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Sulle Scritture
Serie 6 - La Nuova Creazione
STUDIO
7
LA
LEGGE DELLA NUOVA CREAZIONE
L'EMANAZIONE
DI UNA LEGGE IMPLICA LA CAPACITÀ DI RISPETTARE QUELLA DATA LEGGE—LA
LEGGE DIVINA COME FU SCRITTA ORIGINARIAMENTE—NON SI POTEVA DARE UNA
LEGGE DI VITA ALLA STIRPE CADUTA—REDENZIONE NON PER MEZZO DELLA LEGGE MA
DELLA GRAZIA—L'ANTICO PATTO PORTATO A COMPIMENTO E IL NUOVO PATTO
SIGILLATO DAL SOLO SACRIFICIO DI CRISTO—LA LEGGE DEL SINAI SOLO PER
ISRAELE NELLA CARNE—LA LEGGE DEL NUOVO PATTO—IL COMANDAMENTO SOTTO IL
CUI VINCOLO SI SVILUPPANO I SANTI—LA NUOVA CREAZIONE SEPARATA E DISTINTA
NEL RAPPORTO DIVINO E NEL PATTO—CRESCITA NELLA COMPRENSIONE DELLA LEGGE
PERFETTA—CORRERE PER RAGGIUNGERE LA META E TENER DURO UNA VOLTA ARRIVATI—LA
REGOLA D'ORO—LA LEGGE PERFETTA DELLA LIBERTÀ
L'Emanazione
di una legge da parte di qualsiasi autorità competente implica una
capacità, in chi la riceve, di rispettare quella data legge oppure
qualche disposizione per il condono delle offese compiute contro di essa.
L'emanazione di una legge presuppone la possibilità che venga violata e,
quindi, una legge comporta sempre delle punizioni ad essa connesse. Nel
caso di padre Adamo che, ci viene detto, fu creato ad immagine e
somiglianza di Dio, e sul quale ricadde una pena o una maledizione per
aver disobbedito alla volontà divina, ragioniamo a ritroso nel senso che
gli doveva essere stata data una legge e che questa era stata abbastanza
esplicita, altrimenti non sarebbe potuto essere stato punito giustamente
quale trasgressore dal suo Creatore. Ci viene detto chiaramente che il
peccato dell'Eden fu disobbedienza ad un comando divino. La giustizia
della pena di morte che si abbatté su Adamo e che, attraverso di lui, si
è estesa in modo naturale alla sua discendenza, implicava la comprensione
della legge cui era vincolato e che egli trasgredì consapevolmente: in
caso contrario la colpa sarebbe stata di colui che aveva emanato la legge.
Che Adamo fosse in condizioni di ricevere la legge divina, e di obbedirvi,
è reso evidente anche dal fatto che non c'era nessuna disposizione per il
condono delle offese [350] compiute sotto quella legge, nessun mediatore,
ma come conseguenza della violazione si abbatté su di lui la punizione
completa.
Non
abbiamo nessun documento per provare che il Creatore presentò un codice
di leggi a padre Adamo e a madre Eva scritte su pietra o in altro modo; e
dato che tale codificazione di leggi è comune ai giorni nostri, per via
della debolezza umana, molti non riescono a capire in che modo il perfetto
Adamo possedesse una legge perfetta, in base alla quale fu processato e,
avendola trasgredita, fu condannato. È uno sbaglio supporre che le leggi
debbano essere scritte in modo esterno, su carta, su pietra, ecc., e non
rendersi conto che nella creazione dell'uomo c'è una forma ancora più
sublime di scrittura della Legge divina così in armonia con i principi di
giustizia che sarebbe appropriato dire che la Legge divina (una
comprensione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato) è stata
scritta nell'organismo perfetto. In tal modo la Legge di Dio è scritta
nel suo stesso essere e nell'essere di tutti gli eserciti angelici e
pertanto la Legge divina fu scritta anche nella costituzione stessa di
Adamo ed Eva. Essi non erano propensi al peccato. Al contrario, erano
portati alla giustizia. Erano giusti, circondati da condizioni giuste e
perfette e consci degli obblighi che avevano verso il loro Creatore e
consapevoli della loro responsabilità di obbedire ad ogni suo comando; e
sapevano anche, non in modo vago, ma con esattezza, ciò che egli aveva
comandato. Perciò, avendo trasgredito, non avevano scuse. La misericordia
potrebbe far trovare delle scusanti per loro, adducendo la loro mancanza
di esperienza, ecc., con riguardo alle punizioni; ma il fatto che può
darsi che essi non abbiano compreso appieno ciò che avrebbe costituito le
punizioni per il peccato non altera l'altro fatto che essi sapevano qual
era la via giusta e quale quella sbagliata. Sapevano che era giusto
obbedire a Dio e sbagliato disobbedirgli, a prescindere completamente
dalla comprensione di quali calamità si sarebbero verificate come
conseguenza della loro disobbedienza. L'Apostolo conferma il racconto
della Genesi in tutti questi particolari, dicendo che: "Adamo non fu
ingannato", che compì la trasgressione consapevolmente,
deliberatamente, e che, facendo così, attrasse su se stesso con le sue
stessi mani la maledizione, o la pena per peccato deliberato, che il suo
Creatore aveva prima dichiarato, vale a dire la morte.
Se
[351] oggi ci guardiamo attorno, vediamo che il mondo in genere ha perso
in misura considerevole questo suo iniziale essere a somiglianza di Dio,
stato in cui furono creati i nostri progenitori. Esso ha perso molto di più
che la comprensione intuitiva di ciò che è giusto e di ciò che è
sbagliato. La legge divina, una volta radicata così chiaramente e
distintamente nella natura umana, nei seimila anni passati del "regno
del peccato e della morte" è stata in grandissima parte cancellata.
Mediante le sue comunicazioni con alcuni della famiglia umana, Dio ha
risvegliato in misura notevole la legge originaria in molti cuori,
tracciando di nuovo più o meno profondamente le varie caratteristiche
della giustizia; eppure, persino tra i più civilizzati e i più
Cristianizzati, nessuno osa fidarsi del proprio giudizio, a meno che non
sia qualificato per farlo, per quanto riguarda ciò che è giusto o
sbagliato su varie questioni. Perciò abbiamo ancora bisogno di porre
dinnanzi a noi certi standard divini ai quali ricorrere e secondo i quali
poter correggere le nostre valutazioni su ciò che è giusto e su ciò che
è sbagliato, e portarle sempre più vicine al livello divino. Nondimeno,
persino tra i popoli più degradati del mondo pagano, spesso troviamo
barlumi di coscienza e certe concezioni più o meno rudimentali di ciò
che è giusto e di ciò che è sbagliato. Queste sono le vestigia
deformate e distorte della legge originaria dell'essere dell'uomo, in
armonia con la quale egli fu creato all'inizio ad “immagine di Dio”.
L'Apostolo si riferisce a questa condizione di cose tra i pagani, dicendo:
"I loro pensieri, frattanto, si accusano o si scusano a vicenda."
Dichiara che essi pertanto "mostrano che quel che la legge comanda è
scritto nei loro cuori": vestigia della legge originaria, prove
frammentarie che una volta essa era innata nell'umanità. Rom. 2:15
Ci sono
fra gli uomini leggi per i criminali e leggi per coloro che non sono
criminali: (1) leggi riguardanti la condotta civica, che garantiscono
vita, pace, libertà, ecc. per coloro che obbediscono e che in modo
corrispondente minacciano a chi le viola perdita di libertà, di privilegi,
ecc. in prigione. (2) Le leggi che governano i carcerati con un grado più
estremo di severità, a meno che non si segua una via di moderazione; ma
che non offrono loro alcuna libertà in nessun senso della parola.
Così
avviene anche per la legge divina. Dapprima abbiamo la legge originaria
secondo la quale Adamo fu posto sotto processo. Tanto per cominciare, egli
aveva [352] privilegi e benedizioni: la vita, la pace, la felicità e
tutto il necessario. Queste cose gli erano garantite da essa fintanto che
fosse rimasto obbediente al suo Creatore; alla disobbedienza era connessa
una pena di morte: "Morendo morirai"; e questa punizione si
estese in maniera naturale alla sua discendenza. Pertanto, dal periodo
della trasgressione di Adamo, egli è stato colpevole, carcerato, privato
delle speranze della vita di cui aveva goduto in precedenza; privato della
sua dimora nell'Eden; privato della comunione che aveva avuto un tempo con
il suo Creatore. La terra non preparata fu il suo grande penitenziario e
la tomba fu la sua prigione eterna. La legge che lo aveva governato prima
ora aveva cessato di esistere nel senso che non gli offriva più nessuna
speranza o nessuna prospettiva di vita, mentre invece lo aveva già
condannato a morte. Non si trovava più vincolato alla legge della vita e
neanche i suoi figli erano più nati sotto il vincolo di quella legge
della vita né avevano speranze o prospettive di raggiungere la vita
eterna: erano tutti prigionieri. Il peccato e la morte, per parlare in
modo figurativo, erano coloro che li avevano catturati, i loro
tormentatori e carcerieri.
Se la
legge originaria, però, non poteva fare più nulla a loro favore, ma
aveva già espresso la sua vendetta nei loro confronti, essi vennero a
trovarsi, nondimeno, vincolati a certe leggi della natura. Trovarono che,
nella loro condizione di reclusione, c'era una legge in vigore secondo la
quale ogni violazione delle loro coscienze, ogni tuffo più profondo in ciò
che essi riconoscevano come peccato, portava loro degradazione e morte
molto più velocemente; invece, più cura ponevano nel cercare di seguire
ciò che essi riconoscevano come la cosa giusta da fare, più favorevole
trovavano la loro condizione di prigionieri, sebbene nulla lasciasse
intendere neanche minimamente che ci sarebbe stata una liberazione.
