dei due, per le sue necessità. Se fosse stata un'altra persona
diversa dal Signore oppure da uno degli apostoli a notare quel gesto e a
lodarlo, ci saremmo sentiti perfettamente liberi di aggiungere quelle
parole di cautela. Ma, tutto sommato, presumiamo che a molto pochi sono
necessarie parole di cautela per quanto riguarda l'istinto di
conservazione. Molto pochi hanno bisogno di ricevere parole di cautela che
spieghino loro che non occorre che diano tutto ciò che hanno per vivere.
Ce ne possono essere alcuni; ma siamo certi che per loro, come per la
povera vedova, succederebbe che il Signore li ricompenserebbe in qualche
modo per ciò che saremmo propensi a considerare la loro supergenerosità.
Siamo piuttosto sicuri che è meglio che sbaglino in quel senso della cosa
che nel senso opposto. "C'è chi spande liberamente e diventa più
ricco [se non diventa più ricco in cose naturali lo diventerà
sicuramente in cose spirituali] e c'è chi risparmia più del dovere [coloro
che sono troppo accurati, troppo cauti, indigenti, oltremodo prudenti], ma
non fa che impoverire [a volte fino alla povertà finanziaria, ma sempre,
certamente, fino alla povertà spirituale]." Prov. 11:24
Dato
che il Signore non ha imposto nessuna legge sul suo popolo riguardo ai
doni generosi, ma ha lasciato la questione aperta per coloro che hanno
consacrato a lui tutto ciò che
hanno, è evidente che la loro consacrazione sarà misurata dalla loro
condotta successiva: i loro sacrifici, i loro atti di abnegazione. La
domanda, allora, si presenta davanti a ciascuno di noi individualmente:
"Fino a che punto dovrei dare al Signore del mio tempo, della mia
influenza importante, del mio denaro? Rispondiamo che se la domanda viene
da uno che ha fatto una consacrazione completa
di se stesso ed è [345] diventato una Creatura Nuova, non ci può essere
che una risposta, vale a dire che non ha nulla da
dare, ha già dato tutto
quello che ha al Signore. Se ha trattenuto qualcosa, allora non ha fatto
una consacrazione piena e può star certo di non essere stato accettato
completamente dal Signore.
Ma, se
ammettiamo di aver dato tutto al Signore, come determiniamo la volontà
divina rispetto al mandare ad effetto questo dono? Rispondiamo che
ciascuno deve considerarsi nominato dal Signore come amministratore
del proprio tempo, della propria influenza importante, dei propri soldi,
ecc. e ciascuno deve cercare di usare questi talenti al massimo della loro
capacità, per la gloria del Maestro. E visto che a lui è concesso il
privilegio del trono della grazia, ciò vuol dire che se è in dubbio
circa l'uso di questi talenti, può chiedere a Dio che dà la sua sapienza
liberamente a chi la chiede, e non rimprovera. Guidato da tale sapienza
che viene dall'alto, in proporzione di quanto cresce giorno dopo giorno il
suo amore e il suo zelo per il Signore mediante una conoscenza della Verità
e il raggiungimento dello spirito di essa, si ritroverà a dare sempre di
più del suo tempo, della sua influenza, e sempre di più dei mezzi che
sono sotto il suo comando, per il servizio della Verità, e a programmare,
inoltre, come può ridurre i suoi vari obblighi personali e familiari in
maniera da poter aumentare le sue offerte e i suoi sacrifici.
Come
ben noto, Dio ha istituito con gli Ebrei un sistema di pagamento della
decima, secondo cui il decimo di tutto l'aumento della ricchezza, sia in
grano che in verdure o mandrie o greggi o denaro, veniva messo da parte
per usi sacri come appartenente al Signore, da usare soltanto per scopi
sacri. Ma questo fu un ordinamento solo per "la casa dei servitori".
Il Signore ha lasciato "la casa dei figli"
senza nessuna legge o senza nessun regolamento del genere. Ciò implica
che egli si aspetti di meno dai figli che dai servitori? In verità, no;
il figlio che fosse meno interessato agli affari del padre del servitore
sarebbe indegno della sua posizione di figlio e di certo la perderebbe; si
troverebbe un altro che abbia maggior spirito vero di figliolanza. Nel
caso della casa dei figli, non viene consacrato, sacrificato, solo un
decimo ma ogni cosa, e tutto
deve [346] essere usato come ci indicherà l'occasione sotto la forma di
servizi al Signore e alla sua causa. Pertanto dobbiamo procedere
continuamente, dando la nostra vita, il nostro tutto, al servizio della
Verità. *
__________
*Gli
obblighi dei consacrati verso le loro famiglie e come questi abbiano a che
fare con l'offerta di tutto ciò
che hanno al Signore, viene considerato nel Cap. xiii.