L'Apostolo
suggerisce che non era possibile che Dio desse una legge di vita alla
nostra stirpe caduta. Essa era stata condannata giustamente e fintanto che
fosse rimasta questa pena non si
poteva darle nessuna legge che, se seguita, l'avrebbe liberata dalla morte.
Prima di poter dare alla famiglia umana una legge di vita di questo tipo,
si sarebbe dovuta scontare la pena della prima legge e si sarebbe dovuta
abolire la sua maledizione o condanna; a
quel punto si sarebbero potute avere altre disposizioni, compresa
quella di [353] offrire la vita eterna a certe condizioni, ma non fino a
che non si fossero verificate quell'espiazione per la prima trasgressione
e la cancellazione della sua pena. Il Signore aveva fatto capire la sua
intenzione di compiere tale espiazione per il peccato in modo da dare
all'umanità un'altra opportunità di vita eterna, in luogo di quella che
aveva dato a padre Adamo e che quest'ultimo aveva compromesso
definitivamente per se stesso e per tutta la sua discendenza. Ma le
promesse divine erano estremamente vaghe, appena sufficienti per dare
fondamento alla speranza; per questo, facendo forza sulle promesse divine,
ci si riferisce alla famiglia umana, in quanto prigioniera tenuta sotto il
controllo del Peccato e della Morte, come alla "prigioniera della
speranza".
Uno di
questi punti che suggeriscono l'idea di un'espiazione, ecc., ci è stato
dato dalle parole del Signore al momento in cui fu pronunciata la pena,
allorché dichiarò che la progenie della donna avrebbe alla fine
schiacciato la testa del serpente. (Gen. 3:15) In questo linguaggio
tenebroso e figurativo il Signore parlò del rovesciamento delle forze del
male; di una vittoria che sarebbe venuta attraverso, e per, la famiglia
Adamitica. Questa progenie della donna, come tutti sappiamo, ha raggiunto
la sua realizzazione in Cristo. Dopo quattromila anni dalla degradazione
Dio mandò suo figlio, "nato da donna", e pertanto membro della
stirpe condannata e identificato con essa " perché mediante la
grazia di Dio provasse la morte
per ciascun uomo", pagasse la punizione
per ciascun uomo, respingesse la maledizione,
o la pena di morte, da ciascun uomo, concedesse a ciascun uomo, pertanto,
una posizione legale che permettesse di dare di nuovo una legge di vita
che, se rispettata, avrebbe offerto per ricompensa la vita eterna.
Prima,
però, che per Dio giungesse il tempo di mandare suo Figlio e di compiere
attraverso di lui la redenzione della razza dalla maledizione della morte,
egli ebbe certi rapporti particolari con Abramo e la sua famiglia,
conosciuta poi con il nome di Israeliti. Prima di tutto Dio fece delle
promesse più o meno chiare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe fornendo loro
delle informazioni sulle sue intenzioni benevole di benedire tutte le
famiglie della terra. Che un messaggio del genere provenisse dal grande
Giudice che aveva condannato la razza, significava molto. Significava o la
violazione della Giustizia, [354] in quanto veniva tolta la maledizione o
la pena, oppure significava diversamente che la grande Corte Suprema
dell'Universo aveva un piano mediante il quale riusciva ad essere giusta
e, nondimeno, riusciva a praticare la misericordia verso quei membri della
razza che si sarebbero mostrati degni di essa, entrando in armonia con le
sue giuste disposizioni. I Patriarchi gioirono di queste promesse e più o
meno chiaramente divennero consapevoli di una vita futura attraverso una
risurrezione dei morti, che sarebbe stata proficua non solo per loro e la
loro discendenza, ma che avrebbe significato alla fine una benedizione per
ciascuna creatura della razza.
Fu in
considerazione di questa promessa ad Abramo che il Signore impose una
Legge speciale ai suoi figli, gli Israeliti, sul Monte Sinai. Quella Legge
fu la base di un Patto con essi. Se rispettavano quella Legge, tutte le
promesse, allora, sarebbero state loro. Quella Legge fu riconosciuta
perfetta, giusta e buona in tutti i suoi particolari; ma, siccome gli
Israeliti cedettero alla tentazione, furono degenerati, imperfetti, fu per
questo dapprima necessario che venisse designato un mediatore, vale a dire
Mosè; in secondo luogo fu necessario trovare un mezzo con il quale
perdonare in modo tipico, una volta all'anno, le trasgressioni del popolo
contro questa Legge e poter lasciare le persone andare avanti nel loro
impegno a rispettare la Legge di generazione in generazione. L'istituzione
di questa mediazione di Mosè e dei tipici sacrifici per i peccati, ecc.,
tutto mostra che il popolo al quale furono dati questo Patto e questa
Legge fu riconosciuto incapace di obbedienza assoluta ad essi. Ciò appare
in netto contrasto con il dare originario della Legge nell'Eden, dove non
era previsto nessun mediatore e non vi era nessuna disposizione per le
debolezze della carne. Questo fatto da solo ci dice, con un linguaggio
indubbio, che il primo Adamo era perfetto ad immagine e somiglianza del
suo Creatore e che era capace di obbedienza assoluta alla Legge divina. Ci
dice che la razza, nel frattempo, aveva ceduto molto alla tentazione;
poiché le disposizioni prese in connessione con la Legge Mosaica erano
tali da addirsi a uomini caduti nella tentazione, depravati.
Per di
più, abbiamo la rassicurazione dell'Apostolo secondo cui nessun Giudeo
rispettò la Legge, eccezion fatta per nostro Signore Gesù, e perciò
solo Gesù ha [355] guadagnato, o avrebbe potuto guadagnare le ricompense
dell'Antico Patto fatto con Israele. Le parole dell'Apostolo sono:
"In base agli atti della Legge nulla che abbia a che fare con la
carne sarà giustificato ai suoi occhi." Pertanto quella legge servì
per un duplice scopo: (1) quello di mostrare che nessun appartenente alla
stirpe caduta è stato in grado di rispettare la Legge divina o di essere
gradito agli occhi di Dio e (2) dichiarò che nostro Signore Gesù fu
perfetto in quanto rispettò la Legge che nessuna persona imperfetta fu in
grado di rispettare. Quindi nel rispettare la Legge divenne l'erede unico
del Patto stipulato con Abramo. Pertanto egli fu designato quale la
Discendenza predetta di Abramo, in cui tutte le famiglie della terra
sarebbero state benedette. Quel Patto, che raggiunse così il suo
compimento in Gesù Cristo, terminò per quanto riguardava la discendenza
promessa della benedizione. Nondimeno, se ripensiamo attentamente alla
promessa, notiamo che almeno per alcuni aspetti, essa fu duplice, nel
senso che includeva una discendenza spirituale ed anche una discendenza
terrena, come insito nella promessa: "La tua progenie sarà come
le stelle del cielo e come la
rena che è sul lido del mare." Gen. 22:17
Avendo
portato a compimento il Patto, nostro Signore Gesù ha a sua disposizione
tutta la faccenda della benedizione delle famiglie della terra; ma secondo
il piano divino, secondo cui egli agisce e agirà, sarà alla fine
contento di usare alcuni della discendenza terrena, Israele naturale,
quale suoi strumenti terreni o agenti nella sua opera di benedizione.
Pertanto il Patto non viene messo completamente da parte, per quanto
riguarda Israele nella carne; invece, come dichiara l'Apostolo, una
benedizione attende Israele naturale una volta che, alla seconda venuta
del Signore, il Regno Celeste sarà stabilito. Le parole dell'Apostolo
sono: "I doni e le vocazioni di Dio sono senza pentimento."
"Per quanto concerne l'elezione sono amati per via dei loro padri."
"Per la misericordia a voi [la Chiesa] usata ottengono essi pure
misericordia." "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per
far misericordia a tutti." Ciò che queste parole lasciano intendere
è che il Liberatore che verrà da Sion per la benedizione di tutto il
genere umano allontanerà come prima cosa da Giacobbe l'empietà e che in
tal modo viene permesso a Giacobbe (Israele secondo la carne) di cooperare
alla fine nella benedizione del mondo. Rom. 11:26-32
Vediamo,
[356] dunque, che fino al primo avvento di nostro Signore il mondo era
rimasto senza legge, con l'eccezione della legge generale della natura, la
legge della nostra condizione caduta e prigioniera; la legge che dichiara
che possiamo accelerare i nostri affanni, sebbene non sia in nostro potere
sfuggirli; la legge che dichiara che mentre la morte è sicura secondo la
pena originaria, e mentre non possiamo sperare di sfuggirla, possiamo, però,
in qualche misura ritardarne l'esecuzione per un po' di tempo e
ammorbidirne un po' i rigori. Abbiamo visto che l'unica altra Legge o
Patto fu quello dato ad Israele, riguardo al quale Mosè dichiarò così
chiaramente, con queste parole, che non apparteneva ad altri popoli o
nazioni: "Il Signore non concluse questo Patto con i nostri padri, ma
con noi, che siamo qui oggi tutti quanti in vita." (Deut. 5:3)
Abbiamo visto che, anziché la Legge giustificare gli Israeliti, e anziché
gli Israeliti ottenere le benedizioni del Patto connesso con quella Legge,
non vi furono successi per nessuno eccetto che per uno, l'uomo Gesù
Cristo, il nostro Signore e Redentore. Ora approfondiamo ulteriormente la
questione e osserviamo come sta operando ora la Legge divina.
Nostro
Signore Gesù rispettò, cioè adempì, mediante la sua morte, l'idea base
della Legge divina data sul Sinai. Questo è un riepilogo dei requisiti
della Legge del Sinai: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua mente, con tutto il tuo essere e con tutte le tue
forze; e amerai il prossimo tuo come te stesso." Il Padre celeste ha
disposto le cose in modo tale che il suo Figlio benamato, avendo lasciato
la gloria della condizione spirituale ed essendo diventato uomo perfetto
tra uomini imperfetti, prima di tutto comprese la volontà del Padre: egli
doveva diventare il redentore dell'uomo. Ciò non fu reso coercitivo ed
egli aveva tutta la libertà, se lo avesse deciso, di seguire quello che
gradiva; ma facendo così non avrebbe agito secondo la Legge, che dichiara
che tutti coloro che sono vincolati da essa debbono amare Dio in modo
supremo, più di quanto amano se stessi, e debbono dilettarsi a tal punto
nel fare la volontà divina da sacrificare volentieri le loro volontà, sì,
la vita stessa.
Ciò è
implicito nelle parole: "Amerai il Signore con tutto il tuo cuore, la
tua mente, il tuo essere e le tue forze." Tale amore per Dio non
esiterebbe a dar la vita, il [357] proprio essere, le forze, un sacrificio
volontario al piano divino. E così, come dichiara l'Apostolo, trovandosi
nella forma di uomo e rendendosi chiaramente conto del programma divino,
nostro Signore Gesù si dette incondizionatamente per essere il sacrificio
dell'uomo. Sì! Si dice che lo fece con gioia, come leggiamo: "Io
prendo piacere a far la tua volontà, Dio mio, e la tua legge è dentro al
mio cuore." (Sal. 40:8) L'amore per gli uomini con cui era diventato
imparentato per via della sua nascita terrena, fu anche un fattore in
questo caso; ma averli amati come se stesso non avrebbe implicato il
sacrificio di se stesso a loro favore. Tale sacrificio è stato amare gli
uomini più di se stesso. È stato obbedienza alla prima parte di questa
Legge che comportava il sacrificio dell'uomo Gesù Cristo. Tutto ciò che
vediamo, allora, fu connesso al rispetto dell'Antico Patto, poiché egli
era nato sotto l'Antico Patto, e vincolato a tutte le sue condizioni. Non
sarebbe potuto diventare l'erede della promessa fatta ad Abramo se non
attraverso quest'obbedienza, fino alla morte.
Ma
un'altra cosa fu compiuta con la sua morte, un'altra cosa oltre all'aver
provato che egli era degno di essere la Progenie promessa di Abramo,
qualificato e degno di benedire il mondo. Quest'altra cosa fu la redenzione
di Adamo e della sua stirpe dalla pena di morte originaria. Nella
disposizione divina le due cose si verificarono simultaneamente mediante
lo stesso sacrificio; cionondimeno, dobbiamo fare una chiara distinzione
tra queste due. Nostro Signore non solo portò
a compimento l'Antico Patto con la sua obbedienza fino alla morte, ma,
inoltre, per disposizione divina, egli garantì un Nuovo Patto con la sua
stessa morte. L'Antico Patto, come abbiamo visto, provò che egli era
personalmente degno, ma il Nuovo Patto si riferisce all'umanità. La pena
di morte fu inflitta alla razza e non vi sarebbe potuta essere benedizione
permanente per la razza se, prima di tutto, non fosse stata pagata ed
estinta la pena originaria. Non sarebbe stato possibile a nessuno se non
allora benedire la razza o avere l'autorità di benedirla e farla sorgere
dalla morte alla vita; poiché fino a quel momento la pena di morte divina
era contraria a ciò e Dio non avrebbe potuto annullare affatto la colpa a
spese della sua stessa Legge. Come è bella l'economia divina che, in una
sola azione, non solo mise alla [358] prova il Redentore per quanto
riguardava il suo essere degno di essere il liberatore e colui che avrebbe
sollevato la razza, ma ha pagato il riscatto per padre Adamo e, in tal
modo, in maniera inevitabilmente connessa, per tutti i suoi figli che, in
modo naturale, avevano partecipato alla sua eredità di peccato e di morte!
Abbiamo già trattato quest'argomento, e qui* non entreremo in ulteriori
dettagli.
__________
*Vedere
Vol. V, Capitoli xiv, xv.
__________
Ciò
che stiamo studiando qui riguarda la Legge divina. Abbiamo visto che la
Legge del Sinai si estendeva solo sulla discendenza naturale di Abramo;
che il resto del mondo era stato lasciato senza Dio, senza speranza, senza
incentivi, senza incoraggiamenti, senza promesse: esclusi dalla
cittadinanza, estranei, stranieri. (Efes. 2:12) Vediamo che il Patto del
Sinai è finito per quanto riguarda la grande prova e il suo premio.
Abbiamo visto anche che è stato garantito un nuovo Patto (Ebr. 7:22),
reso efficace mediante il sangue di Cristo; ed ora ci chiediamo se questo
Nuovo Patto sia entrato in vigore o meno e, nel caso sia entrato in vigore,
se si accompagni o meno ad una nuova Legge, come la Legge del Sinai si
accompagnò all'Antico Patto. Rispondiamo che il Nuovo Patto non è
entrato in vigore, per quanto concerne il mondo; che non entrerà in
vigore pienamente e completamente fino alla seconda venuta di Cristo; e
che, come abbiamo appena visto, Israele secondo la carne sarà fra i primi
nell'umanità a trarre vantaggio dal Nuovo Patto.
Il
Nuovo Patto non solo parlerà di pace per quanto riguarda la maledizione
originaria e non solo la dichiarerà completamente scontata dal Redentore
affermando che tutti coloro che si rivolgono al Padre attraverso di lui
possono avere attraverso di lui con una possibile obbedienza la
restaurazione dalla condanna originaria, ma per di più parlerà di
misericordia verso Israele nella carne, che ricevette una condanna
aggiunta sotto l'Antico Patto. Renderà noto a tutte le creature che non
solo è stata offerta la redenzione per quanto concerne i peccati passati,
ma che tutte le debolezze e le imperfezioni sotto il cui peso la razza
ancora si affatica saranno condonate e che di conseguenza essi saranno
trattati secondo quello che sono veramente e saranno aiutati dalle leggi
del Regno del [359] Mediatore Cristo ad elevarsi sempre di più fino ad
uscire dalle condizioni attuali di morte mentale, morale e fisica, su, su,
su fino alla piena perfezione della natura umana, in cui saranno capaci di
subire il processo davanti all'Onnipotente, e capaci di dimostrare il
carattere e l'essere degni della vita eterna sotto le leggi del suo Regno.
Questo nuovo Patto, quindi, comprende tutta
la misericordia e il favore di Dio intesi per il mondo intero dell'umanità
durante l'età Millenaristica. È il Patto del perdono, della benedizione
e della restaurazione per tutti coloro che, quando si apriranno i loro
occhi e i loro orecchi, approfitteranno di questa grazia di Dio in Gesù
Cristo.