__________
L'Apostolo
sottopone questa lezione alla nostra attenzione nella sua lettera ai
Filippesi (4:17): li assicura che i loro doni dati spontaneamente sono
stati utili e graditi ed aggiunge: "Non già che io ricerchi un dono;
ho ricercato piuttosto il frutto che abbondi a conto vostro." Sapeva
che come è certo che erano stati generati dallo Spirito santo questo
avrebbe cominciato a portare frutti in opere buone e in doni generosi; e
che più erano evidenti i doni generosi, più aveva la dimostrazione della
loro crescita spirituale, che era la cosa che egli desiderava veramente. E
così è oggi. Il Signore ci informa che tutto l'oro e l'argento è suo
come pure il bestiame su mille colli. A dir il vero, egli non ha bisogno
di nessuno dei nostri sforzi, di nessuna quantità di nostri soldi; ma
siccome ci tornerà di vantaggio e ci aiuterà a svilupparci, egli lascia
che la sua opera sia in una condizione tale da aver bisogno di tutti gli
sforzi di coloro che sono veramente suoi e di tutti i mezzi che sarà loro
suggerito di usare nei loro tentativi di glorificarlo.
Come è
benigno questo ordinamento! Che benedizioni hanno già portato questi
privilegi al caro popolo del Signore! Non dubitiamo che continueranno a
scendere su di noi fino alla fine della corsa con lo scopo che tutti
possiamo avere il privilegio benedetto di porgere i nostri talenti,
qualunque essi siano, al servizio del Signore. Così dunque insistiamo
perché, sull'esempio della povera vedova e dei suoi due oboli, non ci sia
nessuno così povero da non poter mostrare al Signore il desiderio che ha
in cuore. L'idea che nostro Signore sembra avere è che, come espresso da
una parte, chi è fedele nel poco sarà fedele nelle occasioni più grandi
e più importanti; e che egli sarà propenso a dare a costoro non solo le
opportunità maggiori del futuro, ma le opportunità maggiori anche del
tempo presente.
Il
[347] nostro consiglio è che la questione dei soldi sia posta da parte,
per quanto possibile (e crediamo che ciò sia completamente),
e non venga considerata negli incontri generali della Chiesa. Consigliamo
che si coltivi lo Spirito del Signore e che man mano che vive
abbondantemente dentro, ciascuno si senta spinto a fare la sua parte per
affrontare non solo le spese attuali della Chiesa (magari l'affitto o
altre spese) ma anche a diffondere la luce che sta benedicendo la sua
anima su altri che si trovano ancora nelle tenebre. Allo stesso modo
consigliamo che non si chieda insistentemente denaro ad estranei, anche se
non siamo al corrente di nessun motivo per cui si dovrebbe mai rifiutare
il denaro offerto da estranei. Sarebbe, almeno, un'indicazione della loro
simpatia e non c'è dubbio che porterà loro alla fine, o in questa vita
presente o nella futura, qualche riconoscimento e premio da parte di colui
che ha dichiarato che persino un bicchiere d'acqua fresca offerto ad uno
dei suoi discepoli in suo nome non resterà senza premio. Mat. 10:42;
Marco 9:41
*
* *
"Anche in mezzo ai rumori più striduli
della nostra giornata,
Si fa strada un preludio dolce, sommesso;
Attraverso nubi di dubbi e di credi di paura,
Calma e chiara irrompe una luce.
"Chi
non vede deve per forza brancolare,
La lama deve stare davanti alla spiga;
Come ti senti tu mi sono sentito io,
E dove abiti tu devo abitare anch'io."
[348]
Se potessi sapere
"Se
potessi sapere di sicuro
Che tutte queste cose che mi affaticano così tanto
Sono notate dal mio Signore:
Lo spasimo che mi taglia come un coltello,
Il rumore, la stanchezza, la lotta,
E tutti i mali innominati della vita.
Che pace darebbe!
"Mi
chiedo se partecipa davvero
A tutti questi piccoli affanni umani,
Questo potente Re dei re!
Se colui che guida nello spazio sconfinato
Ogni pianeta splendente al suo posto,
Può avere la grazia che accondiscende
A curarsi di queste futili cose.
"Mi
sembra, se certo di ciò,
Mescolato con ogni male verrebbe una tale gioia
Che io possa agognare il dolore,
E vedere ogni cosa che mi porti
Il pensiero benedetto di Dio
E il senso della dolce compassione di Cristo
Non una perdita, ma il più ricco guadagno.
"Caro
Signore, il mio cuore non dubiterà più
Che tu mi circondi tutto
di compassione divina.
L'Amore che per me fu crocifisso una volta
Non è l'amore che si allontana da me,
Ma aspetta sempre di condividere
Ogni mio piccolissimo affanno."