La Legge del Nuovo Patto
Ci sarà
una Legge unitamente a questo Nuovo Patto. Sarà la stessa Legge di Dio
che non cambia, ma che ha avuto varie espressioni più o meno esplicite in
periodi diversi. Sarà ancora le Legge che dichiara opposizione divina al
peccato e favore e benedizione divini ai giusti. Questo standard assoluto
sarà sempre davanti al mondo durante l'età Millenaristica e a ciascuno
verrà richiesto di avvicinarsi il più possibile allo standard perfetto;
saranno, però, fatte concessioni
per ognuno che si sforzerà di obbedire, secondo la misura della sua
debolezza che, in quelle condizioni benedette di restaurazione, sparirà
gradualmente, man mano che passo dopo passo avanzerà nell'obbedienza. Così
sta scritto: "E questo è il Patto che farò con la casa d'Israele
dopo quei giorni, dice il Signore; Io porrò le mie leggi nella loro mente
e le scriverò sui loro cuori;... e non mi ricorderò più dei loro
peccati e delle loro iniquità." Ebr. 8:10; Ger. 31:33, 34
Qui
abbiamo la cancellazione delle iniquità e dei peccati passati, un'opera
graduale durante l'età Millenaristica; e qui, abbiamo anche l'opera
graduale di tracciare di nuovo, di riscrivere, la Legge divina sui cuori
degli uomini, di chiunque vorrà. Questo riscrivere la Legge divina nei
caratteri degli uomini è semplicemente un altro metodo di parlarci della
"restaurazione di tutte le cose di cui Dio ha parlato per bocca di
tutti i santi profeti", che si compirà in quel gran giorno del regno
di Cristo. E non dobbiamo [360] scordarci dell'affermazione esplicita:
"E avverrà che ogni anima che non avrà ascoltato codesto Profeta [l'anima
che non si sottometterà a questa nuova trascrizione della Legge divina
nel suo carattere] sarà del tutto distrutta di fra il popolo." Atti
3:23
Ma ora
torniamo indietro. Abbiamo considerato come ha funzionato il Nuovo Patto
durante l'età Millenaristica, durante il periodo in cui colui che ha
redento il mondo eserciterà il suo potere e la sua autorità come il
grande Profeta, il grande Maestro, che benedice il mondo attraverso
processi di restaurazione, scrivendo nuovamente sui cuori degli uomini il
carattere divino. Tuttavia, ora indaghiamo rispetto all'intervallo di
tempo fra la cancellazione dell'Antico Patto nel suo compimento in Gesù
Cristo nostro Signore e l'inaugurazione delle condizioni del Nuovo Patto
dell'età Millenaristica: cosa si dice di quest'intervallo di tempo? C'è
nessun Patto in atto qui? E in caso affermativo, c'è nessuna Legge
connessa ad esso? Rispondiamo che durante questo intervallo di tempo
dell'età del Vangelo il Signore sta scegliendo i membri della Nuova
Creazione e che ora è in vigore, in atto, un Patto, e che questo ha una
Legge. Per capire ciò dobbiamo ricordare le parole dell'Apostolo:
"La Legge fu aggiunta a motivo della trasgressione, fino alla venuta
della Progenie promessa." L'Antico Patto fatto sul monte Sinai,
quindi, vediamo che era un'aggiunta ad un Patto precedente; e guardando
indietro vediamo che il Patto con Abramo fu il Patto originario e che era
esistito per quattrocentotrenta anni prima che venisse aggiunto
l'Antico Patto. L'Apostolo richiama l'attenzione su ciò, dicendo che
"la Legge, che venne quattrocentotrenta anni dopo" non poteva
invalidare il Patto originario né renderlo inefficace. Gal. 3:19, 17
In tal
modo vediamo che, quando l'Antico Patto fu portato a compimento da nostro
Signore Gesù, esso lasciò il Patto originario fatto con Abramo proprio
come era prima che venisse aggiunto l'Antico Patto. Questo Patto con
Abramo è quello in conformità al quale si sta sviluppando la Nuova
Creazione. Quella promessa o Patto fatto con Abramo dice: "In te e
nella tua Progenie saranno benedette tutte le famiglie della [361]
terra." L'Apostolo spiega che questa Progenie di Abramo cui si fa
riferimento nella promessa è Cristo, nostro Signore Gesù Cristo; ed
aggiunge: "E se siete di Cristo [se diventate membri in particolare
del corpo di Cristo] siete dunque progenie di Abramo ed eredi secondo la
promessa" oppure Patto. Gal. 3:16, 29
Adesso
abbiamo la posizione, poiché l'Apostolo dice nuovamente: "Voi,
fratelli, come lo era Isacco, siete i figli della promessa", in senso
completamente diverso da come erano gli Ebrei sotto la Legge. Sottolinea
chiaramente la distinzione tra questo Israele spirituale e Israele
naturale, dicendoci che i figli di Giacobbe secondo la carne non sono i
figli di Abramo cui si fa riferimento nella promessa; ma che i figli della
fede sono considerati come la Progenie. Egli spiega che Abramo tipificava
il Padre celeste; che Sara, sua moglie, tipificava il Patto originario, da
cui alla fine dovrà provenire molta benedizione; ma che come Sara fu
sterile per un certo tempo e non ebbe successo nel dare alla luce la
progenie della promessa, proprio nello stesso modo il Patto di Dio fu
sterile per circa duemila anni e cominciò solo a portare alla luce la
Progenie della promessa alla risurrezione dai morti di nostro Signore. A
quel punto nacque il Capo della Progenie di Abramo e alla fine l'intero
corpo di Cristo, l'antitipico Isacco,
verrà alla luce ("nato dai morti"), nella condizione
spirituale. Allora essendo venuta la Progenie, la promessa, o il Patto,
avrà il suo compimento: tutte le famiglie della terra saranno benedette.
Fu
durante la sterilità di questo, del Patto originario, che un altro Patto
fu aggiunto, vale a dire il
Patto del Sinai o Patto Ebraico, o Antico Patto. Generò figli, una
progenie carnale, non secondo la promessa, non adatta a portare a
compimento la promessa originaria. L'Apostolo mette in evidenza che questo
Antico Patto fu tipificato dalla serva di Sara, Agar, e che gli Ebrei
sotto l'Antico Patto furono tipificati da Ismaele, figlio di lei; e che
come Dio disse che il figlio della schiava (Agar) non sarebbe dovuto
essere erede insieme ai figli della donna libera (Sara) ciò volle dire in
maniera antitipica che l'Ebreo sotto l'Antico Patto non avrebbe ereditato
la promessa originaria fatta ad [362] Abramo, che deve andare alla
Progenie spirituale. Tutto ciò è esposto nei dettagli in modo eccellente
e minuzioso dall'Apostolo nella sua lettera ai Galati. (Cap. iv)
L'argomentazione dell'Apostolo si rivolge contro il falso insegnamento
secondo cui i Cristiani debbono diventare Ebrei ed essere vincolati dalla
Legge Mosaica per essere eredi secondo la promessa originaria fatta ad
Abramo.
Paolo
dimostra che, al contrario, tutti coloro che sono vincolati dalla Legge
sono in schiavitù, e che la Progenie spirituale di Abramo deve essere
libera, come lo fu Isacco, mentre Ismaele non lo fu. Il suo ragionamento
inoltre è che se un Gentile, non originariamente vincolato alla Legge, si
metterà sotto il giogo dell'Antico Patto del Sinai, egli si separa così
dalla Progenie vera di Abramo e si rende un Ismaelita antitipico. Le
parole dell'Apostolo sono: "Io, Paolo, vi dichiaro che se vi fate
circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla; e da capo protesto ad ogni
uomo che si fa circoncidere, ch'egli è obbligato ad osservare tutta
quanta la Legge; voi che volete essere giustificati per la Legge, avete
rinunziato a Cristo; siete scaduti dalla grazia." In contrasto a ciò,
egli esorta quegli Ebrei che sono diventati liberi dai vincoli dell'Antico
Patto attraverso la morte di Cristo, e quei Gentili che non furono mai
soggetti all'Antico Patto, ma che hanno accettato ora Cristo e il Patto di
Grazia, dicendo: "Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi;
state dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della
schiavitù." Gal. 5:1-4
Vediamo,
allora, che è la "Nuova Creazione", con Cristo a capo, che
costituisce la Progenie di Abramo secondo questo Patto originario, o Patto
fatto con Abramo, e che deve benedire il mondo attraverso la redenzione e
la restaurazione. E non siamo neppure sorpresi che in quel tipo, come
nelle figure usate dal Signore e dagli apostoli, questa Nuova Creazione
sia rappresentata a volte come un uomo
al massimo della sua statura, con la testa che rappresenta Gesù Cristo e
le membra che rappresentano la Chiesa, membra in particolare del suo corpo.
(Efes. 4:13; Col. 1:18) Pertanto: "Voi, fratelli, come [363] lo fu
Isacco, siete i figli della promessa", membri dell'antitipico Isacco,
di cui Gesù è il Capo. Nostro Signore si rappresenta anche come lo Sposo,
e rappresenta la sua fedele Chiesa come fidanzata a lui, in attesa del
matrimonio, per diventare la Sposa. L'Apostolo usa la stessa immagine
dichiarando: "Vi ho fidanzati come una casta vergine ad un unico
sposo, che è Cristo." (Apoc. 21:2; II Cor. 11:2) E questa stessa
figura del legame matrimoniale tra Cristo e la Chiesa è rappresentata
anche nel tipo, poiché Abramo mandò il suo servo Eliezer (che tipificava
lo Spirito santo) a cercare una sposa per Isacco e Rebecca, accettando con
gioia l'offerta, fu condotta alla fine da Isacco e divenne sua moglie,
proprio come noi siamo chiamati ad essere eredi di Dio e coeredi con Gesù
Cristo nostro Signore, nell'eredità incorruttibile e incontaminata, e che
non scompare. Qualunque sia la figura che esaminiamo, la lezione è la
stessa: che Cristo, Capo e Corpo, Sposo e Sposa, fatti una cosa sola, è
l'erede del Patto fatto con Abramo e di tutte le promesse e cose buone in
esso comprese.
L'Apostolo
dichiara che il Monte Sinai e la Gerusalemme terrestre simboleggiarono e
tipificarono Israele naturale, che non riuscì a raggiungere la
benedizione spirituale. Il resto di Israele naturale, trovato degno della
benedizione spirituale, venne separato da Israele secondo la carne
divenendo membri del vero Israele di Dio, coeredi con il Cristo risorto
delle cose celesti che Dio ha ancora in serbo per coloro che lo amano; ed
entrambi quel resto di Israele carnale e gli altri della stessa classe
spirituale che Dio ha chiamato da allora prendendoli dai Gentili, hanno
simboli più grandi del Sinai e di Gerusalemme; vale a dire il Monte Sion
e la Gerusalemme celeste, il cui quadro simbolico nella gloria ci viene
presentato in Apocalisse 21.
Una
volta stabilito chiaramente il fatto che la Nuova Creazione è nella
disposizione e nei patti divini separata e distinta, non solo dal mondo in
generale, ma anche separata e distinta da Israele carnale, e avendo
stabilito anche il fatto che la Nuova [364] Creazione non è vincolata al
Patto del Sinai o all'Antico Patto, ma al Patto originario, ci chiediamo:
"Quale Legge, allora, è connessa con il Patto fatto con Abramo;
quale Legge governa la Nuova Creazione?". L'Apostolo risponde dicendo:
"Voi non siete sotto la Legge ma sotto la grazia." Cosa! È
possibile? Le Nuove Creature in Gesù Cristo non sono poste sotto nessuna
Legge fatta di comandamenti? Non sono vincolati costoro dai Dieci
Comandamenti del Decalogo? Per risposta facciamo un'altra domanda: "Furono
vincolanti per Abramo o Isacco i Dieci Comandamenti?". Se rispondiamo:
"No", nel senso che i Dieci Comandamenti non furono dati a loro
e perciò essi non furono vincolati da quella Legge, la nostra risposta è
che quei comandamenti non furono dati neppure alla Nuova Creazione; e che
tutti coloro che entrano in rapporto con Dio come membri della classe
spirituale chiamata "il Corpo di Cristo" e "Nuove Creature
in Gesù Cristo" sono esenti dalla condanna ed esenti dall'Antico
Patto.
La
posizione di questa Nuova Creazione nei confronti di Dio, nei confronti
della Legge, ecc. è diversa e distinta da quella degli altri. Essi hanno
presso Dio una condizione nuova e messa in conto, mediante la fede, una
condizione di giustificazione o di giustizia messa in conto, come abbiamo
già visto. Questa giustizia messa in conto, attribuita ad essi attraverso
i meriti del sacrificio di Cristo, non solo copre le imperfezioni del
passato, ma continua con essi, un manto di giustizia che copre e che
giustifica, attraverso il cui merito vengono coperti ogni difetto e ogni
imperfezione involontari di parola, di pensiero e di azione. Come Nuove
Creature, essi sono tutti figurativamente rivestiti di vesti bianche: la
rettitudine dei santi, la rettitudine del Redentore, loro Capo, attribuita
ad essi. Queste Nuove Creature sono accettate nella loro condizione e nel
loro rapporto di membra del Corpo di Cristo una volta fatta la loro
professione d'Amore. La dichiarazione della loro consacrazione sta nel
fatto che essi a tal punto colgono la misericordia e la grazia di Dio,
manifestata nella morte di suo Figlio, e la loro giustificazione
attraverso di lui, e a tal punto amano
Colui che dà tutti i loro doni, che hanno piacere nel presentare i propri
corpi come sacrifici viventi, in armonia con l'invito divino.
Questa
consacrazione, o questo sacrificio degli interessi, delle speranze, degli
scopi e delle ambizioni terreni è suggerita non dalla paura né
dall'amore egoista per la [365] ricompensa, ma da un amore puro, dalla
comprensione dell'amore divino, e da un amore che risponde e che desidera
manifestarsi verso Dio e in cooperazione con tutto il suo magnifico piano.
Essendo queste confessioni d'amore e di devozione accettate dal Signore,
viene impartito il suo Spirito e costoro sono considerati figli di Dio,
generati dallo Spirito santo. "Diletti, ora siamo figlioli di Dio e
non è ancora reso manifesto quel che saremo [quanto cambiamento
sperimenteremo quando riceveremo i nuovi corpi della risurrezione che il
Signore ci ha promesso], ma sappiamo che quando egli sarà manifestato
saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è [e questo pensiero ci
soddisfa]." I Giovanni 3:2
Il
Padre ha vincolato i suoi angelici figli alla Legge del Sinai? Li avverte
di non aver altri dei; di non fare immagini ed adorarle; di non provare
bramosia, di non rubare, non dire falsa testimonianza, non uccidere, ecc.?
Rispondiamo: "No, di sicuro non ha vincolato i suoi figli angelici ad
una simile legge." Allora perché dovremmo aspettarci che una legge
del genere venga data alla Nuova Creazione? Non ha il Padre celeste
accettato queste Nuove Creature come figli suoi? Non ha dato loro il suo
Spirito e sarebbe forse necessario dare leggi del genere a coloro che
hanno ricevuto lo Spirito santo al posto della loro propria indole
naturale, o della loro propria volontà naturale, egoista? Si può vedere
quanto sia appropriato soggiogare dei servitori a delle leggi, visto che
essi non sono vitalmente interessati nel benessere generale e possono non
avere in pieno lo spirito o l'indole del padrone. Supponiamo, però, che
vi sia un padrone perfetto e supponiamo che vi siano dei figli perfetti,
veramente imbevuti del suo spirito, e che si dilettano nel fare la volontà
di costui, e gioiscono di essere colleghi con lui in tutti i suoi piani
misericordiosi, come potrebbe essere necessario per un tale padre
soggiogare tali figli a simili leggi?
"Mosè
fu, in verità, fedele come servitore per tutta la sua casa" e quella
famiglia di servitori fu sottoposta giustamente alla Legge Mosaica "aggiunta
a motivo della trasgressione, fino alla venuta della Progenie promessa".
Gesù, secondo la carne, non andò in cerca di fama e si fece schiavo, un
servitore, vincolato alla Legge, per poter
[366]
dimostrare non solo che la Legge era giusta, ma per poter dimostrare anche
la sua stessa perfezione secondo la carne e che poteva redimere il mondo.
Fu quando risuscitò dai morti e divenne "il primo nato dai morti",
che diventò il primo nato tra tanti fratelli: il Capo della Nuova
Creazione. Secondo la carne egli fu vincolato alla Legge, ma la Nuova
Creatura, il Signore risuscitato, non è sottoposto alla Legge ed è lui
che è diventato il Capo della nuova casa dei figli; "Cristo come
Figlio, per la sua casa [di figli], la cui casa noi siamo se siamo tenaci",
ecc. E sebbene siamo ancora nella
carne, come Nuove Creature, non siamo della
carne e non siamo trattati come se fossimo carne, non siamo trattati da
Dio come è trattato il resto del mondo, ma come Nuove Creature, che in
questo periodo stanno dimorando temporaneamente nella carne come in un
tabernacolo o una tenda, in attesa dell'adozione, vale a dire, della
liberazione di tutto il nostro corpo per essere insieme, ed essere simili,
al nostro Capo già glorificato. "Voi non siete [considerati da Dio
come se foste] nella carne ma nello spirito, se pur lo Spirito di Dio
abita in voi." Rom. 8:8, 9
Nessuno
può capire chiaramente questo argomento se non coloro che,
nell'esaminarlo, lo osservano da questo punto di vista, quello divino.
Queste Nuove Creature, tutte generate dallo Spirito santo, non
penserebbero di avere altri dei tranne che uno; non penserebbero di fare
delle immagini e di adorarle; non penserebbero di bestemmiare contro il
nome di Dio; non penserebbero di rubare ad altri, preferendo moltissimo il
dare; non penserebbero di dire falsa testimonianza contro qualcun altro,
visto che l'amore che è in loro cercherebbe piuttosto di coprire e
nascondere le imperfezioni, non solo quelle dei fratelli, ma del mondo in
genere; non penserebbero di uccidere un'altra creatura come loro, visto
che sarebbero pronti piuttosto a dare la vita ad altri e darla in
abbondanza, sì, il loro spirito santo suggerirebbe a loro piuttosto di
dare la propria vita per i fratelli, come lo stesso Spirito santo suggerì
al Capitano della nostra salvezza di dare se stesso come riscatto per
tutti. Allora, non vediamo che se Dio avesse dato una legge alla Nuova
Creazione, alla casa dei figli, come la dette alla casa dei
[367]
servitori, questa non avrebbe calzato per niente, sarebbe stato qualcosa
di totalmente non adatto? I membri di questa "casa dei figli"
non poteva essere soggetta a tale legge senza perdere lo Spirito santo,
senza cessare di essere della Nuova Creazione; "Poiché se un uomo
non ha lo spirito [la mente,
l'indole] di Cristo egli non è di lui." Rom. 8:9
Ma come
possono stare queste Nuove Creature senza una legge, senza qualche regola?
Rispondiamo che l'espressione più alta della Legge divina è l'Amore. I
comandi di Dio sono così completi, così penetranti, così capaci di
operare la separazione tra le articolazioni e il midollo, che non si può
obbedire ad essi nel senso completo, assoluto eccetto che con l'Amore. Se
potessimo supporre che venisse attuato rigidamente ogni articolo della
Legge, eppure mancasse lo spirito
di amorosa devozione a Dio, non sarebbe per questo rispettata la Legge
divina. Invece l'Amore è il compimento della Legge e dove l'Amore regna,
si cercherà ogni particolare ed ogni aspetto della disposizione divina e
si obbedirà di tutto cuore al massimo della capacità delle creature; non
perché obbligate a farlo, ma come frutto della gioia, dell'amore.
Tale
amore per Dio e per la sua giustizia fu proclamato dalla Nuova Creazione
alla consacrazione; e l'Amore lì divenne la sua Legge ed essa è ben
vincolata da questa Legge dell'Amore, sino alla morte. Ogni mancanza
nell'obbedienza di questa Legge è una violazione, in quel senso, del
rapporto instaurato dal Patto. Come l'obbedienza a questa Legge dell'Amore,
per quanto riguarda la conoscenza e l'abilità, significa abnegazione e
vittoria sullo spirito del mondo, sulla debolezza della carne e sulle
opposizioni poste dall'Avversario (con la grazia del Signore che compensa
le imperfezioni involontarie e con la salvezza di tali conquistatori
originali attraverso il suo proprio nome e merito) così, dall'altro lato,
la disobbedienza volontaria ad essa, la violazione deliberata e ostinata
di questa Legge dell'Amore, significherebbe una perdita dello spirito di
adozione, significherebbe estinguere lo Spirito santo, significherebbe che
la Nuova Creatura è morta, ha cessato di vivere.
L'Apostolo
tratta questo punto su come la grazia compensa tutte le imperfezioni e
chiede e risponde ad una domanda ipotetica, dicendo: "Rimarremo noi
nel peccato onde la grazia abbondi? Così non sia! Noi che siam morti al
peccato, come vivremmo ancora [368] in esso?" (Rom. 6:1, 2) Nel
nostro accettare il perdono in Cristo, noi abbiamo professato che siamo
stanchi del peccato e che, per quanto concerne le nostre volontà,
esse erano morte al peccato e avevano cominciato una vita nuova di
giustizia. Come il nostro essere vivi nei confronti di Dio e della
giustizia, quali Nuove Creature, ha implicato la nostra morte al peccato,
così se dovessimo mai diventare vivi al peccato, nella misura in cui le
nostre volontà, i nostri cuori, il nostro amore si rivolgessero al
peccato e all'ingiustizia, ciò significherebbe di sicuro che, come Nuove
Creature, siamo morti; che non dobbiamo essere più considerati di Dio o
del suo popolo quali Nuove Creature in Gesù Cristo, da cui tutte le cose
vecchie se ne sono andate via, e a cui, per quel che concerne almeno la
volontà, tutte le cose sono diventate nuove.
Tuttavia,
è giusto che facciamo una pausa qui per notare una differenza tra un tale
semplice inciampare della carne e una caduta volontaria fuori dalla grazia dopo aver gustato la buona Parola di
Dio e le potenze dell'età a venire e dopo essere diventati partecipi
dello Spirito santo: una caduta da cui sarebbe impossibile essere
ricuperati. (Ebr. 6:4-6; 10:26) Dovremmo distinguere chiaramente tra
questi perché si tratta di casi completamente diversi. Un inciampare
della carne significa semplicemente che i nostri corpi mortali sono stati
colti in fallo attraverso la debolezza dovuta all'eredità oppure
attraverso le contrarietà poste dall'Avversario, ma che la volontà, il
cuore, non ha acconsentito affatto o non completamente alla carne. Vero,
si deve biasimare un tale inciampare, ci si deve opporre, ecc.; ma, con la
grazia di Dio, l'inciampare diventa a volte un aiuto per lo sviluppo del
carattere. In tal modo impariamo a non fidarci di noi stessi, a non
vantarci delle nostre proprie forze, ma a renderci conto che la vittoria
che conquista il mondo si ottiene con la fede; di qui, quando con dolore
la Nuova Creatura vede che la sua carne ha inciampato in certa misura,
egli deve porre delle fortificazioni per quanto riguarda la debolezza così
evidenziata e deve diventare più forte nel Signore e nella potenza della
sua forza e meno soggetto ad inciampare nuovamente per quanto concerne
quelle stesse contrarietà.
In tal
modo, passo dopo passo, impariamo, quali Nuove Creature, a non riporre
fiducia nella carne ma a fare affidamento sul Signore, dal quale viene il
nostro aiuto in ogni momento di bisogno, ricordando sempre che siamo
ancora Nuove Creature e che [369] ciò è così poiché ci troviamo ancora
sotto il merito del sacrificio di Cristo mediante la fede e stiamo ancora
lottando per adempiere il nostro Patto d'Amore fino al sacrificio di noi
stessi, e ricordando che, come il Maestro disse: "Il Padre stesso vi
ama." Dobbiamo avere molto coraggio e ricordarci che la Nuova
Creatura non pecca, che il peccato non viene imputato alla Nuova Creatura
e che quindi, fintanto che lottiamo contro il peccato nessuno può
accusare di nulla gli eletti di Dio, poiché: "Iddio è quel che li
giustifica, ...Cristo Gesù è quel che è morto." Rom. 8:33, 34
Crescita nella comprensione delle Legge Perfetta
Mentre
la Legge dell'Amore è stata la base del nostro Patto con il Signore,
sotto il quale siamo diventati Nuove Creature, nondimeno all'inizio non
comprendemmo completamente questa Legge. Da allora siamo stati alla scuola
di Cristo, ad imparare il vero significato dell'Amore nella sua pienezza,
nella sua completezza, crescendo in grazia, crescendo in conoscenza,
aggiungendo alla nostra fede i vari elementi e le varie qualità
dell'amore: mansuetudine, pazienza, benevolenza fraterna, ecc. Per quanto
concerne l'Amore siamo messi alla prova e l'esame che dovremo superare
alla fine sarà specialmente su questo punto. Soltanto coloro che
raggiungono l'Amore perfetto, l'Amore che è pronto al sacrificio di se
stessi, saranno considerati degni della Nuova Creazione, membra del Corpo
di Cristo.
Correre per raggiungere la meta e tener duro una
volta arrivati
In
un'altra illustrazione, l'Apostolo rappresenta le nostre esperienze
attuali come una corsa; esorta a lasciar da parte tutti i pesi, tutti i
peccati ricorrenti, tutte le debolezze della carne, tutte le ambizioni
terrene, per poter correre con pazienza la corsa che ci è stata posta
innanzi nel Vangelo, per poter raggiungere la meta
del premio; e affinché, dopo aver fatto tutto ciò che dovevamo fare, per
restare in piedi, fedeli in
quella meta, completi in Cristo. (Fil. 3:13, 14; Ebr. 12:1; Efes. 6:13) Ciò
ci dà l'idea di una corsa, con le sue indicazioni del primo, del secondo,
del terzo e del quarto quarto, con le contrarietà, le difficoltà, le
opposizioni, le seduzioni lungo il percorso, e l'idea di noi che
cominciamo questa gara con il desiderio di raggiungere la meta dell'Amore
perfetto, sapendo che [370] se non raggiungeremo questa meta non saremo
immagini del caro Figlio di Dio e perciò non potremo essere graditi, nel
senso più vasto della parola, a Dio; e quindi non potremo essere coeredi
con Gesù nel Regno. Tutto il percorso è Amore, dalla porta iniziale alla
fine. All'entrare per la porta, lo facciamo con Amore grato verso Dio per
il favore che ci ha mostrato in Cristo, nel perdono dei nostri peccati. È
quest'amore-dovere che
all'inizio ci porta a presentare i nostri corpi quali sacrifici viventi.
Ci diciamo che se Dio ha fatto così tanto per noi, noi dovremmo mostrare il nostro riconoscimento: Cristo ha dato la sua
vita per noi e noi dovremmo dare
la nostra vita per i nostri fratelli.
Questo
"dovremmo", o questo amore-dovere, è proprio giusto, razionale,
vero, ma non è sufficiente. Ci deve portare a sua volta ad un genere
d'Amore ancora più sublime e al momento in cui raggiungiamo l'indicazione
del primo quarto, abbiamo ancora l'amore-dovere, ma al di là di questo
abbiamo acquistato un amore di riconoscenza. Impariamo meglio ad
apprezzare l'Amore divino, a vedere che l'Amore di Dio non fu egoista in
nessun senso della parola, ma il frutto sublime del suo grande, nobile
carattere. Arriviamo ad apprezzare un po' della giustizia divina, della
sapienza divina, della potenza divina, dell'amore divino; e al vedere
queste qualità del nostro Creatore finiamo per amarle, e quindi per
mettere in pratica la rettitudine, non semplicemente perché è nostro
dovere, ma perché amiamo la rettitudine.
Continuando
ancora a correre, raggiungiamo l'indicazione del secondo quarto e
scopriamo che arrivati a questo punto non solo abbiamo imparato ad amare
la rettitudine, ma in modo proporzionato stiamo imparando a odiare il
peccato. Troviamo, poi, nei nostri cuori una crescente armonia con il
programma divino di respingere la grande ondata del peccato che ha
sommerso il mondo ed ha portato con sé la sua paga di morte. Questa
indicazione del secondo quarto genera in noi un'energia, qualcosa di
"vivificante", un agire in favore della rettitudine e contro il
peccato.
Il
nostro Amore sta crescendo e continuiamo a correre incessantemente verso
l'indicazione del terzo quarto. Al momento in cui lo raggiungiamo, il
nostro amore-dovere, oltre all'amore per i principi della rettitudine, si
è ingrandito, non solo per quanto riguarda il carattere divino, ed è
arrivato a comprendere l'avversione per tutte le cose empie che provocano
danni all'umanità e contravvengono al carattere e al piano divino, [371]
ma arrivati a questa indicazione abbiamo raggiunto una posizione di
compassione maggiore per gli altri: cominciamo a condividere il sentimento
di Dio, non solo il sentimento di opposizione al peccato, ma anche quello
di amore, e di compassione, per tutti coloro che cercano la via della
rettitudine e della santità. Arrivati a questo momento siamo capaci, come
mai lo fummo prima, di riconoscere i fratelli in una luce un po' diversa.
Siamo in grado di vederli ora come Nuove Creature e di fare una
distinzione tra loro e i loro corpi mortali, le cui imperfezioni ci sono ovvie.
Impariamo ad amare i fratelli come Nuove Creature e ad avere compassione
di loro nelle varie debolezze, negli errori di valutazione, ecc., della
loro carne. Il nostro Amore per loro diventa così intenso che proviamo
piacere a dare la nostra vita per loro: giorno per giorno, ora per ora,
sacrificando i nostri interessi o piaceri terreni, oppure i nostri comodi,
donando il nostro tempo, il nostro ascendente, o qualsiasi altra cosa pur
di assisterli o servirli.
Ma
continuiamo ancora ad andare avanti secondo questa linea e verso la
"meta", poiché c'è un Amore ancora più sublime di questo che
dobbiamo raggiungere: la quarta e ultima indicazione dell'ultimo quarto,
"l'indicazione del premio". Che Amore è questo? Come può
essere maggiore dell'amore che si sacrifica per i fratelli, in piena
devozione a Dio e ai principi di rettitudine e di Amore? Rispondiamo che
Amore ancora più grande è quello che il Signore ha stipulato, quando
disse che dobbiamo imparare ad amare persino anche i nostri nemici. È
stato durante il periodo in cui noi eravamo nemici, esclusi dalla
cittadinanza, estranei da Dio attraverso le nostre opere empie, che "Dio
così amò il mondo"; è stato durante il tempo in cui eravamo ancora
peccatori che egli dette il suo Figlio Unigenito per noi. Questo è lo
standard dell'amore perfetto e
non dobbiamo fermarci ad un livello inferiore. Chiunque è accettato dal
Signore come membro della Nuova Creazione nella gloria deve raggiungere
quest'amore per i nemici.
Non che
debba amare i propri nemici come
ama i fratelli, poiché questo non è il modello stabilito per noi. Dio
non ama i suoi nemici come ama i
suoi figli, i suoi amici; e Gesù non amò i suoi nemici come
amò i suoi discepoli. Ma Dio amò i suoi nemici a tal punto da essere
pronto a fare volentieri per loro qualsiasi cosa era possibile fare
giustamente; e Gesù amò i suoi nemici a tal punto da desiderare di fare
con tutto il cuore del bene a loro non serbando dentro di sé inimicizia o
astio verso di loro in cambio [372] del loro odio, ma è pronto a versare
su di loro al tempo opportuno le sue benedizioni Millenaristiche, affinché
arrivino tutti alla conoscenza della verità e perché persino coloro che
lo hanno trafitto possano guardarlo e fare cordoglio quando Dio spanderà
su di essi lo spirito di preghiera e di supplica, al momento dovuto. (Zac.
12:10) Dobbiamo avere l'amore per i nemici che nostro Signore descrive,
con queste parole: "Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi
maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per coloro che
si servono di voi malignamente e vi perseguitano." (Mat. 5:44)
Dobbiamo far sì che nessun'amarezza, animosità, o nessun rancore di
qualsiasi tipo alberghi nei nostri cuori. Questi debbono essere così
pieni d'Amore che neppure un nemico riesca ad agitare nei nostri cuori un
sentimento malvagio o maligno.
Oh, che
benevolenza tollerante e fraterna è implicita in un carattere così
realizzatosi che non trova nulla, neppure in un nemico, che lo spinga alla
malignità, all'odio o alla discordia! E questa è la "meta" per
la quale dobbiamo correre, quali Nuove Creature. Abbiamo professato la
riconoscenza per questo spirito d'Amore; abbiamo professato devozione ad
esso; abbiamo consacrato le nostre vite in armonia con questi principi; ed
ora stiamo sostenendo la prova per vedere fino a che punto le nostre
professioni sono state sincere. Il Signore molto benignamente ci dà tempo
per correre questo percorso, per sviluppare questo carattere. "Egli
conosce la nostra costituzione, egli ricorda che siamo polvere."
Cionondimeno è essenziale che noi ci conformiamo a queste disposizioni se
vogliamo essere coeredi con il caro Figlio di Dio, quali membri della
Nuova Creazione.
Nostro
Signore Gesù, il Capitano della nostra salvezza, non ebbe bisogno di
correre in questa gara; non ebbe bisogno di sviluppare queste varie
caratteristiche dell'Amore; poiché essendo perfetto possedeva tutto ciò
alla perfezione all'inizio della sua carriera. La prova per lui fu quella
di vedere se sarebbe rimasto saldamente fedele, o meno, a questi principi,
a queste caratteristiche, se avrebbe continuato ad amare sommamente Dio e
la giustizia, se avrebbe continuato ad amare i fratelli fino al punto di
dar la vita per loro, e se avrebbe continuato ad amare i suoi nemici fino
al punto di provare piacere a far loro del bene; se sarebbe rimasto fedele
allo standard dell'Amore perfetto. Sappiamo come ha dimostrato la sua
lealtà all'Amore a tutti i livelli, dando la [373] sua vita non solo per
i suoi amici ma anche per i nemici che lo avevano crocifisso. Anche questa
esperienza deve essere nostra. Dobbiamo raggiungere
lo standard dell'Amore perfetto nei nostri cuori anche se nella nostra
carne può darsi che non siamo sempre in grado di esprimere completamente
i sentimenti che abbiamo in cuore.
Alcuni
riescono a fare la corsa molto velocemente e, oltrepassando queste
indicazioni di quarti di miglio una dopo l'altra, riescono a raggiungere
in fretta la posizione dell'Amore perfetto. Altri imbevuti di meno zelo
oppure con lo sguardo meno intento sull'Autore della nostra fede, fanno
dei progressi minori nella corsa e per anni si accontentano
dell'amore-dovere, oppure forse vanno un po' più in là fino all'amore
del carattere divino e dei principi della rettitudine. Straordinariamente
pochi sono andati al di là di questo punto per raggiungere ulteriormente
l'amore dei fratelli, che li farebbe gioire delle loro abnegazioni, se con
esse potessero servire la famiglia della fede; ed ancora di meno hanno
raggiunto il punto dell'Amore perfetto, dell'amore per i propri nemici,
che non solo frenerebbe dal far del male ad essi, in parole o opere, ma
che per di più godrebbe delle loro benedizioni. Se il Signore è stato
molto paziente con noi, dandoci abbondanti opportunità per raggiungere la
"meta", dovremmo gioire della sua compassione ed ora dovremmo
essere ancor più energici nel raggiungere la "meta del premio",
ricordando che il tempo è breve e che nella Nuova Creazione non sarà
accettato dal Padre nulla di meno di questo carattere dell'Amore perfetto.
Come
nostro Signore fu messo alla prova alla "meta" dell'Amore
perfetto, così tutti noi saremo messi alla prova una volta raggiunta la
meta. Pertanto non ci dobbiamo aspettare di raggiungere quella
"meta" semplicemente con l'ultimo soffio di vita; ma dobbiamo
raggiungerla il più presto possibile. Dalla velocità con cui
raggiungeremo questa "meta", si indicherà a Dio e ai fratelli
la misura del nostro zelo e del nostro amore.
Le
parole dell'Apostolo: "Dopo aver compiuto tutto, restate in piedi"
(Efes. 6:13) implicano che una volta raggiunta la "meta"
dell'Amore perfetto ci saranno ancora molte prove per noi: prove di fede,
prove di pazienza, prove di tutti i vari elementi dell'Amore. Il mondo non
è un amico benigno nei nostri confronti che ci aiuta ad andare avanti
nella direzione giusta; Satana è ancora il nostro Avversario e potrà
istigare molta opposizione al fine di costringerci a indietreggiare dalla
posizione raggiunta. Questa è la nostra [374] prova. Dobbiamo tenerci ben
stretto ciò che abbiamo raggiunto; dobbiamo "insistere per
raggiungere la meta" fino a costo della nostra vita terrena: dare la
nostra vita al servizio di Dio per i fratelli e per fare del bene a tutti
gli uomini man mano che ne abbiamo l'opportunità. "Fedele è colui
che vi ha chiamato", che ci promette soccorso e ogni assistenza
necessaria in questa via. La sua grazia ci basta. I Tess. 5:24; II Cor.
12:9
Questa
Legge dell'Amore, abbiamo già visto, è anche la legge dei figli angelici
di Dio; su di essa si basano completamente la loro obbedienza alla volontà
divina e la loro armonia vicendevole. E sebbene durante l'età
Millenaristica vengano imposte all'umanità leggi e ordinanze, regolamenti
ed esazioni, per portarla avanti sotto le disposizioni benedette del Regno
Millenaristico, cionondimeno coloro che, alla fine dell'età
Millenaristica, saranno ritenuti degni della vita
eterna, possiamo star sicuri che saranno andati ben al di là della
semplice obbedienza alle leggi e ai requisiti: sui loro cuori avranno
scritta la Legge originaria di Dio, l'obbedienza e la Legge dell'Amore che
è parte del carattere divino. Anche questi figli di Dio della
restaurazione, sul piano umano, accettati poi da lui, avranno questo
spirito d'Amore, senza il quale sarebbe impossibile per essi essere
graditi a Dio; poiché egli cerca persone del genere che lo adorino in
spirito e in verità. In tal modo vediamo che mentre sia il cielo come la
terra debbono avere una legge e debbono richiedere che essa venga obbedita,
lo standard divino di obbedienza invece è così superiore alle nostre
idee e ai nostri standard terreni e imperfetti che la sola parola
"Amore" esprime l'intera Legge di Dio a cui tutti i suoi figli
saranno soggetti su tutti i piani della vita. Com'è bello e com'è
glorioso il carattere e il piano del nostro Dio! L'Amore è il compimento
della sua Legge e non riusciamo a concepire una Legge superiore a questa.
Finora
abbiamo trattato l'argomento in modo astratto. Ora vogliamo fare
un'osservazione sul fatto che la Nuova Creazione, mentre risiede ancora
temporaneamente nella carne, ed è più o meno soggetta alle sue debolezze,
alle sue resistenze, ecc., deve regolare se stessa, la propria condotta
reciproca e nei confronti del [375] mondo, basandosi su questa Legge
dell'Amore, il Comandamento Nuovo, che il Signore ha dato a tutti coloro
che diventano suoi seguaci e che sorpassa anche i requisiti della
Regola d'oro
Come
abbiamo già visto, l'oro è simbolo di ciò che è divino; quindi, la
Regola d'oro è la regola divina. Questa è veramente una regola della
Giustizia piuttosto che dell'Amore. L'approccio più vicino a questa Legge
della Giustizia che l'uomo naturale oggi può comprendere, lo standard più
alto noto all'uomo naturale, è: "Non farai al tuo prossimo ciò che
non vorresti che il tuo prossimo facesse a te." Questa è, al massimo,
bontà negativa; ma la Regola d'oro, di cui nessun altro all'infuori della
Nuova Creazione può riconoscere, o persino capire, il valore, è un
genere positivo: "Fate agli altri come vorreste che essi facessero a
voi." Questa è bontà positiva, ma puramente Giustizia. Se i membri
della Nuova Creazione non riescono a volte ad attenersi ad ogni aspetto
della Regola d'oro, la semplice legge della Giustizia, dovranno farlo a
prezzo di un grave rimorso e di una grave umiliazione a meno che non siano
dei semplici "neonati" nella nuova via. E se una qualche
violazione di questa legge porta dolore e rimorso, è sicuramente un segno
che la violazione non è stata volontaria, non è partita dal cuore, non
è una violazione di principi da parte della Nuova Creatura, ma, al più,
una violazione connivente con la carne o in cui si è inciampati per via
della carne, contraria ai desideri dello spirito o all'intenzione.
Tuttavia, in proporzione di come la nuova mente è viva verso Dio, e in
proporzione di quanto zelo ha nel fare la sua volontà, in quella stessa
proporzione sarà animata, vigile ed energica nel custodire il "vaso
d'argilla" in cui dimora. Indosserà l'armatura di Dio per poter
combattere una buona battaglia contro le debolezze della carne. Insisterà
che se è stato commesso un errore, o nelle parole o nei fatti, sia reso
velocemente un risarcimento, con buoni interessi, se possibile, in modo
che il "vaso d'argilla", trovandosi così contrastato e
svergognato, possa diventare meno attivo nella sua opera di contrasto alla
nuova mente.
Questa
[376] legge divina influisce sul rapporto della Nuova Creatura con Dio.
Egli riconosce il significato dell'espressione: "Ama il Signore con tutto
il tuo cuore, con tutta la tua
mente, con tutto il tuo essere,
con tutte le tue forze."
Egli non trova spazio per sé qui a meno che questo sé stesso non sia
completamente in armonia con Dio. Ciò influisce sul suo rapporto con i
fratelli, poiché come potrebbe amare Dio, che non vede (eccetto che con
l'occhio della fede), se non ama i fratelli che hanno lo Spirito di Dio e
che egli ha visto con la vista naturale? (I Giovanni 4:20, 21) Man mano
che impara ad avere profonda considerazione per i suoi rapporti con essi,
a fare per loro e verso di loro come vorrebbe che essi facessero per lui e
verso di lui, egli scopre che ciò dà luogo ad una grande trasformazione
nella vita; che questa non è affatto la regola o la legge in conformità
alla quale egli stesso e gli altri erano abituati a vivere, a pensare, ad
agire, a parlare.
Egli
scopre che come egli desidererebbe che i fratelli agissero benevolmente
verso di lui, e parlassero gentilmente con lui, così egli dovrebbe
parlare e agire benevolmente e gentilmente con loro. Come egli
desidererebbe che essi fossero pazienti con le sue imperfezioni e
debolezze e stendessero il manto della carità su questi difetti umani,
così egli dovrebbe fare verso di essi. Egli scopre che come a lui non
piacerebbe che i fratelli parlassero male di lui, anche se il male fosse
vero, così egli dovrebbe benevolmente essere affettuoso verso di loro e
non "dovrebbe parlar male di nessun uomo", ma "dovrebbe
fare del bene a tutti gli uomini", specialmente alla famiglia della
fede. Come non gli piacerebbe che altri si aspettassero da lui che facesse
più di quanto ragionevolmente potrebbe fare, così non si aspetterà
dagli altri che facciano più di quanto ragionevolmente possono fare. Lo
stesso principio funzionerà anche riguardo al mondo e ai suoi affari.
L'intero corso della vita è così in graduale cambiamento; e, come
l'Apostolo suggerisce, questo cambiamento giunge nella misura in cui
"guardiamo la gloria del Signore", nella misura in cui arriviamo
a comprendere e ad imparare ad imitare la grandezza del carattere divino
governato dalla Regola d'oro della Giustizia perfetta, accompagnata da
abbondante Amore.
Man
mano che le nostre nuove menti, le nostre nuove volontà, generate dallo
Spirito santo, si sviluppano, esse gradualmente "si trasformano di
gloria in gloria" per quanto riguarda la qualità del cuore; e quindi
trasformati nei nostri cuori, nelle nostre menti, nelle nostre volontà,
nelle nostre intenzioni (e per quanto è possibile anche [377]
esternamente), diventiamo idonei o "adatti", secondo la promessa
divina, al grande cambiamento
finale della risurrezione allorché quello che è stato seminato nella
debolezza e nella corruzione sarà risuscitato in potenza e in gloria, una
Nuova Creazione spirituale: il Cristo di Dio. Ci vengono dati dagli
apostoli vari consigli, ammonimenti e suggerimenti utili e validi,
reiterati e avallati da vari fratelli, da cui si può trarre vantaggio per
rimproverare, per correggere, ecc.. La Legge, però, la Legge benedetta,
sotto il cui vincolo è posta la Nuova Creazione, è una Legge d'Amore,
che supera la Regola d'oro. Se compresa bene, può voler dire che molte
cose ora fatte dalla Nuova Creazione non verrebbero più fatte; e molte
cose ora trascurate da essi verrebbero svolte con zelo e assiduità.
La perfetta Legge della Libertà
Se
dapprima qualcuno è stato disposto a pensare che la Nuova Creazione è
stata lasciata dal Signore troppo libera, senza giusti freni e giusti
regolamenti, senza dubbio avranno cambiato idea una volta che hanno visto
la lunghezza, l'ampiezza e la comprensività generale di questa Legge di
Dio, riassunta brevemente in quest'unica parola: Amore. "Una legge
della libertà" la chiama l'Apostolo (Giac. 1:25); ma Dio fa sì che
questa legge della libertà si applichi solo alla Nuova Creazione,
generata dal suo Spirito. Non si potrebbe applicare a nessun altro. Altri
sono ancora o vincolati alla Legge Mosaica, quali servitori non idonei
alla "libertà con cui Cristo rende liberi" i figli, o
altrimenti vincolati alla legge originaria: la condanna della morte, e
quali peccatori condannati siamo ancora trattati come estranei, come
esclusi dalla cittadinanza e stranieri, come coloro che sono senza Dio e
che non hanno speranza nel mondo: essi non conoscono neppure la grazia di
Dio che alla fine porta la salvezza al mondo in generale, ma che al
momento è stata manifestata soltanto a relativamente poche persone, visto
che alla grande massa è impedito dall'Avversario di ascoltare il
messaggio dell'amore divino e della divina redenzione. Costui acceca le
menti e chiude gli orecchi della maggior parte dell'umanità con dottrine
di demoni, ecc. II Cor. 4:4; I Tim. 4:1
La
[378] libertà non è per coloro che sono mal disposti, come constata la
società quando li mette in prigione; e così la perfetta Legge della
Libertà non si addice ai mal disposti ma a coloro che sono ben disposti, ai perfetti. Il mondo non sarà lasciato in balia di una Legge
dell'Amore durante il Millennio, ma invece sarà governato con Giustizia e
Misericordia sotto il vincolo di una legge di obbedienza al Regno. Non sarà
se non alla fine del Regno (quando i malvagi intenzionali saranno stati
tagliati fuori nella Seconda Morte) che la razza, che si è dimostrata
perfetta e completamente in armonia con lo standard divino, sarà
sottoposta alla Legge della Libertà-Amore e della sua Regola d'oro.
Fintanto che saranno dei minori, verranno trattati piuttosto come
servitori. (Ebr. 13:17) La Nuova Creazione, ora vincolata dalla Legge
della Libertà, è trattata così perché per essa "tutte le cose
vecchie sono passate, tutto è diventato nuovo": ora essa odia il
peccato e ama la rettitudine usando la propria libertà, non come
un'occasione per gratificare la carne, ma per mortificarla; non per
divertirsi nel peccato, ma per sacrificare gli interessi terreni in
cooperazione con il Signore nel sopprimere il peccato e nel liberare il
mondo da esso e dalla sua paga di morte. Coloro che sono rigenerati a
questo nuovo spirito o a questa nuova indole (lo Spirito di Dio) e che
sono diventati alunni alla scuola di Cristo per sapere di lui e per
camminare nelle sue orme, costoro, e solo costoro, possono essere
vincolati dalla Legge della Libertà. E se perdono lo spirito di adozione,
cessano di essere figli, cessano di essere vincolati da questa Legge della
Libertà.
Coloro
che imparano ora a far uso di quella libertà con cui Cristo rende liberi,
coloro che mediante la consacrazione si vengono a trovare vincolati da
questa perfetta Legge dell'Amore e che, in conformità ad essa, danno la
loro vita per i fratelli, per la verità e per la giustizia, questi fedeli
saranno considerati degni di essere agenti del Signore e coeredi con il
suo Figlio Diletto nella grande opera di benedizione del mondo. E come è
necessaria questa qualificazione per la loro opera, come è necessario,
evidentemente, che coloro che saranno i maestri, gli aiutanti, i giudici e
i governanti del mondo, benedicendo in tal modo tutte le famiglie della
terra durante l'età Millenaristica, si sviluppino in pieno e siano messi
alla prova per quanto riguarda questa qualificazione dell'Amore, per
essere Sacerdoti Regali misericordiosi e fedeli!